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Il rapporto di Cesare Pavese con la Calabria è stato segnato dal suo confino a Brancaleone Calabro. Le sue considerazioni sul periodo calabrese sono raccolte in un volume recante il titolo significativo di "La prigione". Gennaro Mercogliano continuava le sue riflessioni mettendo in parallelo la Calabria raccontata da Corrado Alvaro, con il suo forte rapporto emotivo con il paesaggio calabrese, e la percezione di Pavese, che gli creava un senso di distanza, di incapacità di sprofondare nei contrasti cromatici degli infuocati tramonti reggini.
Nell'ex Convento dei Cappuccini a Dipignano era in corso la presentazione del progetto "Il Filo nel Labirinto", voluto e realizzato dall'Assessore alla Cultura della Provincia di Cosenza Donatella Laudadio. Mentre si dipanavano gli interventi tutti molti dotti e qualificati, cercavo di dare un senso a questo evento, un po' insolito, per la verità. Non tanto perché si parlasse di letteratura, di giusto processo ed altre "provocazioni" intellettuali. Anche in questa Calabria succede spesso che vengano organizzate manifestazioni simili. Insolita e quasi irreale che questa avvenisse nell'ambito di un progetto "istituzionale", non patrocinato o sponsorizzato, ma voluto e organizzato dalla Provincia.
L'interesse degli enti e delle istituzioni è incentrato sulle cose o sulle norme, le regole, le cornici programmatiche. Qui si pone al centro l'uomo e le sue ansie, i suoi dubbi, le sue interiorità. Si propone, seguendo la trama del ragionamento di Donatella Laudadio, un viaggio tra le oasi ancora esistenti sul territorio, per una pausa di riflessione, un momento di raccoglimento. Un ritiro culturale per disintossicarsi dalla volgarità che ci travolge, dall'aggressività competitiva che ci pone l'uno contro l'altro, dall'ossessione dell'apparire, dimenticando il valore dell'essere. Interrogare il silenzio per lasciare parlare la propria anima, per guardare dentro sé stessi.
Il progetto prevede vari incontri nei quali si cercheranno delle risposte alle ansie contemporanee nei temi classici, riletti con spirito critico. Senza voler far torto a nessuno, ma solo per la suggestione personale dell'argomento appare intrigante e suggestivo il parallelo tra l'Ulisse di Omero e quello di Joyce, che sarà proposto da Leonardo di Vasto, insigne studioso e grecista. La continua ricerca di sè attraverso l'esplorazione del proprio mondo nel Mediterraneo infinito dei classici e nelle metropoli sconfinate di oggi, inesplorate e dense di misteri, dove i miti si creano in rete, e finiscono in favole metropolitane.
Andrea Bonfiglio, nella cornice del Castello medievale di Oriolo introdurrà una conversazione sulla poetica di Federico II, uno dei pochi grandi uomini che hanno plasmato positivamente il Regno del Sud: bello, biondo insaziabile di donne e di piaceri, ma pronto ad interrogarsi sull'arte e la letteratura nell'alcova ancora calda. Trasgressivamente religioso. Religiosamente laico. Costruttore di un regno, all'insegna della dialettica, della scienza e della cultura. Il progresso attraverso la critica, il dissenso, il confronto, il dibattito. Quanto distanza dalla cultura censoria imperante. Non solo quella ufficiale. Soprattutto l'autocensura, il timore di esporsi, la paura di rompere un equilibrio, la paralisi per l'attesa di una ricompensa, la richiesta di un riconoscimento.
Io non so parlare di cultura, ne sono costretto. Il mio animus oeconomicus si è perso seguendo i Teseo che si alternavano nella conversazione. Ma ha un senso la cultura, la letteratura, la filosofia e tutte queste speculazioni sulle questioni che ancora la scienza non è riuscita a spiegare? Quanti euro vale Corrado Alvaro o Saverio Strati? Sono domande inutile del genere burlesque.
Ma vedere tutti questi poco illustri per fama, ma dotti signori disquisire su tante "fine questions", sottili provocazioni dottrinarie qualche interrogativo lo pone. C'è poca gente in sala. Silenziosa, attenta. La maggior parte sono altrove, troppo distratti dagli affanni quotidiani.
Sono poco conosciuti, i relatori. Sono bravi intelligenti, ma non hanno alcun ruolo nella regione. Come osservato dalla nostra Donatella dallo sguardo assassino: "Non sapevo che eravate così bravi". Lo sapevano in pochi per la verità, solo gli amici, i parenti e coloro che li frequentano per qualsivoglia ragione. È un'assenza grave, imbarazzante,che spiega i tanti ritardi della nostra regione. Sono esclusi per insofferenza degli altri e per auto-esclusione, per una volontaria reclusione in una turris aeburnea, dove poter coltivare i propri interessi lontani dalle tentazioni mondane della politica e della società.
Troppo pochi gli intellettuali attivi nel forum, non tanto e non solo nella rappresentanza politica, come assessori o sindaci o amministratori. Mancano i luoghi di partecipazione, le occasioni d'incontro. Manca il dibattito nell'agone politico, la provocazione e l'attenzione verso i grandi problemi della regione. Sono in sonno, acquattati nella penombra. Pochi coloro che hanno deciso di affrontare il giudizio del pubblico, di impegnarsi direttamente in politica. Vi è Giuseppe Nicoletti, che lo si può ascoltare mentre declama il suo intervento con voce pacata mentre si aggiusta il ciuffo ribelle dei suoi canuti capelli, che ingentiliscono il viso ancora fresco. Si incontrerà in seguito Orazio Longo, il giovane e giovanile sindaco di Rossano. Due esempi di come anche in Calabria si può trovare una classe dirigente presentabile. Mi limito qui per par condicio. "Unu allu circhiu, unu allu timpagnu". Come avrebbero spiegato i nostri nonni.
Il loro silenzio copre gli orrori, il rumore ed il frastuono sovrastano la capacità di fermarsi e riflettere. Non sono pause di riflessione, silenzi meditativi, ma urla strozzate, grida represse che lasciano senza una guida un'umanità alla ricerca di un'identità perduta, di valori dimenticati, traditi, disprezzati. Abbiamo dimenticato la nostra storia e la nostra cultura, la capacità di modellare il paesaggio, di arricchirlo di valori architettonici.
L'agorà e la piazza medievale sono il frutto di una costruzione politica forgiata dagli edifici pubblici e dei palazzi dei potenti che hanno sempre cercato nel bello e nell'estetica, dagli abiti agli edifici, un modo per distinguersi e mettersi in competizione con gli altri potenti e con le altre città. Il Medioevo oscuro e barbaro, ci ha lasciato maestose cattedrali e incantevoli borghi.
A questo si è sostituito un processo di totale e completo appiattimento. Tutte le nuove periferie delle città e dei paesi si assomigliano, con le brutture di cemento armato con le quali si sono costruiti non solo gli edifici privati, la scuole, uffici postali, sedi bancarie, uffici periferici dello Stato e via dicendo. È mancata la provocazione pasoliniana, la tensione emotiva, l'osservazione critica per tutto ciò che veniva costruito e realizzato. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo perso il controllo del territorio, abbiamo stravolto l'impianto urbanistico delle città, abbiamo riempito di cemento i posti più suggestivi della regione. Con la complicità di tutti. Con l'assordante silenzio degli intellettuali.
I palazzinari costruiscono ed hanno interesse a farlo sempre e comunque, i banchieri vogliono far soldi con i soldi, i commercianti vendere qualsiasi cosa contro un profitto. Ma quale è e quale dovrebbe essere il ruolo dell'intellighenzia, degli intellettuali. Non vi è stata alcuna tensione culturale, nessuna denuncia o protesta. Nessuno ha gridato. Perchè è successo tutto questo? Come è potuto accadere?
Eppure questo era il loro ruolo. L'osservazione critica, ossessiva, la difesa del bello e del giusto, la costruzioni di utopie e la difesa dei valori, degli ideali, la trasmissione del sapere e della conoscenza per creare quel legame tra il nostro passato e la costruzione del nostro futuro.
Ed il silenzio continua. Qualche giorno fa, in un breve trafiletto, si è data notizia di un appalto di 800 milioni di euro, 1600 miliardi di lire per l'ammodernamento del tratto reggino dell'autostrada. Tra non molto dovrebbero iniziare i lavori. In piena estate, ovviamente. Andranno a deturpare uno degli angoli più belli della terra, quel tratto della nostra costa di fronte alla Sicilia. Quante lacrime per la variante di valico, quante polemiche per l'autostrada maremmana. Si sono mobilitati tutti, partiti e sindacati, associazioni ambientalistiche e circoli culturali. Di fronte ad un disastro annunziato silenzio tombale. Non silenzio introspettivo, ma totale disinteresse sulle sorti del nostro territorio che è l'unica ricchezza che possediamo.
Cosa scriverebbe oggi Corrado Alvaro del Ponte sullo Stretto, di questa profonda lacerazione di uno dei paesaggi più belli del mondo, della sofferenza di Scilla e Cariddi. Ferita profonda, che viene ad aggiungersi alla ferita che sta per essere aggiunta al manto di asfalto dell'autostrada. Gli intellettuali tacciono, le coscienze critiche sono silenti, nessuno ha più la capacità di indignarsi come invoca il Vescovo Bregantini. Un trentino naturalizzato calabrese che forse più di noi resiste allo scempio che viene quotidianamente perpetrato sul nostro territorio; grida contro la violenza della disoccupazione; si oppone allo strapotere dei trafficanti di droga e di uomini; combatte il degrado morale di tanti giovani attratti dalla potenza della 'ndrangheta, diventata oggi uno stato nello stato che controlla una parte importante, sempre più invasiva della società civile; si oppone alla progressiva riduzione dei servizi nelle piccole comunità. È una voce isolata, vox clamams in deserto. Si può essere favorevoli o contrari al ponte, ma tutti hanno il dovere di vigilare che non si risolva in un immane disastro ambientale. Le premesse ci sono tutte se solo si volge lo sguardo al recente passato.
Vi è un un doppio approccio nei confronti degli intellettuali. Di disprezzo come residuati classici, da tutelare come specie in via di estinzioni, che si crogiolano nel ricordo di una età aurea, rifiutando qualsiasi contaminazione con il presente. Un atteggiamento altero e distaccato che rifiuta la gestione del presente, anche sotto forma di partecipazione critica. Dall'altro una specie di auto-esaltazione, abbiamo tutto siamo eredi di una antica e nobilissima civiltà, la nostra è una superiorità di per sé, senza bisogno di alcuna altra dimostrazione. Intellettuali da Magna Grecia, tutt'al più degni di commiserazione. Responsabili di una rassegnazione di lungo corso, paghi di un ricordo, ma incapaci di programmare il futuro, di coltivare le utopie, di riscoprire il senso della sfida e della costruzione intellettuale ardita, alla ricerca di nuove strade e di nuovi significati per il ruolo del "filosofo".
Sursum corde. Non si può abdicare di fronte alle sfide. La nostra regione rischia una regressione verso un passato non troppo lontano, una condizione di marginalizzazione e di sottosviluppo che la allontana dall'Europa. C'è bisogno di un impegno corale, di tutte le componenti della società, un intervento diretto nel governo della polis, delle centinaia di polis che compongono il tessuto sociale della regione. Gli intellettuali devono accettare il confronto-scontro con la politica. Riappropriarsi della capacità critica per impedire che le risorse migliori siano costretti a trovare altrove il riconoscimento dei propri meriti e delle proprie capacità. Nemo propheta in patria. Particolarmente quando la patria si chiama Calabria. Siamo assuefatti al clientelismo, al nepotismo esasperato. La Regione, il nostro massimo organo di governo si riempie di consulenti, figli, nipoti ed amanti, e solo la flebile voce di questa rivista s'indigna. Indignazione meritevole, ma insufficiente a far scattare una rivolta morale contro una tale degenerazione del potere. La stessa cosa avviene in tutti gli enti e gli uffici pubblici.
Gli intellettuali tacciono. Troppo spesso tacciano. Forse perchè anch'essi occupati a applicare il modello che dovrebbero combattere nei propri ambiti, nelle università e nelle scuole. E ricercarsi una lauta consulenza per sé.
La cultura è una grande risorsa se contribuisce a dare un'anima alla società, se partecipa alla sua evoluzione, la interpreta e la anticipa, indicando i percorsi per vivere il presente e le sue tensioni, se riesce con le sue provocazioni a stimolare il dibattito e lo spirito critico. Compito del politico è di creare un quadro normativo, un riferimento legale. Gli intellettuali devono sforzarsi di fornire un quadro di riferimento etico, costruire un sistema morale, abituare alla legalità. Di abusi stiamo morendo. Abbiamo distrutto le nostre coste, aggredito le montagne, stravolto i centri storici di tanti piccoli gioielli che i nostri avi ci avevano consegnati: architettura povera, ma suggestiva, coinvolgente.
Cosenza recupera il suo centro storico, o lo reinventa. Tutti plaudono, nessuno argomenta. Si tratta di un'operazione certamente legittima, che restituisce il centro storico alla vita. Ma si sta creando un falso, una condizione che non è mai esistita, un'età dell'oro, che vive in una dimensione onirica. Tutto legittimo, forse necessario, certamente suggestiva, ma perché non parlarne? Gubbio, Spoleto, Assisi non sono sorte dal nulla. Sono il frutto di un confronto serrato, di un acceso dibattito.
L'attività intellettuale, degli intellettuali, diventa una risorsa se sa costruire dei momenti di partecipazione, dare un senso alla presenza dello spirito dei letterati, dei poeti, dei grandi figli di questa terra. Chiunque si reca a Recanati viene immerso nel mondo di Leopardi, ne respira l'aria, il profumo, ne avverte la presenza. San Mauro di Romagna ha cambiato il suo nome in onore del suo più illustre concittadino. Giovanni Pascoli sembra passeggiare tra le sue vie. A San Luca d'Aspromonte la maggiore preoccupazione è il rischio di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazione mafiosa. Palazzo Telesio non è neanche indicato con una targhetta, a Cosenza. Abbiamo troppo o troppo poco?
Ci illudiamo spesso che la nostra è una regione ricca di storia e di cultura. C'è rimasto ben poco e quel che è rimasto non è valorizzato. Qualche piccolo passo si comincia a farlo. Il Filo nel Labirinto propone alcuni degli esempi architettonici da "ascoltare", per sentirli raccontare le loro storie millenarie attraversandone le sale, scalando le scale, sfiorandone le possenti mura, mentre ci si abbandona alla musica delle parole lasciandoci coinvolgere nelle dotte ed erudite conversazioni.
Se ci guardiamo intorno, e volgiamo lo sguardo al patrimonio degli altri, ci accorgiamo che la nostra offerta culturale è scarsa e poco attraente. Non abbiamo il Giardino di Boboli, nè Canal Grande, Il Colosseo o i mosaici di Monreale.
Dobbiamo cominciare dagli uomini per plasmare le cose seguendo le voglie dell'animo e non lasciarsi travolgere dalla finta modernità. Il Duomo di Cosenza sarà ammirato anche tra qualche secolo. Difficilmente qualcuno vorrà salvare le case popolari di Via Popilia, ma neanche quella fila di edifici scolastici che hanno contribuito ad imbruttirla e a degradarla. Fuori contesto, senza un'armonia urbanistica, un deserto di sera, sotto l'assalto di drogati. E la storia continua.
Nessuno ha parlato, si è lamentato, ha denunciato che uno dei nuovissimi edifici scolastici che sta per essere inaugurati a Rende, l'Istituto Tecnico Commerciale, è un obbrobrio urbanistico, una scatola di cemento senza alcuna grazia architettonica. Ci saranno tutti alla cerimonia, sindaco, giunta, architetti e ingegneri. Tutti in livrea a celebrare il nuovo successo. L'indomani un tripudio di lodi. Dell'estetica si è persa traccia. L'han vista l'ultima volta scappare a gambe levate sui monti dell'Appennino, in cerca di fortuna.
Il Parco Letterario, l'unico Parco Letterario approvato in Calabria propone un itinerario legato a Norman Douglas, che non è precisamente uno degli uomini più illustri della Calabria. Solo qui può succedere nell'indifferenza più generale.
Grazie a Donatella per aver sdoganata questa forza, per aver portato gli intellettuali tra la gente, a confrontarsi con la realtà che li circonda e li intriga. Non c'era molta gente al primo incontro. Forse in tanti hanno voluto interpretare la presenza di un assessore, come una presenza politica e si sono voluti tenere lontani per evitare di tributargli quell'onore che comunque meriterebbe per il ruolo istituzionale, per l'appassionato intervento nel quale ha voluto dare un piccolo saggio della sua cultura, per la passione con la quale interpreta la sua partecipazione alla vita sociale e culturale della provincia.
Al termine di questo tour sarà stato seminato un seme che può dare frutti abbondanti, stimolare gli intellettuali ad un'attività diretta nel sociale, a contribuire a costruire quello spirito critico completamente assente nella regione. Dai tanti, dai troppi quotidiani non si riesce ad avere un'interpretazione della realtà, una denuncia delle ingiustizie, una ricerca delle cause del degrado, un tentativo di analisi del comportamento elettorale. Un'informazione da velina. Mi dice un amico. Ci n'ha ppe tutti. Forse è vero. Ma sono convinto che se la Calabria è saldamente all'ultimo posto in tutte le graduatorie dello sviluppo, se non riusciamo a creare un sistema produttivo efficiente ci saranno pure delle cause. Siamo tutti colpevoli, e dovremmo indagare di più per eliminare quei difetti che fino ad oggi ci hanno impedito di crescere.
In questa regione, nella legislatura in corso si sono succedute varie giunte, gli assessori tecnici sono stati allontanati (Misiti, Bagarani, ...), i fondi europei, l'unica vera risorsa a disposizione del nostro sviluppo sono fermi, bloccati e nessuno sa veramente per quale motivo, il clientelismo impera. Di tutto questo, nei telegiornali non c'è traccia, i giornali si occupano di cronaca nera e rosa, gli elettori sono alla continua ricerca di uno sponsor che dia una speranza di lavoro al figlio o al nipote. Ha ragione Bregantini non bisogna mai stancarsi di indignarsi, di esprimere il proprio dissenso, di stimolare la riscoperta di ideale e valori, dello spirito di servizio che deve alla base della partecipazione etica in politica. Sursum cordam, per mettere alla gogna tutti coloro che hanno occupato posizioni di responsabilità e ruoli di potere solo vendendo illusioni e promesse, che ci tengono saldamente ancorati sui fondali dello sottosviluppo. Una gogna mediatica, fatta di ironia, arguzia, satira, critica, burla, celia. Caro Leonardo aggiungi tu qualcosa in greco. Puoi dire tutto ciò che vuoi, tanto non ti capisce più nessuno.
Tutto questo è utopia. Ma l'utopia ha cambiato il mondo creando quel desiderio di plasmare la realtà. Di utopia abbiamo sempre più bisogno in un mondo diventato difficile, in cui si profila un rinnovato conflitto di civiltà.
Una pausa è necessaria per riflettere sul nuovo ruolo degli intellettuali, sul compito che devono svolgere per una crescita della regione. Un silenzio che deve preludere all'esplosione dell'urlo di Munch, un urlo forte, possente, incontenibile: basta!
Il Filo nel labirinto
percorsi culturali d'uscita
19 Aprile - Dipignano - ex-Convento dei Cappuccini - Presentazione del Progetto
27 Aprile Castrovillari - Protoconvento francescano - Mario Bozzo: Riflessioni su Saverio Strati; Leonardo di Vasto: Ulisse da Omero a Joyce.
11 Maggio Paola - Complesso S. Agostino - Franco Sammarco: Giusto processo e democrazia; Giorgio Franco: Morte e resurrezione della letteratura dagli anni sessanta ad oggi;
25 Maggio Rossano - Complesso S. Bernardino - Gennaro Mercogliano: Alvaro, Pavese e la Calabria; Rocco Taliano Grasso e Gerardo Leonardis: La scrittura ferita dalla teologia;
31 Maggio - Oriolo - Castello Medievale - Andrea Bonfiglio: La poetica di Federico II; Gino Rago: La poesia italiana del Novecento.