None OggiFamiglia Anno XVII Num 1-2 Gen.-Feb. 2005

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Il miracolo di San Giorgio
di Oreste Parise, pubblicato su Oggi Famiglia Anno XVII n. 4  (Apr. 2005)

E Domenico, detto Burithi chiamò Michino, bussò alla sua porta sul far dell'alba e Michino svegliò tutta la sua famiglia e chiamò Ninetta, che svegliò tutta la sua famiglia ed uscirono fuori infilandosi i vestiti poggiati sulle sedie il giorno prima, e ciascuno di essi si sparpagliò bussando ai campanelli, urlando e chiamando ad alta voce vicini, parenti ed amici. Nessuno in quel momento s'interessò di chi vi fosse dietro quelle porte, nessuno si ricordò delle antiche inimicizie, degli odi e dei rancori che li avevano divisi per anni. I giovani suonavano le campane per svegliare tutti, per lanciare l'allarme. La frana. La frana era arrivata nel buio della notte, tra lo scrosciare della pioggia. La terra tremava e diventava tenera, morbida, l'acqua si scavava il suo cammino, le case scricchiolavano, si aprivano a mostrare le intimità nascoste.

In pochi minuti si era raccolta una piccola folla, un vociare confuso, una corsa disordinata per cercare di raccogliere le idee. Erano tutti fuori, gli abitanti di Cavallerizzo all'alba del 7 marzo scorso.

Il terreno si apriva lentamente sotto i loro piedi, rischiando di risucchiarli nel fango. Ma non si pensava a fuggire. Si faceva l'appello ad alta voce, si chiamava per nome cercando di non dimenticare nessuno. I motori delle macchine si accendevano, ma ci si attardava a far entrare i più vecchi i bambini, sotto la pioggia che non accennava a fermarsi. I giovani aiutavano i vecchi, i vecchi stringevano al petto i piccoli, tutti insieme, tutti pronti a soccorrere gli ultimi i ritardatari che rischiavano di rimanere intrappolati nelle case che emettevano suoni sinistri. Solo un po' di nervosismo denunciava che si stava consumando una tragedia, che un intero paese stava scivolando verso il basso. 

Nessuno ricordava le cronache di eventi lontani che aveva sentito appena raccontare dalle loro nonne, prendendole amorevolmente in giro. Nessuno conosceva il sangue freddo di quelle lontane giornate, ma quasi meccanicamente ripetevano gli stessi gesti, rinnovavano la stessa solidarietà, la stessa inconsapevole generosità, scoprendosi comunità nel momento del pericolo. Ognuno, con i panni che aveva addosso, non si preoccupava di recuperare ori e documenti, suppellettili ed indumenti. Si strappavano i più restii dalla loro case, che non volevano abbandonare.

In tutto quel trambusto, con le crepe che si aprivano a vista d'occhio non una scena di panico, un comportamento civile, composto, senza urla e strepiti. E la pioggia continuava a cadere giù.  Sembrava di assistere ad uno spot di pubblicità e progresso.

Quando si è pronti per partire ci si accorge che manca qualcuno. Mancano i santi: San Michele, San Giorgio, la Madonna del Rosario. Quei santi che li hanno accompagnati e protetti per tutti quei secoli, che li hanno difesi dai nemici e dalle calamità naturali. Non li si può lasciare lì, sono della comunità, fanno parte del gruppo, ne rappresentano al coesione. Il pericolo è grande, ma nessuno ci bada. Si fanno partire le prime macchine, mentre un gruppo torna indietro e raggiunge la Chiesa quasi in fondo al Paese. Le auto avanzano a stento tra le crepe, crepe che si aprono a vista d'occhio, ma si va avanti. 

Dopo qualche interminabile minuto durante i quali la terra continua a scivolare giù spaccandosi, eccoli di ritorno. Le ruote arrancano nella strada sempre più sconnessa, con spaccature profonde, fanno fatica ad avanzare. Dopo ogni passaggio la strada si sbriciola. Ci si ferma ancora, manca qualcuno. Si torna indietro. Qualche minuto per mettere in salvo anche Natale che dormiva saporitamente nel suo letto, dopo una nottata insonne. Si riparte. Giusto il tempo di guadagnare qualche metro e la strada crolla del tutto, un pezzo alla volta. San Giorgio passa per ultimo controllando che non vi sia rimasto nessuno.  Non vi sono né morti, né feriti. Le case si sono sbriciolate solo dopo aver fatto uscire tutti. Hanno avvertito con il loro brontolio e li hanno accompagnati fuori: tutti, aspettando che l'ultimo raggiungesse un terreno sicuro, mentre le viscere della terra sputavano fango, l'acqua sommergeva ogni cosa, la terra si apriva, la strada rotolavano verso il basso.

San Giorgio ha fatto l'ultimo miracolo, ha steso il suo manto per proteggere il passaggio di tutti. Qualcuno ricorda il Mar Rosso che si apriva al passaggio degli ebrei, per chiedersi subito dopo. Con il procedere delle auto la strada crolla, le case scivolano giù, i muri si sbriciolano.

Si ritrovano tutti insieme, un intero popolo in marcia verso sud in direzione di Cerzeto. Eppure al lato opposto la situazione di presentava molto più tranquilla, la strada provinciale verso Nord, in direzione di Mongrassano, non mostrava segnali di pericolo. Non vi erano guide o condottieri solo l'istinto li ha spinti verso la storia, la propria identità, il comune destino ricercando i propri fratelli.

Chissà perché, chissà come si erano uniti in un unico grande abbraccio. Spontaneamente avevano ritrovato antiche armonie, rinsaldato i valori del gruppo, riscoperta la propria origine, mettendosi a parlare nell'antica lingua degli avi, senza più reticenze. È questo il vero miracolo di San Giorgio.

 

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