L'economia della coltivazione dell'olivo e dei prodotti derivati ha una tradizione antica nei paesi mediterranei. Nella Bibbia viene menzionato molte volte, e la pianta era conosciuta ed utilizzata in tutto il medio-oriente. Tra le tante, la seguente del profeta Isaia menziona l'olio selvatico, più rustico e capace di adattarsi alle condizioni climatiche più estreme. 

Pianterò nel deserto il cedro, l'acacia,
il mirto e l'olivo selvatico;
metterò nei luoghi sterili
il cipresso, il platano e il larice tutti assieme. (Isaia 41:19).

I prodotti ottenuti dall'olivo erano noti fin dall'antichità e sono rimasti sostanzialmente immutati nel corso dei secoli. Nell'Esodo (27:20), ad esempio, si fa riferimento all'olio puro, di olive schiacciate ed alle gallette senza lievito unte d'olio.

Essi sono individuati dall'International Olive Oil Organization, che ha sede a Madrid (raggiungibile al sito http://www.internationaloliveoil.org/), che distingue tra i prodotti (olio di oliva, olio da tavola e olio di sansa) e sottoprodotti (sansa e legno).

La definizione esatta e la regolamentazione della composizione organica dei vari prodotti è contenuta nella risoluzione del 5 dicembre 2003 di questo organismo, "Norma commerciale applicabile agli oli di oliva e ali oli di sansa di oliva", che ricalca sostanzialmente le disposizioni contenute nei regolamenti comunitari, considerato che " L’Unione europea occupa il primo posto nel mondo, con una produzione dell’80 % e un consumo del 70 % dell’olio d’oliva mondiale". L'Italia è il secondo produttore mondiale dopo la Spagna. Dallo studio della Direzione Generale dell'Agricoltura della Commissione europea (Il settore dell’olio d’oliva nell’Unione europea) si trova la tabella allegata con l'andamento della produzione nelle ultime annate agrarie.

Tabella I - Produzione oleicola che ha beneficiato dell’aiuto (1)
Campagna Italia Spagna Grecia Portogallo Francia Totale
(1) Compreso l’olio di sansa di oliva. Olive da tavola in equivalente olio d’oliva comprese a partire dalla campagna 1998/1999.
*Tabella tratta dallo studio "Il settore dell'olio d'oliva nell'Unione Europea" pubblicato dalla Direzione Generale dell'Agricoltura della Commissione Europea, Bruxelles.
1989/90 585.000 573.000 316.372 35.100 2.825 1.512.297
1990/91 148.000 700.000 170.869 20.000 2.310 1.014.179
1991/92 650.000 610.000 430.147 34.992 3.400 1.728.539
1992/93 410.000 636.000 314.432 17.075 1.840 1.379.347
1993/94 550.000 588.000 323.161 27.4862.407 1.491.054
1994/95 458.664 583.000389.904 29.220 2.440 1.463.228
1995/96 625.000 375.000 445.000 34.000 2.450 1.481.450
1996/97 410.000 986.700 494.218 37.000 2.360 1.930.278
1997/98 712.8471.147.000 492.364 39.600 2.480 2.394.291
1998/99 452.286 899.991 562.493 33.936 2.364 1.951.070
1999/00 791.595 747.000 463.090 47.380 2.681 2.051.746

2000/01

540.864 1.074.970 479.066 25.444 2.247 2.122.591

Nella denominazione commerciale italiana si distingue l'olio extra vergine di oliva  e l'olio vergine di oliva, ottenuti dalla semplice spremitura delle olive, dall'olio di olive olio di sansa e di olive, che prevedono vari trattamenti (decolorazione, deodorazione, raffinazione ecc.) prima di essere messi in commercio.

Sono proprio questi ultimi a costituire la parte preponderante della produzione e consumo dell'olio alimentare ottenuto dalle olive.  Benché la regione sia la seconda in Italia per produzione, non vi sono raffinerie dell'olio estratto dalla sansa e del "lampante", quello cioè ottenuto da olive difettate. Si tratta di un settore economico poco conosciuto, che non gode di grande simpatie neanche da parte delle associazioni di categoria preoccupate di difendere soprattutto della qualità e della specificità dei prodotti. Nelle more però questi oli continuano ad essere prodotti e consumati e si trovano numerosi nei punti vendita della regione, solo che il business lo fanno gli altri. Non esiste nessun marchio o prodotto commerciale calabrese di "olio di sansa  e di oliva". 

Vi sono, però, esperienze collaudate di produttori di olio di sansa non raffinato che hanno una lunga esperienza nel settore. Uno di essi è Guido Carli di Rossano, titolare dell'Imocar srl con il quale si è realizzata la seguente intervista.

Come nasce la sua azienda?
Nasce nel 74-75 con la costituzione della Imocar srl. una società di capitale di natura "familiare", le cui quote di capitale sono cioè  suddivise tra i componenti della famiglia di Guido Carli, avvalendosi della lunga esperienza maturata dal padre nel settore fin dal primo dopoguerra. 
Questi era partito dalla Liguria inviato a Gioia Tauro come addetto alle vendite dalla ditta Sasso. La sua famiglia aveva una lunga tradizione nel commercio dell'olio di oliva. Discendente da una antica famiglia di Oneglia che ha iniziato ad occuparsi del settore dell'olio di oliva fin dal 1911, dove operano ancora i F.lli Carli, un'azienda con un ben noto marchio, che ha un mercato nazionale.
Successivamente divenne commissionario per conto di varie ditte del Settentrione: acquistava i "lampanti", l'olio ottenuto con le olive di seconda scelta, e le rivendeva al Nord per renderlo commestibile con un processo di raffinazione. 
Negli anni '50 costituì l'"Oleificio di Vallamena" producendo direttamente l'olio di sansa da rivendere alle stesse aziende con le quali aveva intrattenuto rapporti in qualità di commissionario. Quindici anni dopo costruì due stabilimenti sempre nello stesso settore, l'uno a Caraffa di Catanzaro e l'altro a Rossano. 
Attualmente l'Imocar srl realizza un fatturato annuo di circa sei milioni di euro per il 40% con la sansa esausta da utilizzare come combustile nelle centrali a biomasse ed in piccola parte brickettato (ridotta in mattoncini) da vendere al minuto per uso familiare, per il restante 60% con l'olio di sansa ad uso alimentare. L'azienda ha una occupazione staile di 10 unità, mentre stagionalmente arriva fino a 50-60 occupati in dipendenza dell'andamento dell'annata olivicola.
Oggi l'azienda è tuttora gestita da Guido Carli,  con il quale si è effettuata la seguente intervista.
Quali sono i principali problemi e/o vincoli che incontra nello svolgimento dell'attività? (legislazione statale, rapporti con gli enti, banche, sicurezza, inquinamento, ecc.)
Per fortuna non abbiamo molte occasioni di ricorrere alla burocrazia, ma le poche occasioni che si presentano sono chiare dimostrazioni di una grande inefficienza. Il rinnovo annuale dei certificati antincendi, ad esempio, che richiediamo con sei mesi d'anticipo avviene regolarmente quando la campagna produttiva è terminata. Non siamo riusciti ad avere i prelievi dei fumi da parte dell'ASL, nonostante la richiesta sia stata fatta ben due anni fa ed hanno richiesto il pagamento dei relativi oneri. Le competenze sono nel frattempo passate all'ARPACAL (l'Agenzia regionale per la Protezione dell'Ambiente), ma l'inefficienza è rimasta intatta. Alla fine, per risultare in regola con la legge, abbiamo dovuto far ricorso ad un laboratorio privato. Il comune, invece, è sufficientemente collaborativo, anche se per il rilascio dei permessi ci fa penare. In termini di tempo, soprattutto.
Con le banche abbiamo avuto sempre un buon rapporto. Con l'arrivo dei nuovi Gruppi Bancari ci sentiamo trattati come dei numeri. La nostra storia ed il comportamento commerciale sembra non contare più nulla, ed i tempi di risposta sono diventati eccessivi, soggetti ad un ordine burocratico che mal si concilia con la concentrazione della nostra attività in un periodo ristretto. Una risposta che arriva in ritardo si trasforma in un diniego, anche se è positiva.
Quali sono le caratteristiche del settore in cui opera?
Nella provincia operano altri tre sansifici (Di Giovanni a Tarsia, Guinicelli a Rossano e  Fallara a Corigliano). Si tratta di un comparto specialistico con una concentrazione della produzione, che viene quasi interamente assorbita nel Nord d'Italia dove sono presenti importanti raffinerie.
Come viene svolto il processo produttivo?
La sansa viene ritirata dai frantoi in autunno e dalla sua lavorazione, dopo averla frantumata ed essiccata, si estrae l'olio mediante l'esano, un solvente organico derivato dal petrolio, e, come sottoprodotto si ottiene la "sansa esausta", che ha un alto valore energetico. Un impianto per questo tipo di lavorazione costa 7-8 milioni di euro e si mantiene in attività per un lungo periodo, al di la del periodo di ammortamento di cinque anni.
Commercializza con un proprio marchio?
L'olio di sansa e di oliva viene commercializzato dalle case di raffinerie che impongono un proprio marchio, poiché la vendita è prevalentemente al minuto e richiederebbe un cospicuo investimento della costruzione di una rete commerciale e di dispendiose campagne pubblicitarie per imporre il nome su mercato. A monte il settore si presentava frantumato con raffinerie presenti ad Imperia, Firenze, Lucca e Saronno per non nominarne che qualcuno. Nel corso degli ultimi anni si è verificato un processo di concentrazione. L'Unilever ha rilevato al maggioranza dei marchi (Bertolli, Sasso, ecc.) e si è realizzato un mercato monopsonico della domanda di olio di sansa da raffinare, che viene assorbita da pochi produttori. La nostra difficoltà di produttori calabresi è costituita dal fatto che la regione è una delle maggiori produttori di olio di oliva che viene per buona parte destinato all'autoconsumo. L'olio di sansa trova scarso gradimento presso il consumatore calabrese, uno dei consumatori più attenti e sofisticati per questo particolare prodotto. Il marchio proprio dovrebbe servire per aggredire i mercati extra-regionali, ma questo richiederebbe una operazione concertata tra i vari produttori che allo stato sembra impossibile.
Quali sono i mercati di riferimento in Italia ed all'estero?
Dalla lavorazione otteniamo due prodotti: l'olio e la sansa esausta. L'olio di sansa viene assorbito interamente dalle industrie settentrionali, che è l'unico nostro vero mercato. Solo due anni fa abbiamo avuto una commessa dalla Francia, ma si è trattato di un caso sporadico ed isolato. La sansa esausta, invece, viene venduta anche localmente. È in costruzione nel comune di Altomonte un mega impianto per la produzione di energia da biomasse che potrebbe costituire per noi un interessante mercato di sbocco. Per poter fronteggiare questo previsto aumento di domanda abbiamo cominciato a sondare i mercati nordafricani per l'acquisto della sansa; abbiamo già fatto delle positive sperimentazioni con la Tunisia e l'Algeria e riteniamo che nel prossimo futuro questi rapporti saranno intensificati.  Per la commercializzazione si è sempre ricorso a contatti diretti, senza alcuna rete commerciale o aiuti da parte delle istituzioni pubbliche; in particolare manca qualsiasi assistenza per poter affrontare i mercati esteri, come i Paesi del Mediterraneo. Non vi è alcun ente o istituzione che sia a fianco degli operatori. Dobbiamo arrangiarci da soli.
Che cosa ne pensa degli incentivi allo sviluppo? Li ritiene sufficienti? Ha usufruito di qualche forma di incentivazione?
Il settore è stato quasi sempre escluso dagli incentivi, sia comunitari che nazionali.  Solo nel '74 abbiamo avuto 200 milioni a fondo perduto, e successivamente un piccolo finanziamento agevolato da parte del Mediocredito Centrale per adeguare gli impianti alle prescrizioni anti-inquinamento. Ritengo che l'iter di concessione sia troppo burocratico e spesso l'incentivo arriva con un ritardo tale da vanificarne l'impatto. 
Personalmente non sono molto favorevole agli incentivi a fondo perduto, che spesso vengono utilizzati in maniera poco ortodossa. Credo sia molto più corretto l'abbattimento degli interessi o gli incentivi fiscali concessi in maniera automatica, senza alcun intralcio burocratico. Ricordo ancora quando le spese d'investimento erano esentati dal pagamento dell'IVA, con una semplice declaratoria da parte dell'imprenditore. Era una misura semplice ed efficace, poiché abbatteva il costo dell'investimento all'origine, senza alcuna mediazione. Sarebbero necessarie misure simili, semplici e dirette per poter dare un aiuto concreto ai produttori.
Che cosa ne pensa dei recenti interventi in materia di sicurezza e di rintracciabilità?
È l'unica difesa contro l'invasione del mercato di prodotti extra-comunitari che oltre a godere del vantaggio di costi minori, per i bassi salari, la scarsa attenzione ambientale, la legislazione più permissiva in termini di sicurezza, spesso inondano il mercato di prodotti la cui qualità è dubbia, ma è difficile individuare con i normali strumenti di analisi. 
Ad esempio, è noto il caso dell'olio di nocciola di provenienza turca che in Grecia si trasformava come per miracolo in olio extra vergine d'oliva e raggiungeva come tale le nostre tavole. Di tratta di una vera e propria truffa, che è molto difficile da scoprire. Vi è un processo che si trascina da anni, senza che si riesca a venirne a capo.
La rintracciabilità è una risposta a questo tipo di problema, ma deve essere accompagnata da controlli ben mirati, sia alla produzione, che nel percorso di commercializzazione. Ciascuna azienda deve poter dimostrare in ogni momento la provenienza della propria materia prima.
Cosa prevede di fare nel prossimo futuro?
L'azienda avrebbe bisogno di rinnovare i propri impianti e migliorare la qualità del prodotto con l'utilizzo delle tecnologie più avanzate. L'ultimo nostro intervento ha riguardato l'adeguamento alle nuove esigenze ambientali imposte dalla legge per la riduzione dell'impatto atmosferico dei fumi.
Tuttavia vi sono incertezze sul futuro poiché i nostri concorrenti comunitari, Paesi iberici e Grecia, sono diventati molto aggressivi e pronti ad inserirsi nel nostro mercato. Finora la vicinanza dal luogo di produzione ha fatto la differenza, ma come noi andiamo in Tunisia a comprare la sansa, spagnoli e greci sono pronti a sottrarci la materia prima da sotto le mani. Nei loro rispettivi Paesi godono ancora di vantaggi competitivi per i più bassi costi di produzione e la modernità degli impianti, come capita a chi si inserisce per ultimo sul mercato.
Ad essi bisogna aggiungere i paesi del Nord Africa e la Turchia, dove vi è un rapidissimo cambiamento e danno la possibilità di poter costituire delle sorti di zone franche entro le quali lasciano all'imprenditore la più ampia libertà. Potrebbe essere quella la strada per rinnovarsi: la delocalizzazione in Nord Africa. Oggi sembra utopia, ma i tempi di evoluzione industriali sono rapidissimi e bisogna attrezzarsi prima che sia troppo tardi. Per adesso siamo protetti da dazi elevati dell'Unione Europea che scoraggiano la concorrenza, ma per varie ragioni sono destinate a ridursi nel tempo. Noi non possiamo competere sui costi, se adeguano anche la qualità il problema diventa realmente serio.
Anche in Calabria cominciamo a sentire in maniera acuta la rarefazione della disponibilità di manodopera, in special modo specializzata. Incontriamo crescenti difficoltà a trovare distillatori, fuochisti, saldatori, meccanici e patentati di caldaia. Nella nuova centrale a biomasse che sta per sorgere ad Altomonte, quest'ultima figura, che nella specie deve essere un patentato di prima categoria, deve venire dal Nord, poiché non ve ne è nessuno in zona. 
Inoltre, gli aiuti sono molto scarsi e il costo del credito, che incide sui costi ordinari di gestione, è ben più caro che al Nord.
Finora siamo riusciti a fare da soli, ma oggi si avverte una certa stanchezza e qualche preoccupazione. Persino dall'Iran arrivano richiesta di impiantare milioni di alberi d'olivo. I nostri vivaisti sono pronti a fornire tutta l'assistenza necessaria. Se si dovesse realizzare, sarebbe una concorrenza temibilissima.

 


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