Un'occasione di rinnovamento per la Calabria

di Oreste Parise (Il Quotidiano del 16 aprile 2005)

Rende, 9 Aprile 2005

Passato il primo momento di stordimento, per la gioia della vittoria o lo sconcerto della sconfitta, si può oggi tentare un'analisi più ponderata del risultato delle elezioni regionali in Calabria.

Per la prima volta si tratta di un risultato inequivocabile che non può dare adito ad alcuna incertezza, poiché l'esito resta lo stesso tanto in numero di seggi che di voti. Né si può attribuirlo all'alto numero di astensioni e di voti nulli, che sono perfettamente in linea con una tendenza consolidata e non costituiscono una peculiarità di questa consultazione. La protesta del voto si è attestata su di una dimensione ragguardevole e non accenna a diminuire. Solo una buona politica potrebbe, forse, invertire la tendenza.

A fronte di questa categoricità di giudizio vi sono osservazioni molto meno ovvie che meritano una attenta riflessione. Nel voto sono evidenti e coesistono due fenomeni tra loro contrapposti: a) la persistenza del rapporto clientelare che si manifesta nell'alto numero delle preferenze ai "soliti noti" e b) la comparsa con un'irruenza ed una forza inusitate del voto di opinione. Si può considerare un puro caso che nella classifica dei più votati il vertice è occupato da esponenti della maggioranza uscente? Nonostante la perdita delle elezioni. O tale circostanza esprime un più forte legame clientelare consolidato con l'esercizio del potere?

In una regione caratterizzata da un elevato ritardo di sviluppo, con segni manifesti di un processo di depauperamento economico di larghi strati della popolazione è comprensibile che vi sia una elevata domanda di protezione sociale, che non trovando risposta nei meccanismi istituzionali, costringe ad una ricerca individuale del soddisfacimento dei bisogni essenziali mediante un rapporto diretto e personale con il politico.

Tuttavia, una massa rilevante di persone percepisce in maniera netta e consapevole che la risposta individuale a bisogni collettivi non è più sufficiente, se mai lo è stato, a risolvere né le situazioni personali né i gravi problemi della società. Spontaneamente, senza alcun indottrinamento, senza guida e senza l'istradamento di un leader si giudicano i comportamenti, si raffrontano le condizioni, si valutano le capacità di risposta e sulla base di una valutazione di sintesi si sposta il proprio voto per punire l'incapacità a gestire la cosa pubblica, l'inefficienza delle azioni, l'arroganza dei comportamenti, il familismo amorale dei processi distributivi di ricchezza.

Una parte cospicua dell'elettorato giudica e punisce. Si tratta di qualche centinaio di migliaia di voti, non una quisquilia. È il voto d'opinione. Finalmente!

Attenzione, però. Non si premia un'opposizione che si è dimostrata tiepida nel contrastare una deriva gestionale, non si premia un programma poco incisivo e scarsamente pubblicizzato ed enfatizzato.

Siamo piuttosto di fronte ad un voto contro, una protesta, una indignazione per il metodo, la forma ed i contenuti di un governo regionale bocciato dalla stessa coalizione che lo ha sostenuto fino alla fine. Un giudizio sull'operato della Giunta, che ingloba anche un giudizio sul Governo nazionale a cui essa faceva riferimento. Un governo che ha dimenticato il Mezzogiorno ed i problemi della gente comune, le ansie e le paure del grande popolo delle partite IVA che si è ritrovato indifeso di fronte ad un quadro economico internazionale molto minaccioso.

Questo significa che siamo di fronte ad un voto scarsamente ideologizzato, ma fluttuante, pragmatico e magmatico. Oggi ha penalizzato il Centro-Destra. Sarebbe un grave errore pensare che sia diventato un patrimonio definitivamente acquisito dal Centro-Sinistra. Si tratta di un importante segnale di innovazione e di dinamismo sociale, che mette in moto un importante processo di rinnovamento del quadro politico regionale. La politica parolaia ed inconcludente, l'esposizione di una litigiosità permanente vengono percepiti dall'elettorato come un'incapacità di affrontare i problemi reali, indipendentemente dallo schieramento. 

Alla maggioranza uscita dalle urne offre l'opportunità di impostare un forte programma innovatore, di produrre un netto segnale di discontinuità affrontando i nodi irrisolti della politica regionale. Senza lasciarsi condizionare dal clientelismo, senza lasciarsi ricattare dalla nomenklatura pronta alla transumanza. Non si tratta di premiare i transfughi, ma di dare risposte ai bisogni ed alle richieste di tutte le parti sociali che sono in grande affanno per le difficoltà economiche e l'incertezza sull'evoluzione della congiuntura..

Questa è una vittoria della base, della gente, che chiede una partecipazione al processo di rinnovamento della società, la realizzazione di una democrazia bottom-up, una ripresa del dialogo con le forze sociali, con i rappresentati dei lavoratori e delle categorie professionali. Vi è un grande serbatoio di scontenti che si sono allontanati dalla politica che potrebbero essere recuperati con un'azione di governo seria, ponderata che venga percepita come il perseguimento di un interesse collettivo.

Anche la Casa delle Libertà, benché uscita sconfitta dalle urne, ha di fronte a sé una grande opportunità. Non si tratta di un dato irreversibile. La Calabria non è diventata improvvisamente comunista, non vedremo uomini inferociti mangiare bambini per le strade! Ha manifestato il suo disappunto, il suo desiderio di volere più politici e meno faccendieri, più idee e meno compromessi, più programmi e meno intrallazzi. Ma si ha bisogno di opposizione, di un'opposizione sana e vivace, che si confronti sui problemi, che stimoli, pungoli e controlli la maggioranza. Rifiutando il consociativismo. Non bisogna cedere oggi alla tentazione di abbandonare una nave che sbanda paurosamente per essere stata investita da un'onda gigantesca, non si sente alcun bisogno di trasmigrazioni bibliche.

Abbandonare la nave oggi significherebbe penalizzare la possibilità di una riscossa domani, di offrire un'alternativa seria e credibile al Centro-Sinistra. La Calabria non ha perso la voglia di destra, di una rappresentanza moderata. Ha solo espresso la sua insoddisfazione per come è stato interpretato questo ruolo. C'è un grande spazio per recuperare questa area, facendola diventare realmente moderna, in sintonia con il resto dell'Europa.

L'augurio più sincero per la Calabria è che il prossimo confronto elettorale veda il Centro-Sinistra difendere il "buon governo" che avrà saputo esprimere ed il fronte contrapposto chiamare il proprio elettorato a giudicarlo sulla base della sua capacità di rappresentarne le istanze e le aspirazioni nelle sedi istituzionali con una opposizione seria e rigorosa e sulla base di un programma caratterizzato dai principi moderati e liberali propri della sua storia politica e della sua matrice culturale.

L'esito sarebbe tutt'altro che scontato.