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San Giorgio cerca casa

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno V num 17 del 29/4/2006


Rende, 25 aprile 2006

Erano tutti lì stipati lungo il "Corso" di San Giacomo. Con la testa all'insù a guardare in alto, tra il verde degli alberi e l'azzurro del cielo, dove si sentiva il rombo cupo dei botti. I mortaretti salivano velocemente lasciando una scia biancastra, dividendosi a grappoli, scoppiando con fragore crescente. Molti gli occhi imperlati da gocce di lacrime. Lacrime fluivano senza ritegno lungo i visi rugosi di anziani signori dall'aria severa per nascondere malamente la propria emozione. Lacrime fuoriuscivano dagli occhi serrati che bagnavano le fresche guance di donnine fiere di mostrare l'ombelico con la sfrontatezza della loro giovinezza, ma incapaci di dominare le emozioni. Lacrime imperlavano gli occhi lucenti di una bellezza passata delle poche matrone abbigliate degli antichi costumi arbrësh, con il petto appena coperto dalla petilia, la strisciolina di lino ricamata che lascia intravedere il solco tra i seni reso profondo dall'età.

Gli abitanti di Cavallerizzo si erano ritrovati, insieme a tutti gli altri abitanti del comune, a riempire la Chiesa del Buon Consiglio dove ha trovato momentaneo rifugio il loro San Giorgio, una folla straripante fino ad invadere il sagrato. Per il secondo anno consecutivo accorsi all'unisono a rendere omaggio al loro patrono che li ha protetti nel momento più difficile, salvandoli tutti, sconfiggendo ancora una volta il drago, le forze oscure che hanno travolto il paese. Non sono certo mossi da una vocazione all'ascesi mistica, ma da una voglia di testimonianza, dalla ferma volontà di rinnovare un appuntamento che li ha tenuti insieme per secoli, esorcizzando la paura di non poter più ritrovare un luogo comune per ricostruire la memoria.

Si stringono tutti attorno alla figura del mitico cavaliere Giorgio, che dalla Cappadocia aveva trovato un sicuro rifugio in Morea dove era oggetto di una profonda devozione. Il suo nome significa agricoltore in greco, e raffigura il senso di rivalsa di un popolo agricolo-pastorale, l'esempio di chi partito dalla terra riesce a sconfiggere la mala sorte fino a diventare il protettore dei cavalieri, degli arcieri e delle guide.

L'avanzata dei Turchi spinse gli albanesi a trovare la salvezza nella Magna Grecia, volgendosi prima verso la Sicilia. Con essi portarono nel cuore i paesaggi perduti e la statua del Santo. San Giorgio Megalomartire fu la prima costruzione di Piana degli Albanesi, con il Cristo Pantocrator raffigurato nel catino dell'abside. Risale al 1493. I profughi, ancor prima di costruire le loro case, si preoccuparono di un rifugio per il loro Santo adorato.

Processione di San Giorgio, San Giacomo 23 apr. 2006


Proprio li si recarono in un lungo viaggio gli abitanti di Cavallerizzo quando il 23 aprile del 1860 dovevano inaugurare la loro nuova Chiesa dedicata a San Giorgio per il miracolo di aver salvato il paese da una frana, una delle tante, la più devastante che aveva aperto un baratro con Cerzeto e aveva minacciato di inghiottire tutto il paese. "Una vecchia tradizione narra, che per aver la Statua, gli Albanesi dovettero ricorrere ai parenti ed amici della Piana dei Greci in Sicilia; e venne di là una bellissima statua del Santo su un brioso destriero, in atto d'infiggere la lancia nella gola del feroce dragone", come si legge nell'Eco di San Giorgio.
Da allora, ogni anno si è rinnovata la festa, tra gli spari dello "shkaku", una gara di tiro al bersaglio che prevedeva come primo e secondo  premio "një qëngj" e "një gjel", un agnello ed un gallo. Si svolgeva come una forma di rito solenne "tek Përroi i Shën Gjergjit", il Vallone di San Giorgio, dove si riporta fosse stato nascosta una sua immagine al loro arrivo. Vi partecipavano appassionati di tutto il circondario, in una gara tra arbrësh e litinj, molto sentita. Negli anni più grassi i premi diventano più pingui, ma sempre simboli pastorali come "një viç" (un vitello). La sera ancora luminarie e spari, con l'ubriacatura di una giornata speciale innaffiata dal vino abbondante. Il paese si illuminava con fuochi d'artificio che costituivano l'ammirazione dei paesi vicini e lontani del cosentino. Si volevano sempre più potenti quei fuochi, per scacciare la cattiva sorte che incombeva. Negli anni sono costantemente aumentati in numero di mortaretti ed in intensità. Quella tradizione continua oggi nel forzato esilio provocato dalla frana. Una festa ridotta a mera cerimonia religiosa, senza le consuete serate di intrattenimento, ma gli spari continuano a rappresentare un inno alla vita.

Una interminabile teoria di persone ha abbracciato gli abitanti di Cavallerizzo, per testimoniare con la  loro presenza solidarietà alle famiglie rimaste senza tetto. Il lungo serpente della processione si è snodato quest'anno a cominciare dalla Chiesa del Buon Consiglio, per le strade di San Giacomo con un procedere lento, solenne, fermandosi in tutte le case dove sono provvisoriamente alloggiati gli sfollati. San Giorgio deve visitare ogni famiglia per scacciarne dalle loro case il drago delle preoccupazione e delle miserie, spingendosi fino a Cerzeto per incontrare gli anziani che non potevano lasciare le loro case. Lungo la via si intonano i versi di Giulio Variboba che cantano le gesta del Santo, tramandati oralmente fino a quando non sono stati riproposti in epoca recente da Carmelo Candreva. Ile e Kartelës, Carmine Stamile svettano con i loro acuti sul gruppetto di donne che accompagnano in falsetto, tra lo stupore compiaciuto dei presenti. si capiscono ormai poco quei versi, ma il canto rimanda a suoni remoti, a suggestioni sepolte nel passato.

Lungo il percorso una sagra spontanea di "street food". Secondo tradizione, ogni famiglia di  Cavallerizzo organizza, davanti la casa dove è ospitato, banchetti imbanditi con i tradizionali kulacët e le gourmandise tradizionali, salumi, formaggi, pitiçele, il tutto innaffiato con del buon vino della cantina familiare. Il profumo dei biscotti si confonde con l'aroma dell'incenso, in una commistione tra sacro e profano. In una gara di generosità, ognuno ha preparato il suo thermopolium per rifocillare i fedeli e ristorare i portantini, nelle pause dell'interminabile girovagare per le strade del paese sotto il peso di una statua in legno massiccio. 

Il crescendo finale viene concluso con un botto possente, seguito da un applauso corale, liberatorio, con gli sguardi che si incrociano a cercare reciproca approvazione per lo spettacolo offerto. Poi tutti a casa a gustare "purpettat me gjisë", portandosi dietro tutti gli ospiti intervenuti, i "musicanti", gli officianti ed i curiosi. In un giorno di festa nessuno vi è il dovere dell'ospitalità, nessuno può essere escluso. In ogni tavola si preparano dei posti aggiuntivi per gli ospiti.

Si è trattato di un grande momento per la comunità, conclusosi nel primo pomeriggio, con una stanchezza affiorata solo alla fine, terminata l'ubriacatura collettiva.

***

Il momento unitario è stato disturbato da assenze significative, da un sottile veleno che serpeggia in una parte minoritaria della comunità, che non ha psicologicamente superato il trauma della perdita di identità, il forzato abbandono di una casa in cui sono riposte le proprie memorie. E molte di esse sono in piedi, in una immobile fissità quasi ad attendere il ritorno dei suoi abitatori abituali. Questo alimenta un romanticismo retro, la volontà di un impossibile ripristino del vecchio centro abitato. L'esasperazione nostalgica viene alimentata da comportamenti irresponsabili di una amministrazione che naviga nell'ambiguità, di un sindaco incapace di vestire i panni istituzionali, di rispettare i sentimenti e difendere la memoria senza alimentare fantasmi e fantasie che non trovano nella crudezza delle analisi tecniche alcun fondamento ed alcuna possibilità di realizzazione.

Nello stesso pomeriggio del 23 era prevista una cerimonia intimistica per quei pochi irriducibili, da tenersi nella Chiesa di San Giorgio, proprio nel borgo abbandonato di Cavallerizzo. Padre Francesco da Pietrafitta, strumento inconsapevole di una mistificazione, avrebbe dovuto officiare la cerimonia della benedizione del paese. Nelle intenzioni degli organizzatori si vorrebbe  liberarlo da quei veleni che annebbiano la mente di coloro che vorrebbero abbandonarlo, che hanno concepito altrove la ricostruzione. Fortunatamente il tutto si è risolto in una visita frettolosa, una cerimonia mancata per il fermo rifiuto opposto dal parroco Don Antonio Fasano a consegnare le chiavi della Chiesa. Difendere le proprie radici è giusto, ricordare e rimanere ancorati al proprio passato è comprensibile, ma la costruzione del futuro richiede la forza di volontà di andare avanti, senza rimanere prigionieri della memoria.

Per evitare possibili speculazioni sulla pelle di gente che vive il disagio di un evento traumatico, è utile ribadire alcuni concetti:

Questa deve essere una verità che non ammette ambiguità soprattutto da parte di chi ha responsabilità di rappresentanza della comunità e con comportamenti discutibili crea confusione. Per stroncare queste speculazioni quel nucleo residuo potrebbe essere abbattuto, ma rappresenterebbe un costo aggiuntivo ed un inutile sacrificio, la profanazione di un luogo della memoria, poiché la pietas non colpisce solo gli uomini, ma anche le cose nelle quali è scolpita la sua presenza.

Si è creato persino un sito, in forma anonima, per alimentare queste speranze, frammiste ad una legittima sete di giustizia, che nella esasperazione di una condizione precaria rischia di trasformarsi in un cieco desiderio di vendetta. Si tratta di una fonte di informazione inficiata da un vizio di fondo, da una visione preconcetta che rifiuta qualsiasi evidenza tecnica, nasce da una negazione della possibilità che vi siano proposizione che non ammettano replica, verità tecniche non soggette a mercanteggiamento politico. La ricerca delle cause che possono avere provocato una tragedia deve essere tenuta distinta dalla esigenza di una pronta ricostruzione che ridia speranza e fiducia alla comunità. Questa netta suddivisione tra i due momenti è facilitata dalla alterità dei luoghi del nuovo insediamento che non si sovrappongono con il vecchio e non inquinano le prove. La giustizia segua il suo corso, e la Protezione Civile faccia la sua parte.

Da parte dell'amministrazione comunale manca una visione programmatica, una politica di coesione sociale e psicologica, di un coinvolgimento nelle scelte della comunità, che viene sentita estranea se non dichiaratamente ostile. A soffrire di questa condizione di incertezza e di confusione è soprattutto le numerose colonie estere, prive di adeguata informazione e oggetto di messaggi ambigui. Si è fatta circolare un facsimile di petizione per un recupero del vecchio centro abitato che ha creato sconcerto e scompiglio.

La catena di trasmissione delle notizie amplifica e distorce la realtà. I precedenti disastri avvenuti di recente nel Sud, come il Belice, l'Irpinia o Sarno, non sono esaltanti e alimentano timori di una strada della ricostruzione lastricata da vincoli ed ostacoli. Molto opportuna sarebbe un atto di resipiscenza dell'amministrazione che dovrebbe abbassarsi a raccogliere le istanze della gente, a mostrarsi in grado di offrire una sicura sponda, una informazione corretta e puntuale soprattutto a coloro che risiedono lontano e non dispongono della possibilità di una presa diretta con gli eventi che si stanno verificando, che non sono in grado di controllare i percorsi della ricostruzione.

Chi tenta una opera di chiarificazione, di rappresentare senza infingimenti la realtà viene fatto oggetto di scherno ed ingiurie. Non vale la pena di sobbarcarsi in una gara di volgarità gratuite, tanto più che chi ha iniziato questo gioco, è stato indotto in errore, ha ricevuto notizie ambigue, che non hanno alimentato solo speranze ed illusioni, ma anche rancore e risentimento.

Vi sono tanti problemi irrisolti, i tempi si sono dilatati e si è ancora lontani dalla posa della prima pietra. Ma vi sono dei passaggi significativi che sono stati compiuti e lasciano ben sperare su una rapida conclusione del processo. È stato espletato l'appalto-concorso aggiudicato alla impresa Raffaele Zinzi di Catanzaro. Una impresa nota per le sue precedenti realizzazioni, che offre le migliori garanzie non solo tecniche, ma di qualità umane per assicurare celerità e tecnica costruttiva adeguata. Ed anche il coinvolgimento della comunità locale che verrà chiamata a partecipare direttamente alla propria ricostruzione e nelle fase progettuale che realizzativa. Si tratta di un buon viatico e rende più doloroso il riaprirsi di una ferita che doveva oggi essere rimarginata. Il rimettere in discussione una scelta insediativa è una responsabilità che ricade su chi non ha solo l'onore della rappresentanza, ma anche l'onere della coerenza e della corretta informazione della collettività.

***

Il prossimo 9 maggio si terrà a Roma, presso il Dipartimento della Protezione Civile un incontro con il Commissario Straordinario alla Ricostruzione, Guido Bertolaso dove è prevista la presenza della Regione Calabria, della Provincia di Cosenza, del Comune di Cerzeto e del  Comitato Cittadino dove verranno discussi - inter alias - due importanti questioni: "l'ammodernamento e sistemazione della viabilità che collega il sito di Pianette alla SS 19 e la destinazione del vecchio sito di Cavallerizzo.

Sono due problematiche che vanno considerate congiuntamente. La frana ha rotto l'equilibrio territoriale dell'intera area, creando gravi disagi alle popolazioni dei paesi vicini, da Rota Greca fino a San Marco Argentano, che è sotto questo profilo il comune che subisce le conseguenze più pesanti poiché perde il suo ruolo di centralità sul territorio. Il previsto collegamento tra il Pianette e la consolare Via Popilia appare piuttosto una via di fuga, che un ripristino dei collegamenti sul territorio. L'organizzazione scolastica, la distribuzione commerciale, gli uffici finanziari e bancari, la Curia arcivescovile e le relazioni sociali costituivano il "reticolo di San Marco" che si serviva in prevalenza dell'asse del tracciolino borbonico che univa Castrovillari con Cosenza, oggi interrotto dalla frana. San Martino di Finita e Mongrassano sono stati marginalizzati, ma anche Torano e Rota Greca subiscono ripercussioni notevoli. La stessa ricostruzione del centro abitato risulta di utilità affievolita, una operazione di corto respiro, se non è accompagnata da una ricomposizione del tessuto sociale.

Ricomporre quel grafo con un diverso tracciato, ma che ricongiunga Cerzeto con Mongrassano deve essere una priorità, tanto più che la sua costruzione impone una riflessione dell'intera fiancata del Monte Sant'Elia interessato da un fenomeno complesso di degrado idro-geologico che ieri ha colpito Cavallerizzo, ma minaccia molto seriamente Mongrassano, che potrebbe essere risucchiato da una evoluzione analoga. Né si può sperare in un ulteriore miracolo che ha impedito di associare la tragedia fisica alla tragedia umana. Vi è un rischio reale per la popolazione e va affrontato in tempo e con le misure opportune.

Non vi sono dubbi che il degrado ambientale è stato favorito dall'intenso sfruttamento a cui è stata sottoposta l'area, disboscata nel quattrocento e sottoposta ad una agricoltura intensiva che ha provocato un intenso fenomeno di erosione, di dilavamento superficiale con il conseguente dissesto idro-geologico.

Il territorio direttamente interessata al fenomeno ha una estensione di circa 500 ettari che non può essere abbandonata al suo destino, ma va considerata sotto il duplice aspetto della sicurezza e dell'utilizzo economico produttivo con un progetto di risanamento ambientale. Si potrebbe pensare alla costituzione di una società, anche sotto forma cooperativistica, che ricomponga l'intera area in una unica unità colturale, per procedere alle necessarie opere di consolidamento con interventi di ingegneria naturalistica. La ricomposizione del manto arboreo potrebbe essere realizzato con specie che consentano uno sfruttamento agricolo-forestale. Il vecchio sito deve rimanere una foresta pietrificata in attesa di verificare l'esito della bonifica.


E-mail ricevute

1) Mr. Parise, my name is Liliana Tudda. I met you over 20years ago in Cavalerizzo. You and Rosario Golemme were running for office at the time, and also I met you at a wedding. When the un-natural disaster happened in my town of Cavalerizzo, last year a few of us had a meeting here, and you were the only one mentioned who would have helped to organize our home town. We are very disappointed in you and of course the rest of the heartless people that have left our little town and have vowed never to return. Now everyone like us is an emigrant, does not feel good does it. And you also an emigrant, you do not feel the need to walk in those small streets, and to look up and see those beautiful mountains, and look down and see where my grandfather had his property, and his father etc. etc. for almost six hundred years, and now because of negligence and laziness I , an IMMIGRANT for 40years do not have the right to live in my house. I say laziness because the same people that now want a new Cavalerizzo are the same people that knew what was happening to our beloved town, they knew it had water underneath, I knew it had water, 20years ago I was in "BREGGO" and there was a hole near zia Giovanna's house , I looked down and saw a stream running underneath the road, and what did the comune due , they patched it up, and what did the residends do, nothing , they continued to chop the trees in that area, and build homes and rebuild. But Mr.Parise everyone knew what was happening, even Mr.Nino Golemme, he even brought people to measure the sliding of the town 5 years ago. Build a new Cavalerizzo, but why name it Cavalerizzo, why not something else, they have turned ther'e back (and so have you) on our heritage, our homes wich we have worked so hard to rebuild , and support the stores and workers.When we come there and people smirking say I fessi Americani arvuan, and they sucker us we high inflated prices, you see we go outside and pick-up our dollars. We are hard working people here, and our dream once in a while to come back and stay for a few weeks in our little town, but even this has been taken away from us. Not only did my father at the age of 20 had to emigrate all his life, and on his death bed he said he wanted to be buried in his home town , 59 years in Canada and fighting WW2 and immigrating to America, his last wish was to be buried there. And now Mr. Parise where are we going to go, we had a dream, to visit our little old Cavalerizzo, Im not sure I want to visit a New Cavalerizzo, but you dont need our hard earned dollars, you said there will be a new economic boom.
Sincerely, Lillian Tudda. Posted lunedì 03/04/2006 3.12

2) SEI UN TRADITORE! Dear Mr. Parise,
As a child of emigrant parents from Cavallerizzo I spent numerous summers vacationing in such a beautiful and tranquil place. Now the reality of it all is that people like yourself have forgotten your roots and most of all it seems you are naïve and ignorant about this entire ordeal that is unfolding before your eyes.
I am very disappointed in people like yourself, whose origin is from this charming village in Southern, Italy. It seems that you and others DO NOT care about your heritage, your roots, or your ancestry. Your agenda and is warped, on your own website you contradict yourself, something that never ceases to amaze me when I speak with hypocritical people like yourself.
You ignore all the sacrifices of the poor people who worked very hard and sacrificed their families so that they could make a home in THAT beloved town.
I am appalled and disgusted by you actions and your REDICULOUS articles about a “BETTER Cavallerizzo.” You talk about more economic development only 1 (UN) kilometer away from where Cavallerizzo stands. I cannot image how one can lack such intelligence to actually state such a stupid argument – its not like Cavallerizzo will be built right in an area with a VAST difference of population. Ask yourself one question, what can be done in Pianette that cannot be done in Cavallerizzo?
You are coercing these poor naïve people to abandon their roots.
YOU SHOULD BE ASHAMED OF YOURSELF AS WE ARE ASHAMED OF YOU!
Take a stand – where is the Oreste Parise of before? You wanted to save Cavallerizzo! THE FRANA WAS MAN MADE – your own words!
Have you forgotten about la frana del 98 di Sarno? Yes well do some research and investigate all the “frana” that occurred in Italy and you will see Protezione Civile promised, promised and promised, but in some cases 15 years have pasted and these poor people’s town have still not been built.
Please try not to believe too much in LA BEFANA. You should know better.
WHY HAVE YOU CHANGED YOUR MIND?
Hope to receive a response from you. Please right to me in Italian – I understand the language very well.
Sincerely, A CHILD of EMIGRANTS of CAVALLERIZZO. Posted lunedì 03/04/2006 5.19 e sabato 08/04/2006 19.24 da [traditore6tu@libero.it]

3) Letto, ma non RISPONDI??? - e allora davvero che SEI UN TRADITORE! WOW che coraggio che hai. Come puoi dormire la notte con quella coscienza sporca.
WOW - come fanno le persone come TE? - Graziano - Lucio e il resto del comitato del cazzo a buttare il paese nell'immodizia???
Peccato - stiamo perdendo il nostro paese per persone come TE.
"LETTO" Sei un INTELLIGENTE ..continui cosi con la tua vita. Posted mercoledì 12/04/2006 6.38 da [traditore6tu@libero.it]

4) MINKIONE... sei stato sindaco e anche TU hai la colpa su quello che e' accaduto a Cavallerizzo... continui a dormire con la tua coscienza sporca...
VEDRAI che la guisdizia vincera`! Mi raccomando di scappare via dall'italia perche fra pochissimo cadra tutto - cosi ti renderei conto come difficile a LAVORARE VERRAMENTE - e rompere il cullo per fare VERI soldi - non come fatte VOI con le vostre SIESTE e cazzate... VAGABONDI ...
Spero che Prodi te la mette in cullo - STUPIDO
Ancora non rispondi? perche... HAI PAURA? si vede che sei un coglione. Posted venerdì 14/04/2006 20.04 da [traditore6tu@libero.it]

5) Cari amici, Vi invitiamo a vedere il nostro sito! http://www.Cavallerizzo.com  Combatteremo per salvare il nostro Cavallerizzo Posted giovedì 27/04/2006 16.12 da "Cavallerizzo.com" [info@cavallerizzo.com]


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