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Sfogliando la Margherita calabrese

di
Oreste Parise (Mezzoeuro Anno V num 41 del 14/10/2006)

Rende , 11 ottobre 2006

La Margherita nasce nel 2001 come un cartello di liste a sostegno della candidatura a Premier di Francesco Rutelli. Ne facevano parte quattro partiti, il PPI (Partito Popolare Italiano), i Democratici (il partito dei Romano Prodi, meglio noto come l'Asinello), Rinnovamento Italiano (la lista di Lamberto Dini) e l'UDEUR di Clemente Mastella.

Benché la coalizione esce sconfitta dal confronto elettorale, la Margherita ottiene un successo insperato. Il suo 14,5% dei voti rappresenta una percentuale ben superiore alla somma delle sue componenti.

Confortati da questo esito viene decisa la costituzioni di un nuovo partito, con lo scioglimento dei quattro che la compongono. L'ambizione è di favorire la semplificazione del quadro politico con la predisposizione di una base comune laico-cattolica nella quale possano riconoscersi tutti i moderati.

L'obiettivo viene raggiunto solo in parte. Quando venne decisa la fusione definitivamente in un unico partito unitario, l'UDEUR decide di restare fuori, ad eccezione di una piccola diaspora.

I democratici a loro volta si spaccano. La maggioranza decide per l'adesione alla Margherita. ma Antonio di Pietro porta il suo dissenso fino alla ricostituzione della sua creatura, l'Italia dei Valori, che era stata messa in un cassetto proprio per far nascere l'Asinello.

In luogo dei quattro partiti alla fine ne risultano tre. L'obiettivo della semplificazione di fatto fallisce né si può mutare giudizio per la successiva adesione di altri gruppi provenienti dall'area laica, come i liberal-riformisti (Valerio Zanone) e i social-riformista (Enrico Manca e Giusi La Ganga). Si tratta di apporti marginali che non incidono sull'assetto politico complessivo.

Neanche i risultati elettorali successivi sono esaltanti. Tuttavia, la Margherita consolida la sua organizzazione. In tutte le elezioni successive al 2001, consegue buone affermazioni, conquistando ruoli di potere a tutti i livelli, nelle amministrazioni locali, nelle regioni e negli enti. Il gran balzo nella struttura del potere avviene soprattutto a seguito della tornata amministrativa del 2005, che ha interessato 14 delle 20 regioni.

Il 2001 rimane tuttavia un picco non più eguagliato a livello nazionale. Soprattutto deludente il risultato conseguito nelle ultime elezioni politiche della scorsa primavera. Al Senato dove si presentava da sola, la Margherita ha racimolato solo il 10,7%, ben al di sotto non solo del suo massimo storico, ma delle aspettative che erano andate maturando prima del voto.

Il tentativo di semplificazione va avanti per arrivare all'agognato obiettivo della costituzione di un unico soggetto del riformismo moderato, frutto di un elaborazione comune laico-cattolica.

L'appuntamento più importante nell'immediato futuro è la costituzione del Partito Democratico che dovrebbe nascere dalla fusione tra DS e Margherita.

In previsione di tale appuntamento  per la prossima primavera si stanno predisponendo il congresso per definire il gruppo dirigente che dovrà traghettare la Margherita nel nuovo PDI.

Si stanno delineando tre gruppi: i popolari, che fanno riferimento a Franco Marini e Pierluigi Castagnetti. A questa area fanno capo Dario Franceschini, Giuseppe Fioroni, Enrico Letta, Rosy Bindi e Ciriaco De Mita in posizione critica. Vi è un grande fermento con posizioni che variano dall'entusiastico alla critica feroce. Tra una parte di essi si è da tempo costituita l'Associazione "I Popolari", nostalgici del PPI (Castagnetti, Bindi, Pezzotta, De Mita).  Tra i loro obiettivi vi sono la valorizzazione della cultura e tradizione cattolica e la necessità di cogliere l'occasione del Partito Democratico per un rinnovamento della classe politica. Essi premono per trasformare il nascente PDI in un partito completamente nuovo, che non sia la somma della nomenklatura dei DS e della Margherita.

Il gruppo dei rutelliani fanno riferimento a Francesco Rutelli e Lamberto Dini. Gli esponenti più significativi sono Tiziano Treu, Paolo Gentiloni, Linda Lanzillotta, Ermete Realacci, ed ampi settori della CISL, tra cui l'ex segretario Savino Pezzotta.

Tra le fila dei "rutelliani" stanno anche i cosiddetti "Teo-dem": un gruppo di cattolici (tra i più noti Paola Binetti, Luigi Bobba, Emanuela Baio Dossi ed Enzo Carra), di tradizione non democristiana che può vantare solidi legami con la gerarchia vaticana.

La terza componente è quella degli Ulivisti (detti anche "Prodiani") che sono i più accesi sostenitori del processo unitario e spingono per una accelerazione del processo di unificazione. Il leader di riferimento è Arturo Parisi, che costituisce il "braccio armato" di Romano Prodi. A questo gruppo afferiscono Willer Bordon ed Enzo Bianco.

Vi sono inoltre numerosi movimenti federati o associazioni culturali, apparentate con La Margherita come Italia Popolare - Movimento per l'Europa (Gerardo Bianco e Lino Duilio), l'Associazione "Socialisti democratici per il Partito Democratico" (Giusy La Ganga ed Enrico Manca), e l'Associazione "Per la Democrazia Liberale" di Valerio Zanone.

Il cammino appare tutto in salita poiché vi sono molti fermenti non solo per l'individuazione della leadership e la definizione della classe dirigente. Altrettanto discussa la piattaforma programmatica e la collocazione internazionale del nuovo soggetto politico.

La Margherita in Calabria

Nonostante la sua giovane età, la vita della Margherita in Calabria è stata molto movimentata e non è facile seguire le tracce delle sue varie componenti.

Dei quattro partiti che avevano preso parte al cartello elettorale nel 2001, il PPI è confluito compatto nel nuovo organismo. Ha perso per strada solo qualche piccolo pezzo, come l'ex Segretario Regionale Ernesto Funaro avvicinatosi al Centro-Destra. Esponenti più significativi erano Franco Bruno, Segretario Regionale che viene riconfermato nel nuovo rassemblement. Inoltre Salvatore Perugini, Franco Laratta, Mario Maiolo a Cosenza, Luigi Meduri a Reggio Calabria, Ottavio Bruni a Vibo Valentia per limitarsi a qualche nome. Quest'ultimo ha seguito prima Loiero per defilarsi in una posizione autonoma oggi.

I Democratici erano rappresentati da Giampaolo Chiappetta che ha lasciato il partito per confluire prima in Forza Italia e successivamente nell'UDC; Mario Toteda Segretario Provinciale di Cosenza, oggi in posizione defilata è dirigente dell'Assessorato all'Agricoltura; Giuseppe Mazzotta, un avvocato di Reggio Calabria, all'epoca Segretario Regionale, il sen. Giuseppe Camo, Ennio Morrone che abbandona molto presto per confluire nell'UDEUR.

L'acquisto più importante derivante da quest'ultimo partito è Agazio Loiero, che aderisce alla Margherita nonostante la grande maggioranza del suo partito avesse deciso di voler rimanere autonoma.

Rinnovamento Italiano aveva come rappresentante più significativo Mario Pirillo, già UDEUR, che oggi è trasmigrato nelle file del Partito Democratico Meridionale. Altro esponente di spicco  che si ricorda Bonaventura La Macchia, che segue però Morrone nell'UDEUR.

La breve vita del partito è caratterizzata da grandi movimenti sia in entrata che in uscita.

La grande vittoria alle regionali del 2005 si presenta subito molto problematica. La Margherita contende ai DS il primato elettorale nella regione. Ma si tratta di una somma di elementi molto eterogenei, di apparati che rispondono a logiche personalistiche che mirano ad una gestione privatistica del consenso piuttosto che costituire uno spirito unitario. Ognuno di essi mantiene una struttura organizzativa propria che si sovrappone o si sostituisce a quella del partito.

Il problema più grave e delicato lo pone proprio il Presidente neo-eletto che conferma appieno la sua vocazione transgenica. Abbisogna dell'introduzione di continue cellule embrionali senza riuscire a costituire un patrimonio genico stabile e trasmissibile. Il momento di maggior successo, con l'occupazione dello scranno più alto della Regione si trasforma così in un periodo molto travagliato.

Agli inizi di quest'anno nasce il PDM sotto la cui egida si pongono tutti gli amici del Presidente. Sembra che dietro l'operazione vi siano sponsor d'eccezione, come lo stesso Romano Prodi desideroso di avere un suo sicuro riferimento nelle realtà locali. Ipotesi sempre sussurrata che non ha trovato conferme o smentite ufficiali. Fin dal documento che ne sancisce la nascita, il PDM esplicita l'obiettivo di confluire nel futuro Partito Democratico.

I suoi principali esponenti sono Mario Pirillo, assessore regionale, Pietro Amato, consigliere regionale, entrambi ex Margherita, e Pietro Fuda, ex presidente della Provincia di Reggio Calabria ed ex Forza Italia, che viene candidato alle elezioni politiche ed eletto senatore. Roccaforte del nuovo partito è Catanzaro, dove ottiene un consenso superire al 13% nelle elezioni comunali del capoluogo calabro. Aderisce al progetto del PDM anche "PartecipAzione", un piccolo movimento politico nato da una scissione dall'Italia dei Valori di Di Pietro, guidata dall'assessore regionale Beniamino Donnici. I riformisti rendesi sottoscrivono a loro volta un patto federativo con esso, che sancisce il passaggio di Sandro Principe sotto l'ombrello del Governatore.

A questa scissione si contrappone una campagna acquisti molto consistente che fa confluire nella Margherita notabili e possessori di tessere da ogni dove: a Cosenza Franco Covello e la figlia Stefania - oggi Assessore alla Provincia - di provenienza Forza Italia, a Crotone l'on. Dorina Bianchi dall'UDC, a Reggio Calabria Domenico Crea anch'egli ex-UDC e Pietro Fuda per una fugace partecipazione alle elezioni regionale, che fornisce un contributo notevole all'affermazione del partito a Reggio Calabria. La sua adesione non verrà mai completamente definita perché nel frattempo si lega alle sorti del Governatore ed aderisce al Partito Democratico.

Numerosi altre sono le traversate del deserto meno appariscente ma altrettanto significative. La Margherita si trova a doversi interrogare su quale è oggi la sua vera identità. La sua pluralità è messa in discussione dalla prevalenza dell'anima democristiana, la componente laica è fortemente compressa. L'unico elemento plurale è la sua organizzazione che assomiglia sempre più ad un centro commerciale, dove ognuno apre il suo negozio per beneficiare di alcune sinergie, mantenendo distinte le varie identità.

Lotta serrata nella Margherita reggina

Dando uno sguardo ai risultati delle elezioni regionali del 2005 i rilevano alcune osservazioni interessanti. Il primo dato clamoroso è che la Margherita, ultimo arrivato sulla scena, è il primo partito nella Provincia con un rotondo 14,2%, seguito a distanza dai DS (12,14%) e da Forza Italia (10,61). Il secondo è che oltre il 93% dei votanti il partito esprime una sua preferenza, praticamente tutti. Il sospetto è che le cifre bulgare possono denunciare una condizione di democrazia bulgara, con un voto fortemente condizionato.

Vi è stata una dura contrapposizione tra tre protagonisti:  Francesco Fortugno, Domenico Crea e Demetrio Naccari Carlizzi. Il risultato è per molti versi stupefacente, poiché li divide una manciata di voti: Fortugno 8.548, Naccari Carlizzi 8.276, Domenico Crea 8.202. Anche Demetrio Battaglia ha un buon risultato, 7.432 ma risulta defilato rispetto agli altri.

Tab. 1 - Elezioni regionali del 3 e 4 aprile 2005 a Reggio Calabria
   LISTA N. 13 - Democrazia è Libertà - La Margherita con Loiero
N.ro COGNOME E NOME VOTI DI PREFERENZA
1 Fortugno Francesco 8548
2 Crea Domenico 8204
3 Battaglia Demetrio 7432
4 Bilardi Giovanni Emanuele 5126
5 Brilli Michele 500
6 Mammì Fabio 26
7 Naccari Carlizzi Demetrio 8276
8 Pecora Giovanni 196
9 Pirillo Francesca 8
10 Porpiglia Mariana 90
11 Saccà Vincenzo 3291
TOTALE 41697

Nella Tab. 1 vengono riportati i voti di preferenza per ciascun candidato della Margherita.

Dei tre Naccari Carlizzi ha il suo radicamento elettorale soprattutto in città, che gli dà con quasi il 70% delle sue preferenze complessive, gli altri comuni che danno un contributo significativo sono Stilo (3,59%) e Motta San Giovanni (2,44%). Il suo è un voto molto concentrato. Sono sufficienti una ventina di comuni per raggiungere circa il 90% del totale delle preferenze conseguite. Vi sono comuni dove le sue preferenze superano il 40% come Candidoni, Casignana, Stilo, Fiumara, Santo Stefano d'Aspromonte racchiusi nella fascia urbana o a ridosso della città.

Fortugno e Crea sono espressione della periferia, il primo raccoglie a Reggio Calabria il 27% dei suoi voti complessivi, il secondo il 16%.

 

Comuni che hanno dato il maggio contributo al risultato elettorale di Francesco Fortugno
COMUNI Voti validi % sul totale comunale % sul totale dei voti di Fortugno % cumulata
Reggio Calabria 17.274 13,3 26,9 26,9
Locri 1.211 36,6 5,2 32,0
Siderno 554 59,4 3,8 35,9
Gioia Tauro 1.309 24,8 3,8 39,7
Roccella Ionica 634 47,8 3,5 43,2
Melito Porto Salvo 1.528 19,4 3,5 46,7
Bovalino 639 46,1 3,4 50,2
Bagnara Calabra 869 28,5 2,9 53,1
Bianco 484 47,5 2,7 55,8
Villa San Giovanni 963 21,1 2,4 58,1
Palmi 1.088 17,6 2,2 60,4
Brancaleone 459 39,7 2,1 62,5
Grotteria 218 74,8 1,9 64,4
Gioiosa Ionica 349 45,8 1,9 66,3
Cittanova 319 49,2 1,8 68,1
Benestare 307 43,3 1,6 69,7
Scilla 417 30,0 1,5 71,1

Il voto di Fortugno è molto più distribuito sul territorio, sono necessari la metà dei comuni della Provincia per raggiungere il 90%. In otto di essi la percentuale delle sue preferenze supera il 50% dei voti della Margherita, in particolare a Grotteria, San Giovanni di Gerace, Siderno, Sant'Alessio d'Aspromonte, Gerace, Careri, Giffone e Cittanova. I comuni che danno il maggior contributo assoluto (oltre Reggio) sono Locri, Siderno, Gioia Tauro, Roccella Ionica, Melito di Porto Salvo, Bovalino e Bagnara Calabro.

Domenico Crea ha un voto ancora più diffuso, il contributo maggiore lo danno Melito Porto Salvo, Gioia Tauro, Bivongi, Caulonia, Montebello Ionico, Locri e Bovalino. Molti di questi coincidono con quelli precedenti a dimostrazione della serrata lotta che si è accesa tra i due candidati. Ma vi sono veri e propri feudi in cui Crea ha percentuali elevatissime sul totale dei voti della Margherita: 76,9 a Bivongi, 65,6 a Ferruzzano, 63,3% a Melito di Porto Salvo, 59,5% a Canolo, 56,15 a Roghudi, 52,9 ad Africo, 52,0% a Ciminà, 51,5% a Camini, 51,4 a San Lorenzo.

Comuni che hanno dato il maggior contributo al risultato elettorale di Domenico Crea
Comuni Voti della Margherita % dei voti di Crea sul totale comunale % dei voti di Crea sul totale delle preferenze % cumulata
Reggio Calabria 17.274 7,4 15,5 15,5
Melito Porto Salvo 1.528 63,3 11,8 27,3
Gioia Tauro 1.309 41,5 6,6 33,9
Bivongi 429 76,9 4,0 38,0
Caulonia 601 42,9 3,1 41,1
Montebello Ionico 644 39,3 3,1 44,2
Locri 1.211 19,6 2,9 47,1
Bovalino 639 36,7 2,9 49,9
San Ferdinando 483 41,6 2,5 52,4
Brancaleone 459 43,4 2,4 54,8
Rosarno 902 22,0 2,4 57,2
Bova Marina 449 42,7 2,3 59,6
Bagnara Calabra 869 21,2 2,2 61,8
Africo 327 52,9 2,1 63,9
Monasterace 381 44,4 2,1 66,0
Platì 377 39,0 1,8 67,8
San Lorenzo 276 51,4 1,7 69,5
Stilo 549 22,6 1,5 71,0
Condofuri 388 29,6 1,4 72,4
Motta S. Giovanni 816 12,6 1,3 73,7
Benestare 307 30,9 1,2 74,8
Palizzi 229 41,5 1,2 76,0
Roccella Ionica 634 14,5 1,1 77,1
Bianco 484 18,6 1,1 78,2
Serrata 178 43,8 1,0 79,2
Molochio 229 32,8 0,9 80,1

La lotta è stata molto serrata come è facile immaginare. La suggestione dei luoghi lascia intravedere scenari a tinte fosche, che le recenti polemiche innescate da Zavattieri hanno contribuito ad alimentare.

La Margherita è stata solo il terreno di scontro dove si è combattuta una aspra battaglia. Forse si sono aperte troppe porte ai contendenti, come sostiene l'On. Laratta nella intervista telefonica qui riportata.

Vi sono molte preoccupazioni sullo stato dei rapporti politica-criminalità nella regione. Uno dei rimedi proposti è di impedire ai mafiosi di poter intervenire nelle competizioni elettorali. Il proposito è lodevole, ma gli esiti sono dubbi per la difficoltà di definire un mafioso. Inoltre, nella maggioranza dei casi i boss non intervengono mai personalmente (sarebbe troppo facile), ma si servono di personaggi al di sopra di ogni sospetto.

I legami non sono facili da individuare, come dimostra il caso Provenzano in Sicilia, rimasto latitante ed impunito per 35 anni. Chi sono stati i politici da lui sostenuti sono ancora avvolti nel mistero dei pizzini. Il vero rimedio è recidere i legami che si sono venuti creando, favorire la crescita e la rotazione della classe dirigente, allargare la base di partecipazione per diluire il rischio ed ampliare il fronte di resistenza.

La vera risposta è nella crescita culturale, nella trasformazione dei partiti in strumenti di coinvolgimento democratico.

Il partito democratico può essere una occasione. La gatta pressarula fa li figli cecati. L'eccessiva fretta con la quale si vuole procedere, il metodo top-down adottato lasciano intravedere un ulteriore somma di partiti vecchi, di classi dirigenti usurate, di notabili che si portano dietro i mille lacci e laccioli che li legano indissolubilmente agli attori più consumati che continuano a recitare la commedia del nostro sottosviluppo.

Il "Who's who" della Margherita calabrese.

Cosa è oggi la Margherita in Calabria non è una domanda alla quale è molto facile rispondere. Vi sono stati molti sconvolgimenti, una sequela di competizioni elettorali, nomine a vari livelli che hanno mutato le rappresentanze uscite con il primo ed unico congresso che si è tenuto in un tempo ormai remoto considerata la velocità degli eventi.

In aggiunta a questa immobilità della struttura in una situazione di estrema fluidità della base, non tutti hanno provveduto alla sostituzione dei rappresentanti. Soprattutto a Reggio Calabria, è difficile sapere con esattezza chi ha lasciato il partito, il che non ha consentito la cooptazione per la ricomposizione degli organismi.

In una panoramica d'insieme, si può dire che la Margherita calabrese è saldamente mariniana. Non solo per il segretario regionale, l'oggi senatore Franco Bruno, ma alla stessa componente si riconoscono quasi tutti i maggiorenti del partito. A Cosenza, per limitarsi a qualche nome ne fanno parte Franco Santo, il sindaco della città Salvatore Perugini, Bruno Maiolo. Lo stesso On. Franco Laratta, che insieme al segretario provinciale e Vice-presidete della Provincia di Cosenza Mimmo Bevacqua fanno riferimento a Dario Franceschini, a livello nazionale confluiscono nello stesso raggruppamento.

Membri dell'Esecutivo regionale della Margherita
1 Domenico Bevacqua D. Franceschini Segretario Prov. Cosenza, Vice Presidente Provincia di Cosenza
2 Francesco De Nisi F. Marini Sindaco di Filadelfia (VV)
3 Franco Bruno F. Marini Segretario regionale, senatore
4 Antonio Calabrò F. Marini Già vice-presidente della Provincia di RC
5 Vincenzo Curcio   Lametia Terme
6 Lorenzo De Sossi F. Marini Vibo Valentia
7 Franco Laratta D. Franceschini Deputato
8 Peppino Gullì   RC
9 Fabio Laganà F. Marini Resp. amministrativo regionale
10 Mario Laganà F. Marini Presidente dell'Assemblea del partito
11 Pasqualino Mancuso F. Marini CZ
12 Giuseppe Mazzotta Parisi Già segr. regionale dei Democratici
13 Franco Pugliano   KR
14 Guseppe Sera F. Marini Segretario provinciale di RC

Alla componente di Franco Marini aderiscono in aggiunta alla quasi totalità dei membri dell'esecutivo regionale (vedi tabella), i consiglieri Pietro Giamborrino e Enzo Sculco, l'on Nicodemo Oliverio, Giuseppe Mistorni

La componente Rutelli è largamente minoritaria potendo contare sul consigliere regionale ora assessore Demetrio Naccari Carlizzi, l'on. Dorina Bianchi a Crotone ma una scarsa presenza negli organismi regionali.

Vi sono poi altri come i Covello, padre e figlia, entrati per il tramite di Sergio D'Antoni, o l'eurodeputato Donato Veraldi, che pur riconoscendosi nella componente Marini gioca un ruolo sostanzialmente autonomo.

Numericamente poco rilevante la componente "Ulivista", il principale esponente è Giuseppe Camo. Molti sono confluiti nel PDM di Loiero.

La semplificazione è soltanto apparente, poiché pur riconoscendosi nella stessa componente nazionale, i vari gruppi sono fortemente autonomi. Il partito appare come un grande "Centro Commerciale" con una lunga galleria di negozi che propongono i propri prodotti. Il congresso ultimo si è concluso con un unanimismo che ha portato ad una spartizione delle sfere di competenza. Ma di fatto ogni decisione è affidata al quadrunvirato Bruno, Laratta, Perugini, Maiolo a Cosenza, al duo Sculco, Oliverio, mentre a Catanzaro la diaspora ha inciso molto seriamente.

Le sorti del partito reggino sono, ad esempio, saldamente nelle mani dei Laganà presenti nell'esecutivo regionale e nella segreteria provinciale con un loro esponente. Una posizione più autonoma è quella di Luigi Meduri, forte della sua storia. Avvolto in una nebulosa la posizione di Domenica Crea, autosospesosi dal partito senza che vi sia stata alcuna chiara posizione ufficiale degli organi ufficiali.

Non vi sono nella regione gli stessi fermenti che si registrano a livello nazionale. Il PDI lo si subisce come una calamità necessaria, senza alcun tentativo di coinvolgere il popolo delle primarie che viene ricordato solo quando serve a dimostrare la democraticità di un percorso. Proprio quella partecipazione e il coinvolgimento di una vasta platea di cittadini avrebbe dovuto indurre i partiti ad una apertura verso la società civile, ad una profonda opera di cambiamento della classe dirigente.

Siamo oggi a chiederci cosa è realmente successo in quella famosa primavera, quali equilibri si sono rotti, quali legami si erano creati per arrivare ad una conclusione così tragica. Nessuno ha oggi una risposta a quegli avvenimenti, ma dovrebbero almeno indurre ad una rottura con il passato.

I primi segnali indicano che il PDI non sarà un partito nuovo, apportare di area fresca nella regione. Si andrà verso la solita miscela di notabili, con le scissioni che già sono nell'aria e le trasmigrazioni dei soliti noti alla ricerca di una profittevole collocazione nella nuova struttura di potere.

Persino la speranza in Calabria è una utopia.

 


Intervista all'On. Franco Laratta

Pensa che sia stata fatta piena luce sul delitto Fortugno?
La Magistratura ha individuato gli esecutori materiali, ma si è fermata a quel livello, dimostrando una chiara difficoltà ad indagare a fondo i rapporti tra la politica e la mafia. Tutto sembra girare attorno alla sanità nella Locride, in particolare l'ospedale, che è uno dei grandi business. In un'area debole, la sanità assume una importanza spropositata. È al centro di una fitta rete di interessi, una matassa che non si riesce a sbrogliare.
Questo dovrebbe essere vero in tutta la regione. Cosa ha di particolare la locride?
Bisogna considerare che è tutta la politica reggina che soffre terribilmente di un pesante condizionamento. Su tutti e su tutto pesa sempre l'ombra di una sovrastruttura. Il potere mafioso rende incerta ogni figura. Siamo spesso costretti a ragionare per sagome, piuttosto che su profili nitidi.
Vi è qualche ragione specifica per cui questo è accaduto nella Margherita?
La Margherita avrebbe potuto evitare molte contaminazioni. Oggi che possiamo valutarne amaramente le conseguenze. Possiamo dire che avremmo dovuto privilegiare la scelta di una classe dirigente nuova, piuttosto che rincorrere le macchine elettorali. La caccia al voto ha dato dei risultati, ma sono risultati molto discutibili. Già all'indomani della chiusura delle urne mostravano la fragilità di quell'impianto. Oggi abbiamo un partito di notabili proprietari ciascuno di un pacchetto elettorale.
Ma cosa si può fare per porre rimedio al degrado politico-sociale?
Dobbiamo combattere la commistione mafia-politica con metodi nuovi. Intanto, cominciamo con il tagliare alcuni fili. Abbiamo presentato un disegno di legge che vieta ai condannati in via definitiva per mafia ed ai sorvegliati speciali di intervenire nelle competizioni elettorali. Ad essi è posto l'esplicito divieto di propaganda elettorale. La sanzione è posta a carico dell'eventuale eletto che potrà decadere dall'incarico immediatamente senza dover attendere la conclusione di un processo.

(O.P.)


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