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Il Caso De Magistris: lo stato di diritto e l'iniziativa democratica

di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno VI num. 40 del 6/10/2007)

Rende, 3 ottobre 2007

Waiting for Godot. In Calabria si respira una atmosfera febbrile in questi giorni. Vi è grande attesa del pronunciamento del CSM sulla richiesta di trasferimento del vice procuratore Luigi De Magistris. Si organizzano tavoli per la raccolta di firme, petizioni ed appelli a favore del magistrato, e riunioni in varie parti della regione. Anche l'on. Pierino ne ha organizzato uno a Cosenza con la sua associazione "Città Futura", in collaborazione con il Centro Studi Lazzati, una creatura del giudice Romano De Grazia.

Un Convegno come tanti? Non proprio. Riesce a dare una angolazione molto interessante alla vicenda. Il momento è critico, delicato per l'equilibrio delle istituzioni regionali. Un momento carico di tensione e di speranza, di sconcerto e di una forte carica di rinnovamento. 

Potrà sembrare blasfemo sottolineare che oggi è una naturale continuazione dello spirito di cambiamento che ha portato solo due anni e mezzo fa a spazzare via la giunta Chiaravalloti per incoronare trionfalmente il nuovo governatore Agazio Loiero.

La protesta sembra incanalata  nell'alveo di una fiumara, a secco da tempo immemorabile, che le continue tempeste hanno ingrossato fino a trasformarla in una massa terrificante di antipolitica che minaccia di rovinare a valle trascinando tutto ciò che incontra sul suo cammino.Un movimento magmatico, cangiante di natura carsica che sembra scomparire per ricomparire in mille altre forme in altri luoghi ed in altri modi. Solo antipolitica o un senso di insofferenza nei confronti di una classe politica che non riesce la nuova Calabria e la sua voglia di cambiamento?

Allora come ora si è verificato un evento senza precedenti per una regione subalterna, una regione fortemente dipendente dall'esterno, dagli altri, dal Governo, dai fondi europei, dagli aiuti sotto forma di sussidi, trasferimenti per pensioni o indennità varie. D'un tratto, senza preavviso alcuno è apparso il voto di opinione, si è affacciato un nuovo cittadino calabrese che chiede una partecipazione attiva, un diverso modo di fare politica, un cambiamento radicale, profondo, insofferente alle pressioni, al giogo servile che per anni lo ha costretto a riconfermare sempre gli stessi personaggi, gli stessi Don Rodrigo che chiedono l'anima in cambia di qualche promessa.

La nuova giunta Loiero ha prontamente deluso le attesa, ha provocato una forte sensazione di inadeguatezza, una incapacità manifesta di farsi portatore di quella spinta ideale. Lo stesso risultato semi-plebiscitario conteneva una contraddizione. Non tutto era limpido, non tutto appariva trasparente. La vittoria troppo netta lasciava intuire accordi trasversali sulle teste degli elettori, si delineavano scenari inquietanti che si disvelavano nel primo incerto cammino del nuovo esecutivo.

Attorno al nuovo governatore si è andata formando una corte composita e trasversale, politicamente variopinta ma granitica nel difendere il proprio diritto ad occupare il potere. Costituita di elementi antichi e nuovi che affondavano le loro radici nel passato pentapartitico, nella esperienza del potere regionale che pur sconfitto dall'elettorato resisteva tenacemente nei gangli vitali della burocrazia regionale.Convegno Centro Città Futura

Dalla nuova giunta non ci si aspettava un immediato colpo di reni sul piano operativo. Ci si aspettava una ventata nuova, una  carica ideale, una forte spinta morale, una discontinuità con un vergognoso passato di commistione di interessi, di esasperato familismo, di una diffusa pratica clientelare che ha mortificato i calabresi nel corso degli anni, ha impedito lo sviluppo della regione, ha creato una condizione di servilismo che si traduce nella figura degli intramontabili politici che sopravvivono ad ogni tsunami per le capacità di tenere avvinto l'elettorato sotto il ricatto del bisogno.

I primi passi sono stati incerti nella politica del fare, ma arroganti e spediti nella politica di occupazione del potere, di ogni utile interstizio per una affermazione personale dei nuovi vincitori. E nell'imbarcare i voltagabbana di sempre, gli Ercolini-sempre-in-piedi. A dispetto delle norme approvate di gran carriera per fronteggiare una montante ondata di indignazione per i tanti episodi che venivano alla luce è prevalsa la logica dell'affermazione personale, degli accordi trasversali. È stato approvato il codice etico, ma anche la secretazione degli atti da pubblicare sul BURC, per poter fare nell'ombra quello che veniva considerato riprovevole alla luce del sole. Episodio dimenticato perché quella norma obbrobriosa è stata cancellata, in presenza di una forte reazione dell'opinione pubblica e alla richiesta di referendum abrogativo. Il primo del suo genere in Calabria. Senza una protesta popolare, senza la mobilitazione dei giovani, spontaneamente e riuniti nelle associazioni, quella norma starebbe ancora lì. La battaglia per la glasnost non è ancora vinta, poiché la corretta informazione è impedita da mille espediente che rendono impossibile una facile lettura del BURC.

Nei momenti di stanca la rassegnazione sembra prevalere, ma quell'anelito non è scomparso, quella rabbia ricompare a tratti. E la fiumara si ingrossa, diventa sempre più minacciosa. Attorno a De Magistris si è coagulata una speranza, si è accesa una fiammella, perché finalmente si è aperto uno squarcio sull'enorme spreco di risorse che ha impedito alla regione di svilupparsi, di seguire la scia virtuosa dell'Irlanda e della Spagna, che con una quantità minore sono riuscite a risalire la china del sottosviluppo. Qui abbiamo realizzato il paradosso che i fondi spesi non hanno creato né sviluppo né sono stati individuati i responsabili di questo enorme spreco, di questo scempio. La ricerca della verità è tutta dovuta al caso. La politica non  ha saputo interrogarsi. Rectius non ha voluto interrogarsi. C'è voluto un magistrato che si vuole "giustamente" togliere di mezzo per non disturbare il manovratore. Anche se ci sta conducendo verso il baratro.

È difficile delineare i contorni esatti di quanto sta accadendo. Bisognerebbe disporre della Stele di Rosetta e dell'acume di uno  Champollion, per decifrare i geroglifici politici.  Riassumiamone in un decalogo - in ordine sparso - i punti salienti:

  1. Luigi De Magistris afferma che i fondi europei  sono   stati  spesi male dando origine ad una sarabanda di illeciti.  La politica ribatte che Agenda 2000 - approvato dalla sinistra - era il migliore dei progetti possibili, che aveva ricevuto il plauso di Bruxelles. È stato gestito male dal centro destra. Lo si ripropone tale e quale incuranti dei fallimenti, ignorando il trasversalismo che ne ha caratterizzato la gestione, e mentre il mondo è radicalmente cambiato due volte ab illis.
  2. Il male oscuro della Calabria ha molte cause, ma la scarsa o nulla presenza dello Stato assume una importanza fondamentale. La magistratura è parte dello Stato e non certo la meno importante ed in Calabria versa in una condizione molto critica. In tanti anni di sperpero, spreco e dilapidazione di risorse nessun colpevole è mai stato individuato e condannato.

  3. La competenza ispettiva del Ministero di Grazia e Giustizia è stata introdotta con la nuova riforma dell'Ordinamento Giudiziario e trova la sua ratio nella incapacità della Magistratura di esercitare efficacemente il suo potere statutario: è una grave menomazione della sua autonomia poiché sottopone il potere ispettivo sull'operato dei suoi membri ad una gestione politica. La decisione resta all'organo di autogoverno, ma la cernita dei provvedimenti si traduce di fatto in un controllo indiretto dell'operato dei suoi membri.

  4. L'esame del CSM è equiparabile ad un vero e proprio processo di cognizione con tutti i rischi e le lungaggini che questo comporta. In particolare è molto difficile che venga assunta una decisione in una sola seduta. Molte probabilmente ne saranno necessarie, con la conseguenza di allungare i tempi sine die. Tra il tripudio della classe politica che ha tutto il tempo di costruire una muraglia cinese.

  5. Il  trasferimento non solo penalizzerebbe il singolo magistrato, ma vi è il rischio molto concreto che non vi sia nessun altro in grado di portarla a termine. Questo significa che la rimozione di De Magistris potrebbe significare l'insabbiamento dell'inchiesta. Il massimo risultato con il minimo sforzo.

  6. Una moltitudine di giovani hanno manifestato con ogni mezzo a loro disposizione l'insofferenza verso un sistema che li vuole servili e proni per pietire qualche precario vantaggio: in tanti cercano altrove dignità e speranza, in tanti si ribellano. Il fenomeno nuovo e straordinario è che questa nuova migrazione produce degli avatar nella loro terra di origine, delle reincarnazioni virtuali che non rispondono più alla logica del potere locale, che portano la loro voce fuori. La loro - come i giovani di Ulixes e di RossoVerde che sono intervenuti - è una presenza inquietante per il potere, una bomba ad orologeria che potrebbe deflagrare senza preavviso. Denunciano, criticano, si espongono, organizzano manifestazioni, pronunciano nomi eccellenti. Si ribellano, maledizione!

  7. La voglia di cambiamento emersa con le ultime elezioni regionali non si è spenta, non è stato un fuoco fatuo. Cerca nuove forme e nuovi obiettivi, perché la politica ha deluso le aspettative, si è dimostrata incapace di leggere i bisogni, di parlare al cuore dei giovani e dei calabresi. La politica si è confinata nel suo territorio, nel recinto dove pascolano e brucano le mandrie assoldate dal potere.
  8. L'offensiva di Clemente Mastella non è una azione isolata e personale del Ministro. Egli è il braccio di un disegno di normalizzazione che coinvolge non solo quasi l'intera maggioranza di governo, ma settori importanti della stessa opposizione per il carattere trasversale delle inchieste.
  9. La nascita  del PD in Calabria segna un tentativo di restaurazione, una volontà di conservazione degli equilibri locali. Sarà un caso ma l'offensiva contro De Magistris coincide con la pacificazione delle sue varie anime, e l'accordo su un candidato unico alla guida del partito in Calabria.
  10. La questione della giustizia in Calabria non può essere limitata al solo caso De Magistris. Si è di fronte ad un ricambio generazionale. Vi sono in tutta la regione giovani magistrati animati da un sacro fuoco che vogliono contribuire al cambiamento di questa regione, che si dimostrano insofferenti per il secolare immobilismi che caratterizza quegli uffici, che non arretrano quando dalla indagini emergono . Alcuni, Cozzolino, Facciolla sono stati ricordati nel Convegno, Stefano Musolino è intervenuto. Ma sarebbe ingiusto limitarsi a qualche nome poiché ve ne sono tanti ormai che spingono per un maggior protagonismo della magistratura. Ma la questione dei magistrati non esaurisce la questione giustizia. A questo si deve aggiungere l'organizzazione del sistema giudiziario, la fatiscenza di molti sedi di tribunali, la mancanza di mezzi e di strumenti tecnologicamente avanzati per combattere la più pericolosa organizzazione criminale d'Italia, la mancata formazione di un pool in grado di coordinare le inchieste.

Questi ed altri sono i nodi che sono venuti alla luce nel corso del dibattito. La Calabria non ha bisogno di eroi, di norme eccezionali,  ma di normalità, di un corretto funzionamento della macchina dello Stato.

Lasciamo la parola ai relatori ed agli interventi del pubblico. Il Salone di Rappresentanza del comune di Cosenza era gremito, il pubblico ha partecipato attento al dibattito, accompagnando con applausi i passaggi più significativi.

Giuseppe Pierino (Presidente "La Città Futura")- Iniziamo i nostri lavori con il Magistrato Romano De Grazia, fondatore e presidente del Centro Studi Lazzati, già Presidente Aggiunto onorario della Corte di Cassazione. Il Centro Studi Lazzati ha sede a Lametia e svolge molte iniziative di qualità. Vogliamo parlare del caso De Magistris da un punto di vista più complessivo, non ignorando la sua natura politica. Riteniamo che non si tratti della vicenda di un magistrato della sperduta Calabria o al più del profondo Sud, volendo includere anche la Basilicata che è interessato a queste vicende. La vicenda ha uno svolgimento curioso e si manifesta in due regioni dove è assi carente lo spirito di legalità e dove il governo, lo Stato non sempre riesce a far fronte agli attacchi della criminalità. Noi cittadini soffriamo di questa condizione di diffusa illegalità che investe importanti settori della società. In Calabria c'è una condizione ancora più difficile per la presenza del fenomeno della 'ndrangheta e del legame che si va saldando da più tempo tra 'ndrangheta, pubblica amministrazione e potere politico. Non è possibile pensare che la condizione della pubblica amministrazione versi nello stato denunciato dal superprefetto De Sena senza che vi sia un legame tra burocrazia e potere politico. Bisognerebbe essere capaci di analizzare a quale grado è pervenuto sinora questo rapporto e dove ci può portare. Se è vero quello che che la mafia ha un inizio e avrà anche una fine, bisogna interrogarsi su quale sarà questa fine ed in quale misura permeerà tutta la situazione sociale. Dopo Duisburg abbiamo visto che la mafia non è confinata al Sud. Qui ci sono i santuari evidentemente. Ma da quello che sappiamo la 'ndrangheta è diventata l'organizzazione sociale più potente in Italia e forse nel Nord Europa. Pochi giorni fa ho sentito in televisione ho sentito la relazione di Gratteri ed erra raccapricciante. Tuttavia penso che le cose stanno ancora più in là, perché lo stesso Gratteri sottovalutava come questo legame stretto che si va formando oggettivamente tra politica, potere e 'ndrangheta. Siamo in una situazione difficile e complicata che riguarda il futuro delle nostre regioni, delle nostre società e che quindi deve impegnare tutti a soluzioni serie. Possiamo dircelo. La lotta alla criminalità si è indebolita fortemente in questi anni. Anche negli anni del governo di centrosinistra. Non possiamo dire che c'è una ferma decisione di combattere la criminalità organizzata. Nessuno può negare che in questa regione nel corso degli anni, ma soprattutto negli ultimi tempi, anche la situazione economica si è fatta complicata e nessuno può negare che qui esiste un bubbone che riguarda la società pubblica e gli indirizzi, le vie, i percorsi che la spesa pubblica segue. Questo è fondamentale per capire che l'oggetto dell'indagine di De Magistris è certo. Discutibile può essere il modo in cui si conduce l'indagine, le prove che si possono o non si possono raccogliere, in che modo si possono formare le prove. Però che il fatto ci sia, che siamo di fronte ad una ruberia infinita che ha dilapidato risorse fondamentali che avrebbero potuto servire alla rinascita di questa regione, su questo nessuno può avere dubbi. Si tratta quindi di indagare, di perseguire queste cose, di accertare le responsabilità singole. Certo non è compito della magistratura di perseguire le responsabilità politiche. On vi è dubbio alcuno che siamo in presenza di qualcosa di molto serio. Non può essere accettato che il Ministro della Giustizia deferisce, attraverso i suoi ispettori, al Consiglio Superiore della Magistratura, e ne chiede il trasferimento per una indagine che non riguarda la Calabria, ma riguardano la Lucania, le "Toghe lucane", la magistratura lucana dove è emerso quello che sembrava assolutamente impossibile. In seno alla magistratura lucana sono venuti alla luce fatti di una eccezionale gravità che sono al vaglio di De Magistris per competenza.

Ma la ragione vera è l'indagine lucana o attraverso l'indagine lucana si è voluto ottenere un altro risultato. Si vuole dimostrare di non voler entrare nel merito delle indagini che si svolgono in Calabria, anche perché sono indagati membri del governo. Però l'effetto si riversa sulla Calabria perché il trasferimento di De Magistris implica che egli debba abbandonare tutte le sue inchieste. Vi sono tante domande che bisogna porsi. Cosa succederà alle richieste fatte al GIP?

Non vi è dubbio che siamo di fronte ad una operazione che parte dal Ministro, ma chiama in causa responsabilità politiche più generali. Non possiamo dire che la responsabilità è di un Mastella qualsiasi, ma è del governo e della classe politica calabrese, che è muta rispetto a questo tema. Vi è una trasversalità grave che tocca pressoché tutto l'arco politico, salvo alcune forze minoritarie che si sono espresse.

Non c'è dubbio che si gioca una partita che ha uno spessore ed un valore nazionale. Di fatti anche il tentativo di bloccare la trasmissione "AnnoZero" di domani sera, è un segnale di quale importanza riveste questa indagine.

È importante quindi che venga respinto questo attacco, poiché questo significa conservare la possibilità di una vita normale in questa regione, di giustizia normale in questo Paese, di una amministrazione normale della giustizia. Se dovesse passare una linea diversa, sarebbe un colpo per tutte quelle speranze che si sono manifestate nel corso di questi giorni e che hanno visto migliaia e migliaia di ragazzi protestare, tanti cittadini firmare gli appelli rivolti al CSM.

Dopo questa lunga premessa passo la parola a Romano De Grazia. che conduce il dibattito di questa sera. Egli si è reso promotore di una proposta di legge che può apparire rivoluzionaria che da il segno del carattere innovativo. Con tale progetto si propone di integrare una norma della legislazione antimafia che impedisca ai mafiosi che in qualche misura sono stati già giudicati ed ai quali è stato tolto il diritto di voto, di poter svolgere propaganda elettorale.

È veramente una stranezza che un individuo al quale viene tolto il diritto di voto possa con intimidazioni orientare l'elettorato e costringerlo a votare uomini ad essa contigui. Una proposta ragionevole e coerente con l'impostazione della legislazione antimafia e non costituisce nessuna forzatura. Però incontra tante difficoltà in sede politica che non si riesce a mandarla avanti in Parlamento. Se incontra tante difficoltà vuol dire che c'è una ragione, ma di questo ne parlerà lo stesso De Grazia. Se ne sta discutendo da tempo e nel dibattito sono intervenuti anche giuristi di grande valore. Se ne è discusso anche in Commissione Antimafia.

L'otto di questo mese De Grazia sarà a Pavia per parlare di questo argomento. Pensa che Romano De Grazia sia una delle persone che in Calabria sta cercando di formare una opinione diffusa del senso di legalità. Le cose vanno cambiate realmente, non dobbiamo cambiare l'immagine, fare rumore per dare la sensazione di alzare un po' di polvere, ma bisogna realmente cambiare le cose. Colgo l'occasione per proporre all'Assembla di dare mandato a Romano De Grazia - ed a me, se ritenete - di predisporre un ordine del giorno da mandare al Consiglio Superiore della Magistratura.

Vi chiedo scusa se l'ho fatta lunga e cedo la parola a Romano De Grazia.

Romano De Grazia (Presidente Centro Studi Lazzati) - On. Pierino, grazie per le affettuose parole che sistematicamente mi rivolgi. Grazie a Cosenza ed agli amici di Cosenza. Un città a me cara, per motivi di affetto, di vissuto e di stima. Come mio primo incarico sono stato Pretore di Cosenza per tre anni. Una città che ha dato origine a tanti uomini illustri e che tanto mi ha insegnato sul piano professionale. Venivo da Lametia quando ancora non c'era l'autostrada passando per Soveria Mannelli, oppure - come percorso alternativo - via Amantea Potame. Un viaggio allucinante. Però ho avuto modo di conoscere ed apprezzare l'intelligenza aperta dei cosentini. Poi fui trasferito a Catanzaro per un avvicinamento a casa.

Prima di chiederci qual'è la ragione che ci ha portato qui oggi, vorrei spendere qualche parola per il Centro Studi Lazzati. Costituito fin dall'ormai lontano 1992, per onorare la figura di Giuseppe Lazzati, padre della Costituente insieme a Dossetti per testimoniare seriamente la presenza dei cattolici nella politica. L'art. 3 della Costituzione repubblicana è stata redatta proprio da Giuseppe Lazzati, ex-rettore dell'Università Cattolica di Milano. Io ebbi la fortuna di incontrare e dal quel momento costituì una pietra miliare della mia formazione culturale. A Loreto ci sono stato molto tempo fa con Giuseppe Lazzati e con Dossetti, prima di quei cattolici che oggi si definiscono democratici. Qual'era allora il linguaggio e l'impegno del cattolico? Di agire ed operare politicamente nella politica per portare dei valori di eticità. Se non c'è eticità nella politica non ci può essere libertà e se non c'è libertà non ci può essere democrazia. L'intuizione era di superare il blocco che faceva riferimento alla Democrazia Cristiana, gettare questa fune, istallare questa passerella oltre quel blocco contrapposto che impediva il dialogo tra culture con largo anticipo su quanto si sta verificando oggi. E questo poteva essere preconizzato solo da spiriti profetici.

Noi dobbiamo perseguire l'unità nella diversità, il dialogo tra il borghese e l'operaio, tra l'intellettuale ed il proletario che completeranno il disegno che portò a quel disegno storico. Dobbiamo ritornare allo spirito di quel compromesso storico che si riallacci alla questione morale cara ad Enrico Berlinguer ed Aldo Moro.

Io ho relazioni nel mondo del cinema soprattutto dei registi impegnati, e questa estate ho organizzato un convegno sullo Stato che sfidò le Brigate Rosse. Erano presenti Agnese Moro e Giuseppe Ferrara, che si interrogava se fossero state solo queste a volere la morte di Aldo Moro. Domanda provocatoria, alla quale Agnese Moro rispose che suo padre costituiva un inciampo alla realizzazione di un oscuro disegno. Era il periodo della P2. Quanti nella Democrazia Cristiana e nella P2 non volevano il  compromesso storico? Trova allora una spiegazione la scelta di lasciar morire Aldo Moro.

Oggi viviamo in un momento altrettanto delicato della nostra storia. Vi è uno scollamento, vi è una frattura tra il paese reale ed il paese legale, dove regna il trasversalismo. Ma cos'è il trasversalismo se non l'espressione politica di una P3 che è già alle porte?  Sono ancora una volta in gioco le sorti della democrazia, ed io come cittadino e come vissuto giudiziario avendo fatto 40 anni di servizio di cui 12 come giudice di legittimità, ho ritenuto che se Annibale è alle porte i cittadini non stiano inginocchiati. Soprattutto nel Sud. Questa volta quel disegno non passerà.

Ecco il significato di questa battaglia, il senso del "caso De Magistris". Questi giovani magistrati si rendono garanti che il precetto viene applicato nei confronti di tutti i cittadini. Noi abbiamo il dovere di essere al loro fianco per non farli sentire soli. Altrimenti potrebbero ripetersi quegli episodi che portarono a morte il collega Livatino, magistrato ad Agrigento, Giovanni Falcone, Borsellino ed altri che hanno pagato con il sangue il loro impegno, onorando la toga che indossavano per affermare la legalità

La legalità è una bandiera, la bandiera dei cittadini che vogliono essere uguali di fronte al magistrato secondo il dettato dell'art. 3 della Costituzione. A De Magistris, a Facciolla,a Cozzolino a tutti i magistrati che sono in prima linea, subito va attribuito un attestato di solidarietà da parte del Centro Studi Lazzati, un attestato ora più convinto che mai. Purtroppo ho modo di leggere buon giornalismo nella nostra regione, ma purtroppo ho anche modo di leggere giornalismo spazzatura.

Affermare al legalità non è giustizialismo o garantismo, formule che non mi convincono affatto. Il magistrato è, deve essere garantista. Ma deve garantire il singolo e la comunità. Quella duplicazione e quella contrapposizione sono improprie. Vogliamo affermare con forza il diritto di ciascun magistrato a portare a compimento le sue indagini. Quel diritto non gli può essere tolto. Il collega Musolino sarà più dettagliato e  più specifico. Non possiamo certo parlare dello stato di responsabilità. Ci sarà la verifica dibattimentale secondo i principi costituzionali del nostro ordinamento processuale. Fino a che l'incolpato non sia dichiarato colpevole vi è la presunzione di innocenza. Detto questo non significa che il pubblico ministero non abbia il diritto. dovere di portare relatori del convegnoa conclusione le indagini. Al centro Lazzati abbiamo raccolto le firma perché De Magistris non sia trasferito e possa concludere le sue indagini. Come cittadini proprio per affermare questo principio. Questo provvedimento del signor ministro che vuole impedire la conclusione delle indagini è una iniziativa molto sospetta. La prima cosa detta dal Ministro che si fa riferimento all'inchiesta sulle "Toghe Lucane" e che "Why Not" non interessa. Ma rimuovere De Magistris significa anche togliergli l'inchiesta "Why Not". Questa è l'evidenza dei fatti. A chi vuole raccontare queste stupidaggini? Siamo trattati come cretini. Già Poseidone con un provvedimento discutibile gli è stata sottratta e guarda caso da un Procuratore Capo della Repubblica che secondo l'accusa di De Magistris faceva la talpa, cioè avvertiva l'avvocato degli indagati! Cosa grave, gravissima. E poi fanno l'inchiesta a carico dei giornalisti per la violazione del segreto istruttorio. Ma se si accusa il capo della Procura di fare la talpa quale credibilità può avere l'istituzione giudiziaria?

Per fortuna il CSM è un organo autonomo e sovrano e vi sono colleghi di grande autorevolezza. Se ci sono toghe sporche debbono uscire. Oreste, faccio questo discorso non perché sono forcaiolo. Nessun giudizio di colpevolezza può essere emesso senza le garanzie processuali. ma difendo il diritto del PM titolare dell'esercizio dell'azione penale di poter espletare nei confronti di tutti, potenti e non potenti, l'azione penale. Ecco perché siamo accanto a De Magistris e non abbiamo dato dato alcun giudizio di colpevolezza. Sfido chiunque a dimostrare che Romano De Grazia abbia additato qualcuno come colpevole.

È dal '92 che il Centro Studi Lazzati porta avanti la battaglia per la legalità. Purtroppo debbo accorgermi con rammarico che proprio a sinistra trovo le argomentazioni più banali e più risibili. Sono stato a Perugia all'Università insieme all'ex-Presidente emerito della Corte Costituzionale Giuseppe Ruperti, che è un estimatore del disegno di legge Lazzati. È venuto da Roma ad illustrare il disegno di legge. Se avesse rilevato profili di incostituzionalità certamente non avrebbe svenduto la sua immagine di primo giurista della Repubblica, per sostenere quel progetto.

Dico questo con una certa amarezza. Di cretini ce ne sono dappertutto, ma mi pare questa sinistra abbondi di questo genus. Sono stato abituato a parlare con grande franchezza. Non è incostituzionale il divieto di voto, che è il primo e più importante diritto politico, non è incostituzionale il divieto di candidarsi, non è incostituzionale la limitazione della mobilità con il soggiorno obbligato, non è incostituzionale la confisca dei beni di cui non si prova la provenienza lecita. Ma si ritiene incostituzionale il divieto di attività di propaganda elettorale. Questa è la ragione per la quale questo disegno di legge giace in Parlamento. Por rimuovere questa obiezione giorno 8 andrò a Pavia, dove c'è il prof. Grevi, che è il numero uno del diritto, che mi ha invitato. Sarà presente il prof. Piantata, autore di un testo universitario che gli studenti conoscono bene perché adottato in quasi tutte le università italiane.

Questa sciagurata legge elettorale ha consentito alle segreterie di riempire il Parlamento di sindacalisti, burocrati, faccendieri che sono chiamati a decidere sulla costituzionalità! Quando cerco di spiegare lo spirito di quel decreto mi si contrappongono argomenti puerili. Si sospetta un tranello perché un avversario che voglia fare del male ad un candidato della lista contrapposta potrebbe fare ritrovare un volantino in casa di un pregiudicato. Questo è un rischio che corriamo tutti, perché se qualcuno ci vuole del male potrebbe nascondere nella nostra auto una bustina di droga ed avvertire la polizia. Si parla del divieto di propaganda elettorale un concetto che è ben definito dalle leggi, una molteplicità di atti, una predisposizione di mezzi, di persone, l'esistenza di una struttura.

Di recente è successa una polemica che riguardava un consigliere regionale. Non è stato arrestato solo perché manca al prova della controprestazione. Attraverso le intercettazioni è risultata l'intensa attività dei Forastefano, il sostegno malavitoso al candidato. Il singolo episodio, il ritrovamento di un volantino non si configurano come espressione di una attività di propaganda elettorale. Si seminano dubbi e stupide argomentazioni perché siamo di fronte ad uno strumento normativo dirompente che ha seminato e semina il panico. Vittorio Grevi ha detto che questa legislazione antimafia è inadeguata perché per applicare la normativa sul voto di scambio occorre la prova del patto scellerato tre il candidato di pochi scrupoli e potere malavitoso. Voi sapete che in campo mafioso la prova non è assolutamente agevole. Ecco allora che tu sorvegliato speciale, in quanto appartenente, o indiziato di appartenere alla 'ndrangheta, alla camorra, alla sacra corona unita, e la maggior parte di mafiosi sono sottoposti alla sorveglianza speciale su provvedimento del giudice con tutte le garanzie difensive, come non puoi votare il candidato così non puoi fare attività di propaganda elettorale. Questo strumento è di facile ed agevole applicazione perché i sorvegliati speciali nei singoli comuni sono ben individuati, c'è l'elenco presso la caserma dei carabinieri ed il commissariato, sono consentite le intercettazioni telefoniche. Al momento elettorale basta sorvegliare i "sorvegliati speciali" ed i loro accoliti e si vede se la raccolta del consenso è libera e democratica o in effetti è frutto della violenza morale, dell'intimidazione, della minaccia.

Al di là do queste argomentazioni basta chiedere all'uomo della strada: "Volete che Provenzano, Mammoliti, Mancuso ecc. facciano propaganda elettorale?" Cosa pensate che risponda l'uomo della strada? Allora perché tutta questa pruderie costituzionale? È uno strumento che semina il panico perché è pericolosissimo, è di agevole applicazione al momento della raccolta del consenso elettorale e prescinde dall'accertamento del pactum sceleris. Se noi togliamo alla mafia il potere della raccolta del voto, sarà il politico, quel certo tipo di politico che verrà danneggiato perché on può più fare affidamento su un numero di voti "sicuri". Questo è un modo per togliere al politico l'interesse verso gli affari delle cosche, pulisce il voto ed evito lo scioglimento dei consigli comunali che costituisce una penalizzazione per coloro che sono stati democraticamente e liberamente eletti e per l'immagine della città.

Lametia Terme è stato sciolto due volte per condizionamento mafioso. Il 1991 con una coalizione di centrosinistra ed il 2001 con  una coalizione di centrodestra, a conferma del fatto che la mafia, la 'ndrangheta non hanno una ideologia. Fanno alleanza con chi in quel momento sembra essere la parte politica vincente. La mafia fa affari.

Il Presidente della Commissione Antimafia afferma solennemente che queste norme sono superflue poiché si è predisposto un codice etico sposato da tutti i partiti per evitare di candidare i rinviati a giudizio. Ma vedi se la mafia va a candidare persone a rischio che poi se condannati decadano. Candida ovviamente colletti bianchi, non può perdere un investimento.

Porterò fino in fondo il  mio impegno per l'approvazione di questo disegno di legge. Mi pesano le parole di Pisanu in tv che al di la di quattro ragazzi, la Calabria non ha saputo dare alcuna risposta all'attacco della criminalità organizzata. Pisanu mentisce sapendo di mentire, perché aveva già avuto il disegno di legge Lazzati senza dare alcun segnale. Nessuno si deve permettere di offendere la capacità, l'orgoglio, il patrimonio morale e culturale perché in Calabria c'è gente che sa, che vuole combattere la mafia in particolare, la collusione mafia-politica.

A Pavia verrà il Presidente della Giunta regionale: tanto tuonò che piovve. Il Consiglio regionale ha fatto proprio il disegno di legge Lazzati con  una delibera di adesione. Inoltre 47 comuni della Sibaritide, 14 del lametino lo hanno fatto proprio. Andiamo avanti perché bisogna dare una speranza alle giovani generazioni, poiché ci deve essere questo ricambio generazionale. Noi siamo con i giovani purché non siano vecchi dentro. Ricordo una battuta di Bernard Shaw che richiamo spesso: "Chi a vent'anni non è stato repubblicano, a 40 sarà un farabutto".

Stefano Musolino (Magistrato Procura di Palmi) - Proverò a parlare di questa vicenda che viene presentato, anche questa sera, come il "caso De Magistris", partendo da alcuni riferimenti normativi, forse noiosi ma indispensabili per definire i contorni in ci muoviamo. Talvolta il gridato giornalistico, il gridato mediatico si è sovrapposto rispetto alla naturale evoluzione della vicenda. Intanto il Ministro Mastella si muovo sulla base di una norma, che è l'art. 13 del decreto legislativo 109 del 2006. Norma che ha già trovato alcune applicazioni. Quando si sente dire che è la prima volta che il Ministro si muove in questa direzione, si tratta di una oggettiva falsità. Noi dobbiamo considerare in dati oggettivi e sicuramente non farò è una difesa corporativa dell'ordine a cui appartengo e che indegnamente rappresento questa sera. Non renderei un buon servizio né alla Magistratura né a voi che mi ascoltate. È proprio il potere che il Ministro si è ritrovato ad esercitare è sintomatico di una inefficienza che è propria del nostro sistema e della Magistratura.

Questa norma è intervenuta per porre un rimedio a quella che era una inefficienza oggettiva del sistema. Il potere di richiedere in via cautelare il trasferimento di ufficio di un magistrato era proprio del CSM in base all'art. 2 della legge sulle guarentigie. Le statistiche ci dicono che era un potere che è stato male esercitato perché a fronte di una quantità consistente di procedimenti iniziati per giungere al trasferimento di ufficio, se ne sono conclusi pochissimi di grande rilievo quando lo spessore del personaggio o la posta in gioco era altissima. Nella maggioranza dei casi vi era una resistenza da parte del collega che subiva il trasferimento che rallentava la procedura fino a renderla inefficace.

Ricordiamo il caso del Procuratore Cordova, o di Surace a Messina. Tendenzialmente era un procedimento che finiva per non concludersi. perché aveva un iter lungo e travagliato. Prima che si concludesse, la persona interessata aveva il tempo di proporre una domanda di trasferimento che di fatto rendeva nullo l'intero procedimento che si concludeva con un "non luogo a procedere" essendo venuta meno la ragione che lo aveva generato poiché il collega se ne era già andato.

Come sempre quando gli spazi di libertà concessi agli organi di autogoverno non vengono  gestiti in maniera soddisfacente, alla fine interviene il potere legislativo con un'imposizione che finisce per essere forse trabordante, ma che stigmatizza una inefficienza che c'era prima. In questo contesto nasce questa norma, che risponde ad una esigenza che in maniera spicciola può essere così rappresentata. Vi siete dimostrati incapaci di amministrare questo potere, vi è una esigenza effettiva di renderla operativa, assommiamo questo potere in capo al Ministro. Non si viola il dettato costituzionale perché alla fine perché il ministro detiene solo il potere di richiesta, di proposta, mentre la decisione viene rimessa all'organo di autogoverno.

Compresa quale è la genesi di questo procedimento, senza aver voluto tacere le oggettive responsabilità della categoria ed in particolare del CSM, bisogna sottolineare che quello che si apre è un vero e proprio procedimento giurisdizionale, con tutte le garanzie proprie della giurisdizione che si svolge con il contraddittorio tra le parti di fronte alla 1° Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura che si esprimerà alla luce degli elementi di prova che emergeranno, agli elementi di controprova addotti dagli incolpati. Un provvedimenti del tutto assimilabile ad un provvedimento giudiziario che perciò richiede una motivazione che deve avere le caratteristiche di logicità di un provvedimento giudiziario. Provvedimento ricorribile fino in Cassazione che sarà addirittura deciso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione. Quindi è un procedimento che si muove su garanzie assolute. Epperò non si possono tacere le anomalie che si riscontrano in questa vicenda. Non possiamo perdere però la fiducia che abbiamo nelle istituzioni, neppure rispetto alle istituzioni che l'hanno proposta. Le anomalie derivano dal fatto che ci sono esponenti del Governo che venivano coinvolti nelle inchieste condotto dall'incolpato che può subire questo trasferimento, in questo caso il collega De Magistris. Le anomalie derivano dal fatto che Luigi De Magistris è stato uno dei protagonisti della rivolta  dei sostituti procuratori di Napoli contro il Procuratore Cordova che ne ha poi determinato il trasferimento per incompatibilità ambientale. Oggi il capo dell'Ufficio degli Ispettori è uno dei Procuratori aggiunti che sosteneva Cordova in questo contrasto all'interno di quell'ufficio, che in qualche modo era contrapposto al collega De Magistris. Tuttavia dobbiamo contenere l'accusa nel fatto che questa sia una azione che si muove comunque in un ambito istituzionale, nonostante queste vicende.

Quando dico dobbiamo, non lo dico perché ritengo che in qualità di membro dell'istituzione o di semplici cittadini dobbiamo comunque un rispetto alle istituzioni. Ma è una necessità, un bisogno di avere fiducia nelle istituzioni. Senza questa fiducia ci troviamo di fronte al nulla. Proviamo a guardare a questa vicenda anche nei termini di un provvedimento che tra le anomalie che si sono evidenziate ed alcune altre ve ne devo segnalare, si muove su un piano istituzionale e giurisdizionale che dà garanzie finali del risultato. Con questo non voglio dire che qualsiasi risultato sarà buono, perché una cosa credo sia emerso evidente. All'interno di quel ufficio di Procura vi è con tutta evidenza una gradazione di responsabilità che non può portare a decisioni salomoniche, a decisioni cioè che mettano sullo stesso piano il collega De Magistris ed il Procuratore Capo, che sono i due incolpati. È evidente da quello che sta emergendo che si stanno confrontando di fronte all'organo giurisdizionale due modi e due modelli di magistrato. Non è possibile trattare in maniera uguale chi si è mosso per la passione di rendere giustizia e si accerterà se in questo modo di procedere ha violato le regole. La passione e la tensione ideale non può mai comunque comportare la violazione delle regole perché nessuno può pensare che la violazione delle regole possa essere sopportata se è finalizzata al raggiungimento di un fine nobile.

Dall'altro lato vi è una magistratura burocrate, una magistratura che si è accontentata di vivacchiare in una situazione che oggettivamente ha bloccato gli uffici. C'è una magistratura che aveva responsabilità precise sulla direzione di questi uffici. Quello che posso dire dall'inizio è interrogarsi se si  vogliono trattare alla pari due situazioni che sono oggettivamente diverse. Una decisione che non abbia la cura, la voglia di fare le dovute distinzioni, che non abbia la cultura delle responsabilità  che non può prescindere dalla distinzione e delle condotte, una decisione cioè che si accontenterebbe di un risultato politico mettendo tutto a tacere senza approfondire e dare direzione sicure, esprimere principi saldi per la direzione ma anche per le strategie da seguire nel contrasto alla criminalità organizzata. Quali insegnamenti si possono trarre dalla vicenda De Magistris? Intanto che esiste una magistratura variegata, che si può fare il magistrato in tanti modi, che si può essere magistrati burocrati, magistrati attenti alla cura del proprio compitino, attenti a non disturbare equilibri all'interno degli uffici o equilibri esterni che vengono regolati negli uffici, magistrati conniventi. E poi ci sono magistrati mossi da tensioni ideali, magistrati che credono nel principio dell'art. 3 che cercano strumenti di interpretazione non solo della norma, ma anche del loro agire. In una realtà come questa finiscono per contrapporsi inevitabilmente ai disegni del potere, piccoli o grandi che siano.

Quello che è successo è che buona parte della popolazione calabrese ha dato un chiara indicazione della parte in cui sta, ha fatto un salto nella direzione che la politica non è riuscita a fare. In qualche maniera si è schierata. Questo è un valore che non va disperso. Così avverrà se ci confiniamo nel caso e Magistris, che contiene in sé un difetto genetico che va al di là della persona di Luigi. Ancora una volta si finisce per personalizzare ed attribuire l'intera responsabilità, l'intero carico del contrasto alla criminalità organizzata, del contrasto al malaffare politico in una sola persona che viene identificata come il cavaliere bianco in grado di risolver la situazione. Questo no giova a nessuno perché è evidente come il tipo di criminalità che dobbiamo affrontare è un tipo di criminalità che può essere combattuta soltanto nel lungo periodo. Nel lungo periodo eroismi di epoca breve non servono a nessuno. Sono egoismi che a volte sono addirittura funzionali alla criminalità organizzata ed ai meccanismi mafiosi. "Calati adunche, ca la china passa" si dice nel reggino. Alla fine tutto torno come prima. Ognuno si costruisce la sua carriera, ognuno fa la sua strada. Qua restiamo noi, e le cose non sono troppo cambiate.

Quello che ci serve è portare all'interno della magistratura modelli organizzativi condivisi, partecipati.

In questo la riforma dell'ordinamento giudiziario ci porta degli elementi negativi, ma anche degli elementi positivi che dobbiamo essere bravi ad esaltare come magistrati e come cittadinanza attiva che si vuole muovere a fianco di questa magistratura che ha l'ambizione di cambiare, di realizzare questo sogno, questo grande desiderio. L'aspetto negativo è questa gerarchizzazione, perché ahimè il collega De Magistris può superare  questa vicenda, ma anche dopo può subire la revoca del procedimento da parte del Procuratore. Semplificando al massimo, per come è congegnato oggi l'ordinamento giudiziario l'autentico, unico responsabile del procedimento è il Procuratore Capo, che sostanzialmente ha il potere di assegnazione, di prelievo dei fascicoli praticamente intoccabile. Si muove in un ambito discrezionale rispetto al quale la capacità di incidenza dell'organo di autogoverno è limitatissimo. Lo stesso potere pressoché esclusivo lo ha nell'organizzazione degli uffici. Questi sono i limiti oggettivi che incontra una di magistratura che si pone con modelli organizzati, con modelli partecipati e perciò pretende un ruolo per il magistrato che non sia limitato al suo compitino, ma che ha ben chiaro qual'è l'incidenza che l'azione del suo ufficio ha nella società, si interroga su qual'è questa incidenza e prova a dare una risposta. Una magistratura cosciente del fatto che un atteggiamento impiegatizio e burocrate in realtà nasconde ipocritamente quella che può sembrare una sorte di apoliticità. Quella sua posizione è perfettamente politica perché si allinea con il sistema che ha bisogno di quel tipo di magistratura.

Una magistratura ben consapevole del ruolo "politico" in senso alto che la sua azione ha che pretende perciò un partecipazione condivisa di tutti i componenti che creino questi modelli organizzativi nei quali la qualità dei singoli, il talento dei singoli, si esprime in un contesto che li esalta. In un contesto passato il quale, nell'ipotesi che il collega cambia mansioni, continua a maturare quell'esperienza, a riproporla nel futuro perché quell'esperienza si muove in questo circuito condiviso e partecipato.

Cosa fare? Abbiamo due regolette del nuovo ordinamento giudiziario che abbiamo tanto contestato, che sono particolarmente utili. La prima è la temporaneità degli incarichi direttivi e semi direttivi. In Calabria ci sono scoperti i posti di Procuratore Capo di Catanzaro, il Procuratore di Cosenza, il Tribunale di Lametia, il Procuratore di Reggio e con l'applicazione di questa norma che è immediata - il CSM sul punto si è espresso in maniera indefettibile - determinerà la decapitazione di tanti uffici giudiziari calabresi. Il Procuratore di Catanzaro è una sorte di recordman, fermo in quell'ufficio per un periodo superiore a quindici anni, un assoluto sproposito in un posto come Catanzaro. In un ufficio di quella delicatezza anche una persona che può essere un santo, ma che in 15 anni finisce per avere maturato una serie di ordinarie relazioni che al di là delle sue stesse intenzioni appannano comunque l'immagine di quell'ufficio. È una cosa che non ci possiamo più permettere. Allora ben venga questa temporaneità degli incarichi negli uffici direttivi e semi direttivi.

Quello che possiamo fare  come cittadinanza è di essere vigili in questi frangenti. Chiedere al CSM di scegliere per i posti direttivi e semi direttivi della Calabria colleghi di grande qualità, che non prevalga soltanto il criterio dell'anzianità che è un criterio che comunque va tenuto in debita considerazione. Si debbono anche prendere in considerazione altre caratteristiche di professionalità se si vogliono veramente cambiare questi uffici.

La temporaneità impone poi la necessità di ricorrere al modello organizzativo partecipato, perché se i capi cambiano con questa periodicità, occorre che vi sia un modello che permanga anche dopo. Su questo bisogna lavorare.

L'ordinamento giudiziario prevede per lo svolgimento delle funzioni del magistrato inquirente ,e quindi del Pubblico Ministero, una determinata anzianità di servizio nella consapevolezza della delicatezza del ruolo. Questo significa che tantissimi uffici calabresi che oggi sono ricoperti da quelli che sono gli uditori giudiziari di prima nomina non lo potranno più essere. Come li copriamo questi posti?

Chiediamo che vengano stabiliti degli incentivi economici e di carriera affinché colleghi che hanno maturato esperienze in altri posti vengano qui, si confrontino con noi, ci portino nuovi modelli, nuovi modi di vedere le nostre realtà. Spesso rischiamo di essere schiacciati dei modelli stereotipati che ci portiamo dietro. Il confronto ci aiuta ci fa crescere. Una delle cose in cui tendenzialmente moriamo dalle nostre parti è il provincialismo, l'incapacità di aprirci. Facilitiamo tutto questo attraverso la proposizione di incentivi affinché colleghi più anziani e con maggiore esperienza possano venire a collaborare con noi indigeni in questi uffici.

Credo che questo dobbiamo proporci di ottenere se vogliamo che questa vicenda produca dei frutti positivi. E poi credo che è quanto si augura anche Luigi, al di là di come si concluderà la sua esperienza personale.

Conoscendo la passione che ci mette lui napoletano che ha sposato una catanzarese. Da Catanzaro è tornato a Napoli e poi è ritornato a Catanzaro. È un esempio  di magistrato che porta da fuori una esperienza nuova e si inserisce nei nostri ambienti. Se però resta solo in questi ambienti, alla fine resta una voce che parla nel deserto.

Quello che dovremo cercare di fare è di avere dei modelli condivisi. La cosa drammatica è che tra le cose che si dicono - e non so se corrisponde a verità - è che mancando lui non c'è nessuno che sia in grado di condurre le sue indagini, di continuarle. Vuol dire che dietro non c'è niente.

Posso capire che in una procura di provincia ci siano difficoltà personali e materiali. Ma per una Procura come quella di Catanzaro questo non può essere possibile. In buona sostanza è la Procura che dovrebbe controllare la Regione, ha un potere-dovere di controllo straordinario. Vogliamo garantire che questi uffici particolarmente esposti per queste ragioni abbiano la funzionalità necessaria.

Credo che questi sono i segni che questa vicenda ci lascia e che ci offre a tutti noi, a tutti voi che volete ragionarci sopra, la possibilità di guardarli e seguirli anche nella loro evoluzione futura con quella attenzione democratica di cui la magistratura, specie quella calabrese ha bisogno.

G. P. Diamo ora la parola a Salvatore Bullotta quale rappresentanza dell'associazione Ulixes di Catanzaro, ed in sostituzione di Salvatore Scalzo che non ha potuto intervenire.

R. De G. Permettetemi di ovviare alla lacuna iniziale di non aver presentato l'Associazione Ulixes. È una Associazione di studenti universitari costituita due anni fa ed è stata costituita due anni fa in prima linea per l'affermazione dei diritti civili, per il riscatto della nostra terra, è n prima linea nel portare avanti il disegno di legge Lazzati. Sono stati a Perugia, verranno a Pavia, gireremo per le università.

Salvatore Bullotta (Associazione universitaria Ulixes) Vorrei innanzi tutto ringraziare il giudice Romano De Grazia ed il Centro di Studi Lazzati per aver voluto invitare la nostra associazione ad intervenire in questo prezioso dibattito e mi unisco al suo plauso nei confronti della platea cosentina, poiché mi sono laureato nella vostra università.  Ulixes è una giovane associazione universitaria calabrese nata due anni fa a Catanzaro che ha l'ambizione di fare rete tra tutti gli studenti universitari della Calabria che si sono trasferiti in altri sedi universitarie italiane in modo da concentrare la loro attenzione sui temi più scottanti della realtà regionale. Faccio un esempio che mi sta molto a cuore. Abbiamo sostenuto vivamente la proposta di legge Lazzati, abbiamo seguito con onore il giudice nella presentazione a Montecitorio ed in Senato di questo disegno di legge sostenuto da tutte le sedi universitarie. È stata una bellissima esperienza che ci sta educando ad interessarci non solo ai temi politici ma ai temi civili, democratici della vita del nostro paese. 

Quello che ci interessa particolarmente del caso De Magistris è proprio la mobilitazione popolare che si è mossa in questi giorni. Nella settimana scorsa l'associazione ha organizzato a Catanzaro nell'ambito della notte bianca del capoluogo una vasta raccolta di firme sostenuta dal Centro Studi Lazzati che ha visto la partecipazione di migliaia di cittadini. Abbiamo raccolto quasi diecimila firma e ci tengo a sottolineare che le porteremo al Ministero di Grazia e Giustizia, ed all'attenzione del Presidente della Repubblica. Vogliamo cioè non disturbare l'attività del CSM così come è stato chiesta dal Vice Presidente Mancino proprio perché riteniamo che essendo un organo terzo, sovrano meriti il massimo rispetto nelle ore di serrato lavoro prima del suo pronunciamento atteso per lunedì otto ottobre. Ci teniamo che soprattutto il Presidente della Repubblica vigili sulla situazione. Siamo stati abituatati negli ultimi anni ad osservare moltissime crisi episodiche della politica. In questi giorni si sente parlare moltissimo di demagogia, populismo, qualunquismo per questi presunti attacchi, di complotti contro le istituzioni come ha sottolineato il Guardasigilli Clemente Mastella.

Le crisi della politica si sono verificate in moltissime occasioni nella storia ed anche nella nostra storia recente. Quella a cui assistiamo oggi è una crisi dei valori e delle istituzioni. Da qualche anno le più prestigiose istituzioni italiane hanno vissuto un depauperamento preoccupante. Abbiamo perso una importantissima istituzione come l'istruzione superiore che sta attraversando un periodo non facile. La stessa crisi ha toccato le istituzioni accademiche, l'istruzione universitaria, una crisi ancora più profonda il sistema sanitario ed esiste una crisi altrettanto preoccupante della Magistratura.

Ci siamo posti in difesa di Luigi De Magistris non perché riteniamo che Luigi De Magistris no possa sbagliare. Probabilmente ha commesso qualche errore e magari il Ministro Mastella ha ben fatto esercitando un suo diritto-dovere, come ci ha spiegato poc'anzi il magistrato Musolino. Ci preoccupa però che la solerzia del Ministro Mastella si sia manifestata proprio in questa occasione. Sappiamo benissimo dalle inchieste giornalistiche ma non solo che le istituzioni giudiziarie attraversano un periodo di crisi senza precedenti. Soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia la tradizione giuridica è preziosissima e l'esercizio del diritto è la prima garanzia democratica. Per quale motivo il Ministro Mastella non si affretta con lo stesso impegno manifestato nel proporre il trasferimento di Luigi De Magistris a sanare la situazione preoccupante delle Procure calabresi, tribunali che sono lasciati in balia di procedimenti che non vengono mai chiusi, mai completati per suina serie di disservizi incomprensibili, che all'estero risultano indecifrabili nella principale istituzione democratica, quella giudiziaria. Nel Tribunale di Catanzaro, o meglio nei sotterranei del Tribunale di Catanzaro, stanno marcendo gli incartamenti dell'importantissimo processo di Piazza Fontana che si è svolto a Catanzaro. Non si sta solo perdendo il lavoro prezioso della magistratura, ma addirittura la memoria storica che impedirà negli anni a venire a fare chiarezza su questi oscuri episodi. La nostra associazione vuole tenere alta l'attenzione su queste tematiche.

Un'altra questione che abbiamo a cuore è quella della Scuola Superiore della Magistratura per il distretto Meridionale. Il Ministro Mastella ha voluto, con la stessa solerzia dimostrata nel caso De Magistris, trasferirla da Catanzaro a Benevento adducendo una serie di problemi insormontabili che si sarebbero verificarti nel procedimento di localizzazione della sede. Ancora oggi questi insormontabili problemi non sono stati spiegati.

È ancora più incredibile l'intervista rilasciata dal Ministro Mastella a Benevento, quando si gloriava di essere riuscito a portare nella sua città la Scuola e non vedeva l'ora di vedere giovani magistrati aggirarsi a fare shopping come segno di una presenza. Poiché compito di un politico è quello di prodigarsi per la comunità che lo ha espresso, per la propria città di provenienza. Se un Ministro della Giustizia, in un paese in cui la giustizia versa in una situazione drammatica ed in cui la lotta alla criminalità dovrebbe essere la primissima voce dell'agenda politica di qualsiasi governo, si pensa a fare gli interessi del suo piccolo ... "Campanile". Il suo partito sembra essere tanto bersagliato negli ultimi giorni, forse qualche ragione ci sarà. La stessa interrogazione parlamentare dei deputati Leone e Mancini, a parere di tutti non ha ricevuto una risposta esaustiva da parte del Ministro Guardasigilli.

Con queste premesse ci sembra poco convincente la tesi che il comportamento del Ministro nella richiesta di trasferimento di De Magistris sia stato determinato dal dovere di intervenire per sanare grave anomalie riscontrate nell'inchiesta "Toghe Lucane".

Quello che ci interessa moltissimo è la mobilitazione popolare che si è creata. Siamo un Paese singolare. Nel recente passato ci siamo mobilitati solo per ragioni ideologiche, poi abbiamo attraversato e probabilmente siamo ancora in mezzo al guado, una fase di apatia e disinteresse per la sfiducia crescente verso il mondo politico molto preoccupante. Non è per niente funzionale alla crescita civile e democratica di una popolazione. La mia generazione è cresciuta negli anni successivi a Tangentopoli, con un senso di sfiducia all'ennesima potenza nei confronti del ceto politico e della politica. Questo non significa che esiste che verso la politica non possiamo andare, perché la politica resta lo strumento democratico per governare una comunità, un Paese. L'Istituzione giudiziaria rimane l'istituzione principe che dobbiamo preservare.

La mobilitazione popolare di questi giorni per la prima volta non è ideologica, soprattutto in Calabria che è una regione ancora più della Sicilia, ancora più della Campania che pur sono regioni che per la presenza di aree metropolitane storicamente affermate di grande rilevanza la Calabria è una regione ancora più periferica.

Nonostante sia la regione destinataria del maggior gettito da parte dell'Unione Europea, rimane la regione più arretrata. Questa mobilitazione è per la salvaguardia dei diritti civili è importantissima. Dobbiamo superare anche i campanilismi che nella nostra regione esistono. Riguardo alla vicenda della Scuola di Magistratura, si sono levate diverse voci a Catanzaro, il resto della regione è rimasto indifferente sia gli esponenti politici, ma soprattutto la società civile che è carente in tutta Italia, qui è ai minimi termini. Non è una questione solo catanzarese quella della Scuola di Magistratura così come non è solo catanzarese la vicenda del trasferimento di De Magistris e del Procuratore Capo Mariano Lombardi. È una questione importantissimo per la regione e per il Paese. Benevento non è certo il baricentro del Mezzogiorno e non lo è neanche Catanzaro, ma è indubbiamente meno funzionale rispetto a Catanzaro a servire il distretto meridionale per i giovani specializzandi. Questa ragionevolezza avrebbe dovuto stimolare l'interesse della società civile calabrese e non solo. Invece anche lì non siamo stati in grado di dare delle risposte forti. Siamo stati carenti. Anche noi come associazione non siamo riusciti a creare mobilitazione concreta. Questi stipi di settarismi, questi campanilismi vanno superati. Dobbiamo riunirci non per delle campagne ideologiche, ma sono importanti le battaglie civili. La democrazia ha bisogno di coltivare l'interesse per i diritti di cittadinanza, per la trasparenza e l'istituzione giudiziaria che noi oggi vogliamo difendere è l'istituzione principe.

G.P Diamo ora la parola a Luca Cozza, che dà inizio alla serie di interventi del pubblico.

Luca Cozza (Associazione RossoVerde) Io non sono un tecnico, ma un musicista sparso ed uno studente. Voglio dare il mio contributo come componente di una associazione politica la "Associazione RossoVerde". Vorrei partire da alcuni interessanti novità nella nostra provincia e nella nostra regione: Sabato 29 c'è stato un importante convegno nazionale organizzato da Sinistra Democratica sulla legalità, sullo sviluppo e sulla buona politica al quale mi pare ha partecipato anche il giudice De Grazia. Come associazione vogliamo segnalare l'importanza che assume un convegno del genere in una regione dove legalità, sviluppo e buona politica sono stati messi al bando. La legalità viene umiliata dall'intreccio tra politica e affari che ha caratterizzato e caratterizza le massime istituzioni della nostra regione e che ha prodotto in questi anni si cattiva gestione della cosa pubblica da parte di uomini politici trasversali richiamati nell'intervento introduttivo da Beppe Grillo, ed ha prodotto un grave deficit di democrazia. Poi c'è lo sviluppo, ingannato dalla vane promesse di chi poteva rappresentare per noi calabresi una speranza di cambiamento ed invece sulla scia dell'operato dei loro predecessori non hanno fatto altro che continuare quell'opera di sciacallaggio, ad appannaggio di pochi e a danni di molti. Sciacallaggio delle risorse destinate allo sviluppo ed alla crescita economico e sociale della nostra regione. La ruberia di cui parlavo all'inizio Beppe grillo. Infine la buona politica.

Chiedo a tutti voi e chiedo a me stesso come è possibile, come sarà possibile in una regione come la nostra garantire una buona politica ed una iniziativa democratica quando nelle istituzioni dal consiglio comunale fino al consiglio regionale vi sono uomini politici, come ricordava l'on. Forgione, scelti sono il base ad un rapporto di forza, quindi solo ed esclusivamente perché servono per vincere. Non importa se sono collusi, se sono dei cretini o ignoranti come ricordava il giudice Romano De Grazia. Io non conosco bene la proposta di legge Lazzati, ma dopo l'arringa, la spiegazione tecnica del giudice Musolino credo che questa proposta di legge sicuramente potrebbe rappresentare un buon punto di partenza per evitare tutti questi problemi sulla scelta degli uomini nelle istituzioni. Questo è un elemento molto importante perché la buona politica si fa con una buona scelta degli uomini.

Vi sono due motivi che mi hanno indotto a sottolineare l'importanza dell'iniziativa del 29 settembre scorso a Cosenza.

Il secondo motivo è che per la prima volta un movimento politico tramite i suoi massimi rappresentanti nazionali Mussi da Roma e Cesare Salvi da Cosenza ha chiesto esplicitamente lo scioglimento del Consiglio regionale della Calabria. Qualcuno dirà che non c'entra nulla con questa iniziativa. Il giovane prima di me parlava di trasparenza e di legalità. Il fatto che in Consiglio regionale ci siano degli indagati ed il fatto stesso che il Presidente Bova ed il Presidente Loiero dicano che gli indagati non sono 33, ma forse 15 è proprio una dimostrazione della mancanza di trasparenza. Loro sanno e non dicono ai cittadini calabresi quanti sono effettivamente gli indagati.

Credo che in Calabria c'è una questione morale irrisolta, che non può essere circoscritta al solo problema degli inquisiti, ma riguarda anche la malapolitica, la pratica politica di tipo familistico, di tipo centralistico che coinvolge anche la Giunta e va sotto il nome di Parentopoli. Ogni giorno si apprendono nuovi casi perché questa è una pratica che va avanti da molto tempo.

La questione morale riguarda anche la catena trasversale di potere creata dagli uomini politici calabresi come ricordava l'on. Pierino. Accennava prima all'arroganza di Loiero e Bova. Non si sa quanti sono effettivamente gli indagati nel nostro Consiglio regionale. Il Procuratore Nazionale Antimafia parlava di 22. Sicuramente è il partito trasversale più rappresentato in Consiglio Regionale.

Tutto ciò è triste per non dire aberrante. Il capo del Governo regionale, il Presidente del Consiglio Regionale che non sanno o fingono di non sapere il numero degli inquisiti è una cosa veramente triste.  Ed è triste che si tenti di giustificare la situazione del consiglio regionale calabrese con l'alibi dei condannati e degli inquisiti nel Parlamento Nazionale. Una questione non elude l'altra. Lo scioglimento del Consiglio regionale potrebbe rappresentare un trampolino di lancio per il rinnovo della classe dirigente e porre in primo piano la questione morale.

È fondamentale per la salvaguardia delle istituzione e della democrazia l'approvazione di un codice deontologico. Il giudice Romano De Grazia ha citato prima due padri costituente Dossetti e Lazzati. Credo che di debba ripartire proprio da li dalla Costituzione, dall'art. 49 per imporre ai partiti valori di trasparenza nella loro vita interna e nel rapporto con gli elettori quindi anche nella scelta dei candidati  per riportare legalità e trasparenza nelle nostre istituzioni, restituire  fiducia.

Il senso diffuso, l'idea cioè di un cambiamento, forse è una utopia come diceva l'on. Pierino soprattutto quando assistiamo con sconcerto al fatto che chi fa il proprio dovere nella battaglia per la legalità e nello specifico il giudice De Magistris al quale va la nostra solidarietà e per il quale noi ci siamo spesi e continueremo a spenderci viene penalizzato. Credo che tutto ciò può rappresentare un sintomo di paura, di mancanza di speranza nel cambiamento.

Se intervengono i poteri politici è chiaro i cittadini perdono la fiducia. Nessuno sa le vere ragioni che hanno spinto il Ministro Mastella a chiedere il trasferimento cautelare, anzi il Ministro accusa i suoi accusatori di fare il processo alle intenzioni. Noi non giudichiamo le intenzioni, noi giudichiamo gli effetti. E gli effetti di questo procedimento se ala richiesta venisse accolta dal CSM significherebbe un colpo mortale alle inchieste che stavano squarciando il velo di ipocrisie ed in qualche caso anche dell'omertà nella politica calabrese. Può sembrare una utopia, ma una utopia realizzabile, una utopia impregnata dall'idea di una Calabria diversa e migliore presente nella coscienza dei calabresi onesti, che credono dei diritti democratici di uguaglianza e della trasparenza, che si indignano nei confronti della politica che non dà delle risposte, i cittadini che non stanno in ginocchio.

Il nostro è un sistema malato che sembra giunto al punto di non ritorno. Ma può esserci una possibilità di salvezza. Per usare una metafora, come nei sistemi informatici, vi sono dei virus che impediscono il corretto funzionamento del sistema. Credo sia giunto il momento di resettare tutto senza avere paura e cominciare da capo.

Oreste Parise Vorrei limitarmi a poche considerazioni. Vivo la partecipazione a questo convegno come la strana condizione di un cittadino dimezzato. Il fatto che stiamo qui a manifestare solidarietà ad un magistrato è il segnale di una anomalia grave di questa regione perché la magistratura dovrebbe essere in grado di poter concludere i processi come una condizione normale senza alcuna interferenza esterna. Ogni volta che c'è una mobilitazione popolare per un caso giudiziario è il sintomo di una grave crisi istituzionale, come è appunto il momento che stiamo vivendo. Non c'è bisogno di citare casi storici come l'Affare Dreyfus in Francia per sottolineare la gravità della situazione. Quello che maggiormente colpisce nel caso De Magistris - e continuiamo a chiamarlo così per dare una rappresentazione sintetica alla vicenda - è che per la prima volta in Calabria la rassegnazione si era trasformata in partecipazione, la società civile ha intravisto la possibilità di fare luce sui meccanismo politico-economici. E già questa è un'altra anomalia, il segno che la politica è incapace di leggere la realtà. Quando De Magistris parla dell'utilizzo dei fondi pubblici e del fallimento nel loro utilizzo per lo sviluppo della  regione dice una verità che ciascuno di noi sarebbe disposto a sottoscrivere immediatamente. La sentiamo vera, al di là dell'accertamento delle responsabilità.

Questo è un processo che la politica doveva fare, che l'elettorato calabrese con il suo voto di cambiamento aveva richiesto. Ebbene non più tardi di qualche mese fa è stato approvato il novo programma di utilizzo dei fondi europei. Ebbene è una esatta fotocopia di quello fatto sette anni fa che ha portato al fallimento di cui tutti siamo consapevoli, al di là delle responsabilità penali. La cosa incredibile è che si debba aspettare la Magistratura per valutare gli indizi di colpevolezza o la conclusione dei processi giudiziari per stabilire se il comportamento politico è stato corretto o meno. Mi sembra una anomalia assolutamente insopportabile. I tre gradi di giudizio, la presunzione  di innocenza solo valori sacrosanti, però un sindaco che non sa amministrare, così come un politico che non svolge correttamente il suo mandato, deve andarsene a casa non perché è colpevole di non si sa quale reato, ma perché è incapace, perché la sua azione politica è inefficace. Il politico deve rispondere dei risultati.

Per quanto riguarda la Magistratura, nella regione c'è stato un sentimento diffuso di rassegnazione anche nei confronti dell'organo giudiziario.  Un detto popolare dice "a curti è curta, ma è longa longa". Questo per sottolineare come nella maggioranza dei casi è incapace di arrivare alla conclusione dei processi in tempi ragionevoli ed emettere sentenze "giuste", considerate eque. Dalla notte dei tempi la si accusa di essere incapace di arrivare alla verità, che sarebbe utopico, ma almeno definire i contorni della responsabilità.

Lo stesso potere ispettivo attribuito al  ministro della  giustizia, che ha consentito l'intervento di Mastella è il simbolo del fallimento dell'autonomia del potere giudiziario. Il giudice Musolino ne ha chiarito gli aspetti normativi ed i prodromi empirici che hanno portato a questa soluzione. La Magistratura doveva valorizzare al massima la sua autonomia, difendere le sue prerogative,perché questo ci garantisce come cittadini. Il principio della suddivisione dei poteri è il baluardo posto a presidio delle nostre libertà. Invece, il fatto che sia un Ministro della Repubblica a poter proporre ispezioni e sanzioni costituisce un grave attentato all'indipendenza dei giudici. La realtà è che il potere giudiziario si è "venduto" alla politica. uso impropriamente questo termine per dire che si è messa al servizio di. Non totalmente, ovviamente ma in gran parte. Qualche esempio banale, ma non troppo. Lo stesso Giuseppe Chiaravalloti, presidente della Giunta Regionale nella passata legislatura, così come magistrato è l'attuale sottosegretario Antonio Baudi, chiamato direttamente dal governatore Loiero. Il fatto che la politica possa servirsi dei magistrati significa che parte della Magistratura è asservita al potere politico. Il fatto che tanti magistrati partecipino a commissioni in tutti gli organismi regionali e subregionali . senza volgere lo sguardo nel panorama nazionale, dove succede di peggio - significa che tanti magistrati vivono in una condizione di subordinazione nei confronti del potere politico, il fatto che tanti magistrati si presentino alle elezioni e vengano eletti negli stessi collegi dove operano, dove esercitano al loro attività non garantisce l'indipendenza della magistratura.

Abbiamo bisogno di tanti De Magistris che non si trasformino in tanti Di Pietro, persone che finiscono per trasformare quella che poteva essere una opera positiva in una promozione personale. Tutto questo non dovrebbe essere consentito, per garantire la divisione dei poteri e la garanzia di imparzialità della Magistratura.

Se un magistrato vuole intraprendere una carriere politica, un diritto che gli viene riconosciuto dalla Costituzione, che si presenti altrove, lontano dai luoghi dove ha esercitato il suo potere, non deve strumentalizzare quel terribile potere che gli viene concesso di poter privare della libertà gli individui, che gli da la possibilità di stravolgere il sistema del consenso elettorale.

Per ritornare al caso De Magistris, noi come persone, come cittadini sentivamo che c'era qualcuno disposto ad arrivare fino in fondo nella ricerca non dico della verità, ma quanto meno di voler fare chiarezza. Guarda caso lo si vuole togliere, magari avrà commesso qualche errore, magari per aver aperto un fronte troppo ampio, forse il sistema delle prove deve essere meglio circoscritto. Però che vada avanti, che concluda le sue inchieste, che si stabilisca sulla base dei risultati quale è stata la sua opera e non che venga rimosso per coprire e proteggere la cattiva coscienza. 

R. D. G. In una trasmissione televisiva alla quale ho partecipato insieme ad Oreste Parise, ho parlato di una nuova figura di reato: "associazione a delinquere finalizzata all'assunzione diretta dei congiunti dei magistrati". Io ne parlo da due anni. Ora si sta tentando di fare luce, ma l'elenco pubblicato da "La Provincia" è riduttivo. Fate una verifica. Alla  Regione, od anche alla Sacal, vi sono congiunti di magistrati. Addirittura un congiunto di magistrato è stato assunto come consulente del nuovo Presidente perché avendo fatto il pilota conosceva le ali e le ruote dell'aereo. Mi si chiedeva un mio amico: "Allora un autista può essere nominato Ministro dei Trasporti?" E come no, ha le competenze necessarie avendo vissuto per strada.

Il nostro pilota, tanto per restare in argomento, è il genere di Mariano Lombardi.

Emilio Cozza Io volevo parlare della Magistratura. Negli anni  '60 il primo processo a cento capi mafiosi, quando la mafia era logicamente schierata con la Democrazia Cristiana, fu fatto a Catanzaro. L'esito era scontato, perché la giustizia calabrese era come se fosse un mondo particolare.  Un mondo dove la giustizia è malleabile. Poi venne il processo per la strage di Piazza Fontana dove la destra eversiva d'accordo con settori importanti della Democrazia Cristiano perché c'era sotto un tentativo di mettere in atto colpi di stato, di agitare questo mostro. Catanzaro era utile anche per insabbiare questa porcheria, questo verminaio che colpiva la nazione, la politica a livello nazionale. Personalmente feci una battaglia per evitare che a Cosenza venisse un Procuratore Capo con rapporti mafiosi, interessai i responsabili del mio partito, interessai magistratura indipendente perché avevo un parente in Magistratura legato a quella componente. Si tratta di Franz Sesti il quale dovette ritornare in Cassazione dopo la vicenda SME, che aveva sottratto al Procuratore Capo e questo provocò un duro scontro. Andò su repubblica, se la prese con il Ministro Martinazzoli, democristiano ma inattaccabile sul piano morale. E pagò un prezzo in una battaglia che vedeva De Mita contro Craxi.

Un giorno quel signore me lo vidi promosso, nonostante il veto da parte di Magistratura indipendente, perché c'era stato uno scambio tra Magistratura indipendente e Magistratura Democratica per altre questioni. La giustizia è in Calabria nel punto più basso che si possa registrare non oggi, ma nel tempo. Anche per questo  la 'ndrangheta è diventata la più importante struttura delinquenziale d'Italia, per le sue caratteristiche familistiche, per mancanza di pentitismo. Ma poi c'è la Magistratura, che è il contrario di quella siciliana.

Dalla vicenda De Magistris dobbiamo trarne qualcosa di più generale. Diciamocela tutta. De Magistris viene da un altro ambiente. È un bravo magistrato, è un giovane magistrato ma si è formato in un ambiente diverso, ha forti e solide tradizioni familiari che non è cosa di poco conto, ha coraggio e determinazione.

Giorno otto si decide la vicenda De Magistris e ci auguriamo tutti che questo coraggioso magistrato venga lasciato a concludere le sue inchieste. Oggi Lombardi sottrae un fascicolo ad un suo sostituto, un fascicolo delicatissimo. La legge lo consente, ovviamente ma restano perplessità sul piano politico.

Andiamo al dunque. Credo che Falcone e Borsellino abbiano fatto tantissimo per contrastare la mafia siciliana, ma non credo che un minor contributo l'abbiano dato Caponnetto e Caselli. I Capi delle Procure, dei posti chiave vista la gerarchizzazione marcata in base alla recente riforma dell'ordinamento, è importante che i responsabili che non abbiano vissuto la loro vita professionale in questa benedetta terra. Il criterio fondamentale debba essere la non appartenenza, si deve chiedere uno sforzo al Consiglio Superiore della Magistratura di mettere da parte le questioni correntizie, di capire che il problema della giustizia in Calabria va risolto con decisioni celeri e drastiche, al di là delle diavole di norme. L'essere nati a Torino come il giudice inquisito di Lametia che risolve il problema, è il fatto di stare 15-20 nello stesso ufficio. Se c'è una natura non dico disonesta, io non giudico sono un garantista, una tendenza a delinquere, ma a chiudere un occhio viene favorita ed esaltata dall'intreccio dei legami che si creano nel tempo. Vi sono dei nomi, per citare i Caponnetto, i Caselli che hanno consentito di formare dei magistrati siciliani bravissimi. Questo dobbiamo chiedere al CSM come calabresi, che i responsabili degli uffici vengano scelti per capacità professionale e per la loro estraneità al contesto locale. Chiediamo che De Magistris venga giudicato a prescindere dalla vicenda Lombardi, che non si faccia al vecchio magistrato il favore di non umiliarlo perché il suo giovane sostituto viene salvato in quanto non ha commesso niente di sostanziale, come gli imputa Mastella in maniera molto sospetta considerato il personaggio. Dall'altro lato che si nominino subito i capi delle Procure e che un elemento indipendente, non basta la rotazione di otto anni che è comunque una grandissimo conquista. Qui a Cosenza l'ultimo Procuratore c'è stato molto di più di 15 anni, e non mi riferivo a lui prima. Il Presidente della Repubblica ha un incarico di 7 anni e non si capisce perché posti così delicati ed importanti siano eterni. Questo era un problema già sentito all'interno, come sempre in Italia si aspetta un intervento esterno. La Calabria è quella che è. Il suo degrado è frutto della sua classe politica e della presenza della delinquenza organizzata, ma anche per l'opera della Magistratura. C'è bisogno di una svolta nella Magistratura. Il pesce puzza dalla testa. Questi nuovi capi debbono essere scelti oltre che per meriti e capacità per lontananza rispetto alla loro esperienza professionale. Non accettiamo che si ripetano le vicende del passato perché ne abbiamo visto di cotte e di crude.

R.D.G Prima di chiudere vorrei chiarire alcuni aspetti della vicende De Magistris. Non si creda che lunedì otto il CSM conclude l'esame ed addivenga ad una decisione. Potrebbero essere necessarie molte udienze prima una commissione disciplinare decida sulla richiesta di provvedimento d'urgenza. Noi vogliamo stare a fianco di De Magistris in questa sua lotta in un momento importantissimo per la Calabria, dove lo stato di diritto sta morendo. Quindi non possiamo assolutamente perdere. Uno stato di diritto che festeggia con Grasso la cattura dopo 43 anni di Bernardo Provenzano a tre chilometri da casa sua. È una pagina vergognosa della Repubblica. Forse se passava qualche altro anno lo avrebbero catturato da morto. Questa è la condizione in cui si è ridotto lo stato di ridotto. O Grasso che per il caso Fortunago chiede aiuto alla Commissione Nazionale Antimafia perché non riesce ad arrivare, lui il primo Pubblico Ministero della repubblica, non riesce ad individuare il terzo livello, quello dei mandanti. Perché i Marcianò non sono i mandanti. Lo chiede al potere politico. Allora vuol dire che l'istituzione giudiziaria, questa istituzione giudiziaria è alla frutta.

Ci danno speranza questi giovani magistrati che sono spinti da pulsioni ideali che abbiamo ricordato prima: i De Magistris, i Facciolla, i Cozzolino e tanti altri che nell'anonimato combattono la loro battaglia per una Calabria pulita. Mi ha fatto piacere conoscere il collega Stefano Musolino, giovane e preparato che opera in un contesto difficile come quello di Locri. Non avrai vita facile, ma vorrei ravvivare la speranza che siamo in tanti a lottare, soprattutto i giovani, per creare una società diversa, più giusta e più equa. Abbiamo bisogno dell'ardore, della tensione di questi giovani magistrati per i quali vale il precetto dell'art. 3 della nostra Costituzione che la legge è uguale per tutti.


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