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Mannequin Piss
di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno VI num. 46 del 17/11/2007) |
Rende, 15 novembre 2007
Mannequin Piss, il puttino simbolo di Bruxelles non si è scomposto ed ha continuato il sul gesto irriverente mentre a Strasburgo il trio Grillo-Travaglio-De Magistris inscenavamo il loro spettacolo.
La
missione aveva lo scopo di sollecitare l'intervento dell'OLAF per
un più serrato controllo dell'utilizzo dei fondi europei destinati al
Mezzogiorno, denunciando l'uso distorto che ne è stato fatto. Più che a
finanziare lo
sviluppo sono serviti a finanziare politici e truffatori, nell'ipotesi
meno devastante. Spesso sono stati uno dei canali di finanziamento
della criminalità organizzata. La conseguenza è fin troppo ovvia. Basta
con gli aiuti che servono a finanziare solo la mafia.
Vi sono una serie di chiarimenti necessari per rendere comprensibile questa notizia. In primo luogo cos'è l'OLAF, Ufficio Europeo Anti-Frode? È un organismo istituito nel 1999 per rafforzare i mezzi di prevenzione delle frodi sull'utilizzo degli aiuti europei. Benché gli è stato conferito una speciale autonomia ("special independent status"), è un organo amministrativo la cui "mission" è la prevenzione e il contrasto delle frodi sull'utilizzo dei fondi europei, attraverso il controllo della regolarità formale delle procedure.
L'Ufficio non ha insomma alcun funzione giudiziaria limitandosi a segnalare le irregolarità riscontrate alle competenti autorità nazionali per le azioni del caso. Non ha altre sì alcun potere politico, poiché il suo Direttore, Franz-Hermann Brüner, non è una "authority", ma un funzionario dell'UE.
L'OLAF svolge un lavoro egregio, come si evince dall'ultimo rapporto annuale presentato a maggio scorso, in cui sono elencate le frodi più varie che sono state coperte: i Centri di istruzione in Bolivia finanziati ma mai costruiti, agricoltori che chiedono sovvenzioni per agrumi mai raccolti, importatori che evadono milioni di dazi antidumping sull'importazione di biciclette cinesi nell'UE. Per citare alcuni degli esempi.
Senza una stretta collaborazione con gli organi di polizia e la Magistratura di ciascuno stato membro, però, l'azione dell'OLAF è scarsamente efficace. Se le frodi sono numerose nel Sud e l'azione di contrasto inefficace, la causa va ricercata a livello locale e non certo le nebbie del Basso Reno. Detto più chiaramente, la Magistratura meridionale ha molti più mezzi e molti più poteri per intervenire in materia e reprimere gli abusi.
A fronte di una contestazione sulla tiepida collaborazione con la gli inquirenti italiani, il portavoce dell'Olaf, Alessandro Butticé, ha replicato con una nota alquanto piccata nella quale si sottolinea che "tali attività investigative, nonostante la riservatezza che il legislatore ha posto a garanzia dello svolgimento delle indagini... e a tutela dei diritti individuali, sono state purtroppo oggetto di speculazioni mediatiche, in evidente violazione, oltre che della realtà dei fatti, della regolamentazione comunitaria". Anche a quei lidi si contesta la spettacolarizzazione delle inchieste. L'altra risposta è stato sul piano istituzionale cercando di stringere i rapporti con le istituzioni nazionali. A giugno del 2006 è stato siglato un protocollo di collaborazione fra la Procura generale della Corte dei conti italiana, allo scopo di rendere più efficace la sua azione con una reciproca assistenza nella fase investigativa e scambi informazioni tra i due Uffici, un modello che potrebbe essere utile per le analoghe istituzioni degli altri stati membri dell'EU.
Rebus sic stantibus, che è andato a fare De Magistris a Strasburgo? In un momento delicato per le sue sorti, o meglio per le sorti della giustizia in Calabria, sarebbe forse necessaria un pausa di riflessione per consentire all'Organo di autotutela di esprimersi senza questa pressione mediatica che rischia di trasformare il caso De Magistris in un moderno processo a Socrate. In quel caso lontano un "significativo campione della cittadinanza ateniese", come dice Luciano Canfora lo condannò per empietà, un giudizio prettamente "politico". Certamente non si è trattato di una sentenza giusta ed equilibrata, come capita spesso quando si eccitano gli animi, si richiamano pulsioni primitive piuttosto che fatti e circostanze, prove ed evidenze.
Anche in questo caso si cerca di coinvolgere il "popolo" dei grilliani, del variopinto mondo della cosiddetta antipolitica ad esprimersi, ad emettere una condanna di tutti, degli avvisati, degli imputati, dei Ministri interessati fino ad arrivare alle massime autorità dello Stato. Molte sono le domande che rimangono in sospeso. Sarebbe anche questa un "campione significativo" della "cittadinanza" italiana? Può un giudizio di colpevolezza basarsi sull'umore della folla, sulla percezione di un comportamento, piuttosto che su solide prove acquisite secondo i riti e le procedure previste dall'ordinamento?
Sarebbe forse necessario distinguere nettamente il processo politico, che affida agli elettori il giudizio non di colpevolezza, ma sull'efficacia dell'azione di governo, sulla capacità di rappresentanza dal giudizio penale, che ha altre forme ed altri riti che devono essere celebrati solennemente nel rigoroso rispetto delle procedure e con riservatezza.
Il comportamento di De Magistris è troppo sopra le righe, alla ricerca più del bagno di popolarità che della necessaria discrezione per un compito così delicato come il giudizio di condanna o di innocenza di un individuo. Quando qualcuno viene tradotto in giudizio, prima di essere imputato è un uomo che si trova a vivere un momento particolare e delicato della sua esistenza ed ha diritto a tutte le cautele per impedire che il suo cammino verso la verità processuale si trasformi in una discesa nell'inferno.
Nel caso specifico De Magistris non può ignorare che il suo comportamento può avere conseguenze sulla decisione che il CSM è chiamato a prendere a metà dicembre. Mentre si affanna ad affermare di voler continuare a rimanere in Calabria e continuare le sue indagini, mantiene un atteggiamento provocatore per "provocare" quella eventualità, con atteggiamenti da nuovo Masaniello, o per richiamare esempi meno lontani, sembra oggi affetto da un dipietrismo strisciante. Non può oggi ignorare, dopo i vari rilievi che gli sono stati fatti anche pubblicamente sull'eccessiva esposizione mediatica, che questa sua insistenza potrebbe giocare un peso rilevante nella decisione del CSM.
L'avversità che si attira addosso nasce certamente dall'aver voluto violare santuari intoccabili, nell'aver sfidato una intera classe politica. Però molti filoni delle sue inchieste sembrano costruiti su teoremi, procedono per vie indiziarie e tendono ad allargare il loro raggio di azione fino all'inverosimile, fino ad includervi mezzo mondo, poteri forti, sette, massonerie ...
Tutto quanto denunziato è verosimile, ma se non viene dimostrato solleva un polverone che ha gravi conseguenze anche sul piano economico e sociale. La gelata congiunturale seguita a Tangentopoli costituisce un precedente significativo.
Vi è implicito nell'impianto accusatorio un modello interpretativo dei flussi finanziari e dell'interazione degli attori sociali: la commistione tra politica, affari e burocrazia che porta alla logica conseguenza di voler bloccare tutto, investimenti pubblici e privati, aiuti e sovvenzioni.
È doveroso segnalare che vi sono altri coraggiosi magistrati che operano in Calabria, in maniera discreta e silenziosa, ma con altrettanto impegno e i risultati si preannunciano altrettanto clamorosi. Al modello di sovraesposizione mediatica bizantino, si contrappone, ad esempio, il modello tirreno. Alla Procura di Paola sono in corso procedimenti eclatanti che coinvolgono onnipotenti politici regionali. Eugenio Facciolla, però, mantiene un profilo di bassa esposizione mediatica, si irrita per le fughe di notizie, non si concede facilmente ad interviste, non partecipa a spettacoli: blinda le sue inchieste da una possibile avocazione con la discrezione ed il riserbo.
Al di là dell'aspetto giudiziario, bisogna soffermarsi sulle conseguenze economiche e politiche dello "spettacolo" inscenato a Bruxelles, sul qualunquismo implicito nelle dichiarazioni del Trio. L'idea che qualsiasi trasferimento pubblico di fondi al Mezzogiorno sia un regalo alla mafia non è né nuovo né originale. Si tratta di un refrain ripetuto per gli investimenti in infrastrutture, come l'autostrada o il Ponte sullo Stretto, che non si farà più con grande sollievo di chi temeva un rafforzamento della 'ndrangheta. Questo implica una totale sfiducia nello Stato e nella sua capacità di controllare il proprio territorio, attraverso la funzione di prevenzione e controllo da parte delle forze dell'ordine e dell'azione di repressione da parte della Magistratura.
Il problema non dovrebbe essere l'afflusso di fondi, che come dimostra il caso dell'Irlanda o della Spagna, possono contribuire ad uscire dal tunnel del sottosviluppo, ma la loro assenza, l'impossibilità di poter programmare una politica di sviluppo. basta ricordare che il Piano Marshall ha dato impulso al cosiddetto "miracolo economico" degli anni cinquanta. Senza la disponibilità di sufficienti risorse non vi è sviluppo economico e neanche crescita civile e democratica. In Somalia non arrivano più aiuti internazionali, i signori della guerra hanno conquistato il territorio. La conseguenza è stato il caos e la sua fuoriuscita dal consesso delle nazioni civili.
La Calabria, e l'intero Mezzogiorno, ha bisogno di diventare una regione normale, con uno Stato efficiente e presente che garantisca lo svolgersi dell'attività economica, consenta gli investimenti senza restare irretiti nelle trame della delinquenza organizzata.
Nessuno chiede ad un comico di temperare il suo acume satirico, di servirsi di paradossi e nonsense. Ma pretendere di trasformare le sue battute in un programma politico, non è accettabile. Beppe Grillo ha mostrato di essere un provocatore con una riconosciuta capacità di far emergere delle problematiche importanti chiamando la gente ad indignarsi divertendosi. Castigat ridendo mores, si potrebbe dire di lui prendendo a prestito la celebre espressione di Jean de Santeuil. Già l'idea delle liste civiche con il bollino di garanzia era stata l'infelice conclusione del Vaffa Day, che pur aveva rappresentato un indubbio successo di partecipazione popolare e di adesione ad uno spirito di rivolta nei confronti dei molti soprusi e delle molte incongruenze della nostra classe politica.
Quella proposta affrettata e pasticciata non considera che la mafia non è solo quella truculenta e sanguinaria dei sicari, ma ha una massiccia presenza tra i colletti bianchi, arruola insospettabili ed immacolati, si serve delle istituzioni, procede per itinerari carsici. L'azione di contrasto è complessa e richiede la combinata azione di più forze. Il livello politico è l'anello più delicato che richiede un'attenzione particolare e non può certo esaurirsi in un bollino.
Altrettanto opinabile è l'annuncio di un altro Vaffa Day dedicato alla stampa, un settore molto delicato che richiede profondi mutamenti. Ma la marcia degli elefanti rischia di rompere le porcellane, proprio in un momento di transizione verso un equilibrio politico nebuloso, quando è necessaria una stampa aggressiva, vigile, attenta a seguire le evoluzioni.
Inoltre, Beppe Grillo dovrebbe decidere cosa fare da grande. Se intende continuare a svolgere egregiamente la sua azione di denuncia come fustigatore di costumi o trasformarsi in politico. Le due anime non sono perfettamente sovrapponibili. Creano ambiguità. A cominciare dagli spettacoli che sono giustamente a pagamento. Trasformati in raduni costituiscono ultra cosa, comizi elettorali a pagamento, una forma originale di finanziamento politico, perfettamente legittimo, ma che deve essere esplicitato come tale.
Ma soprattutto desta molte perplessità la sua filosofia politica, la semplificazione del pensiero. Seguiamo le sue dichiarazioni a proposito dei fondi europei. "Sono venuto qui, fino a Strasburgo, per chiedervi aiuto. Per supplicare la Comunità Europea di non erogare più finanziamenti all’Italia. I soldi che arrivano dall’Europa aumentano la metastasi che sta divorando il mio Paese. I fondi europei non servono all’Italia. Servono ai partiti e alla criminalità organizzata. Non li vogliamo. Teneteveli, per favore. Fatelo per un’Italia migliore." Questo in sintesi il Grillo-pensiero. Se è una battuta, non fa ridere. La le sue conseguenze potrebbero far piangere.
Forse sarebbe più opportuno studiare le cause di un insuccesso, stabilire le modalità di erogazione, i sistemi di valutazione, i controlli necessari. In Calabria il nuovo programma settennale è una replica del precedente accompagnato dalla speranza di fare meglio. Questo sì meriterebbe un Vaffa Day.
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