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La gatta cenerentola
di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno VII num. 1 del 5/1/2008) |
Rende, 3 gennaio 2008
"La Cenerentola e Pierino e il Lupo", uno degli spettacoli
programmati per
la 48° stagione lirica cosentina, ha salutato la fine del 2007.
Antonello Antonante
è riuscito a costruire un cartellone di grande fascino, mantenendo alta
la
prestigiosa tradizione del Teatro Rendano con l'introduzione di
significativi elementi di sperimentazione. La rappresentazione
del 27 e 28 dicembre merita una menzione particolare per la
riuscita artistica, ma soprattutto per la contestualizzazione degli
eventi. L'omaggio alla musica di
Prokof'ev con le sue dissonanze ricercate, le modulazioni spericolate,
i ritmi ossessionanti si è tradotta in un rinnovarsi dei presupposti
teorici della corrente avanguardistica musicale. L'esplorazione di
nuovi
confini è stata la costante preoccupazione di Sergei Prokof'ev.
Ricercava contaminazioni con le altre espressioni artistiche per
costruire una forma di comunicazione globale, anticipando la
multimedialità che si sarebbe raggiunta con l'ausilio dell'informatica.
L'avanguardia musicale sollecitava la collaborazione di letterati,
poeti,
pittori e musicisti per creare
delle nuove forme di mediazione con il pubblico. L'obiettivo era quello
di liberarsi dalla gabbia della propria arte e realizzare
nuove espressioni comunicative in grado di veicolare in maniera più
efficace il messaggio artistico.
Lo spettacolo del Rendano sembra voler riprendere quella tradizione sperimentale, cercando di creare degli strumenti di comunicazione diretta con il pubblico, chiamato ad una partecipazione passionale con le emozioni raccontate sul palcoscenico. Ciascuno dei due quadri in cui si divide la serata affonda le sue radici nella gente, nella cultura popolare. La favola di Cenerentola è "raccontata" dalla musica di Prokof'ev con le illustrazioni fuori testo di un corpo di ballo costituito ad hoc con ninfe bruzie. L'orchestra posta in primo piano sul palcoscenico sembra sostenere con la sua musica le ballerine, che si librano nell'aria muovendosi graziosamente su di una pedana rialzata tanto da apparire sospesa nel vuoto. Sembrano sgorgare dalle melodiose note di Prokof'ev, si librano nell'area eteree, mentre l'orchestra recitava l'eterna favola dell'amore, solleticando i sentimenti degli spettatori chiamati a ricomporre dentro sé stessi la storia espressa per suggestioni sul palcoscenico. La fusione tra musica, raffigurazione scenica ed arte figurative produce un effetto da teatro-danza con l'elemento narrativo connotato in modo allegorico, lasciando la fantasia libera di ricomporre il tessuto narrativo.
Opera di grande
suggestione, Cenerentola ben si presta ad una simile interpretazione.
Fu scritta appositamente per il corpo di ballo del
teatro Bolscioi di Mosca, ove fu rappresentata per la prima volta il 21
novembre del 1945, ottenendo immediatamente uno strepitoso successo di
pubblico e di critica. Il libretto di Nikolai Volkov si ispira alla
fiaba di Charles
Perrault "Cendrillon". Favola
che ha però radici profonde nella cultura popolare
meridionale, appartiene alla sua letteratura orale. Con il nome di
"Gatta Cenerentola" fa parte del Pentamerone o "Lu cunti di li cunti" di
Giambattista Basile, una raccolta di favole popolari - la prima
raccolta di favole popolari - pubblicata alla
fine del Seicento in
dialetto colto napoletano. "L'Italia
possiede nel Cunto di li cunti
o Pentamerone del Basile il più antico, il più ricco, il più artistico
fra tutti i libri di fiabe popolari", afferma Benedetto Croce. E
Ruggero Guarini, -
"traduttore" e curatore di una
recente edizione dell'opera - aggiunge:
"È bellissimo, è barocco, è europeo ma non è italiano e potrebbe essere
anche per questo che la sua stella, da noi, incominciò a declinare
proprio quando spuntò quella dell'Italia unita". Nell'originale del
Basile la favola ha uno svolgimento
quasi identico alla rappresentazione per quadri del libretto di Nikolai
Volkov, il quale nel realizzare le intenzioni di Prokof'ev ha
riscoperto inconsapevolmente l'anima popolare meridionale che l'aveva
generata.
Lo stesso Prokof'ev, a
proposito della sua opera, scriveva "mi sono
sforzato di condurre i diversi personaggi mediante la musica ... in
modo che gli spettatori non potessero non partecipare alle loro gioie e
dolori". Al Rendano queste intenzioni sono state portate sulla scena
con mirabile abilità. La performance ha visto nella parte di
Cenerentola
la bravissima Antonella Ciappetta - che ne ha curato anche la
coreografia,
e Illya Kun, ucraino dell'Accademia di Roma, in quella del
principe. L'étoile
Antonella Ciappetta ha
dimostrato di essere un vero e proprio animale da
palcoscenico in grado di padroneggiare la scena ed utilizzare con
passione la tecnica conseguita in anni di esperienza e di inteso
lavoro. Illya Kun ha
mostrato la sua imponenza scenica nell'energia e nella forza dei salti.
Sul palcoscenico si è prodotto un
suggestivo duetto tra l'Orchestra
Philarmonica
Mediterranea, ottimamente diretta da Luigi De Filippi, ed il corpo di
ballo, del quale sono state chiamate a farne parte giovani ballerine
emergenti provenienti dalle numerose scuole di ballo locale. Il
quadro d'insieme è stato di grande effetto scenografico, con l'intero
corpo di ballo che si muoveva all'unisono per scandire il tempo, come
l'orologio del castello del principe mentre si avvicinava la fatidica
ora quando la magia si sarebbe dissolta, o nelle
fascinose movenze del valzer che accompagnava la vittoria dell'amore
sulle difficoltà che si frappongono al suo trionfo. Tutte
lodevoli per l'impegno e la grazia della loro apparizione e tutte
promettenti, meritano una menzione: Gabriella Arena, Serafina Bonavita,
Teresa Fusaro, Maria
Cristina Gravante, Yleana Illuminato, Rita Martire, Chiara
Penna e Alessia Perugini.
Andreea Andrei e Alessia Minutoli sono apparse naturali nel ruolo di sorellastre mostrando con la civetteria e le beffarde movenze il loro disprezzo per la sfortunata Cenerentola. Apprezzata la performance di Alessia Perugini di cui è emersa la grazia e l'eleganza delle movenze. È allieva, insieme a Maria Cristina Gravante del maestro Gabriel Roman, primo ballerino dell'Opera di Bucarest, il quale attualmente fa parte della prestigiosa scuola di danza rendese "Dance Studio" di Mirella Castriota. La presenza sulla scena di tante leggiadre ballerine locali ha altresì ridestato l'attenzione della città verso questo genere di spettacoli.
Degno di nota e di attenzione è questa emergente "economia tersicorea", composta ormai da una pluralità di scuole come quella rendese, il Cid di Cosenza e le tante altre presenti nell'area urbana e su tutto il territorio calabrese: il Center Ballet di Ilaria Cava di Corigliano e tante altre. Nel loro complesso costituiscono un tessuto di interessi, non solo artistici, con una precisa valenza economico-sociale per l'elevato numero di allieve e l'interessante impatto occupazionale. Notevole è il contributo delle rinomate scuole dell'Europa orientale, in particolare rumene e bulgare, da dove provengono molti degli apprezzati maestri cui si deve l'eccelsa maturità tecniche delle ballerine nostrane. La danza contribuisce alla diffusione della cultura musicale, costituisce un sano esercizio fisico e dà grazia e vezzosità alle sempre più numerose ragazze che la frequentano. La partecipazione maschile è molto rarefatta come altrove, ma ha creato danceur di grande talento. La danza è ormai un fenomeno tutt'altro che effimero, che ha irradiato di étoile i più prestigiosi teatri nazionali ed europei. Meriterebbe una maggiore attenzione ed un sostegno economico da parte delle istituzioni pubbliche. Tra i molti milioni di euro sprecati alla ricerca di un improbabile sviluppo industriale, una incentivazione della catena della danza avrebbe potuto dare un risultato forse meno disperante sul piano dei risultati.
Nella seconda parte dello
spettacolo è stato rappresentato "Pierino
e il lupo", una favola per voce recitante ed orchestra. Nelle
intenzioni
dell'autore, l'opera ha un valore dichiaratamente didascalico,
finalizzato ad avvicinare i
bambini al mondo della musica. I vari personaggi vengono introdotti
oralmente e con un motivo destinato ad uno strumento, fino ai colpi di
fucile dei cacciatori espressi con il ritmo ossessivo dei tamburi:
l’uccellino è rappresentato dal flauto, la papera dall’oboe, il gatto
dal clarinetto, il nonno dal fagotto, il lupo dal corno, Pierino dagli
archi.
Ma forse nel clima di diffuso analfabetismo musicale che caratterizza la nostra società, è più opportuno e necessario che la lezione sia impartita agli adulti per sperare che acquisiscano quella sensibilità artistica in grado di trasportare i giovani nel mondo della musa Aoide, figlia di Armonia.
La voce recitante è Saverio La Ruina, un attore uscito dalla Scuola di Teatro di Bologna, animatore del gruppo teatrale Scena Verticale operante a Castrovillari fin dal 1992. Seguendo le indicazioni dello stesso Prokof'ev il racconto è stato tradotto in calabrese da John Trumper, il maggior dialettologo vivente, che ne aveva curato la trasposizione in dialetto cosentino. Ma l'attore, originario del Pollino nella zona linguisticamente detta ‘zona arcaica calabro-lucana’ o ‘zona Lausberg’ dal nome del linguista che l’ha esplorata e analizzata per primo, l'ha voluta rendere propria per meglio associare le sonorità linguistiche con l'armonia dei suoni ed accompagnare lo svolgimento dell'azione con le percezioni sensoriali derivanti dal proprio vissuto. Il lupo da sempre costituisce il simbolo della Calabria. Ad esso si associano incubi e trasognate raffigurazioni pastorali. Rappresenta l'incessante lotta dell'uomo con la natura alla ricerca delle condizioni della sua sopravvivenza. Il lupo è il predatore naturale degli animali domestici, alla continua caccia di greggi e pollai. È un pericolo costante, come avverte il nonno, memore più delle tante storie raccontante davanti ad un focolare che dei reali pericoli vissuti. Pierino con l'aiuto del suo amico uccellino che egli ha salvato dalle grinfie del gatto, riesce a catturare il lupo, a sconfiggere le nostre ansie e le nostre paure, spesso legate a pericoli immaginari, all'ingigantimento delle nostre fantasie.
Uno spettacolo fresco, di grande effetto scenico, capace di parlare all'anima popolare, a ricreare atmosfere di grande fascino non poteva non ottenere una risposta calorosa del pubblico, che ha salutato tutti con un fragoroso applauso.
Resta lo straordinario effetto provocato dalla contaminazione popolare di uno spettacolo colto, la sensazione che le presenze artistiche della regione potrebbero avere un ruolo più attivo negli spettacoli, che le risorse locali potrebbero rendersi protagoniste di una rinascita culturale con positive ricadute economiche.
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