
|

La Polizia affila le armi: intervista a Michele Abenante
di
Oreste Parise (Mezzoeuro Anno
VII num. 10 del 22/3/2008)
|
Rende, 20 marzo 2008
In occasione della festa del donna è stata presentato ufficialmente
presentato il Reparto Prevenzione Crimine “Calabria
settentrionale” della Polizia di Stato. Il nuovo organismo è stato
collocato nella sede della Polstrada a Quattromiglia di Rende con la
partecipazione del capo della Direzione centrale anticrimine Francesco
Gratteri, e del Prefetto di Cosenza a Raffaele
Salerno e del Vice Ministro degli Interni Marco Minniti.
Michele Abenante è stato chiamato a questo nuovo e prestigioso
incarico. Un giovane ed emergente quarantenne, gioviale e disponibile.
Laureato e
ben lontano dallo stereotipo dello sbirro, ben figurerebbe in
qualche serial televisivo
dei tanti che tanto hanno contribuito ad "umanizzare" la figura del
poliziotto. Ha volentieri accettato di rispondere a qualche domanda per
illustrare i compiti e gli obiettivi di questa nuova struttura che
dovrebbe contribuire a consolidare i recenti successi conseguiti nella
repressione dell'attività criminale nella regione.
- Chi è Michele Abenante?
- Sono calabrese, nato a Crotone nel '68. Ho iniziato la mia
carriera nell'88 frequentando l'Accademia della Polizia a Roma per
quattro anni. In quegli anni ho altresì studiato a "La Sapienza" ed
ho conseguito la laurea in Giurisprudenza. Nel novembre del '93 ho
avuto il mio primo incarico come
Vice-Dirigente nonché Dirigente dei Servizi di Polizia Giudiziaria nel
Commissariato di Rossano, dove sono rimasto fino alla fine del '97.
Dopo un anno di esperienza come Vice-Capo della Squadra Mobile di
Cosenza, sono stato nominato dirigente della Squadra Mobile di Rossano.
Dal primo febbraio di quest'anno sono stato chiamato a dirigere il
Reparto
Prevenzione Crimine della Calabria Settentrionale.
- Si tratta di un nuovo servizio della Polizia o era pre-esistente?
- Questo reparto è stato istituito con Decreto del Capo della
Polizia del 1 ottobre 2007. Nasce dall'esigenza di assicurare un
qualificato supporto specialistico alle strutture di controllo del
territorio in occasione di importanti operazioni di prevenzione o di
Polizia Giudiziaria. È un reparto molto snello costituito da
personale giovane ed altamente specializzato. L'attività burocratica è
ridotta all'osso, mentre viene privilegiata e favorita la rapidità e la
mobilità di tutto il Reparto, che si attiva solo per i "grandi"
eventi.
- Cosa si intende per "grandi" eventi nella nostra realtà?
Stamattina è stato arrestato un Consigliere regionale per voto di
scambio. Può essere questo un "grande" evento?
- Per noi grandi evento è qualsiasi avvenimento che crei una seria
turbativa nell'opinione pubblica e per noi assume un carattere di
prevenzione. Se si verificano determinati reati predatori, come furti
con scasso, scippi, rapine eccetera, si crea un
allarme sociale. Il caso delle rapine in villa viene spesso ricordato a
questo proposito. Bisogna subito aggredire il fenomeno che potrebbe
assumere un carattere pandemico. Ecco questo è uno dei tipici casi di
intervento
del Reparto. Si predispone un piano finalizzato a
troncarlo sul nascere, scoraggiando tentativi di emulazione.
- Possiamo dire che l'attività del Reparto è rivolta alla
criminalità "comune" e non si occupa della criminalità organizzata.
- Questo è solo un aspetto. Per la criminalità organizzata noi
interveniamo di concerto con le strutture territoriali, Squadre Mobili
e Commissariati. Noi non ci occupiamo dei singoli arresti, perché
sarebbe sprecato un Reparto intero per l'arresto di una sola persona,
ma solo dei grandi eventi.
- Vi occupate delle maxi-retate.
- Esattamente, per dirla con il linguaggio giornalistico.
- Quello della criminalità organizzata costituisce un interesse
particolare per una regione come la Calabria. Una questione tutt'altro
che irrilevante è la differenza percepita da un "tecnico" tra una
associazione criminale "comune" ed una associazione mafiosa.
- La differenza tra una banda del Nord ed una banda operante in
Calabria sta nel vincolo di sangue. Questa caratteristica la
differenzia anche dalla mafia siciliana, dalla camorra e dalla Sacra
Corona Unita. Le associazioni calabresi non sono a livello
verticistico, non hanno una struttura piramidale, ma seguono un modello
organizzativo orizzontale basato sulle 'ndrine. Ciascuna di esse è
costituita da membri legati tra di loro da stretti vincoli di
parentela o di comparaggio. Il membro di una 'ndrina non sa quasi nulla
delle altre. Ognuna ha una struttura autonoma ed un capobastone, che è
un vero e proprio "pater familias",
con poteri di vita e di morte sugli associati. Con essi ha rapporti
stretti, vuoi perché uno è figlio, l'altro genero, un altro nipote
o magari compare d'anello. Il fenomeno del pentitismo è
quasi assente in questo contesto proprio per il vincolo di sangue che
lega gli associati. Inoltre è meno efficace, poiché la confessione
riesce a far luce solo su di una cellula, mentre tutte le altre
rimangono intatte. Il contrario avviene nella mafia siciliana
organizzata per mandamenti, ciascuno dei quali dipende da una
organizzazione centralizzata che si chiama "cupola". Un pentito di mafia
trascina con sé tantissimi altri componenti degli altri mandamenti
originando una reazione a catena che mette in pericolo l'intera
organizzazione. Questo effetto di trascinamento ha consentito di
indebolire la mafia siciliana, che ha incassato pesanti sconfitte negli
ultimi anni.
- Questo è la situazione guardando all'interno di una 'ndrina. Ma è
così pervasiva la 'ndrangheta sul territorio? Cosenza si riteneva
immune da questo fenomeno. Vi era una criminalità, delle bande
organizzate, come quella di Zorro, ad esempio, ma se si può dire così
erano bande "normali", nel senso che erano molto simili a quelle
presenti dappertutto nel mondo ...
- Parliamo prima di Cosenza, anche se non dobbiamo dimenticare la
Sibaritide e l'area del Tirreno. Il modo migliore per seguirne
l'evoluzione è ricordare le più importanti inchieste della
Magistratura. La prima è stata l'operazione "Garden" - risalente al
1995, che ha evidenziato la presenza in città di una organizzazione di
stampo 'ndranghetoso. Le ultime due operazioni
condotte dalla DDA, la "Missing 1" e la "Missing 2", hanno fatto luce
su alcuni aspetti toccati dalla operazione "Garden". Le risultanze
investigative hanno evidenziata la presenza sul territorio di strutture
attive della 'ndrangheta.
- Non vi è dubbio che esiste una criminalità organizzata, ma si
stenta ad equipararla al modello della Locride, per fare un esempio. Vi
è una differenza si direbbe quasi antropologica ...
- È inutile fare troppi distinguo. Vi è piuttosto una ulteriore
differenza nelle organizzazioni criminali della regione. A Milano una
banda nasce e si esaurisce dopo l'esecuzione di una azione criminosa.
Ci si riunisce in quattro o cinque per organizzare una rapina; finito
il "colpo" ognuno se ne va per
la sua strada. In Calabria, al contrario, ed anche in Sicilia,
l'organizzazione è permanente con una precisa distribuzione dei ruoli
al suo interno. Addirittura si arriva alla attribuzione di gradi come
nel corpo di Polizia. Si parte dal grado di "picciotto" fino ad arrivare a "diritto al medaglione". Questa è la
differenza principale tra una banda con carattere di
temporaneità ed una organizzazione di tipo 'ndranghetistico che ha un
organizzazione strutturata, definita per ruoli e funzioni.
- La Polizia mostra di avere una buona conoscenza "teorica", una
consapevolezza del fenomeno, della sua organizzazione, delle persone e
dei fatti. Allora cosa rende così difficoltosa la lotta contro i
criminali, perché si ha la sensazione di una organizzazione
onnipotente, spesso molto più della Polizia? Il "Supremo" resiste nella
sua latitanza per 35 anni e poi si scopre che sta a casa sua.
- Le difficoltà ci sono, ma non sono difficoltà operative o
carenze delle professionalità degli operatori di polizia. Le difficoltà
sono radicate nei nostri codici che pongono tanti lacci e laccioli, e
non consentono di avviare e concludere subito le indagine per arrivare
in tempi rapidi ad un processo giusto.
- Si capisce che vi sono difficoltà ad arrivare alla condanna di un
colpevole. Ma quando un latitante riesce a sfuggire per trenta o
quarant'anni dimostra che vi è una incapacità dello Stato di
controllare il territorio.
- Questo è anche l'effetto della scarsa capacità collaborativa
della cittadinanza. Per ottenere buoni risultati bisognerebbe fare uno
sforzo comune. La criminalità organizzata non è soltanto un problema di
polizia giudiziaria, ma è problema politico, un problema culturale, un
problema sociale. Non si può demandare questo compito gravoso solo alle
forze di polizia. Per lungo tempo si è applicato questo modello e gli
errori sono evidenti. Senza uno sforzo corale è difficile arrivare a
risultati decisivi.
- Prendiamo il caso di un Totò Riina. Partecipa alle cerimonie
religiose di figli e nipoti, conduce una vita normale e poi risulta
irreperibile. Ad un comune cittadino non pare frutto del caso, ma di
tanti occhi chiusi ...
- Il fatto che si nascondesse praticamente a casa sua fà nascere
qualche perplessità. Ma le cose non sono così semplici. Ad esempio le
foto segnaletiche erano molto vecchie e non consentivano più una
identificazione, specie per i colleghi più giovani. Nella Sibaritide ho
catturato diversi latitanti, casi molto simili a quelli di cui stiamo
parlando. Posso garantire che si tratta di una attività tutt'altro che
semplice.
- Ritorniamo al suo Reparto. La sua competenza è circoscritta al
territorio della Provincia di Cosenza?
- Questo è un ufficio interprovinciale ed opera su richiesta dei
Questori delle province che ne possono richiedere l'intervento
all'Ufficio Centrale Anticrimine.
- Nella vostra zona di competenza vi sono comprese le due aree
della Sibaritide che è oggetto di particolare attenzione in questi
giorni e del Tirreno che ribolle. Perché un'area diventa ingovernabile?
È realmente così invasiva la criminalità che non si riesce ad attuare
una efficace azione di prevenzione e di controllo del territorio?
Eppure gli organi di polizia conoscono vita, morte e miracoli dei
personaggi, ne accompagnano le loro storie con le investigazioni ...
- Io non sarei così pessimista. Se diamo un scorsa ai dati
statistici, pur nella loro aridità dimostrano in maniera inequivocabile
che il controllo del territorio non solo c'è, ma la sua
azione è molto efficace e riesce ad arginare e combattere la
criminalità. Questa ha
un carattere mutante e riappare sotto altre forme. Per un risultato
decisivo ripeto che sarebbe
necessaria un maggiore coinvolgimento della società civile, una presa
di coscienza di
tutta la popolazione e delle istituzioni.
- Qual'è oggi la situazione di queste due grandi aree infestate
dalla criminalità organizzata, vista dal vostro punto di osservazione?
- Io faccio riferimento alle operazioni di polizia giudiziaria note
ed alla mia esperienza. Posso affermare che la situazione è
assolutamente sotto controllo e la criminalità è stretta in un angolo.
- Vi sono però dei personaggi che da sempre dominano la scena
criminale, come i Forastefano o i Muto, che non si riesce a
sconfiggere, sembrano intoccabili.
- Non solo li conosciamo bene, ma li abbiamo sconfitti varie volte.
È il sistema giudiziario che mostra troppe crepe ed offre scappatoie.
Se ad una persona si garantisce un primo giudizio con tutti i crismi di
legge, e poi si consente il patteggiamento in appello si vanifica tutto
il
lavoro investigativo. Una condanna a vent'anni per il cumulo di sconti
di pena ed attenuanti si riduce a cinque anni, di cui ne vengono
scontati uno o due.
- Abbiamo quindi una legislazione troppo garantista ed una
eccessiva larghezza nel concedere in benefici ...
- Una delle richieste del Dott. Nicola Gratteri, Pubblico Ministero
della
DDA di Reggio Calabria, è proprio l'eliminazione del patteggiamento in
appello. Non vi è solo una questione della sanzione penale, ma investe
anche l'aspetto dell'economia processuale. Il primo grado di giudizio
richiede una enorme mole di attività investigativa, con un investimento
di risorse umane e materiali per poi chiudere tutta la vicenda in una
decina di minuti.
- Il risultato è uno spreco di risorse ed una scarsa efficacia
della pena.
- Esattamente. Il legislatore si deve porre il problema che vi sono
quattro regioni dove bisogna rivedere questo eccesso di garantismo. Ad
esempio, basta un difetto di notifica, o una richiesta che non
appare sufficientemente motivata, per provocare la nullità di una
intercettazione. Non l'annullabilità, ma la nullità assoluta. Se
pur fossimo di fronte ad una evidenza di un omicidio, quelle prove non
possono essere utilizzate, poiché in dibattimento sono nulle, non
possono neanche essere esibite. Il risultato è magari una sentenza di
assoluzione che desta scalpore nella opinione pubblica. Prendiamo
ancora il caso della Legge Pecorella. Ha accorciato
i termini di prescrizione vanificando anni di lavoro investigativo.
- La legge Pecorella è stato un danno per l'attività investigativa?
- È stata una scelta del legislatore e noi come operatori del
diritto dobbiamo attenerci a quelle che sono le disposizioni. Però non
si può adottare in Italia un processo che funziona bene in Svezia. La
realtà economica e sociale, la natura ed il "modus operandi" della
criminalità sono molto diverse.
- Ritenete di avere uomini e mezzi tecnici e finanziari per poter
combattere efficacemente questa battaglia? Spesso viene evidenziato la
scarsità dei mezzi destinati alla lotta alla criminalità.
- La Polizia di Stato ha grandi mezzi, potenzialità e capacità
investigative. Certo, a tutti fa piacere se viene aumentato il bilancio
della sicurezza e vengono destinate maggiori risorse al sistema di
prevenzione e controllo. Però, bisogna investigare e controllare il
territorio con i mezzi che si hanno. Posso garantire che con i fondi
a disposizione abbiamo strumenti, strutture e personale tecnico per
affrontare qualsiasi emergenza, qualsiasi organizzazione criminale.
- Quali sono le fattispecie di reati che destano maggiore
preoccupazione sul nostro territorio?
- Quelli di carattere predatorio, che provocano immediato allarme
sociale. Sono i reati
di primo impatto che colpiscono subito i cittadini. Il primo nostro
obiettivo è far sì che la gente si senta
tranquilla a casa propria o quando passeggia per la città. Vogliamo
diventare "polizia di prossimità" e "polizia partecipata".
- Cos'è la "polizia di prossimità" e la "polizia partecipata"?
- È costituito dagli agenti di pubblica sicurezza che stanno con il
cittadino e si confondono con esso, come i reparti e i poliziotti di
quartiere. Sotto l'altro aspetto è la richiesta di collaborazione che
la Polizia rivolge agli enti, alle istituzioni ed ai cittadini. La
sicurezza non è un problema della Polizia, ma è un problema di tutti.
Qualcuno l'ha definita come la precondizione dello sviluppo. Ma io dico
che è la condizione dello sviluppo.
- Il rapporto tra il poliziotto ed il cittadino assume un carattere
conflittuale. Il cittadino non dovrebbe avere alcun timore ...
- Non deve avere alcuno timore. Quando si vede una autovettura
della Polizia si deve sentire tutelato, non deve sentirsi minacciato.
- Questo è lapalissiano. Spesso tuttavia si ha l'impressione
che il poliziotto cerchi il pelo nell'uovo, un qualche motivo per
incastrare piuttosto che per tutelare ... Se ad esempio non ha messo la
cintura di sicurezza non ha certo attentato alla sicurezza dello Stato,
è una infrazione di scarsa rilevanza sociale ...
- La condotta di una persona è connotata da due aspetti: dal valore
e dal disvalore che non vengono stabiliti dalla Polizia, ma dal
legislatore. Non mettere la cintura è un disvalore, come stabilito in
una legge dello Stato che tutti sono tenuti a rispettare. Nel caso
specifico la norma è pensata nel loro stesso interesse, volta a
tutelare la loro
incolumità.
- Qual'è il suo modo di rapportarsi con i cittadini?
- Questo è un ufficio un po' diverso però fino all'assunzione
di questo incarico ho svolto lavoro al Commissariato. Non ho mai
consentito che si formassero file al mio ufficio, ho sempre cercato un
contatto diretto con la gente risolvendo problemi di ogni tipo,
dall'assegnazione di case popolari al ricovero in ospedale. Ho
ricercato la collaborazione degli organi competenti, con tutte le
Giunte municipali, al di là del colore politico, per arrivare ad una
soluzione positiva del caso.
- Ha svolto un ruolo "politico", nel senso di intermediazione tra i
bisogni e le risposte istituzionali?
- Ho soltanto interpretato il ruolo delineato nella nostra
legislazione. I compiti di un dirigente della Polizia sono anche
questi, noi abbiamo il dovere di comporre i dissidi tra mariti e moglie
o tra fratelli per questioni di interesse. Noi cerchiamo di trovare un
accordo per evitare il ricorso in giudizio.
- Oggi ha un po' di nostalgia per quel ruolo?
- Un po' di Amarcord per una esperienza molto interessante e
formativa da un punto di vista umano e professionale. Ma sono molto
contento di questo nuovo incarico e lo assumo con entusiasmo. Sono
orgoglioso di dirigere questo Reparto
dove vi sono giovani competenti, entusiasti e dotati di grande
professionalità e possiamo avvalerci della collaborazione di grande
spessore come il sostituto Commissario Sergio Giacoia, per limitarmi ad
un solo esempio.
- Avete già ottenuto dei risultati?
- Siamo in una fase organizzativa, ma stiamo già in pieno fermento
operativo. Credo che ci rivedremo a breve.
- Lei ritiene che per una efficace opera di controllo del
territorio
è meglio affidarsi a personale radicato sul territorio o questo crea
quell'intreccio che impedisce di portare fino a fondo le attività
investigative?
- La presenza di investigatori del posto consente di conoscere
l'humus della società, di comprenderne i meccanismi di funzionamento,
le
allusione del linguaggio, riesce a penetrare nei segreti più occulti e
gelosamente custoditi. Se arriva uno del Nord e vuole parlare con uno
'ndranghetista ha difficoltà serie, non riesce a cogliere il senso
delle cose.
- Però in compenso non ha legami, non ha schemi mentali preconcetti
...
- Questo può essere vero, come in tutte le cose vi sono aspetti
positivi e negativi. Ma le capacità investigative di chi conosce
perfettamente la società sono enormemente maggiori. Bisogna aggiungere
che siamo un corpo sano, con una struttura organizzativa efficiente che
è in grado di assicurare la rotazione negli incarichi dirigenziali che
impedisce incrostazioni e intrecci che possono ostacolare l'attività
investigativa. Per conoscere una realtà bisogna risiedervi molti anni,
conoscerne il dialetto, capirne le abitudini.
- Non sarebbe necessaria una maggiore mobilità?
- In Polizia vi è un alto tasso di rotazione. Basta pensare ai
questori che si sono avvicendati a Cosenza da quando sono in servizio:
oggi vi è il Dott. Raffaele Salerno e prima di lui Guido Marino, Romolo
Panico, Raffaele Gallucci, Aldo Festini e Bruno d'Inzillo. Sei
dirigenti in pochi anni, lo stesso si è verificato a Rossano. Io starò
qui tre o quattro anni e poi andrò via, credo che vi sia una alta
mobilità della dirigenza. Vorrei concludere dicendo che i cittadini
possono avere fiducia nella Polizia, che sente il forte senso di
responsabilità di offrire loro sicurezza, ed ha i mezzi e gli uomini
per poterlo garantire contro ogni nemico pubblico.
C O P Y R I G H T
You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the ©opyright rules
included at my home page, citing the author's name and that the text is
taken from the site www.oresteparise.it.
Il copyright degli articoli è libero. Chiunque
può riprodurli
secondo le ©ondizioni
elencate nella home page, citando il nome dell'autore e mettendo in
evidenza che il testo riprodotto è tratto da http://www.oresteparise.it/.
Ultimo
aggiornamento del