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L'Unical di Lino Versace
di
Oreste Parise (Mezzoeuro Anno
VII num. 40 del 4/10/2008)
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Rende, 2 ottobre 2008
L'Unical è uno dei fiori all'occhiello
della Calabria, ma il progetto originario è stato stravolto. Pasquale
Versace, il candidato a rettore che nelle ultimi elezioni si è
contrapposto a Gianni Latorre racconta una sua idea ...
Pasquale Versace è un docente all'Unical fin dagli esordi
dell'ateneo. Napoletano, che ha conservato un legame profondo con la
sua città, dove vive tuttora la sua famiglia, ha un profondo
attaccamento per la sua università. Ne difende la sua originalità, ma
vede con occhio molto lucido i difetti che sono andati accumulandosi
nel corso degli anni, seguendo il passaggio da università di élite a
università di massa, da un ateneo aperto ad una scuola sempre più
"provinciale" e nella composizione degli studenti, e nella struttura
burocratica e nella classe docente: una "cosa" sempre più "nostra",
seguendo un modello che è andato diffondendosi in tutta Italia. È solo
di ieri il grido di allarme apparso sulla Repubblica: "L'ateneo al voto
tra i parenti", denuncia Tito Boeri riferendosi alla Sapienza di Roma.
Il nepotismo è un male oscuro che ha contagiato un po' tutta l'Italia e
non è certo l'unico.
Certamente l'Unical non è esente, qualche untore è arrivato fin qui,
e
poi la pletora dei consorzi, l'aumento esponenziale del numero degli
studenti, la "fabbrica di San Pietro".
Il prof. Versace è un chiacchierone, come egli stesso ama definirsi,
dall'eloquio facile, pronto ad intervenire senza rete su qualsiasi
argomento. Abbiamo riassunto un lungo colloquio, da cui emergono tanti
spunti di riflessione.
Intervista a Lino Versace
- L'università è ormai una fucina di idee, con una costellazione di
enti, consorzio, ed iniziative varie che si stenta a seguire.
- Ho molte perplessità nei confronti di tutte queste cose che
sono
sorte come i "Centri di competenza". i distretti tecnologici, il Parco
tecnologico. Si ha l'impressione che sia sufficiente aggiungere il
termine esoterico di tecnologico per trasformare una idea banale in una
lampo di genio. Qualsiasi cosa definita tecnologica porta - ipso
facto - sviluppo e crescita. Soprattutto si stanno creando molti
di questi organismi che sono scatole assolutamente vuote. Io faccio
parte di questa cosa misteriosa che sono i "Centri di Competenza", che
sono partiti almeno un anno e mezzo fa, ma non si riesce a capirne il
senso. Sembra solo nate poiché c'erano delle risorse che qualche
ministero rendeva disponibili; le università si sono accordate
per
lottizzarsi i fondi, con una generica attribuzione di campi di ricerca
ed una disseminazione a pioggia dei fondi, senza che si sia visto
neanche un inizio di
attività. Di risultati neanche a parlarne. Sto dentro questo
centro, ho
investito delle risorse e vorrei capire cosa si aspettano che io faccia.
- C'è anche un conflitto di fatto con Calpark, poiché hanno
funzioni più o meno simili.
- Per la verità Calpark non si è mai capito cosa volesse
fare. È una
vecchia idea di "intercettazione fondi". La stessa identica cosa sta
avvenendo adesso, sebbene in scala più ridotta, per il nuovo programma
europeo. La logica è che si sono create in questo settore che dovrebbe
essere di sviluppo, delle rendite parassitarie; una serie di enti, e di
persone che non producono nulla se non dei servizi spesso non
necessari, immaginari. Tutte queste idee come lo spin-off, gli
incubatori,
mi sembrano che non tengono conto del fatto essenziale che non c'è una
domanda finale. Io immagino il passaggio successivo: l'università
fa la
ricerca, l'università crea lo spin-off, l'università fa
l'incubatrice,
l'università farà l'azienda e l'università si
comprerà i prodotti. In
tal modo l'università chiude su sé stessa l'intero ciclo: dal
pensatore
al consumatore finale!
- Un altro aspetto di questa organizzazione è che questo tipo di
struttura impone l'esigenza di confrontarsi con la politica, o di
trasformare i docenti in politici, tanto è vero che vi è stata una
gemmazione di movimenti politici all'interno dell'Università;
"Progetto
Calabria", ad esempio, è nato qua.
- L'università ha perso la sfida dell'autonomia ed ha scelto
la
strada della subordinazione. È evidente che si è entrati in un
meccanismo dal quale poi è molto complicato affrancarsi, nel momento in
cui il rettore, che è la
massima carica dell'ateneo, si candida
per elezioni di qualsiasi tipo; essendo un professore dovrebbe avere
questa
come meta ultima del suo itinerario culturale e professionale.
Soprattutto
in
una situazione come questa, in cui certe scelte vengono continuamente
rimandate, delle aspettative non si concretizzano e generano una
condizione di perenne vigilia. Chi ha una carica importante non può
soffermarsi a scegliere se fare un nuovo partito o aderire ad una
vecchio, l'opzione dovrebbe essere di acquisire la consapevolezza di
operare nel settore culturale e confrontarsi all'interno con il corpo
docente ed all'esterno con le altre università, come hanno fatto
tutti
i rettori precedenti.
- Un recente esempio di contrattazione politica è quello dei corsi
di azzeramento: un accordo intervenuto tra la regione ed il mondo
accademico che prevede il recupero dei ritardi formativi accumulati dai
nuovi iscritti nel corso della loro attività curricolare. Il
tutto
innaffiato da qualche milione di euro trovati tra le pieghe del
bilancio dell'Assessorato alla Cultura della Regione.
- Certamente si sarebbero potuti organizzare meglio. C'è stato
troppo
centralismo e dirigismo. Non si è voluto riconoscere alle facoltà
quella
autonomia
necessaria. In ingegneria abbiamo constatato che da qualche tempo il
livello di preparazione matematica degli studenti in ingresso
presentava molte lacune, che misuriamo con appositi test, ed abbiamo
cercato di organizzarci. Sono alcuni anni che facciamo dei corsi di
azzeramento posticipando l'inizio del nuovo anno accademico, sfruttando
i sabati e le domeniche. La prof.ssa Canino ha svolto un lavoro
lodevole mettendo a disposizione la sua grande preparazione matematica.
La logica avrebbe voluto che i fondi disponibili fossero stati
assegnati alle varie facoltà per organizzare in autonomia questi
corsi
tenendo conto delle esigenze di ciascuna di esse. Nel nostro caso ad
esempio è necessario che le matricole abbiamo un sufficiente corredo di
strumenti
matematici e logici per capire un sillogismo. Questi residui di
bilancio anche nel poco tempo a disposizione avrebbero potuto essere
impiegati più proficuamente.
- Una stranezza è quella di pagare gli studenti per la loro
partecipazione, premiando chi ha accumulato il maggior debito formativo.
- Semmai chi usufruisce di un servizio dovrebbe pagarlo. In ogni
caso i fondi andrebbero destinati a qualche forma di
premialità, magari non facendo pagare le tasse ai più bravi, che
non
hanno bisogno di colmare delle lacune e non costringono a organizzare
questi corsi. Evidentemente quanto è stato fatto appartiene ad
un'altra
logica.
- È un ulteriore iato tra la politica e l'università, i
fondi sono
destinati alla formazione ma assumono una chiara connotazione
populistico-clientelare.
- Si scatena una reazione all'incontrario con gente che vuole
dimostrare a tutti i costi di avere delle lacune da colmare, perché
per
dei ragazzi si tratta di una ammontare interessante di "argent-de- poche",
utili per cominciare a sgravare le famiglie da certe spese più
immediate.
- Quello che appare opinabile è il metodo al negativo, quanto più è
carente la formazione, tanto maggiore saranno le ore retribuite.
- È un aspetto che si è trascurato perché si badava ai
contenuti,
ma certamente il tutto appare molto diseducativo. Qualcosa di simile è
accaduto per i cosiddetti "cervelli di rientro". La regione ha emesso
un bando per la concessione di una borsa di studio annuale ai calabresi
che si erano laureati fuori dalla regione ed intendevano ritornare, in
modo da consentirgli di venire in contatto con le università
calabresi
ed avere una opportunità di trovare una collocazione. La
procedura è
durata più di un anno e nel frattempo il contributo si è ridotto a tre
mesi,
assolutamente insufficienti per qualsiasi scambio di esperienza.
Presumibilmente la pressione clientelare ha avuto qualche peso ... Gli
interessati "interessanti" per fortuna avevano già trovato
qualche
altra soluzione, per cui l'effetto è stato solo quello di dare una
mancia a qualche favorito.
- L'Unical ha un proprio "assessore" di riferimento, oggi
vice-presidente.
- Mimmo Cersosimo è una persona in gamba, che cerca in ogni cosa
di
tirar fuori qualcosa di utile per l'università. Ad esempio c'è
stato un
altro bando per mandare all'estero nostri ricercatori, per un periodo
di due o tre mesi, con il vincolo di non poter partire prima di
settembre e ritornare entro dicembre, per cui alla fine è andato
deserto.
- Il problema è che si cercano delle soluzioni congiunturali a
problemi strutturali. Si deve stabilire un metodo che funzioni e dare
continuità agli interventi. Se si hanno delle risorse sarebbe
opportuno
investirle nella qualità dell'insegnamento, affidandone la
gestione
agli stessi atenei. Altrimenti siamo di fronte sempre a dei palliativi;
la storia da scrivere è sempre una storia di fallimenti.
- Non c'è alcun dubbio e non sarebbe nemmeno complicato. Il
Politecnico di Milano ha affidato ad università straniere ed
italiane
di prestigio, la valutazione dei propri corsi di laurea cercando di
individuare i punti di forza da premiare con maggiori fondi per la
ricerca e quelli debolezza
per tentare di eliminare gli handicap. Potremmo ad esempio inviare le
nostri tesi di laurea ad altre università per
una
valutazione complessiva dei risultati conseguiti, possiamo anche
aggiungere dei test
di uscita, una verifica periodica dei curricula dei professori
e del loro contributo scientifico. Sarebbe utile, ad esempio, sapere
quanti ricercatori hanno approfittato dell'opportunità di andare
all'estero e quale profitto ne hanno tratto nel confrontarsi con questa
dimensione internazionale del sapere. Ho l'impressione che se andiamo a
fare un bilancio otteniamo un elenco modesto.
- Proprio per seguire l'intero ciclo sarebbe stato più opportuno
dare quelle risorse alle
università da gestire in autonomia per gli stessi obiettivi e
finalità
senza dover soggiacere alle forche caudine della regione.
- Ci scontriamo con questi meccanismi misteriosi dei fondi europei,
che richiedono sempre iter kafkiani, con tanti bandi e commissioni di
valutazione e procedure di liquidazione che rallentano tutti i
processi. Alla fine l'unico mezzo sicuro è di farsi anticipare i soldi
dalla mamma, perché altrimenti nessuno partirebbe mai. Devo dire
che la gestione regionale è stata però corretta, anche perché
nell'ultimo bando ci sono state meno domande rispetto alle
disponibilità e di conseguenza nessuna pressione. Il
trasferimento
diretto dalla regione richiede la predisposizione di un piano
complessivo della formazione e della ricerca; ma l'università non
ha un progetto per queste cose.
- Cosa impedisce di poterlo fare? Questa mi sembra una carenza
fondamentale. L'università dovrebbe diventare soggetto attivo,
farsi
promotrice di queste iniziative, predisporre il progetto complessivo
sul quale chiedere i finanziamento della regione. L'intellighenzia sta
qui, l'università è il cervello, perché deve sempre
attendere la
provvidenza?
- In questo senso c'è una chiusura. Quando abbiamo fatto la
discussione in merito, avevo proposto un meccanismo semplice. Stanziamo
una cifra da utilizzare in favore dei ricercatori disponibili ad andare
all'estero, dandogli in cambio gli stessi soldi che avrebbero ricevuto
per la loro attività didattica. L'eccesso di didattica dei nostri
ricercatori nasce da una loro esigenza economica di doversi comunque
mantenere, oltre che da una obiettiva necessità di dover fornire
dei
corsi ad un numero crescente di studenti. L'università dovrebbe
favorire la ricerca, l'internalizzazione della sua classe docente,
l'intercambio culturale e di in questo l'incentivo economico gioca un
ruolo determinante perché non siamo di fronte a dei ventenni, ma a
gente adulta che deve portare avanti un proprio progetto di vita.
- Siamo circa a metà circa del mandato del rettore - il
mid-term - e
bisognerebbe costruire una ipotesi per il futuro. C'è chi parla di una
ulteriore riconferma di Latorre, ma su che cosa dovrebbe avvenire il
confronto su di un progetto o sulla figura del rettore?
- Certamente il confronto dovrebbe avvenire su di un progetto, ma
bisogna considerare in che modo vengono esercitati nel concreto i
poteri.
In questi anni abbiamo avuto una gestione molto accentratrice che fa
passare tutto da sé ed ha questi percorsi paralleli che attribuisce un
potere enorme nelle sue mani. È una situazione in cui la semplice
manifestazione di voler discutere ed approfondire delle tematiche viene
vista come una "congiura dei Pazzi", per cui è molto difficile
riuscire
ad intavolare una discussione, mettere in campo delle prospettive. La
dialettica aiuterebbe lo stesso rettore, se fosse disponibile ad avere
interlocutori che non contrappongono interessi, ma idee e soluzioni
diverse. In fondo si tratta di una persona intelligente e capace, non
stiamo certo riferendoci a una persona modesta. Vi è invece una sorta
di controllo dialettico che rende asfittico l'ambiente universitario,
tanto che si trovano pochissime persone disposte a discutere ed esporsi.
- Questa è una lezione tratta dalla sua precedente candidatura?
- In quella circostanza, ho incontrato tanta gente che privatamente
si mostra d'accordo e disponibile, ma che aveva trovato un "modus vivendi" che gli consentiva
una navigazione tranquilla e non voleva creare una burrasca.
- La prossima competizione vedrà il Prof. Versace in campo, o
ha
anche lui ha ancorato la sua barca nel porto della tranquillità ?
- Io credo proprio che sarò in campo, poiché a me interessa che
le
cose si facciano ed il confronto elettorale è un momento importante
per
l'università. Alla sua prima elezioni, sono stato un sostenitore
convinto del Prof. Latorre, perché ritenevo che avesse un progetto
importante, del coinvolgimento, della partecipazione, del far crescere.
Sono sempre disponibile a discutere ed incontrarmi con chiunque,
perché
dopo un confronto si ha sempre una idea in più, un filo in più da
tessere. Rifiuto la logica che gli altri non debbano parlare, perché è
stato già detto tutto, ho già detto tutto. Da questo punto di
vista
sono stato profondamente deluso. L'obiettivo non era il confronto, ma
l'occupazione sistematica di tutti i punti vitali, tutti i punti di
incrocio delle decisioni, l'unica preoccupazione era come intercettare
ed indirizzare risorse. Vi
sono state numerose iniziative che hanno portato molti soldi nella
università che sono state gestite da persone che avevano una
competenza
nulla. Io mi aspetto che se si fa un parco per l'idrologia, ci mettiamo
qualcuno che studia idrologia, non certamente un avvocato di mestiere.
Sono stati anni di risorse abbondanti che potevano consentire di
soddisfare molte richieste di avanzamento di carriera, di finanziamento
di alcuni settori, l'apertura di nuovi corsi, la realizzazione di nuove
iniziative. Non ho alcuna remora a ricandidarmi, ma sono pronto a
favorire qualsiasi ipotesi alternativa che nasca attorno alle idee che
esposto prima.
- Possiamo riassumere in pochi punti il suo progetto per il futuro
dell'Università ?
- L'università è discussione, è partecipazione, è
coinvolgimento.
Il secondo punto è che noi dobbiamo contare sulla qualità. Si
rimane
agghiacciati a sentire le discussioni che si fanno in questi giorni per
l'elezione del preside della facoltà di ingegneria. Coloro che
sono
stati vicinissimi al rettore oggi affermano che il nostro ateneo non
può competere con le grandi università europee e dobbiamo stare
con i
piedi per terra. Sono state spese cifre mostruose, accese speranze
spaventose per tutta la regione, alimentando l'idea che sia un fiore
all'occhiello. Oggi si parla di vivacchiare, il progetto è
sopravvivere. L'obiettivo dovrebbe
essere quello di diventare la prima università del mondo per
qualità.
- L'evoluzione legislativa in atto porta ad un restringimento delle
risorse pubbliche chiamando gli atenei a trovarsi i fondi da soli. Cosa
potrebbe fare l'università della Calabria che si trova ad operare
in un
contesto produttivo debole, povero di risorse. La sua abnorme crescita
potrebbe
rappresentare un pericolo per il futuro, per la difficoltà di far
quadrare i bilanci.
- Credo che non sia in forse la sua sopravvivenza ed è opportuno
non creare allarmismi in un momento di grave difficoltà
economica, in
cui persino banche solidissime sono arrivate al fallimento.
- Non era questo che si paventava, ma bisogna comunque porsi la
domanda se sarà in grado di trovare le risorse per sostenere un
trentamila studenti.
- Sono convinto che possa trovare la strada per continuare, ma
bisogna convertirsi alla qualità. Non si capisce per quale
ragione
questa università non possa organizzare dei percorsi di
eccellenza in
grado di attrarre studenti anche da altre parti parti d'Italia ed
oltre. In alcuni settori questo è possibile senza una grandissima
fatica o investimento milionario. Da subito sarebbe possibile creare
questi canali per attrarre domanda e risorse. Dobbiamo evitare l'errore
dei Consorzi universitari che hanno puntato tutto sull'investimento
pubblico. Certamente bisogna intercettare risorse del POR, ma da
destinare ad interventi strutturali, che mi consentano di crescere, di
risolvere dei problemi. Non possiamo continuare a fare gli incubatori
che sono destinati a morire con l'esaurimento delle risorse.
- Il progetto originario prevedeva una apertura al mondo esterno,
ope legis era prevista una quota di studenti stranieri.
- Certamente era destinato loro il 5% dei posti disponibili;
bisogna
ricordare il carattere residenziale che garantiva l'alloggio agli
studenti. Oggi non vi sono più sufficienti ragioni in grado di
attrarre
studenti stranieri; non si è riusciti a mantenere uno standard
qualitativo elevato e poi c'è stato un aumento esponenziale
dell'offerta con l'apertura di molte nuovi sedi universitarie, nella
stessa Calabria, in Basilicata ecc.
- Una delle ambizioni originarie era quella di voler proporsi come
il luogo della formazione delle classi dirigenti del Mediterraneo e
trasformare l'università in una risorsa.
- Doveva essere una strada naturale, seguendo il flusso
storico. Quando studiavo all'Università di Napoli, ricordo che vi
era
un numero rilevante di studenti greci. Come Unical avevamo ed abbiamo
tuttora dei vantaggi in termine dei servizi, poiché vi sono spazi
residenziali importanti e possiamo offrire alcuni corsi di laurea di
qualità comparabile con i migliori standard. L'immagine che
proiettiamo
all'esterno è però di una uniformità che contrasta con la
varietà
dell'offerta formativa; abbiamo però delle eccellenze che dovremmo
valorizzare meglio.
- Non crede una politica universitaria che ha favorito la chiusura
verso l'esterno,
il nepotismo e nella classe docente e nell'amministrazione abbia avuto
un peso rilevante nel fallimento del progetto iniziale?
- Nel corso degli anni si è prodotta una totale
provincializzazione
dell'università .
- Gli studenti della provincia di Cosenza sfiorano in alcuni casi
il 90% degli iscritti.
- Questo non è uniformemente vero. Nel caso di ingegneria, ad
esempio, vi sono studenti di tutt'e cinque le province calabresi,
poiché vi è un forte richiamo per la riconosciuta qualità, ed
in alcuni
settori vi è una chiara evidenza di ciò. A questo ha certamente
contribuito il fatto che i concorsi per la selezione e l'avanzamento
dei docenti hanno assunto un carattere locale e non si sono più
attuate
quelle politiche di grande apertura che aveva caratterizzato il primo
periodo. Quando sono venuto qui vi era un ambiente stimolante, con
gente che veniva dalla Sicilia, da Napoli, dalla Puglia che dava la
possibilità di una continua osmosi con il nuovo. Se si esaminano
i
concorsi attuali vi è una percentuale infima di vincitori non legati
al
territorio. Recentemente, abbiamo avuto un milanese che ha vinto un
concorso, ma si tratta di una mosca bianca.
- È possibile immaginare una svolta nella politica universitaria?
- Bisogna
essere realisti. Non si può immaginare di stravolgere una
realtà consolidata e far sparire all'improvviso tutte le incrostazioni
che si
sono
prodotte nel tempo; bisogna avere la capacità di mettere a fuoco
quelle
isole che già esistono e puntare su di esse. Dobbiamo avere il
coraggio
di dire che abbiamo uno standard medio buono o accettabile, accanto
queste abbiamo eccellenze vere, che non devono essere definite con il
criterio
dell'appartenenza. Voglio dire che il criterio della scelta non deve
essere
legato al rapporto di amicizia, ma l'individuazione deve essere
affidata a criteri oggettivi: la storia, i risultati, le pubblicazioni,
il prestigio esterno a livello nazionale ed internazionale. Sono
convinto che al nostro interno vi sono moltissime situazioni in cui
queste condizioni vengono soddisfatte, che subiscono un'attrazione
verso il basso poiché non ricevono alcuno tipo di
incentivazione. La tendenza è all'appiattimento, alla
sommersione
di
queste isole. Vi sono molte persone che hanno tirato i remi in barca e
svolgono la loro attività di ricerca da qualche altra parte, in
qualche
altra struttura esterna e sono all'affannosa ricerca di una via di
fuga, magari in pensione ritenendo esaurita la loro carica di
entusiasmo. Io non vedo altra strada poiché non credo all'utopia di
poter ridisegnare tutto quanto è stato fatto nel corso di questi 35
anni. Devo puntare su alcune idee forti alle quali devo destinare una
parte delle risorse smettendola con il metodo dell'intervento a pioggia
veicolati attraverso un sistema clientelare e parentale. Un quota del
20, del 30 o del 40% devono essere date a chi può certificare al sua
qualità.
- Le
risorse sono fondamentali, ma anche la qualità del personale
dedito
alla formazione e alla ricerca giocano un ruolo determinante.
- Questo lo dicevo anche nei confronti dei concorsi per i
ricercatori. Non possiamo fare concorsi sulla base del numero degli
studenti, perché i ricercatori devono dedicarsi alla ricerca. Un
consistente gruppo va attribuito a quei laboratori o centri che si
dedicano esclusivamente alla ricerca, piuttosto che destinare tutto ad
una palude che si espande: l'emergenza finisce per fagocitare le reali
esigenze dell'ateneo. Abbiamo avuto il recente caso dei fondi regionali
destinati a giovani laureati che volevano avviarsi alla ricerca. Ci si
sarebbe aspettato un bando che premia i migliori, che non possono
essere individuati a priori. È successo che si è proceduto ad una
lottizzazione preventiva, assegnando un numero di "posti" a ciascun
dipartimento. Avevo due bravi studenti, ma ho potuto "piazzarne" solo
uno. Benissimo, troverò qualche altra via, ma è il metodo che non è
accettabile. Si trattava di una occasione importante per fare una gara,
una competizione per scovare e premiare le eccellenze dovunque si
trovino. Alla fine si è accontentati un po' tutti con qualche malumore
sul sistema di spartizione che misura il proprio potere
di contrattazione e non la qualità dei ricercatori.
- Il sistema non è emendabile a giudicare da questi episodi.
- Io sono abbastanza fiducioso. Alla fine sono convinto che i nodi
vengono al pettine, vi sono alcune emergenze importanti che devono
essere affrontate, e lo stesso rettore si sia reso conto dei limiti di
una politica di crescita puramente quantitativa perché ci si avvolge
su
sé stessi. Ciascuno di noi sarà chiamato a perseguire i suoi
obiettivi
con le risorse che gli vengono messe a disposizione. Non bisogna
trasformarsi in cacciatori di fondi snaturando l'università .
- Il sistema di outsourcing ha prodotto una serie di centri di
captazione delle risorse.
- Si è prodotta una vera e propria specializzazione
nell'intercettazione dei
fondi,
come gli incrociatori. Vi sono notevoli difficoltà a fare un
preciso
inventario poiché abbiamo bilanci in uno stato di perpetuo
consolidamento, dove si evidenziano che vi sono risorse per ulteriori
decine di milioni di euro; nelle mille voci non si riesce mai a capire
chi spende cosa e perché. Non si ha una chiara evidenza di cosa viene
finanziato, non c'è un'anagrafe delle ricerche finanziate, e quante di
queste hanno prodotto dei risultati scientificamente accertabili. Non
si vuole mettere in dubbio che tutto sia avvenuto nella più assoluta
legalità, ma sarebbe ragionevole dare una informazione chiara ed
esauriente. Sarebbe opportuno pubblicizzare le iniziative
che hanno avuto il finanziamento ed i risultati conseguiti. Invece
abbiamo gente costretta a fare le nozze con i fichi secchi, ed altri
che gozzovigliano anche il venerdì santo.
C O P Y R I G H T
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