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Il caso Biofata: dalle bufale alla bufala

di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno VIII num. 44 del 2/11/2009)


Rende, 30 ottobre 2009


Un altro investimenti plumilionario (in euro) svanito a Lametia. Venti milioni andati in fumo per ricercare ricerche. Un valzer di contratti per regalare quaranta ettari di terreno agricolo che per incanto si trasformano in area turistica. Dove dovevano pascere i bufali si esporranno le chiappe al sole.

L'area ex-Sir di Lamezia sembra di essere colpita da una maledizione, un luogo dove tutti i sogni si trasformano in incubi, gli investimenti in fallimenti, i buoni propositi in furbate ben architettate, giochi alchemici di grado di trasformare ogni cosa in oro.

Nel 2002, il CIPE, con propria delibera autorizzava la stipula del contratto di programma tra il Ministero delle attività produttive e la società Biofata S.p.A., per la realizzazione e l'esercizio di un progetto integrato agroindustriale da realizzare nell'area ex Sir del comune di Lamezia Terme (CZ), con investimenti pari a 76.259.500 euro e agevolazioni pari a 34.508.910 euro, interamente a carico dello Stato. Il progetto avrebbe dovuto essere completato entro il 31/12/2005.

Un grande successo di una intuizione del sindaco Doris Lo Moro, che aveva trovato il canale giusto per attivare una sovvenzione comunitaria. L'iniziativa ha avuto la convinta adesione del sindaco subentrante Pasquale Scaramuzzino e di Pino Galati, all'epoca sottosegretario all'industria.

I commissari che hanno governato il comune a seguito dello scioglimento per infiltrazioni mafiose, non l'hanno ostacolato poiché su questo programma avevano il convinto sostegno di tutti i partiti politici, ma è mancata qualsiasi attività di controllo e di stimolo.

Per la realizzazione dell'iniziativa è stata costituita un'apposita società di sviluppo, la Lameziaeuropa che ha avuto in gestione anche il Patto Territoriale di Lamezia, un'altra cinquantina di milioni buttati per lo sviluppo del lametino, che ha lasciato ben pochi frutti sul terreno.

Biofata, è una società dalla compartecipazione tra il gruppo piemontese Fata e alcuni primari imprenditori calabresi, Giuseppe Speziali, Noto e Luigi Mazzei. La società ottiene in fitto circa la metà dei quattrocento ettari dell'immensa area ex-Sir.

La Fata si qualifica come un'azienda agroalimentare di Finmeccanica. La successiva storia si incaricherà di dimostrare che non vi era alcuna competenza nel settore. L'interesse era rivolto esclusivamente ai terreni del litorale, molto appetibili per il loro indubbio fascino turistico-ambientale.

Gli anni passano invano senza che succeda niente, ma poi non è proprio così tanto che venti milioni di euro vengono spesi, si pone la prima pietra per due volte. Il 6 aprile 2006 il Ministero dello sviluppo economico, chiede al CIPE la revoca delle agevolazioni del contratto di programma Biofata, e nuovamente il 16 novembre dello stesso anno. Si arriva così alla revoca del finanziamento poiché era scaduto il termine di ultimazione degli investimenti fissato al 31 dicembre 2005 e che, “gli investimenti non risultano essere stati avviati”, come si legge nella stessa delibera di revoca del CIPE.

Non tutti si strappano i capelli per questo fallimento, anzi vi sono molti che hanno brillanti idee su come porvi rimedio. Una ipotesi, caldeggiata dalla Regione Calabria, è la riassegnazione di parte dei fondi al Consorzio Terina, per come viene deliberato dalla Giunta.

Vi è poi una proposta della Campoverde, la società agroalimentare di Giuseppe Nola, una delle più importanti della Calabria. L'imprenditore della sibaritide ritiene che vi siano le possibilità di sviluppo del settore agro-alimentare nel lametino, con l'assenso e al concertazione degli attori locali, dagli amministratori e fino ai sindacati.

Le idee e gli interessi di questi ultimi sono rivolti altrove, anche per un sano amor proprio campanilistico.

Lameiziaeuropa preferisce un accordo direttamente con Biofata, nel qual si stabilisce che essa “riacquisice, al prezzo già fissato nel 2000, circa 105 ettari comprendenti tutte le aree fronte mare; Biofata mantiene la proprietà di circa 54 ettari lato SS 18, per la realizzazione, entro i prossimi cinque anni, di alcune iniziative imprenditoriali finalizzate all'ulteriore sviluppo dell'area; a far data dal 2006 viene risolto il rapporto di locazione del lotto di circa 30 ettari, fronte mare, di proprietà della Lameziaeuropa”.

Ma le sorprese non finiscono qui. Si stabilisce che entro il 31 dicembre 2009 si procederà alla variazione del PRG dell'Area Ex Sir, predisposta dall'ASI, con cambiamento della destinazione dell'area da agricola a turistica. Un bel colpo per la Biofata che realizza una plusvalenza milionaria senza colpo ferire.

Invece delle bufale, insomma, una bella colata di cemento per realizzare un villaggio dove i turisti di tutto il mondo verranno ad arrostire le chiappe.

Una storia complicata. Per chiarire qualche aspetto facciamo parlare uno dei protagonisti della prima ora, Giuseppe Panarello, all'epoca Presidente del Nucleo Industriale di Lametia Terme. Spuntano fuori venti milioni di euro, letteralmente spariti nel nulla senza lasciare traccia.

Intervista a Giuseppe Panarello

Vogliamo spendere qualche parola per dire chi è questa Lameziaeuropa, come nasce e cosa dovrebbe fare?

Sono tra i soggetti fondatori e posso ricostruire il processo di nascita. Ad un certo punto, nel meccanismo di spesa, nel 1997 esistevano due questioni fondamentali: i nuclei industriali avevano perso il ruolo operativo in tutti Italia, e poi come consorzi di scopo dovrebbero avere una durata. Alla fine non hanno più alcun oggetto, anche se poi c'è stato un intervento regionale per il loro salvataggio e la trasformazione in enti provinciali. L'unico in Calabria che funzionava era il nucleo industriale di Gioia Tauro, che aveva grandi investimenti da gestire e un presidente come il prof. Giuseppe Fragomeni molto legato alla Regione.

Esisteva la possibilità, attraverso le società di sviluppo, di essere destinatari di risorse europee per favorire la crescita di alcune aree.

Quale relazione ha questa crisi con la costituzione di questa società di sviluppo?

L'intuizione politica di Doris Lo Moro, allora sindaco di Lametia, in questo sostenuta dalla Camera di Commercio di Catanzaro, fu di costituire una società mista pubblico-privato, con un capitale di un miliardo di lire, di fatto tutto di provenienza pubblica. L'Assindustria sottoscrisse solo cinque milioni di lire, per giustificare la sua presenza nella società e darle una connotazione privatistica.

L'idea non era in conflitto con il Nucleo Industriale che lei dirigeva?

Come presidente del nucleo industriale decisi di aderire. Una decisione molto contestata poiché i consiglieri di amministrazione temevano che mirassi a sostituire il Nucleo con la costituenda società. Io ritenevo che fosse un soggetto potenzialmente utile come possibile destinatario di un sovvenzione globale europea, che significava avere un notevole flusso di risorse in regime di diritto privato da utilizzare per lo sviluppo dell'area. Proprio in quel periodo il nucleo approvava il nuovo piano regolatore dell'area non più destinata alla grande impresa, ma alla piccola e media. Una decisione che ha consentito il sorgere di tutte quelle attività che oggi operano nell'area.

Quali erano le finalità della costituzione di questo nuovo soggetto?

Alla nuova società partecipa anche Sviluppo Italia che ne aveva e conserva tuttora l'Amministrazione delegata attraverso un soggetto che è anche amministratore della Lamezia Multiservizi.

Lameziaeuropa diventa proprietaria di quei 400 ettari dell'area ex-Sir. Si apre un contenzioso politico tra il nucleo industriale e la nuova società per la definizione dei reciproci ruoli. Il nucleo storicamente aveva la funzione di fornire alle imprese servizi come l'urbanizzazione delle aree, la fornitura delle acque industriali, la depurazione e così via. Servizi che non ha mai realizzato di fatto. La Lametiaeuropa doveva integrare questi come attrattore di nuovi investimenti, di animazione economica. Di fatto si è limitata a gestire il patto territoriale ed il patto territoriale. Oggi siamo in attesa di una rendicontazione definitiva del Patto ed i terreni di proprietà della Lameziaeuropa sono stati venduti, per cui la società non ha più alcuna ragione di esistere.

Del suo ruolo originario non ha svolto niente, è stata una delle numerose società di sviluppo sorte in Calabria che non hanno mai sviluppato niente, solo biglietti da visita per i consiglieri di amministrazione, sottogoverno e spese di rappresentanza come presupposto di consenso elettorale. Ma non si è mai visto alcun risultato.

Il monte salari del Nucleo Industriale di Lamezia - ora ASI - è superiore ai ricavi, solo in due anni e per ragioni del tutto straordinarie si è realizzata la copertura finanziaria, per cui si continua a operare in perdita.

Quante persone vi lavorano e come viene coperto il deficit?

Attualmente vi sono otto, il deficit viene coperto da alchimia di contabilità pubblica, non si registrano perdite ma solo entrate ed uscite classificate ora di competenza ora di cassa secondo le convenienze. Il tutto viene coperto, da rimborsi IVA. Solco che copre solco. L'impresa privata lo fa attraverso il debito, nell'ASI si ricorre agli introiti dei finanziamenti.

Lameziaeuropa è una società più che snella, come società di sviluppo la sua unica rilevante attività è stata di garantire uno stipendio ai consiglieri di amministrazione. Non si capisce bene quali siano le gravi ed importanti decisione sulle quali deliberare, ma i compensi sono lauti e la nomina è oggetto di una accanita battaglia politica, perché è molto ambita.

Veniamo al programma Biofata, come nasce?

E' un tutt'uno con il contratto di programma. Il Nucleo Industriale riceve una proposta dal gruppo Fata riguardava investimento innovativo nel settore delle biotecnologie. Successivamente è stato sostituito da un progetto agroalimentare che andava dalla allevamento dei capi - bovini, suini e bufale, fino alla produzione di prodotti come salumi, mozzarelle o formaggi. La cosa stupefacente era che la proposta proveniva da un gruppo che con l'agroalimentare non c'entravano niente. Si trattava infatti di tredici aziende, in gran parte spazzature di Finmeccanica, che un gruppo di suoi ex-manager aveva avuto in dote per risanarle e convertirle in grandi aziende. Da un analisi superficiale, solo una era attiva e produceva il tetrapak, un materiale utilizzato nelle confezioni alimentari, ma non vi era alcuna esperienza nel settore. Il primo requisito richiesto da qualsiasi legge agevolativa è proprio la descrizione delle competenze relative all'investimento proposto. La Biofata non ne aveva alcuno.

Ma allora perché si è dato parere positivo alla proposta?

Il suo punto di forza era la sponsorizzazione della Task Force per l'occupazione e dal fatto che tutte le componenti politiche sostenevano apertamente il loro progetto.

In quale momento e contesto politico è nata questa idea?

In un momento trino e lo sostenevano tutti. Al comune vi era Doris Lo Moro, Giuseppe Nisticò alla Regione e Agazio Loiero, che all'epoca aveva abbandonato il primo governo Berlusconi ed era diventato viceministro con D'Alema.

Considerato il territorio in cui tutta questa operazione si è svolta, tutto si è svolto pacificamente? Non vi è stata alcuna pressione ambientale?

Non vi è un inquinamento misurabile, poiché siamo in una delle zone grigie della Calabria. Una cosa è chiara. Nell'area industriale c'è stata una impennata di investimenti industriali, che qualche volta fa riferimento a soggetti consolidati, altri soggetti imprenditorialmente credibili, ma una fascia di parvenu, per i quali sarebbe legittimo chiedersi come si diventa imprenditori dalla sera alla mattina, con una enorme capacità di investimento in condizioni di mercato assolutamente inesistenti. Non c'è dubbio che possano diventare attrattori di investimenti criminali. E' noto che la maggior parte degli investimenti agevolati sono oggetto di indagine della magistratura, poiché attorno a questo enorme volume di investimenti si muove un intero mondo criminale.

Si è creato un sistema imprenditoriale adamantino o vi è qualche dubbio di infiltrazioni?

Esiste una criminalità diffusa e certamente quell'area non può essere immune. Dietro ogni azienda nata con i contributi pubblici non funzionanti vi possono essere una serie di ipotesi: una deficienza dell'imprenditore, da errori progettuali,

Continuiamo con la nascita del progetto Biofata.

Vi erano perplessità. La prima lite che successe a Roma per la pretesa della Biofata di volere dei terreni sulla fascia costiera. Noi del Nucleo obiettammo subito che non erano funzionali al progetto e riuscimmo a farli togliere.

Non appena raggiunta l'intesa al Ministero, riuscirono a farsi dare in affitto dalla Lametiaeuropa, circa 40 ettari. Il progetto Biofata prevedeva una serie di attività materiali ed immateriali, inizialmente le materiali erano una certa cifra che compredeva gli impianti, produrre la mozzarella, allevare le bufale e così via. Per molti anni l'unica attività della Biofata a Lametia è stata la presenza di una scrivania con un omino di cui non ricordo il nome che veniva tutte le settimane con una borsa ed un impermeabile, sempre ben vestito, che aveva a disposizione de ex cassa integrati della ex-Sir che gli faceva da autista e da segretario con un fax ed un telefono al quale non rispondeva mai nessuno. L'altra traccia è l'inizio del processo di spesa per attività immateriali che sembrerebbe essere arrivata a 20 milioni di euro, circa 40 miliardi di lire. L'unica aspetto tangibili sono due manifestazioni avvenute in occasione di elezioni politiche, costituite dalla posa della prima pietra e tanto di fanfara elettorale. La prima volta è venuto anche Chiaravalloti con la pala.

Devo dire che il progetto Biofata aveva un sostegno bipartisan, poiché se ne interessavano politici di tutti i partiti. Finito il periodo concesso per il completamento dell'investimento il CIPE si è trovato a dover decidere cosa fare dei fondi messi a disposizione, in un momento di grave crisi di liquidità. Restava da stabilire cosa fare di quanto realizzato. Di strutture fisiche non è rimasto in piedi niente, perché non è stato fatto assolutamente niente. C'era il problema di queste spese per 20 milioni di euro di cui nessuno vuole occuparsi.

Ora che il programma è fallito, cosa succederà a quei terreni?

Cosa fa Lameziaeuropa? Attiva il contratto di retrocessione, come era obbligata a fare, per riprendersi i terreni dati alla Biofata. A luglio scorso pubblica un comunicato con il quale esalta un atto amministrativo di una normale società per azioni privata che può essere così riassunta. Al fine di evitare la lite, siamo arrivati alla decisione di regalare un terreno di 50 ettari per evitare liti e contenziosi sul nostro diritto di retrocessione. La legge punisce le liti temerarie, qui si è in presenza di una transazione preventiva. Inoltre si stabilisce di dare la facoltà alla Biofata di ricomprare i terreni che aveva in fitto. Da cittadino mi chiedo come si giustifica un gentile cadeau di 50 ettari acquistati con i soldi dei contribuenti, poiché la Lameziaeuropa è una società pubblica. Credo semmai che bisognerebbe chiedere ragione di quelle spese non giustificate e quali sono stati i motivi ostativi alla realizzazione del progetto che rischia di far perdere una ulteriore occasione di sviluppo a Lamezia.

La cosa più assurda è che il prezzo di acquisto di questi terreni fronte mare viene già fissato a prezzo agricolo. Su questi è stato già preparato un progetto di megavillaggio turistico-alberghiero. Il consiglio amministrazione della Lameziaeuropa ed il consiglio direttivo del nucleo industriale sono chiamati ad approvare e inoltrare al comune di Lamezia per le relative approvazioni urbanistiche, una variante del PRG per renderli edificabili.

Esistono imprenditori talmente bravi che comprando terreni agricoli da un ente pubblico nell'arco di poche settimane avranno il cambiamento della destinazione urbanistica e lo avranno edificabile per realizzare un complesso turistico alberghiero. Non voglio giudicare se tutto questo ha degli aspetti censurabili sotto il profilo legale, ma sicuramente questo significa che quello che ancora una volta Lamezia perde i fondi per lo sviluppo e la ricerca. Dei 40 miliardi spesi per l'innovazione bisognerebbe chiedere conto alla Biofata e costringerla a restituirli piuttosto che concedere ulteriori benefici.

Vogliamo chiarire chi è Biofata, giuridicamente?

E' una società per azioni che ha sede a Catanzaro e il cui presidente è Giuseppe Speziali, dove vi sono anche Noto e Luigi Mazzei.

Chi ha presentato il progetto di Villaggio Turistico?

La società è la stessa Biofata, i riferimenti azionari vanno cercati nella confindustria di Catanzaro. Sono poche persone, i tre che ho indicato più, forse, qualche altro con quote minoritarie.

Vogliamo chiarire come sono stati spesi i 20 milioni?

In attività immateriali, consulenze, ricerche, studi, progetti, viaggi, trasferte. Credo che Biofata non abbia mai rendicontato come abbia speso questa somma, qualche progetto potrebbe anche esservi, ma nessuno lo ha mai visto.


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Ultimo aggiornamento del 11/28/2008 17:23:22