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Che ne facciamo di un IPA?

di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno VIII num. 49 del 5/12/2009)


Rende, 4 dicembre 2009


IPA e UFO sono due oggetti sconosciuti. Dei primi si è discusso in un convegno a Spezzano con l'intento di rilanciarne l'attività. Un'azione delicata tra la tagliola della Gelmini e la ghigliottina di Tremonti che falcidie le entrate degli enti. Una partita tutta da giocare.

Fa un po' impressione leggere la lettera aperta che Pier Luigi Celli ha scritto al figlio neolaureato. Un esplicito invito alla fuga all'estero da parte di un rappresentante della nomenklatura nazionale, tanto culturale che economica. Dall'alto del suo ruolo di direttore generale della Luiss di Roma, non si trova certo nelle condizioni di non arrivare alla fine del mese. Il suo curriculum disponibile on line, con tutti gli incarichi e ammennicoli vari, non dovrebbe consentirgli di sbarcare solo il lunario, ma vivere nell'agiatezza. Benedetta Tobagi, figlia del giornalista Walter Tobagi, ucciso nel 1980 da un gruppo terroristico di sinistra, osserva che è un comportamento inappropriato poiché un padre dovrebbe dire “parole che insegnino al figlio il coraggio e l'ostinazione dell'impegno, anche se le circostanze ambientali sono le più scoraggianti”.

Convegno Spezzano Tavolo presidenzaE' proprio un ardito volo pindarico saltare da un dibattito così elevato ad un convegno sul rilancio dell'IPA di Spezzano Albanese. Un istituto piccolo che rischia di sparire per mancanza di alunni. Un edificio carente, senza un valido supporto di laboratori, una vita didattica stentata.

Gli inizi dell'anno scolastico è stato tormentato. Erano state autorizzate solo tre classi su cinque, un unico corso monco e senza futuro. Con un moto spontaneo vi stata la mobilitazione delle famiglie, alle quali si sono associati i sindaci di Spezzano Albanese, San Lorenzo del Vallo e Terranova da Sibari.

Il rischio di essere stritolato dall'ingranaggio Gelmini è tutt'altro che scongiurato, anche se per il momento la protesta ha portato ad una mezza vittoria. La prima classe è stata autorizzata con oneri a carico del ministero, mentre per la terza si deve procedere con autofinanziamento. Il classico espediente all'italiana: arrangiatevi.

La vera domanda che resta sospesa nell'aria è: ha ancora senso un istituto professionale per l'agricoltura oggi? Ieri ogni metro quadrato di terreno era stato dissodato, strappato alla macchia e alla foresta. Oggi gran parte della collina è incolto, abbandonata. Una condizione che provoca frequenti disastri per la mancanza di qualsiasi opera di manutenzione e la difficoltà di un processo spontaneo di rinaturalizzazione. La progressiva corrosione dello strato di humus ha impoverito la terra. Di conseguenza, senza un intervento diretto dell'uomo, il terreno si mostra nudo all'intemperie e soggetto a fenomeni di corrosione e di instabilità: frane, smottamenti, dilavamento. Un disastro senza fine, che si aggiunge al dramma della disoccupazione, conseguenza della incapacità di gestire le risorse esistenti. Agricoltura e turismo sono i settori ritenuti trainanti e strategici, in tutti i documenti di programmazione regionale: un'infinita serie di bla, bla, bla che segnano l'incapacità di una concreta azione di coordinamento, di definizione di strategie. Fin qui l'unico strumento di intervento è stata la distribuzione a pioggia di contributi, dosati con la sapienza clientelare finalizzata all'ottimizzazione del risultato elettorale. Quale magnanimità nella distribuzione dei fondi pubblici. Un compito non solamente benefico se dobbiamo credere alla sapienza contadina: chini sparti avi la megghiu parti. Una cattiveria andreottiana che non trova conferma nei fatti.

Cosa fare di un istituto che si occupa di agricoltura in una terra dove il migrare è un'abitudine, un costume entrato nella quotidianità, una transumanza periodica che ha svuotato paesi e città, ha portato i nostri migliori cervelli in ogni angolo del mondo?

“Quello che puoi vedere è una società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l'affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza”, scrive Celli. E la Calabria allora?

Che pensare allora di un testardo come Antonio Scalcione, dirigente scolastico che in uno sperduto paesino della Calabria, che pensa addirittura di voler cavare dall'IPA un futuro per questi giovani nati disoccupati cronici?

Tutto il bene possibile, perché la fuga in “business class” potrà dare un radioso futuro ai figli privilegiati che hanno avuto la fortuna di frequentare le migliori scuole. Ma è una soluzione per pochi, per gli eletti. Tutti gli altri saranno emigranti, con tutte le incognite di un futuro incerto.

Qualche giorno fa, riuniti attorno ad un tavolo nell'aula magna del Liceo Bachelet si sono alternati a parlare, insieme al DS Antonio Scalcione, Pietro Tarasi in rappresentanza della Coldiretti, l'Assessore Provinciale alla cultura Pietro Ruffolo, l'assessore regionale allo sviluppo economico Damiano Guagliardi, Carolina Luzzi del Comune di Spezzano Albanese, Paolo Dodaro dell'Assessorato all'Agricoltura della Regione.

Antonio Scalcione nel suo pistolotto introduttivo ha illustrato i suoi obiettivi, ha incalzato i rappresentanti degli enti a sostenere questo sforzo di trasformare l'istituto in un ente di formazione, un centro di innovazione agro-alimentare, un punto di diffusione delle tecniche colturali sul territorio. In poche parole estrarre dal corpo esangue dell'IPA, un centro di eccellenza per la ricerca e la sperimentazione agricola, un laboratorio che riesca a creare tecnici in grado di affrontare le sfide che la nuova agricoltura pone di fronte a noi. Nell'intervista che ha rilasciato le sue intenzioni. E' lo sforzo di barcamenarsi tra Scilla e Cariddi, la decurtazione dei fondi e la necessità di adeguarsi alle nuove normative della riforma scolastica. Senza uno sforzo corale delle istituzioni locali non è possibile attuare il progetto ambizioso di trasformare gli IPA nello strumento privilegiato di formazione delle professionalità agricole, con corsi destinati agli imprenditori ed agli addetti agricoli chiamati a tradurre in pratica le conoscenze acquisite. La scarsa disponibilità di fondi e la frammentazione delle competenze impone di unire gli sforzi in un progetto comune, che coinvolga anche le associazioni e gli imprenditori.

Pietro Tarasi ha illustrato il lungo cammino di un chicco di grano deve compiere per arrivare sulle nostre tavole sotto forma di pane, le nuove sfide per combattere la fame, la diffusione delle biotecnologie. Abbiamo bisogno nuovamente dell'agricoltura, di un'agricoltura biologica, naturale che ci aiuti a combattere il degrado ambientale e fornisca cibo in sufficienza per evitare il ritorno alle carestie ricorrenti.

Avevamo dimenticato il ruolo strategico del settore un tempo primario, ma diventato progressivamente marginale, residuale. Ne riscopriamo oggi il suo ruolo fondamentale, per difendere la terra e sostenere l'uomo.

Pietro Molinaro, presidente regionale della Coldiretti, interviene nel dibattito con il peso della sua organizzazione che ha avuto un ruolo strategico nella gestione della riforma agraria. Entrata in crisi, ha riacquistato anch'essa una nuova centralità.

Tutti gli intervenuti si sono dimostrati interessati al progetto, hanno mostrato simpatia e promesso sostegno all'iniziativa.

Pietro Ruffolo lo ribadisce nell'intervista rilasciata. L'assessore Guagliardi ha ribadito più volte che gli istituti professionali per l'agricoltura non sono figli di un dio minore. In questo momento vivono un momento di rilancio e meritano attenzione, poiché sono anche sinergici ad un rilancio turistico.

Più che di un convegno, è andata in onda una sfida. In molti hanno raccolto il guanto. Per i risultati occorrerà attendere.


Vogliamo vincere la sfida e creare un futuro all'IPA. Intervista ad Antonio Scalcione, Dirigente Scolastico dell'Istituto di Istruzione Sup. Liceo Sc. “V.Bachelet” e IPA di Spezzano Albanese

La riforma falcidia le entrate ed obbliga da una razionalizzazione dell'attività. Un rischio per le scuole del Sud. Ma la maggiore autonomia potrebbe rappresentare una opportunità per il rilancio. Per gli IPA, ad esempio ….

Con l'approvazione del regolamento in attuazione del piano programmatico previsto dalla legge 133 dell'agosto del 2008, dopo circa 60 anni si procede ad una vera e propria rivoluzione nel sistema di istruzione professionale. Come giudica nel complesso la riforma?

La bozza di regolamento degli istituti professionali. mi sembra, confermi l'ispirazione di fondo dell'intera riforma della istruzione secondaria superiore: adeguare la scuola alle esigenze di una società profondamente cambiata negli ultimi decenni. Dunque sul piano generale condivido pienamente questa impostazione. Sul piano concreto, specialmente per l'istruzione professionale, la bontà della riforma dipenderà molto dalla definizione degli ambiti di flessibilità riconosciuti alle singole istituzioni scolastiche perché è su quel piano che si giocherà la capacità della singola scuola di costruire percorsi di formazione coerenti con le vocazioni significative del territorio.

Una delle critiche più feroci rivolte dai sindacati della scuola è il sospetto che l'obiettivo principale della riforma è quella di una riduzione del numero di ore di insegnamento ed una decurtazione delle cattedre. Ritiene che il nuovo ordinamento possa migliorare la qualità della formazione?

I sindacati anche in questa occasione continuano a fare il loro mestiere, purtroppo alla vecchia maniera. Il problema, per onestà intellettuale dobbiamo riconoscere, non è quante ore si sta a scuola ma cosa si insegna e come si insegna. La qualità della scuola non dipende dal monte ore settimanali.

Antonio Scalcione

A seguito del dimensionamento, lei ha avuto in eredità un IPA, crede che la coesistenza tra un liceo, d'impostazione umanistico-scientifico, con un istituto professionale sia una scelta logica, o obbligata da vincoli di bilancio?

Non credo che la gestione insieme di un liceo e di un istituto professionale ponga particolari problemi di ordine amministrativo e didattico purché si abbia chiaro il quadro degli obiettivi specifici che i due indirizzi istituzionalmente presentano. Dirò di più: la gestione unitaria dei due tipi di istituto consente di elaborare una offerta formativa sul territorio rispondente a diverse esigenze dell'utenza e del contesto socio-economico nel quale si opera. Una buona programmazione dell'offerta formativa complessiva consente, infatti, di porre in essere una valida strategia volta a prevenire anche fenomeni di dispersione e di abbandono scolastico da parte dei giovani più svantaggiati.

Il regolamento introduce maggiori spazi di autonomia, con aumento delle quote di flessibilità riservate alle istituzioni scolastiche. Come ritiene si possa utilizzare questa opportunità per rilanciare l'attività dell'IPA?

Per il rilancio dell'IPA credo che gli spazi di flessibilità riconosciuti nella riforma alle singole scuole diventano gli elementi cruciali sui quali costruire in concreto una offerta formativa in grado di coniugare bene l'obiettivo di una solida preparazione generale fondata sulle competenze strategiche oggi richieste dalla moderna società con l'obiettivo di una preparazione specifica nel settore di riferimento tenendo conto sia della dinamica evolutiva dell'agricoltura in generale sia e soprattutto delle dinamiche di sviluppo del settore agricolo nel contesto specifico della piana di Sibari- Valle dell'Esaro- Valle del Crati. Da questo punto di vista diventa importante la collaborazione con le aziende del territorio ma anche con le organizzazioni che operano nel settore. Da questo punto di vista il comitato tecnico-scientifico dovrà svolgere una importante opera proprio nella definizione della quota di flessibilità.

Tra le tante novità vi è la possibilità di introdurre nuovi modelli organizzativi per sostenere il ruolo delle scuole come centri di innovazione, la costituzione di Dipartimenti, l'istituzione di un Comitato tecnico-scientifico. Crede che in questa realtà sia possibile attuare questo modello?

Sono fermamente convinto che un istituto come l'IPA debba rappresentare un punto di riferimento sicuro per l'innovazione e lo sviluppo del mondo rurale sul territorio e questo può avvenire solo se si ha l'intelligenza di uscire dall'autoreferenzialità alla quale la scuola in generale è stata condannata negli ultimi decenni. In questo senso dovrebbe anche essere un centro di servizi per gli agricoltori. E' questo un ruolo tutto da ricostruire, ne sono consapevole, ma è un ruolo nel quale credo profondamente.

Paolo Dodaro

Vi è la possibilità di utilizzare esperti esterni per lo sviluppo di metodologie innovative con l'utilizzo diffuso dei laboratori. L'IPA ha le strutture idonee per tali fini?

R - L'innovazione passa anche e soprattutto attraverso la proficua collaborazione con esperti del mondo della produzione e delle professioni. Oggi, nello stato di abbandono in cui abbiamo trovato l'IPA, non esistono le attrezzature e le tecnologie idonee per la realizzazione delle strategie necessarie. Sono convinto però che se il progetto di scuola che abbiamo in animo di realizzare risulterà convincente, coerente e fattibile, tutte le istituzioni interessate non faranno venir meno il loro contributo e ci supporteranno in questo processo di ricostruzione di una scuola utile a chi la frequenta ed alla intera comunità nella quale opera. Noi riteniamo che Provincia e Regione possano svolgere un ruolo importante per il rilancio di questi istituti e in particolare per quegli professionali per l'agricoltura che negli ultimi decenni sono stati molto trascurati. L'evoluzione dell'economia mondiale ha restituito alla agricoltura il suo ruolo strategico e vi è una sentita esigenza di creare dei bravi tecnici che possano approfittare della rivoluzione tecnologia che ha investito anche questo settore. Abbiamo trovato nell'assessore provinciale Pietro Ruffolo e nell'assessore regionale Guagliardi una grande sensibilità e l'impegno di voler sostenere il nostro sforzo di rilancio di questo istituto.

L'ultimo aspetto interessante è il richiamo ad un raccordo più stretto con il mondo del lavoro e delle professioni. In che modo intende attuarlo?

Il fatto che ci troviamo a progettare un percorso di recupero del ruolo di un istituto come l'IPA nella comunità e sul territorio in un momento che coincide anche con l'avvio della riforma della scuola superiore è, e deve essere, un'opportunità. Si tratta di attivare subito un confronto fruttuoso con tutti gli attori del sistema presenti sul territorio: Comuni, Provincia, Associazioni di categoria, associazioni imprenditoriali, aziende all'avanguardia delle innovazioni, centri di ricerca operanti nel settore. Nella prima fase si tratta di definire, sulla base delle esperienze maturate, delle dinamiche di sviluppo, delle esigenze formative rilevabili sul territorio, un quadro chiaro in ordine alla definizione di un curricolo formativo opportunamente curvato sulle specifiche esigenze con le opportunità offerte dalla riconosciuta flessibilità. Si tratta, poi, di costruire insieme a tutti i soggetti interessati strumenti operativi come il comitato tecnico-scientifico in grado di funzionare da spinta propulsiva nella direzione della innovazione e della ricerca in una visione dinamica e non statica del ruolo della scuola in generale e dell'IPA in particolare nel settore dell'agricoltura e dello sviluppo rurale. A tal proposito la Coldiretti ha manifestato grande entusiasmo nel sostenere la nostra causa.

La Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2008 prevede l'istituzione del Quadro europeo delle qualifiche (EQF), ai fini della mobilità delle persone sul territorio dell'Unione europea. Siamo pronti per un simile salto di qualità?

Nonostante tutto credo proprio di si. L'orientamento della didattica verso la dimensione delle competenze fa parte ormai di un atteggiamento diffuso e consapevole nella maggior parte dei docenti, così come la consapevolezza di essere chiamati a formare giovani che sempre più saranno chiamati a interagire e competere con altre realtà e culture. Il quadro Europeo delle Qualifiche rappresenta un efficace orizzonte comune all'interno del quale comparare e riconoscere esperienze formative maturate in diversi contesti nazionali.

La legge costituzionale n. 3 del 2001 aveva attribuito alle Regioni, la competenza esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale. C'è voluto un nuovo intervento legislativo per riordinare la materia. Cosa dovrebbe fare la Regione Calabria per rendere gli istituti professionali maggiormente rispondenti alla situazione economico-sociale?

Le regioni, titolari di competenza esclusiva in materia di istruzione professionale, dovrebbero costruire un quadro chiaro di qualifiche professionali ritenute funzionale alle esigenze di sviluppo della regione nelle sue articolazioni per macroaree onde consentire agli istituti professionali di svolgere con efficacia in linea di sussidiarietà il ruolo di erogatori di un servizio di istruzione orientato anche alla acquisizione di una qualifica professionale tra quelle definite dalla regione. Un impegno chiaro in questa direzione potrebbe significare finalmente la messa a regime di un sistema integrato liberato da sovrapposizioni e orientato in maniera virtuosa a favorire lo sviluppo complessivo della realtà calabrese.


La Provincia ha la scuola nel cuore. Intervista a Pietro Ruffolo, assessore provinciale alla cultura ed alla edilizia scolastica della Provincia di Cosenza

L'Amministrazione provinciale di Cosenza ha una grande attenzione per la scuola. Lo afferma Pietro Ruffolo, assessore da pochi mesi, ma già entrato nel ruolo. Previsto un piano di investimenti di 42 milioni di euro di investimenti in edilizia scolastica nel corso di questa legislatura.

La riforma Gemini costituisce una vera rivoluzione nella scuola. Quali sono gli effetti sul territorio in una provincia così vasta e complessa come quella cosentina? Vi è necessità di rivedere la politica dell'edilizia scolastica per effetto della riduzione del numero delle cattedre?

R - La riforma, che io chiamo Gelmini-Tremonti, poiché nasce dall'esigenza di voler tagliare otto miliardi di euro alla scuola. Alla base vi è una preoccupazione ragioneristica piuttosto che un interesse a intervenire per eliminare i tanti nodi che impediscono alla scuola italiana di essere competitiva in Europa. Sono stati i numeri puri e crudi ad imporre il dimensionamento scolastico. Non possiamo accettare che un taglio indiscriminato senza alcuna valutazione del possibile impatto che potranno avere nelle varie realtà non può essere spacciato per riforma. Penso soprattutto all'aspetto territoriale. Non si possono adottare criteri uguali sul tutto il territorio nazionale che presentano grandi disparità orografiche ed ambientali, e soprattutto uno sviluppo economico-sociale molto diseguale. Non si può paragonare la realtà della Calabria, della Provincia di Cosenza, con le ricche province del Nord.

Vi è tuttavia una esigenza una esigenza di adeguare gli istituti ai reali fabbisogni formativi. Abbiamo molti edifici fatiscenti che richiedono un adeguamento per garantire la sicurezza. Senza una razionalizzazione mancano le risorse necessarie per questi investimenti.

R - Questo è un aspetto certamente da tenere nella massima considerazione. Com'è noto la provincia ha competenza sull'edilizia scolastica degli istituti superiori. Devo dire che la provincia di Mario Oliverio è diversa e migliore della provincia di qualche decennio fa, quando non si faceva alcun investimento sulla scuola. Un gran numero delle scuole operava in strutture presi in locazione. Edifici che non erano stati concepiti per ospitare delle scuole, malamente adattati a questo scopo e presentavano numerose carenze. A partire dal 2005, si è proceduto alla costruzione di tanti nuovi istituti superiori. Oggi la provincia è proprietaria di 101 strutture scolastiche e solo 33 in fitto. Abbiamo programmato di azzerare i canoni di locazione che costituivano uno dei capitali più onerosi del bilancio per delle soluzioni comunque precarie ed inadeguate. Molti sono gli edifici in costruzione ed alcuni già in collaudo che saranno consegnati all'inizio del nuovo anno subito dopo la pausa natalizia.

Pietro Ruffolo e Antonio Scalcione

Può fare qualche esempio di strutture scolastiche in costruzione? Avete tenuto conto che la riduzione del numero di alunni e gli effetti della Gelmini potrebbero comportare al chiusura di qualche istituto?

R - Voglio ricordare in primo luogo il polo scolastico di Castrolibero, costato alla Provincia 8milioni di euro, il polo scolastico di Roggiano Gravia, costato due milioni e seicentomila euro, e soprattutto quello di Amantea un investimento di 11milioni di euro. Stiamo parlando di interventi di eccellenza. Stiamo lavorando per consegnare non dei locali vuoti, ma delle strutture attrezzate di laboratori a partire da quelli musicali, e di palestre. Qualche giorno fa, ad esempio, al Museo del Presente di Rende si è tenuta una bella manifestazione del Laboratorio musicale del Liceo Classico “Gioacchino da Fiore”. Abbiamo in programma venti nuove strutture scolastiche per un importo di 42milioni e ottocentomila euro, e 21 palestre per 10milioni e settecentomila euro. Uno sforzo notevole per la Provincia.

Questo programma di investimenti è totalmente finanziato con fondi di bilancio o avete usufruito di una qualche forma di sovvenzione?

R - Una parte proviene dalla Regione Calabria e dai Fondi POR per un importo di 6milioni e cinquecentomila euro. La tanto bistrattata Regione Calabria per una volta si è dimostrata più efficiente delle altre con l'approvazione di un APQ (Accordo di Programma Quadro) Istruzione che ha consentito di poter utilizzare i fondi europei per il miglioramento del nostro sistema scolastico: Vorrei sottolineare è che questo è il frutto della lungimiranza e della capacità amministrativa dell'allora Assessore alla Cultura, l'on. Sandro Principe, che ha dotato la regione di questo strumento. Abbiamo già appaltato alcune strutture, come quelle di Mirto e Rossano, il Liceo classico di Castrovillari e stiamo appaltando il Liceo artistico di Cetraro. Per altre abbiamo emanato il bando di gara e non sto qui a sciorinare un noioso elenco.

Indubbiamente si tratta di uno sforzo notevole, ma non vi sono edifici fatiscenti che richiedono una messa in sicurezza?

R - Possiamo garantire che nel complesso il nostro sistema scolastico presenta una condizione più che soddisfacente. Dalla Regione Calabria sono arrivati un milione e ottocentomila euro per adeguare alcune strutture che presentano qualche problematicità e richiedono un adeguamento sismico ed abbattimento di barriere architettoniche. Vi è una grande attenzione della provincia nei confronti della scuola. Cerchiamo di muoverci su due fronti, da un lato adeguare gli edifici esistenti e dall'altro costruirne nuovi con tutti i più moderni requisiti.

C'è qualche studio o rilevazione per individuare gli edifici che potrebbero presentare dei rischi?

R - La Provincia ha speso negli anni passati cinquecentomila euro per testare gli istituti non con il martelletto, ma per prove sismiche e di carico per verificare la tenuta degli edifici. Alcuni istituti sono vecchi, vecchissimi e non rispondono alle odierne esigenze didattiche, ma per quanto riguarda la sicurezza, i nostri ragazzi ed i loro genitori possono stare tranquilli, perché non vi sono situazioni che presentano condizioni di rischio e noi monitoriamo costantemente.

Si ha l'impressione che gli istituti professionali siano considerati i parenti poveri, e non c'è la stessa attenzione nei loro confronti.

R - Per quanto riguarda la Provincia di Cosenza, non vi sono istituti di serie A e istituti di serie B. L'interesse e l'impegno dell'Amministrazione, del presidente e della giunta è identico, se non maggiore. Infatti, stiamo costruendo in proporzione più istituti professionali rispetto agli altri tipi di istituto. Certo, gli istituti professionali agrari che pure hanno avuto un ruolo in passato, oggi vivono un momento di difficoltà poiché l'agricoltura si è molto ridimensionata.

Qualche giorno fa si è avuto un incontro al Liceo Scientifico Bachelet di Spezzano Albanese per il rilancio dell'IPA che è stato associato a partire da questo anno. Tanto l'edificio che il terreno circostante presentano un evidente stato di degrado, sembra sia stato abbandonato da Dio e … dalla provincia.

R - Non l'abbiamo abbandonata e ci impegniamo a rilanciare l'Istituto. Apprezziamo il dinamismo del preside Antonio Scalcione, lasciatemi chiamarlo con il vecchio nome a cui sono affezionato, e ne sosterremo gli sforzi per il rilancio. Già nel passato la provincia ha mostrato la sua concreta volontà di intervento nella zona. Nel 2005 è stato consegnato il nuovo liceo, ed abbiamo già appaltato la nuova palestra per 500mila euro, che sarà al servizio anche dell'IPA. L'agricoltura vive un momento di grande fermento e sono convinto che abbiamo bisogno di nuove figure di imprenditori e di esperti agricoli. L'IPA agisce in un territorio dalla grande potenzialità di sviluppo e merita un'attenzione particolare e certamente la Provincia farà quanto di sua competenza.

Il territorio provinciale è vasto e aspro e questo determina un alto tasso di dispersione scolastica che interessa soprattutto le zone periferiche. Noi abbiamo istituito l'Osservatorio scolastico provinciale che verrà presentato nel Salone degli Specchi della Provincia il 16 di questo mese, insieme all'Università della Calabria. Il fenomeno si presenta maggiormente nei comuni montani e collinari e noi abbiamo il dovere di intervenire. L'agricoltura può diventare una concreta risposta occupazionale e la formazione dei tecnici necessari, una occasione di rilancio per questi istituti fin qui ingiustamente bistrattati.

In agricoltura è necessario un ricambio generazionale. Intervista a Pietro Molinaro, Presidente regionale della Coldiretti

Bisogna investire sui giovani con la pianificazione di una filiera della formazione per la creazione di uno spirito imprenditoriale

La riforma Gelmini, prevede una profonda modifica degli istituti professionali. Tra questi vi sono gli IPA, diventati dei veri e propri istituti residuali, senza alcuna funzione. Ha ancora senso parlare di punti di formazione specifici per l'agricoltura?

Una agricoltura che cambia, ha bisogno di spazi di formazione. Oserei dire che essi, sono vitali. Certamente, devono saper leggere introducendole, le novità, attuando e avviando, una offerta didattica e piani di studio all'altezza della situazione, che sappia guardare ad una serie di norme che provengono dal versante Europeo, e che sono poi attuate dalle Regioni. Abbiamo bisogno come il pane di giovani preparati, dinamici, intraprendenti che sappiano, coniugare il grado di preparazione con l'attenzione al territorio, alle esigenze delle imprese agricole ed agroalimentari.

La Coldiretti ha una lunga storia, ma raramente si è occupata degli IPA, a che è dovuta questa disattenzione?

Molti dei nostri dirigenti e imprenditori, mi si passi il termine, provengono a livello di scuola superiore, dalle “fila formative” degli Istituti per l'Agricoltura. Negli anni, hanno assolto ad un compito fondamentale, quello di accompagnare un certo tipo di agricoltura; oggi, siamo in presenza di una agricoltura rigenerata, multifunzionale, attenta al mercato. Non mi voglio però sottrarre alla domanda. La Coldiretti, in presenza di una disattenzione didattica e progettuale, ha preferito dotarsi di strutture ed Enti che rispondessero ad esigenze formative sia per gli imprenditori che per i propri dirigenti. Ne cito l'ultima: l'iniziativa Rigener@ in Calabria ha coinvolto 700 imprenditori, e si è basata su una offerta formativa che ha coniugato fase gestionale e tecnica, con una attenzione evidentemente ad una progettualità molto spinta che la Coldiretti sta portando avanti, in particolare sulla costruzione di una filiera agricola tutta italiana firmata dagli agricoltori. Abbiamo firmato con la Regione Calabria Assessorato Istruzione Università, un protocollo d'intesa che prevede la valorizzazione degli IPA per una serie di progettualità che faremo. Credo che possa essere una ottima palestra per allenarci a gestire il futuro.

Pietro Molinaro

Una delle cause della decadenza di questi istituti è la ripartizione nelle competenze. Con la riforma del titolo V della Costituzione dovrebbero essere le Regioni ad occuparsene, ma nessuno sembra di essersi accorto di questa opportunità. Non sarebbe il caso di pianificare una filiera della formazione agricola? E' il settore economico con il maggior tasso di senilità, il ricambio è necessario e va programmato…

La scuola in generale, ha carenza di risorse, e certamente, farsi carico di impegni economici, diventa gravoso. In genere, il titolo V della Costituzione, dove prevede una legislazione concorrente, le cose sono rimaste invariate. La pianificazione di una filiera della formazione, è nelle nostre corde sia nel senso di contribuire al ricambio generazionale sia per cambiare l'approccio alla gestione dell'impresa. Va da sé, che il ricambio generazionale, necessita di essere accompagnato con una legislazione coerente. I bandi del PSR hanno avuto un grande successo tra i giovani, che in numero notevole hanno aderito. Certamente però fare impresa non è per tutti.

Uno degli obiettivi della riforma è quello di fare acquisire ai giovani i saperi e le competenze necessarie per assumere ruoli tecnici operativi. Quali sono a suo parere gli strumenti idonei per realizzare tale obiettivo? Non sarebbe necessario una collaborazione con le associazioni agricole e con gli imprenditori locali?

La collaborazione è fondamentale. Ho la presunzione di dire che noi sappiamo quali sono le esigenze e le necessità delle imprese. Qualificazione della gestione economica e finanziaria di una cooperativa oggi è una esigenza che avvertiamo. Non siamo più in presenza di una richiesta di assistenza generalista bensì specialistica. Oggi vi è bisogno di profili professionali di alto livello.

Non ci troviamo più davanti ad una agricoltura dei vinti, ma dinamica, perché è la prima generatrice di economia reale. Parlare poi di agricoltura significa anche ambiente, alimentazione, tutela del paesaggio. Come può facilmente capire, l'agricoltura può esercitare, anzi esercita un grosso “appeal” nei confronti dei giovani: qui sta il futuro dell'agricoltura.

La riforma pone grande enfasi sulla ricerca, e sull'utilizzo dei laboratori, non potrebbe essere l'occasione per creare una sinergia con il mondo agricolo e mettere queste strutture al servizio delle imprese per la diffusione dei saperi tra gli imprenditori?

La ricerca, mi permetta, quella vera, e l'utilizzo di laboratori, non è sufficiente a creare sinergie. Può essere un punto di partenza, questo si, ma deve avere un impatto immediato, visibile e tangibile. Troppe risorse sono state dilapidate partendo con l'enfasi della ricerca, per poi miseramente naufragare.

L'agricoltura si è internazionalizzata e l'Europa auspica la costituzione del Quadro europeo delle qualifiche (EQF), ai fini della mobilità delle persone sul territorio dell'Unione. Non ritiene che le associazioni di categorie debbano impegnarsi a realizzare un obiettivo così ambizioso?

Gli impegni sono tanti, e noi guardiamo con interesse all'Europa e alle sollecitazioni che da essa provengono. La mobilità culturale è sicuramente un fatto che può arricchirci, perché per le qualifiche in agricoltura da parte nostra, sono la testimonianza di un sistema agricolo ed agroalimentare che è unico e credo irripetibile. Insomma la mobilità delle qualifiche, ci aiuta ad essere ambasciatori in modo positivo del nostro ricco patrimonio fatto da prodotti tipici, e a marchio con l'indicazione di origine: quale migliore occasione per fare anche marketing.

Le associazioni agricole e le scuole agrarie hanno fin qui viaggiato separatamente, oggi la stessa riforma richiede di raccordarsi organicamente con il sistema di istruzione e formazione professionale, dì competenza delle Regioni. La Coldiretti è pronta per un simile salto di qualità?;

Siamo pronti e accogliamo gli elementi introdotti dalla riforma come una sfida. Da tempo a dire la verità, intratteniamo proficui rapporti con gli Istituti Agrari in tutte le province. Da parte dei presidi oggi dirigenti, abbiamo ricevuto sempre attenzione ed insieme abbiamo fatto diverse iniziative. Siamo pronti a raccordarci con il sistema formazione. Sappiamo e siamo convinti che possiamo dare un contributo notevole, introducendo elementi di novità e mantenendo saldi gli IPA in quei territori che fino ad adesso comunque ne hanno giovato. Certamente, non vogliamo fare i ragionieri che devono fare i conti con il piano di razionalizzazione delle istituzioni scolastiche. Insomma, la nostra presenza, non dovrà servire solo a mettere un timbro o peggio a prendere atto della palude normativa ed avallare scelte che vengono compiute altrove. Mi piace parlare di rigenerazione degli IPA con moduli didattici che siano sempre più vicini alle esigenze delle imprese.

Sarebbe concepibile costituire un organismo pubblico privato per realizzare un nuovo modello organizzativo, con la creazione di centri di innovazione, la costituzione di Dipartimenti e l'istituzione di un Comitato tecnico-scientifico, come previsto dalla riforma?

Di organismi pubblico - privati ne siamo pieni e le esperienze fatte non ci confortano. Credo, come è poi nello stile degli imprenditori, che bisogna essere concreti. Quindi, non mi entusiasmano titoli e modalità organizzative altisonanti, che poi rimangono ingessati. Oggi i giovani, ma credo l'imprenditore anche avanti nell'età può trovare negli IPA non l'ultima scelta per prendersi un titolo, bensì un momento di sostegno alla propria attività.

C O P Y R I G H T


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Ultimo aggiornamento del 11/28/2008 17:23:22