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Il "Gioacchino da Fiore" si dà una rinfrescata

di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno VIII num. 9 del 27/02/2009)

Rende, 25 febbraio 2009

Lunedì e martedì grasso vi è un insolito fervore al Liceo Classico "Gioacchino da Fiore" di Rende. Gli studenti fanno "ammuina", corrono avanti e indietro armati di pennelli e rulli in un viavai incessante, con chiazze di colore dappertutto. Sono festosamente indaffarati a colorare le loro aule sotto l'occhio vigile dei loro docenti che li guardano con occhi sornionamente sorridenti. Si tratta di un'attività decisamente insolita per una scuola.

Cogliamo l'occasione per una conversazione con il dirigente, il "preside" Vincenzo Ferraro, con il quale però si finisce per parlare anche d'altro, o soprattutto di altro: del "suo" liceo che ha visto nascere ed ha fatto crescere in questi anni, di politica scolastica e delle difficoltà in cui si trova ad operare. Difficoltà logistiche e strutturali, difficoltà economiche ed organizzative, carenze che nel corso degli anni si è cercato di superare con la buona volontà e la dedizione degli insegnanti, spesso denigrati ma che affrontano grandi disagi per sopravvivere nel marasma di cambiamenti continui e si sacrificano per offrire una formazione scolastica ed un modello di vita ai giovani loro affidati.

Del liceo, dei suoi mille e passa studenti e dei docenti non se ne parla raramente, quasi fossero un corpo estraneo. Ma tra le sua mura si costruisce il futuro dei nostri figli.

Intervista a Vincenzo Ferraro

Il carnevale a scuola viene solitamente vissuto in maniera goliardica, facendo filone secondo una espressione studentesca. Al "Gioacchino da Fiore" l'avete trasformato in giornate di impegno manuale, un momento di lavoro "ricreativo" che unisce il piacere di una attività comune con la rigenerazione personalizzata del proprio ambiente di studio. Mi sembra una iniziativa apprezzabile vissuta con molto entusiasmo da parte degli studenti.
A fine quadrimestre, ogni anno organizziamo la settimana che chiamiamo Penelope, un nome un po' spiritoso che ha avuto fortuna, quasi a volere dire che come la famosa tela anche nella nostra attività quello che si fà di giorno si disfà di notte. I ragazzi sono molto affezionati a questa iniziativa, che segna una riflessione sul già fatto e nello stesso momento apre la scuola a dei momenti di novità e di creatività. Sono, infatti, previsti incontri con esperti esterni su varie tematiche di carattere sociale, culturale e artistico e offre inoltre momenti di socializzazione. Quest'anno molti di loro hanno manifestato il desiderio di utilizzare alcuni di quei giorni per realizzare dei murales concordati nei corridori, con una dimensione simbolico-artistica e riferimenti alla cultura o a Darwin. Alcune classi, deturpate dalla mania dei grafomani, hanno chiesto di poter pitturare le proprie aule. Ci è sembrata una buona idea e per questo ci siamo avvalsi della consulenza di un collaboratore scolastico esperto e con l'utilizzo di pittura ecologica. Questi ragazzi magari a casa non spostano neanche un bicchiere d'acqua, come dice qualche mamma, in due giorni hanno riportato le aule all'antico splendore per dirla un po' enfaticamente. È poi scattato l'effetto domino ed il numero è cresciuto notevolmente. Alcuni hanno chiesto di poter decorare le pareti con disegni o dipinti sempre comunque convergenti con la vivibilità dell'ambiente. Tutti i docenti si sono dichiarati d'accordo su questa iniziatica che considero una esperienza positiva sotto vari aspetti. Intanto se gli studenti si riappropriano del loro spazio murario vuol dire che lo sentono come qualcosa di proprio e questa sensibilità maturerà nei confronti della cosa pubblica e poi dà loro la misura della fatica necessaria per avere ambienti confortevoli.
La riscoperta della manualità, del sacrificio è una lezione di grande valore in una società che privilegia il frivolo e l'effimero.
In un primo momento ci eravamo posti il problema dei minorenni per una ragione di sicurezza, ma abbiamo subito colto il loro disappunto, il rammarico per non poter partecipare, lo stupore di non poter spostare un banco o imbrattare e imbrattarsi con la vernice. Devo dire che si sono rivelati soggetti splendidi: hanno seguito le regole e le indicazioni dell'esperto, non si sono registrati disordini ed il risultato lo definirei eccellente.
Il bricolage e l'entusiasmo dei ragazzi costituisce un arricchimento. Resta tuttavia il problema dell'idoneità dell'edificio e della sua manutenzione. In precedenza questa era la sede dell'ITC che è stato spostato in un nuovo edificio costruito appositamente. Ora che anche il liceo è cresciuto ritenete questa sia una sede idonea per le vostre attuali esigenze?
Siamo in sofferenza. È previsto e finanziato dalla Provincia la costruzione di un ulteriore blocco che unirà i due manufatti posti all'ingresso, i cui lavori dovrebbero iniziare la prossima estate. Con esso si vuole dare un amalgama all'edificio, costituito da corpi separati, migliorando tutto l'insieme. A giorni, inoltre, dovrebbero partire i lavori per la realizzazione della nuova recinzione anche per uniformarsi al decoro dell'intera area, dove vi è la Chiesa di San Carlo Borromeo ed è in costruzione il nuovo edificio comunale. Ma bisogna anche pensare al decoro di questa scuola, una delle maggiori della Provincia ed il più importante tra i licei classici.
Prof. Vincenzo Ferraro
Oggi contende il prestigio al vecchio Telesio dalle cui costole è nato.
È nato come una sua sezione staccata. Solo dal 2000 ha la sua autonomia e da allora ha registrato una costante crescita di iscrizioni. Il Telesio rappresenta la storia della città, il liceo per eccellenza dove abbiamo studiato tutti. Insieme ad una ottima classe di docenti e di personale amministrativo, qui nell'area urbana abbiamo costruito una struttura di cui andiamo orgogliosi. Tutti parlano di area urbana, noi abbiamo cercato di realizzarla nei fatti: questo non è solo il liceo di Rende. Vi sono moltissimi ragazzi provenienti da tutta la provincia, da Cosenza, da Montalto, da Castrolibero, Altomonte ed alcuni anche da Lungro, Bisignano, la Presila e così via.
Possiamo dire che è diventata la nuova scuola di prestigio del territorio, recuperando la primogenitura di Gioacchino da Fiore molto più antico di Bernardino Telesio ... Tra l'altro Gioacchino è diventato famoso perché è stato citato da Barack Obama nel suo discorso di insediamento.
L'intitolazione a Gioacchino è stata fortemente voluta: è un personaggio di grande spessore intellettuale, la cui opera però è patrimonio di pochi specialisti. In giro per la Calabria mancava una scuola di prestigio che richiamasse il nome di questo grande calabrese. L'idea è legata ad un mio incontro con lo scultore Edoardo Bruno a Santa Maria Novella a Firenze. Guardavamo i cerchi dell'Alberti e lui ha richiamato la mia attenzione sui cerchi di Gioacchino da Fiore da cui aveva tratto spunto e sulla grandezza di questo personaggio. Ha affascinato letterati ed artisti, persino Dante. Tutto il collegio dei docenti si dichiarò immediatamente d'accordo. La stessa amministrazione comunale rendese accolse l'idea in maniera entusiasta. Bisogna ricordare che è nato a Celico, è morto a Pietrafitta, ma San Giovanni in Fiore ne ha rivendicato le spoglie. Ha operato in tutta la Calabria: è attestata la sua presenza alla Sambucina di Luzzi ed anche a Rende.
Un aspetto interessante è l'essere riusciti a non pagare un tributo al campanilismo che è una delle nostre piaghe. Gioacchino non è rendese, ma la sua scuola più prestigiosa porta il suo nome. Può questo avere un senso metaforico, di una apertura della scuola alla cultura senza specificazioni territoriali?
Studenti del Liceo Gioacchino da Fiore
All'epoca avevamo due opzioni: ricorrere al letterato locale che magari aveva tenuto una lezione sui fichi secchi o scritto qualche sonetto sull'amore platonico o scegliere un grande tra i personaggi della cultura europea. Gioacchino vantava questi dati: era un calabrese e un filosofo riconosciuto in tutte le più prestigiose scuole europee. Il problema era di volare alto, cercare di affermare i grandi valori che deve avere una comunità, creare la sua agorà, la civiltà della discussione e del confronto.
Non sarebbe opportuno che il liceo organizzi una qualche forma di manifestazione legata al suo nome, un concorso letterario, un certamen. Vi sono prestigiosi istituti che studiano la sua opera, manca tuttavia una qualche forma divulgativa, di approccio "popolare" ... che coinvolga gli studenti per la riscoperta della sua figura, del periodo storico in cui ha vissuto.
Finora abbiamo fatto una opera di decorosa divulgazione. Quando c'è stata l'intitolazione della scuola abbiamo invitato il prof. Salvatore Oliverio, presidente del Centro Gioachimita, che ha tenuto una brillante relazione. Quando viene pubblicato qualche testo su Gioacchino invitiamo l'autore per presentare qui il proprio libro. Tuttavia, siamo stati un po' frenati dal fatto che il Centro Gioachimita è molto prestigioso, è alto. Ma lei ha colto che la loro grandezza genera una separatezza, una forma di timore riverenziale che impedisce una fruizione al grande pubblico. Ogni cinque anni curano edizioni critiche di opere di Gioacchino, mirabili per il rigore scientifico e la profondità delle analisi, ma che hanno una scarsa diffusione per il loro carattere di alta specializzazione.
Il tutto è confinato entro gli empirei accademici, lontano dal mondo dei ragazzi, estraneo alla società.
Dopo averlo fatto crescere nell'immaginario collettivo, forse è il caso di organizzare qualcosa di mirato di nobilmente divulgativo.
MuralesSi potrebbe riprendere la sua idea del cenacolo di studi, per qualche ricerca del movimento monastico, di cui si conosce abbastanza poco. Qui c'è una scarsa testimonianza della sua presenza, un quadro, una scultura ...
Alle sue spalle s'è una pittoscultura di Gioacchino, nel corridoio giù che porta all'entrata meno praticata della scuola c'è il "liber figurarum".
Possiamo dire che la sua scuola ha acquisito un elevato standing culturale, ma vi sono carenze legate alla scarsa funzionalità dell'edificio, come ad esempio la mancanza di una palestra. Vi sono carenze che impediscono la piena esplosione di questa carica creativa?
L'anomalia di questo liceo consiste nel fatto che la struttura che ci è stata data è inversamente proporzionale alla qualità del lavoro che facciamo. Non abbiamo una palestra, ma i docenti impegnano le strutture sportive delle vicinanza per aggregare i ragazzi e di mattina hanno iniziato questo bellissimo uso di tipo anglosassone; quando il tempo lo consente, anche se rigido come stamattina, utilizzano l'esterno. Non abbiamo una grande aula magna - sono disponibili sono 120 posti - che consenta delle iniziative prestigiose: sopperiamo con l'entusiasmo alle carenze. Quando abbiamo iniziato abbiamo trovato un laboratorio ormai fatiscente, una struttura in degrado, e ci siamo rimboccati le maniche. Con l'aiuto di docenti esperti in progetti europei siamo riusciti a dotare la scuola di un modernissimo laboratorio di informatica, abbiamo organizzato dei corsi di lingua e tantissimi altri progetti PON e POR che ci hanno portato alcuni anni fa a vincere il LABEL che ogni anno premia in Italia 15 scuole: un successo davvero notevole. Una nostra alunna ha vinto il certamen a livello europeo di Orazio. In nove anni non abbiamo costruito duecento anni di storia, ma abbiamo dimostrato che, se c'è impegno e passione, vi può essere una accelerazione della storia. Ci sono due tipi di calabresi, l'uno vede una trave in ogni più piccolo pelo, l'altro che cerca di sfondare il muro a spallate non arretrando di fronte a nulla. Non abbiamo la palestra, una sala proiezione, una aula magna? Cerchiamo soluzioni esterne, come un accordo con il Garden, ad esempio che ci consente di organizzare cineforum.
Una delle difficoltà di operare nel contesto a cui lei faceva riferimento sono i trasporti. L'area urbana non è ben collegata, non vi sono bus che garantiscono una facilità di raggiungimento della scuola. Ogni mattina centinaia di genitori sono costretti a fare le gimkane nel traffico e negli orari per accompagnare in loro figli e questi non trovano spazi di autonomia, ma sono costretti a subire il controllo asfissiante dei loro genitori. Lo stress è dei genitori, ma la città resta soffocata nel traffico. Avete posto il problema all'attenzione degli organi competenti?
Le autorità competenti continuano a studiare, ma gli effetti non si vedono. C'è gente che abita in questi nuovi quartieri ridenti e fuggitivi, ad un chilometro di distanza da qui. Quando viene ad iscrivere i propri figli chiede come essi potranno raggiungere la scuola in autonomia. Non possiamo che stringerci nelle spalle, perché non abbiamo purtroppo soluzioni da offrire. La città è cresciuta molto, ma il problema dei trasporti non è stato minimamente affrontato, non solo qui ma in tutta l'area urbana. Basta pensare alle difficoltà che incontra chi da Castrolibero deve raggiungere Quattromiglia con mezzi pubblici: deve sopportare una vera e propria odissea, indipendentemente dal liceo. L'unico percorso efficiente è quello base, canonico da Piazza Autolinee verso di noi. Tutte le altre intersezioni non sono servite e questo genera un eccesso di circolazione privata. I genitori fanno le loro valutazioni e scelgono la scuola sulla base di quella che pensano che sia la migliore soluzione per i loro figli e poi si sobbarcano a grandi disagi e sacrifici. Quando la mattina vedo tutti questi genitori affannarsi ad incastrare gli orari per garantire una istruzione ai propri figli mi sento un ulteriore carico di responsabilità. Siamo chiamati a rispondere con l'impegno a questo sacrificio, a questo spirito di dedizione che anima questi genitori.
Come vive da preside il turbinio di riforme della scuola. Quali saranno a suo avviso le possibili ripercussioni su di un istituto come il suo dei tagli paventati e come farvi fronte?
Ci saranno ripercussioni in tutti gli istituti. Dall'anno prossimo dovrebbero esserci molti cambiamenti: la riorganizzazione della scuola superiore, la riduzione di ore, cambiamenti di programmi. Con l'esperienza di molti decenni sono convinto che il concetto di licealità non può però essere sconfitto. Negli anni anche gli altri istituti hanno voluto chiamarsi licei. Ci si può chiedere a che cosa serve il liceo classico. Vi sono ancora molti insegnanti delle medie che sconsigliano il classico per l'inutilità dello studio del latino o del greco. Sono opinioni molto discutibili che non condividiamo in maniera assoluta. In questa crisi epocale, una crisi del capitalismo, i nostri figli sono sbandati e devono ritrovare un loro identità.
Non possono che rivolgersi alla storia, al proprio passato, agli ideali che ci hanno guidato nella costruzione della nostra civiltà.
È li che si trova il nostro tesoro, non dobbiamo rinunciare ai nostri valori, alla nostra cultura. Non dobbiamo imporla agli altri, ma dobbiamo essere orgogliosi del nostro inestimabile patrimonio di letteratura, di arte, di pittura. Dobbiamo riscoprire il nostro passato.
Lo stanno riscoprendo in America dove è diventato di moda lo studio dei classici, del latino e del greco.
Infatti sarebbe per noi mortificante dover rinunciare ad una nostra ricchezza.
Torniamo per un istante al problema dei progetti PON, POR e quant'altro. Vi sono scuole dove vi è una vera e propria orgia progettuale con proposte formative a volte molto discutibili, proprio mentre si lamenta una sempre maggiore disponibilità di risorse per le attività ordinarie. Non sarebbe il caso di ripensare l'intero sistema e distribuire a tutti gli istituti le risorse disponibili lasciando ai dirigenti la discrezionalità del loro uso?
Anche noi abbiamo fatto uso dei progetti, come ricordavo prima. Si tratta di procedure proprie che non sono inquadrabili nelle disponibilità di bilancio. Se però la barra è sempre il curriculare, che va sempre considerato prioritario, e non ci si lascia trascinare dall'ingordigia di rincorrere i soldi, allora ci si concentra sui progetti che sono necessari per l'attività didattica. Quest'anno abbiamo ritenuto di dover puntare sul laboratorio scientifico e abbiamo presentato solo questo progetto. Senza l'intervento dei fondi europei è impossibile reperire le decina di migliaia di euro necessarie. In questo senso è positivo perché la scuola viene a disporre di attrezzature necessarie. I progetti devono sempre mirare alla completezza del giovane.
L'anomalia consiste proprio in questa necessità di dover operare delle scelte tra opzioni obbligate, rinunciando magari ad attività o strumenti molto più utili e necessari. Non sarebbe più opportuno dire che quest'anno il Gioacchino da Fiore può disporre di 100.000 euro per investimenti che può destinare al rifacimento delle aule, o ad una caldaia nuova, o all'impianto di amplificazione dell'aula magna, per fare degli esempi. Può anche decidere di attrezzare un laboratorio scientifico, tuttavia.
Prima non si poteva fare niente perché non c'erano i fondi, oggi questi sono a destinazione obbligata, ma è comunque un passo avanti. Il sistema è questo e noi dobbiamo cercare di coglierne gli aspetti migliori.
Però il sistema viene accettato passivamente, quasi come se fosse un destino ineluttabile. Nessuno si pone il problema dell'ottimizzazione delle risorse.
Tutto è legato alla precarietà del sistema scolastico soggetto a sollecitazioni continue. Ancora non si è riusciti a trovare un solido terreno di intesa su alcuni principi condivisi da tutti.
La contraddizione è che da un lato si sprecano fondi per attività che potremo definire complementari e dall'altro si decurtano le risorse per le attività ordinarie, curriculari.
Se la scuola avesse un budget a disposizione potrebbe organizzarsi. Magari oggi abbiamo a disposizione 20.000 euro per un progetto mirato e poi non abbiamo i soldi per i corsi di recupero o lo sportello didattico.
Bisognerebbe dire con forza basta con questi progetti, dateci le risorse per le nostre attività, quelle che noi riteniamo prioritarie.
La cultura europea è più facilmente legata al progetto perché è più facilmente controllabile e si può calcolare l'impatto sull'attività. Spesso però il controllo è autorefenziale perché si finisce solo per certificare che tutto è andato bene: si forniscono le pezze giustificative delle spese per un riscontro puramente formale. Le notule sono sempre perfettamente in ordine, ma non si tenta nessuna valutazione della ricaduta di quel progetto. Si è arrivati ad una galassia, ad una progettitudine.
Per essere ormai il più importante liceo della provincia ritiene di ricevere la giusta attenzione da parte dell'Amministrazione Provinciale?
Per la struttura che ci è stata messa a disposizione, viene mandata avanti in maniera decorosa. Ma non si sono posti il problema di che cosa rappresenti questo liceo, non si è guardato in prospettiva. Noi abbiamo più di mille ragazzi. Si è sottovalutata la funzionalità del complesso e le idee ed i progetti vanno avanti a rilento senza che vi sia una visione di fondo. Già dall'inizio bisognava pensare che vi era un forte trend di crescita e progettare il futuro. Questo non si è fatto.
Non vi è stata la consapevolezza che questa non era una delle tante scuole sul territorio, ma assumeva un carattere di specialità e per questo aveva bisogno anche di una monumentalità, di un edificio imponente ed austero, come tutte le grandi scuole. Visto dall'esterno questo liceo non ha che forse ci si aspetterebbe: ci si trova di fronte ad un edificio insignificante, anodino.
Per fortuna l'utenza sa che dietro questo grigiore murario esterno, questo senso di non simbolicità, si lavora sui simboli e si offre uno studio severo da parte di una classe docente che per la preparazione e la dedizione merita il plauso non solo del dirigente scolastico, ma dell'intera collettività alla quale riesce a dare una scuola di prestigio pur tra le molte carenze e difficoltà.


C O P Y R I G H T

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Ultimo aggiornamento del 11/28/2008 17:23:22