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Ricomincia il risiko bancario in Calabria

di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno IX num. 2 del 16/01/2010)

Rende, 15 gennaio 2010

Dopo la grande ristrutturazione degli anni novanta, il sistema bancario calabrese sembrava aver trovato un suo equilibrio. Ora la BCC di San Vincenzo La Costa e la BCC della Sibaritide sono state commissariate

La bolla finanziaria è all'origine della grave crisi che stiamo attraversando. Per lungo tempo abbiamo vissuto nell'illusione di poter mantenere un alto livello di reddito attraverso meccanismi d'investimento mobiliare e l'utilizzo spregiudicato di strumenti speculativi.

La crisi finanziaria ha avuto limitate ripercussioni in tutto il Mezzogiorno poiché il suo sistema bancario è stato letteralmente distrutto nel corso della profonda ristrutturazione di tutto il sistema che ha visto il sorgere di giganti del credito che hanno fagocitato le nostre banche storiche, eradicando istituti di antica tradizione e ben inserite nel tessuto sociale del nostro territorio.

Non vi sono rimaste che le banche popolari, che svolgono un importante ruolo e dimostrano una grande capacità di saper interpretare i bisogni del sistema economico regionale, hanno la flessibilità necessaria ad adattare le proprie procedure alle peculiarità del territorio. Anche se il loro contributo è insufficiente a sostenere il peso della crisi e fornire le risorse necessarie per preparare le nostre imprese all'appuntamento con la ripresa, risulta determinante in un momento di difficoltà del nostro sistema imprenditoriale e bisogna difenderle con ogni mezzo.

Qualcuna nella nostra provincia ha mostrato segni di cedimento, come la BCC di San Vincenzo La Costa e quello della Sibaritide di Spezzano Albanese, che recentemente sono state commissariate ad opera del Ministro del Tesoro.

Le prime nubi erano iniziate nel luglio scorso. Sul Bollettino di Vigilanza n. 7 della Banca d'Italia sono state pubblicate le decisioni scaturite dalle ispezioni effettuate in due banche calabresi. Le due banche sono state sanzionate con multe comminate a carico della governance delle due banche. La motivazione del provvedimento è identica nei due casi: “carenze e disfunzioni negli assetti organizzativi e nei controlli interni deputati a verificare l'assolvimento della normativa in materia di antiriciclaggio da parte dei membri il Consiglio di amministrazione, il Collegio sindacale e del Direttore generale”. In termini più chiari si contesta alle due banche la mancata segnalazione delle operazioni sospette in conformità a quanto stabilito nel cosiddetto “decalogo” predisposto dalla Banca d'Italia per la loro individuazione.

Per tale comportamento ritenuto omissivo da parte degli organi gestionali e di controllo sono state disposte sanzioni di 7.000 euro a carico di ogni membro del Consiglio di Amministrazione (Napolitano Maurizio, Pardino Giuseppe Stefano, Guido Rocco, Iantorno Vittorio, Marino

Ronaldo, Perri Enzo Francesco, Ricchio Emilio, Ricchio Renato), il direttore generale Iannotta Antonio e del Collegio sindacale (Manna Andrea, Gimigliano Maria, Merenna Carlino per un totale complessivo delle sanzioni di euro 84.000,00 per la BCC di San Vincenzo La Costa.

Per la BCC della Sibaritide la pena comminata è di 9.000 euro a carico degli amministratori (Lucchetti Nicola, Filippelli Ranieri Marcello, Cucci Alessandro, Graniti Francesco, Luci Anna,

Migliano Cesare, Motta Pasquale, Pellegrino Mario), 6.000 euro a Ferrari Andrea e Gallucci Gianfranco e a carico dei membri del Collegio sindacale (Rubino Franco Ernesto, Caputo Francesco Antonio, Corsino Antonio) per un totale di 102.000 euro.

Il provvedimento è stato impugnato poiché ritenuto immotivato dagli interessati, i quali ritengono di aver tenuto un comportamento corretto. Sul finire dell'anno, però, le due banche sono state commissariate e sono stati mandati tutti a casa, poiché il provvedimento estivo era prodromico a una soluzione che si riteneva inevitabile per quanto è stato individuato nelle ispezioni effettuate presso i due istituti. Le motivazioni del decreto di commissariamento riporta anche numerosi altri rilievi: carenze organizzative, discrezionalità nella concessione, elevato rischio del portafoglio crediti. Tuttavia la questione dell'antiriciclaggio assume un rilievo di assoluta preminenza. La BCC di San Vincenzo La Costa aveva avuto un provvedimento quasi analogo già nel lontano 2004, con una sanzione complessiva di 2.322 euro. Ben poca cosa, ma costituiva un chiaro avvertimento che sulla questione si inaugurava un periodo di tolleranza zero.

Ma la storia inizia ben prima la “Relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta

sulla situazione della lotta della criminalità organizzata” a firma di Giuseppe Lumia del 27 luglio 2000), si occupa della questione e fornisce puntigliosamente l'elenco delle banche che risulta non abbiano effettuato alcuna segnalazione di operazioni sospette alla data del 3 marzo 2000. Vi sono presenti tutte le banche calabresi e l'accusa, non poi tanto velata, è che esse sono in misura più o meno evidente, complici della criminalità organizzata nel riciclaggio del denaro sporco, o quanto meno spettatrici passive. Nell'ultima relazione del febbraio 2008 della stessa commissione parlamentare, a firma di Francesco Forgione, vi sono espliciti riferimento al ruolo svolto dal sistema bancario nel riciclaggio del denaro sporco. Nelle conclusioni si legge addirittura che “Nella Calabria di oggi gran parte delle attività economiche, imprenditoriali e produttive sono condizionate, infiltrate e alcune dirette dalle cosche della 'ndrangheta”.

Cosenza è da sempre considerata una provincia “babba”, come sono definiti in Sicilia i territori dove non vi è una presenza mafiosa. Questo non significa che non vi è una criminalità endemica, famiglie pericolose come a Cetraro o nella Sibaritide, ma si tratta di fenomeni locali che sono lontani dai metodi e dalla pericolosità della 'ndrangheta.

D'altro canto basta leggere le "Istruzioni operative per l'individuazione delle operazioni sospette", il cosiddetto decalogo della Banca d'Italia per accorgersi che siamo di fronte a un vero e proprio codice del sospetto per cui qualsiasi operazione bancaria di qualche consistenza deve essere segnalata. Il che appare francamente eccessivo, anche perché l'abolizione del segreto bancario nei confronti degli organi inquirenti consente di ottenere dalle banche tutte le informazioni necessarie senza voler trasformare gli operatori bancari in detective o eroi. Proprio se la realtà corrispondesse a quella dipinta nella relazione Forgione diventerebbe difficile osservare il decalogo senza esporre i dipendenti delle banche a seri rischi per sé e per i propri familiari, perché nelle zone realmente a rischio, vi è un capillare controllo del territorio da parte delle famiglie mafiose. D'altronde l'analisi attuata attraverso la matrice dei conti a disposizione della Banca d'Italia consente di ottenere in maniera automatica tutte le informazioni necessarie per individuare le operazioni sospette.

Le due banche commissariate hanno una lunga storia alle spalle e sono profondamente radicate sul territorio.

Nella giornata di venerdì 15 si è svolta una manifestazione popolare a Montalto Uffugo per protestare contro il provvedimento a carico della BCC di San Vincenzo La Costa, alla quale hanno partecipato clienti e rappresentanti delle istituzioni locali. Solidali con la banca e preoccupati per il suo futuro si sono dichiarati i sindaci Vincenzo Leonetti, di San Vincenzo La Costa, Ugo Gravina di Montalto Uffugo e Ottorino Zuccarelli di San Fili. Non è certo con il populismo che si difendono le ragioni di una banca, la cui gestione deve essere improntata a un severo rigore gestionale e deve rispettare le normative in essere. Tanto più che queste manifestazioni possono essere più o meno spontanee, ma non affrontano i nodi rilevati in sede ispettiva dall'organo di Vigilanza.

Il timore è di vedere sparire un istituto che ha 103 anni di storia ed è stato sempre molto attento ad interpretare le esigenze del territorio e non riesce a comprendere il motivo che ha indotto la Vigilanza ad adottare un provvedimento così drastico. «I nostri soci e correntisti possono stare tranquilli, la nostra banca è solida, i loro risparmi sono protetti e la capacità di recupero è eccezionale», ha dichiarato Antonio Iannotta, lo storico direttore generale e factotum della banca. Ma è proprio il mancato rinnovamento degli organi di gestione che è stato oggetto di rilievo da parte della Vigilanza, poiché si è continuato a operare con gli stessi metodi e sistemi quando tutto era profondamente mutato, dai riferimenti normativi alla struttura economica e finanziaria.

Il passaggio dei due istituti da piccole Casse Rurali autorizzate ad operare in un territorio ristretto e con una limitata operatività a banche ordinarie abilitate a qualsiasi tipo d'intervento creditizio ha provocato uno shock operativo. Non si è trattato di un cambiamento formale, ma di una mutazione vera e propria, che richiedeva un salto culturale ed il rinnovamento della governance della banca. In entrambi i casi vi è stata una continuità che ha nociuto alla stabilità degli istituti, poiché la maggiore flessibilità gestionale si è tradotta in una dilatazione del rischio con lievitazione delle sofferenze che hanno messo a dura prova la stabilità degli istituti.

Le ispezioni della Banca d'Italia avevano rilevato anomalie nella loro gestione, in particolare per le erogazioni creditizie di natura chirografaria, non assistite dalle necessarie garanzie. A fronte della lievitazione del rischio, il patrimonio si è dimostrato insufficiente per cui occorre procedere ad una ristrutturazione del portafoglio crediti per la quantificazione delle posizioni a rischio e la necessaria ricapitalizzazione per restituire operatività alle due banche.

La BCC della Sibaritide aveva già avuto una ispezione nel 2005, nella quale era impietosamente messo in evidenza il deficit gestionale, e si chiedeva un drastico rinnovamento dei metodi e degli organi per poter evitare conseguenze più funeste. Nonostante i buoni propositi e la buona volontà questo è avvenuto solo in parte, poiché il Presidente è rimasto incollato alla sua poltrona fino al giugno scorso provocando le ire funeste della Vigilanza e l'adozione del contestato provvedimento.

Sarebbe tuttavia ingeneroso addossare le responsabilità al solo management, dimenticando le obiettive difficoltà in cui si dimenano le nostre banche e la delicatezza di un equilibrio che cerca di superare le rigide norme imposte dall'adozione dei principi di Basilea-2. Se vi sono responsabilità vanno accertate, ma bisogna dividere la sorta degli istituti da quella degli uomini che li hanno gestiti, individuare le debolezze e adottare i correttivi necessari.

Non bisogna ripetere quegli errori, bisogna mobilitare le forze attive della regione per dare una risposta alla crisi delle due banche e di quelle che potrebbero manifestare sintomi di cedimento nei prossimi mesi.

Vi è una diffusa convinzione che le due banche hanno contratto un malanno di stagione, ma la loro condizione non è tale da far temere per la loro sorte. I primi segnali sono incoraggianti poiché sembra vi sia una mobilitazione per rafforzare il patrimonio dei due istituti con l'ingresso nel capitale di nuovi soci e la ricerca di un management in grado di dare alla Banca d'Italia le sufficienti garanzie di professionalità e competenza.

La crisi si è mostrata con ritardo in Calabria per la debolezza del suo sistema industriale, ma sarà molto più lento il recupero, per cui vi è il rischio concreto che altri istituti possano in questo momento di difficoltà dimostrarsi vulnerabile. Per questo è necessario il coinvolgimento delle forze attive per creare un sistema di protezione per le banche popolari operanti nella regione. Solo da esse ci si può attendere un sostegno concreto al nostro sistema industriale che ha l'urgente necessità di rafforzarsi per cogliere le opportunità offerte dalla ripresa economica che timidamente s'intravede all'orizzonte. In questo senso molto meritevole è lo sforzo di creare una Banca di garanzia, fortemente voluta dal Presidente della Camera di Commercio di Cosenza, Giuseppe Gaglioti, che offre uno scudo non solo alle imprese, ma alle stesse aziende di credito aiutandole a raggiungere le condizioni di equilibrio patrimoniale in ossequio alle previsioni di Basilea-2. La BCC di San Vincenzo La Costa ha svolto un ruolo decisivo nel diffondere questa idea tra gli operatori economici operanti nell'area in cui opera, consentendo di duplicare l'obiettivo delle 2,500 adesioni necessarie per la sua costituzione. La vicenda delle due banche rende evidente che occorre un'accelerazione delle procedure per pervenire rapidamente alla completa operatività, poiché l'ombrello è necessario quando piove.

Molti sono stati gli errori nel passato che hanno portato, come ricordato sopra, alla scomparsa di istituti storici come la Carical e la Banca Popolare di Crotone, per limitarci al caso calabrese nel completo disinteresse della classe politica, delle organizzazioni industriali, degli stessi sindacati. Ci siamo preoccupati di difendere le ragioni dei lavoratori e non le aziende e nel lungo periodo sono stati i lavoratori a pagare il peso maggiore di quelle ristrutturazioni. Solo successivamente si è avuto modo di accertare che esse abbisognavano di una serie ristrutturazione gestionale, ma gran parte dei crediti ritenuti inesigibili sono stati recuperati.

La loro scomparsa, unitamente a quelle delle numerose altre minori, ha accentuato il carattere di dipendenza della nostra economia, ha determinato la scomparsa d'importanti centri di formazione della classe dirigente, ha inibito importanti stimoli ai consumi per l'eliminazione delle direzioni generali degli istituti. La cosa più importante è che le nostre aziende hanno perso i loro naturali interlocutori, ritrovandosi ad affrontare le insidie delle nuove procedure creditizie di Basilea-2 senza aver avuto il tempo di adeguare la loro organizzazione aziendale.

La Calabria ha una antica cultura del risparmio. Dopo lo stordimento seguito all'introduzione dell'euro che ha provocato una profonda trasformazione della ricchezza finanziaria, ha ripreso a risparmiare fuggendo alle tentazioni consumistiche indotte dal ricorso al credito al consumo. Il risparmio calabrese è il frutto di un sacrificio poiché si genera faticosamente. Solo un sistema bancario locale, come il tessuto delle banche popolari, può impedire che sia dirottato altrove. Esso deve essere destinato al finanziamento del sistema produttivo locale a sostegno di quello sviluppo che è l'unica speranza per i nostri giovani di poter costruire il loro futuro.


C O P Y R I G H T

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