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Il grande travaso. Il dopo Valle Crati spa

di Oreste Parise (Mezzoeuro Anno IX num. 6 del 13/02/2010)

Rende, 11 febbraio 2010

Dal fallimento della Valle Crati spa è iniziato il grande tango per il riposizionamento del potere in vista della costituzione dell'ATO. L'area urbana si divide sulle strategie. E le aziende si preparano per il grande appuntamento

Il sistema dei rifiuti costituisce un pianeta ancora sconosciuto, dove si annidano grandi inefficienze, e una riorganizzazione sempre rinviata. Sono undici anni che la Regione è comissariata. La soluzione si è rivelata peggiore del male che voleva combattere. Si è prodotto un ingarbugliamento normativo che ha eretto un castello kafkiano, dove ogni prammatica sembra disegnata appositamente per intralciare la realizzazione di qualsiasi progetto.

Nonostante tutto qualcosa si riesce a fare. Qualche giorno fa è entrato in funzione in Contrada Lecco di Rende un impianto di travaso realizzato dalla Calabria Maceri spa, che nel sistema Valle Crati si è saputo ritagliare un ruolo, ma soprattutto ha saputo maturare una preziosa esperienza che potrebbe rivelarsi l'arma segreta per combattere questa difficile battaglia di trincea.

L'impianto è entrato in funzione, ma solo parzialmente, nonostante tutti i paletti posti dalla Regione Calabria per impedirlo. E' una storia che si ripete da anni. E' successo per i depuratori che sono stati abbandonati in attesa di soluzioni avveniristiche. E ci siamo ritrovati con il mare pieno di merda. E' successo con gli impianti di smaltimento, che si sono arenati tra veti incrociati e giri di tangenti. Questa volta Umberto Bernaudo, il sindaco di Rende, ha sciolto il nodo gordiano, anzi per la precisione lo ha reciso. Ma è un avvio claudicante per i tanti vincoli che impediscono di completarlo. Ed è persino gratis per la pubblica amministrazione. Per questo l'affare puzza. Certo ognuno deve trovare la sua convenienza e chi lo ha realizzato ha ben ponderato l'investimento. Per capirne di più abbiamo avuto un lungo colloquio olezzante con il patron dell'azienda che lo ha realizzato, e poi con Eraldo Rizzuti assessore al ramo nel comune che ospita l'impianto.


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Normalmente si è fatto riferimento al problema finanziario della Valle Crati, lei sostiene che vi era anche uno squilibrio economico, per l'esistenza di un problema industriale?
Le tariffe con cui lavorava la Valle Crati non erano più remunerative a partire dal 2008, soprattutto per il costo del personale. Tra l'entità del salario e il numero delle ore lavorate, vi è stato un aumento del 35% circa a carico dell'azienda senza alcun adeguamento della tariffa che pagavano i comuni. Se la Valle Crati non avesse avuto il problema finanziario ben noto, avrebbe comunque avuto un problema poiché il settore rifiuti determinava una perdita di un milione, un milione e mezzo ogni anno.
Erano solo questi i nodi che impedivano alla Valle Crati spa di poter operare in maniera efficiente? Perché è fallita?
Il nodo fondamentale della Valle Crati è stato quello di essersi caricato di troppo personale, di non aver gestito adeguatamente il personale ed il rapporto con i comuni. Con la stabilizzazione la società si è trovata ad essere caricata da un costo di personale enorme per la necessità di rispettare il contratto nazionale e una tariffazione dei servizi che non riusciva più a coprire il costo del servizio. Gli stabilizzati di provenienza dalla cooperative aveva un costo enormemente inferiore e questo avrebbe dovuto comportare un adeguamento tariffario che nessuno ha avuto il coraggio di proporre. Il conto economico si era squilibrato e i ricavi non assicuravano più la copertura dei costi.
Le società che assorbiranno questo personale non avranno lo stesso problema?
Assolutamente no. Il nostro business tradizionale è diverso dall'attività espletata dalla Valle Crati. Loro offrivano servizi, noi abbiamo gli impianti per cui le due realtà non sono perfettamente comparabili. Oggi noi siamo costretti ad ampliare la gamma di attività con il servizio di raccolta, poiché ci è imposto dalle condizioni di mercato. Noi avremmo potuto assistere al paradosso di aver realizzato gli impianti, che nessun altro ha sul territorio, e ritrovarci nella condizione di non avere più rifiuti. Noi stiamo pretendendo dai comuni che vogliono affidarci il servizio l'adeguamento delle tariffe a quello che è il costo. Il numero degli operai di cui dobbiamo farci carico è giusto con i servizi che dovremo svolgere. Forse ci stiamo caricando di qualche amministrativo che al momento non sarebbe necessario. Alla fine, però, ci rendiamo conto che stiamo sul territorio e non ci possiamo tirare indietro. E' chiaro che noi chiediamo un impegno diverso e potremo controllare meglio il personale, se non altro per un problema numerico. Cinquanta persone si gestiscono meglio di quattrocento, che sono suddivisi tra 6-7 aziende.
Quanti operai erano in servizio in Valle Crati e che fine faranno?
Circa 400. Oggi il servizio svolto dalla Valle Crati spa è stato affidato alle società private, Calabria Maceri a Rende, Ecologia Oggi a Cosenza, che ha avuto un incarico, anche se ridotto, dal Comune di Montalto. Le aziende che hanno assunto il servizio, dovranno assorbire totalmente il personale della Valle Crati precedentemente utilizzato per lo stesso servizio. La Calabria Maceri utilizzerà i 28 operai che lavorano nel cantiere di Rende; Ecologia Oggi le 137 unità lavorative di Cosenza, anche se con una certa gradualità. Noi dobbiamo assorbire anche due operai a Trenta, altri due a Spezzano Piccolo. Poi ci sono realtà più piccole, come il caso di Pandosia. Il comune di Castrolibero ha affidato l'incarico con apposita ordinanza alla società Alto Tirreno Cosentino, la quale ha assorbito 16 operai. Gli altri coomuni per il momento provvedono da soli in attesa di un assetto più definitivo, ma non hanno ancora provveduto a prendersi i dipendenti, i quali hanno preferito aspettare cosa sarebbe stato di Valle Crati. Non sono stati li a chiedere di farsi assumere. Man mano si stanno sistemando tutti gli operai. Possiamo dire che subito verranno sistemati il 50% degli operai, mentre per il resto si procede con una maggiore gradualità.
Quanti dipendenti avete oggi, come Calabria Maceri?
Abbiamo ottanta operai, e a questi si devono aggiungere i 28 che stiamo per assorbire dalla Valle Crati.
Rispetto alla vostra struttura e alla produttività del personale, ritenete di poter assorbire in maniera adeguata questa nuova forza lavoro, o siete costretti a farlo?
I nuovi operai saranno adibiti a servizi che noi non avevano, si tratta di un ampliamento della gamma di attività, poiché saranno adibiti alla raccolta dei rifiuti. Noi contiamo di poterli utilizzare bene e che non si produrranno sacche di inefficienza. Il personale di cui ci faremo carico è compatibile con l'efficienza della nostra struttura.
Resta però un problema di transitorietà organizzativa poiché tutto è subordinato all'espletamento di una gara di appalto.
Oggi noi assumiamo il servizio sulla base di ordinanze sindacali e ci assumiamo l'impegno di utilizzare il personale della Valle Crati, che sarà “ceduto” alla società vincitrice dell'appalto. Una clausola del contratto di lavoro permette il passaggio diretto ed immediato alla ditta che si aggiudicherà il servizio. Noi parteciperemo certamente.
Il passaggio dal sistema Valle Crati ai privati, comporta un sacrificio economico da parte dei dipendenti?
Verranno annullati i benefit che erano stati concessi nel corso degli anni, come lo straordinario forfettizzato, superminimi, livelli esagerati rispetto alla funzione svolta. Tutti partiranno dal livello zero, ma a tutti verrà applicato il contratto di igiene ambientale con la prospettiva di crescita in una ottica di produttività e non per semplice anzianità. Con i sindacati abbiamo preso l'impegno di sottoscrivere un contratto di secondo livello quando il quadro si sarà stabilizzato e legheremo particolari indennità da corrispondere al personale proprio sulla base della loro produttività.
Perché proprio in questo momento avete deciso di aprire un nuovo impianto? Cosa è e a cosa serve?
Abbiamo aperto qualche giorno fa una stazioe di travaso. Questo è una prima parte dell'impianto complessivo che dobbiamo completare. Quello che è stato realizzato è stato autorizzato dalla Regione un anno fa, con delle prescrizioni che di fatto non ci consentivano di effettuare il servizio. Nel capannone di accettazione dei rifiuti si lavora al coperto e l'ambiente è in depressione, il che significa che vi è un continuo ricambio di aria, che viene aspirata ogni tre ore e depurata in un biofiltro che la tratta e la restituisce pulita. Qui vi è una vasca dove vengono scaricati i rifiuti portati dai compattatori comunali. Noi provvediamo a triturarli e ricompattarli per mandarli nelle discariche.
Perché non vi consentono di completare l'impianto?
Perché non è inserito nella programmazione regionale. In provincia non esiste alcun impianto di questo tipo, ma non possiamo completarlo.
Ma dove dovrebbe essere costruito?
Nell'area urbana cosentina è previsto un impianto leggero di questo tipo, ma non è stato deciso niente al riguardo. Vi è una indicazione di massima, ma non è stato individuato alcun sito. Nel 1999 è stata espletata una gara per il trattamento dei rifiuti Calabria Nord, vinta da una impresa dell'avv. Manlio Cerroni, proprietario della grande discarica di Roma. Da allora si è cercato di trovare i siti per realizzare questo impianto, ma non si è mai riusciti ad individuarli.
Qual'è la ragione di questa difficoltà di reperire i siti? Perché gli impianti sono inquinanti?
La gente è molto diffidente nei confronti di tutto ciò che riguarda la spazzatura, anche reduce da passate esperienze tutt'altro che positive. Non si fida dei tecnici e dei politici che spesso non hanno rappresentato correttamente i rischi e le conseguenze degli impianti. Noi oggi possiamo fare una attività minima rispetto a quanto saremmo già in grado di fare da subito. E questo è stato possibile unicamente grazie ad una ordinanza del sindaco di Rende, poiché la Regione riteneva che non si potesse autorizzare in questo momento una attività del genere, ma bisognava attendere la realizzazione del progetto appaltato.
Quindi voi siete autorizzati ad operare solo con il comune di Rende?
No, noi abbiamo avuto l'autorizzazione a utilizzare l'impianto per tutto il sistema Valle Crati, qui già ora arrivano rifiuti da circa quaranta comuni.
Come è stato possibile che il sindaco di un solo comune vi ha autorizzato per tutto il Consorzio?
Nel 2008 il Consorzio ha indetto una gara per il trattamento dei rifiuti nella sua area di competenza. Noi ce la siamo aggiudicati ed abbiamo realizzato la struttura, ma non riuscivamo ad iniziare l'attività perché nessuno ci concedeva l'autorizzazione. Nello stesso tempo a Coda di Volpe vi era un problema di ordine igienico-sanitario, poiché i rifiuti arrivavano lo stesso senza che vi fossero le condizioni per poterli trattare in maniera adeguata e con le dovute cautele tecniche. Inoltre vi era un serio problema anche per garantire la raccolta dei rifiuti, perché in assenza di un impianto del genere, i mezzi comunali sarebbero costretti a trasportare immediatamente i rifiuti nelle discariche. Questo significa andare a San Giovanni in Fiore o a Siderno, con la conseguenza di un blocco totale del servizio. Questo ha indotto il sindaco a rilasciare l'autorizzazione che ci permette di operare.
Ma quali sono i vantaggi di questo impianto?
Prima di tutto razionalizza tanto la raccolta, poiché i compattatori che si utilizzano in città non sono costretti a fare duecento chilometri per depositare la spazatura. Questo significa che se c'è un equipaggio che raccoglie, si avrebbe bisogno poi di un autista impiegato unicamente per un viaggio. Con l'entrata in funzione di questo impianto si rendono immediatamente disponibili per continuare il servizio. Qui facciamo solo triturazione e ricompattamento e questi rifiuti non possono essere smaltiti dal termovalizzatore, ma solo in discarica. Per questo sono costretti ad andare a Catanzaro, dove funziona un impianto e una discarica, oppure a Siderno in un impianto uguale a quello che vorremmo realizzare qua, oppure vanno direttamente in discarica a San Giovanni in Fiore, che ha una capacità di assorbimento per almeno altri sei mesi, specialmente se vi arrivano già triturati. L'ulteriore vantaggio è che sulle nostre strade camminano solo una decina di semirimorchi in grado i trasportare 90 metri cubi, l'equivalente di 10 camion. La terza cosa importante è che le discariche durano praticamente il doppio, poiché la capacità di assorbimento è misurato essenzialmente dal volume, che la triturazione riduce del 50%.
Anche i metalli non possono essere triturati?
Queste sono macchine che macinano tutto. A noi non ci è consentito di trattare i rifiuti, e quindi non possiamo neanche eliminare i metalli, come noi saremmo in grado di fare da subito. Noi abbiamo l'obbligo di mantenere inalterato il peso dei rifiuti in entrata e in uscita, senza poter effettuare alcuna operazione di selezione e trattamento dei rifiuti. Al momento l'unico benefici è la riduzione dei volumi, non possiamo fare altro.
Sarebbe comunque possibile fare la differenziazione dei rifiuti all'atto della raccolta. Perché non si tenta una suddivisione almeno tra umido e non umido?
Nel nostro impianto di contrada Cutura che chiuderemo quando questo entrerà a regime, già trattiamo circa cento tonnellate di rifiuti raccolti in maniera differenziata, come il materiale di plastica, le bottiglie di vetro. Oggi siamo intorno al 10% e con un po' di accortezza si può aumentare questa percentuale in maniera significativa.
Attorno a questo impianto vi è una calma piatta, non vi sono state proteste dai parte dei cittadini.
L'impianto è aperto dal 4 febbraio, e non si sono verificati inconvenienti di alcun genere. Le soluzione tecniche adottate garantiscono che non vi siano ricadute ambientali. Tutto viene tenuto sotto controllo. L'aria è trattata, le acque sono convogliate direttamente in un impianto di depurazione creato appositamente per questo impianto, che raccoglie anche le acque di piazzale. I sedimenti vengono smaltiti in discarica, mentre l'acqua esce limpida e può essere tranquillamente utilizzata in agricoltura.
Quali altre fasi potrebbero essere funzionanti e quali vantaggi porterebbero? Entro quanto tempo potreste attivarle e quali sono le difficoltà burocratiche da superare?
L'impianto dovrebbe essere completato con una linea di vagliatura, di separazione secco-umido dei rifiuti . L'umido, che è la componente organica, dovrebbe essere stabilizzato con un processo di deumidificazione con una perdita enorme di volume e di un terzo circa del peso, il materiale così prodotto servirebbe come terriccio di copertura delle discariche. La parte secca triturata, detratti i metalli, potrebbe essere inviata direttamente a Gioia Tauro nel termovalizzatore. Noi abbiamo già le elettrocalamite che ci consentirebbero da subito di effettuare questa operazione. I metalli potrebbero essere inviate nelle fonderie.
Cosa impedisce il completamento dell'impianto? Sono solo difficoltà burocratiche?
Noi come Calabria Maceri abbiamo comprato una parte dell'impianto Legnochimica, abbiamo proceduto alla bonifica dell'eternit, con il quale erano ricoperti tutti i capannoni ed abbiamo spazio sufficiente per realizzare l'intero impianto all'interno. I piazzali saranno solo sistemati, ma non sono necessarie grandi opere. Noi ci aspettiamo soltanto che la burocrazia sciolga i suoi nodi e ci metta nelle condizioni di poter lavorare.
Qual'è l'investimento che avete dovuto effettuare e con quali mezzi? Avete ricevuto contributi pubblici?
Finora abbiamo speso circa dieci milioni di euro per le strutture e gli impianti, sono tutti finanziamenti aziendali derivanti da un leasing ventennale. Non non abbiamo mai avuto contributi pubblici. Per completare l'intero ciclo sarebbero necessari ulteriori due o tre milioni di euro.
Avete predisposto un business plan per verificare la compatibilità economica dell'investimento?
Siamo un'azienda che operiamo nel settore da venti anni, abbiamo una esperienza consolidata ed una solidità aziendale che ci consente di valutare con attenzione gli investimenti. In Contrada Cutura abbiamo 15.000 mq di terreno e 3.000 di capannone. Qui triplichiamo gli spazi, perché noi crediamo nel nostro lavoro. Quì insieme alla GD Energy di Luzzi stiamo anche realizzando uno impianto fotovoltaico di due megawatt che è il più grande d'Italia. Andrà in produzione a marzo. Noi autoproduciamo tutta l'energia occorrente per il trattamento e in più la immettiamo in rete. In circa otto anni l'impianto dovrebbe essere completamente ammortizzato. Il nostro è un impianto che non ha alcun effetto di inquinamento ambientale.
Come si colloca questa vicenda nell'ottica della costituzione dell'ATO?
L'eventuale gestore unico che sarà scelto dall'ATO dovrà sapere che vi sono tutti questi dipendenti che già lavorano nel sistema e di questo si dovrà fare carico.
Oggi sul territorio della provincia vi sono presenti diversi operatori. In vista della definizione del gestore unico si va verso qualche forma di associazione o fusione tra tutte queste aziende o sarà una battaglia all'ultimo sangue?
Ancora non abbiamo valutato questa situazione. Noi cercheremo di restare nel sistema.
Attualmente non si ha alcuna idea di quella che sarà il futuro dell'intero sistema. Voi state facendo un investimento nella totale incertezza dell'equilibrio futuro.
Sicuramente vi è un rischio difficilmente quantificabile. Tuttavia, bisogna tener presente che vi è una fetta del ciclo dei rifiuti che è gestita dai privati, come i rifiuti speciali, commerciali, industriali, ospedalieri. Tutto ciò che non proviene dalla famiglia è fuori dal settore pubblico. Il nostro target aziendale è il recupero dei rifiuti, non tanto lo smaltimento. Già abbiamo la rete di supermercati, ipermercati, rivendite di giornali che costituiscono una gran fetta della nostra attività. Siamo stati costretti ad occuparci anche di altri nodi della filiera per non rimanere fuori dal mercato. Qualora non riuscissimo a rimanere nel settore pubblico, sopravviveremmo.
Come dovrebbe essere organizzato l'ATO?
La provincia di Cosenza è un territorio vastissimo e si dovrebbe evitare di far fare tutti questi chilometri ai rifiuti. Bisognerebbe creare altre strutture simili a questa che abbiamo creato noi, anche se più piccole, perché qui siamo nel cuore del sistema urbano. Ce ne vorrebbero almeno tre per chiudere un ciclo in ciascuna area. Organizzando bene la differenziata portandola ad una percentuale vicina al 30%, e trattando i rifiuti, la quantità da smaltire si ridurrebbe drasticamente con una diminuzione del costo della filiera. Se nel 2011 si arrivasse a quel 65% di raccolta differenziata che prevede la legge, l'inceneritore di Gioia Tauro sarebbe sovradimensionato e non ci sarebbe alcun bisogno di altri impianti del genere. Ma questo credo che sia impossibile. La nostra regione è messa male anche da un punto di vista geormofologico.



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Quali sono state le cause del fallimento della Valle Crati spa?
Noi avevamo una società mista con maggioranza pubblica costituita nel 2000, dove si è creato un contrasto tra i due partner. Se a questo aggiungiamo gli errori di gestione, il quadro risulta chiaro. Fin quando la società godeva fiducia presso le banche, si è andato avanti con il credito bancario con conseguenze sul conto economico e sulla convinzione che i comuni potevano non essere disturbati. Era una situazione che non poteva andare avanti all'infinito. Quando le banche si sono allarmate per l'indebitamento crescente e hanno chiuso il rubinetto, ci si è trovati di fronte ad una situazione insostenibile, con i comuni che avevano accumulato un debito tale da risultare impossibile da rimborsare. A questo possiamo aggiungere la stabilizzazione del personale che ha destabilizzato i conti dell'azienda. Per ultimo è intervenuta questa situazione di stallo con il personale che continuava a maturare competenze senza offrire alcuna prestazione e la società costretta a pagare il personale dovendo rinunciare agli introiti dei comuni. Una situazione paradossale.
Non era meglio farla fallire prima per evitare di cumulare debiti?
Certamente si sarebbe evitato di creare il paradosso di una società fallita che denuncia 37 milioni di crediti e 36 milioni di debiti. Con un surplus che è fittizio, perché bisogna chiedersi quanto di quel credito è reale, considerato le contestazioni dei comuni. Ma il vero problema è che si sarebbe dovuto pensare prima a una riconversione, alla predisposizione di un progetto industriale. Questo non è stato fatto per un deficit manageriale. Tutti i piani predisposti guardavano solo al superamento di una emergenza, ma è mancata una visione a lungo termine.
La Calabria Maceri costituisce il riferimento naturale del comune per la politica dei rifiuti. Qualche giorno fa è entrato in funzione un nuovo impianto.
Il comune ha fatto ogni sforzo per far funzionare la stazione di travaso, che ci consente di razionalizzare il sistema di raccolta e trasporto dei rifiuti limitando al massimo l'impatto sul territorio. Abbiamo voluto eliminare lo scempio di Coda di Volpe che provocava frequenti tensioni con la popolazione residente. Il sindaco ha mostrato una grande sensibilità al problema e ha superato ogni remora burocratica consentendo all'impianto di funzionare. Il piano regionale dei rifiuti è ancora nella fase embrionale. Contiene molte petizioni di principio, ma non indica alcuna soluzione concreta. Non si può certo vivere nell'attesa di un ipotetico intervento risolutore. Abbiamo visto cosa è successo con la gestione commissariale. Grandi idee, grandi progetti, ma nel frattempo siamo nella vera e propria emergenza. Dobbiamo attivarci per rimuovere gli ostacoli che impediscono a questo nuovo impianto di operare a pieno regime, poiché ne guadagneremo tutti.
Ma perché è dovuto intervenire il sindaco di Rende?
A Coda di Volpe era da tempo in funzione una stazione di travaso, ma era una soluzione assolutamente non idonea e provvisoria. Per ragioni igienico-ambientali andava chiusa, ma questo avrebbe comportato un problema molto maggiore, per cui il sindaco si è presa la responsabilità di autorizzare la Calabria Maceri per mettere in funzione un impianto realizzato interamente con fondi privati, ma con una forte ricaduta pubblica. Il nuovo impianto serve a tutti i comuni del consorzio, ma è collocata nel comune di Rende, che deve tutelare anche i suoi cittadini. Se nel futuro si troveranno soluzioni più confacenti si valuteranno, nel frattempo però dobbiamo fare di tutto per far funzionare bene quello che abbiamo. La regione ha dato il suo nulla osta, ma sub condizione poiché sosteneva che non rientrava nei piani.
Come è la situazione di Coda di Volpe oggi?
L''intera area va bonificata e si sta procedendo in questo senso. Inoltre, vi è oggi la necessità di adeguare l'impianto di depurazione delle acque reflue.
Cosa prevede il piano di rifiuti per l'area urbana, perché è così difficile sapere cosa avverrà da qui ad un anno?
E' sempre mancata una programmazione a lungo termine. Il commissariamento non ha certo favorito il ritorno alla normalità. Oggi siamo in una emergenza ancora peggiore di quella di undici anni fa. E' stata una esperienza fallimentare, quella sì.
Dopo il fallimento della Valle Crati spa, si sta procedendo ancora una volta con provvedimenti tampone, ma nessuno sa esattamente cosa avverrà da qui a breve
. Per troppo tempo ci stiamo arrovellando su dilemmi insolubili, come la scelta tra termovalorizzatori o discariche, non sappiamo ancora cosa è una filiera dei rifiuti. Di fronte alla drammaticità dei problemi, a Rende abbiamo cercato soluzioni idonee ad evitare che la città partecipasse al degrado complessivo e ci siamo riusciti pur nella complessità della situazione. Noi abbiamo considerato quello dei rifiuti un servizio primario e lo abbiamo garantito a dispetto di tutte le difficoltà. Il comune ha già predisposto gli atti per l'indizione della gara per la raccolta dei rifiuti che sarà indetta a brevissimo termine. Non abbiamo soluzioni miracolistiche anche perché manca un preciso piano per la creazione dell'ATO dove si dovrebbe mettere tutto in discussione. Tuttavia, sono convinto che di fronte ad una soluzione razionale non si potrà che prenderne atto. Insieme ai sindacati e all'impresa cui è stato temporaneamente affidato il servizio abbiamo individuato il personale che dovrà essere utilizzato, che sarà portato in dote all'impresa aggiudicataria, come previsto dal contratto collettivo di lavoro.
Ma siete pronti per l'ATO?
Per quanto riguarda il comune noi siamo prontissimi. Ma la domanda andrebbe posta ad altri e segnatamente alla Provincia. Credo che proprio la drammaticità di queste situazioni, poiché il fallimento della Valle Crati è l'ultimo di una lunga serie. Richiederebbe un intervento immediato poiché qui si tratta di organizzare l'intero settore. Vi è una delibera regionale del luglio scorso in cui il servizio veniva trasferito alla provincia, non si capisce perché ancora non è stato fatto nulla. Cosa sta facendo per dare piena attuazione a questa delega? Può darsi che occorra ancora qualche altro passaggio burocratico, ma la domanda da porsi è se la Provincia è davvero pronta ad assumere completamente il servizio. La provincia è pronta per l'ATO?


C O P Y R I G H T

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