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Una Calabria che non ti aspetti

(Mezzoeuro Anno IX num. 15 del 17/04/2010)

Rende, 15 aprile 2010

Una ondata di freschezza la partecipazione delle aziende italiane a Verona, nelle tre manifestazioni aziende giovani, prodotti nuovi e una professionalità insospettata

Calabria terra del vino? Questa, sembra, sia l'etimologia di Enotria, come era denominato il territorio che comprendeva gran parte del meridione continentale per la ricchezza dei vigneti che ricopriva gran parte delle coste. In tutta la Magna Grecia la coltivazione della vite e dell'olivo era molto diffusa, tanto che si parlò di una civiltà del vino. A Sibari venne costruito un "enodotto" per facilitare il travaso nelle anfore destinate all'imbarco del vino che costituiva uno dei prodotti principali del commercio nel Mediterraneo.

Oggi la tradizione enologica della regione sopravvive nella estrema varietà dei vitigni presenti nella regione, poiché per superficie coltivata la Calabria è una delle regioni italiane meno intensamente "vitate". Secondo i dati elaborati da Gianfranco Tempesta e Monica Fiorilorecenti gli ettari impiantati a vite nel 2008 sono 12.700 (pari all'1,7 del totale Italia); nel 1970 erano 27.900 (il 2,5%) con una perdita secca sia in valore assoluto che percentuale. E si stima che nel 2015 possa scendere a circa 8.000 ettari (1,5% del totale Italia), un segnale di declino che richiede una politica coraggiosa per invertire la tendenza.

La grande fiera di Verona, che si è tenuta dall'8 al 12 di questo mese è stata una ottima vetrina per il settore, e la Calabria vi ha partecipato con un gran numero di aziende e costituisce una occasione per valutare lo stato di salute del settore. Nella stessa area espositiva sono stati allestiti tre eventi in contemporea: Vinitaly, il salone internazionale dei vini e dei distillati che è la più importante esposizione dei produttori italiani, il SOL (Salone Internazionale dell'olio extravergine di qualità) e Agrifood per l'esposizione dei prodotti agroalimentari.

Un grande vetrina per la promozione della tradizione gastronomica nazionale dove è stato organizzata una "agorà", un'area di 190 mq interamente dedicata alle degustazioni, dove giornalmente le Aziende dialogano con il pubblico attraverso un linguaggio fatto di assaggi e abbinamenti tra gusti e sapori, tra cibi e bevande con la presenza di grandi chef, sommelier, operatori commerciali per favorire lo scambio di esperienze professionali, la conoscenza dei leader del mercato, l'incontro con i principali buyer nazionali ed internazionali.

Il successo dell'iniziativa è stato tale che la capacità ricettiva della città non è riuscita a soddisfare la domanda e molti operatori e visitatori sono stati costretti a trovare una sistemazione a decine di chilometri di distanza, sul lago di Garda, a Vicenza e nel padoano.

La Calabria è stata presente in tutte e tre le manifestazioni, ma la sua partecipazione si è frantumata tra gli stand. Molte regioni avevano allestito un intero padiglione per presentare al qualitificato pubblico dei frequentatori della fiera l'intera gamma dei prodotti nazionali ed organizzare l'accoglienza degli operatori e dei buyer. L'Unioncamera calabrese separata dalla Unione delle camere nord sud della Calabria, uno stand organizzato dalla regione, oltre a stand di aziende come Cirò e Librandi che hanno voluto presentarsi da sole.

Chi voleva incontrare la Calabria era costretto a girovagare tra gli stand per ritrovare il vino, l'olio e i prodotti tipici della regione. Una dispersione a scapito di una visione unitaria. Questa divisione non ha giovato all'immagine della regione. Tuttavia il risultato finale può definirsi ampiamento positivo per numero e qualità dei partecipanti.

Si è mostrato un volto poco conosciuto della regione, "una Calabria che non ti aspetti", secondo lo slogan scelto per la manifestazione. Il primo elemento che si può definire sorprendente è la testimonianza di una nuova classe di imprenditori agricoli, giovani, colti, raffinati, imprenditorialmente preparati. Ben lontani dallo stereotipo del calabrese straccione, del coltivatore diretto o mezzadro dalle mani callose e dal viso rugoso cotto al sole di mezzogiorno. A sorpresa una significativa presenza di donne, non più curve a spigolare nei campi, ma esperte in marketing e chart aziendali. Basta guardare i prodotti, confezionati con cura, presentati con grande professionalità, la grande varietà e qualità che fornivano una vasta gamma di sapori e profumi.

Un gran numero di aziende che sembrano uscite dal cappello di Silvan, presenti qui in carne e ossa ad incontrare i buyer giunti da ogni parte del mondo. Si aggirano con sicurezza tra gli stand accomagnati da chef e sommelier, si districano agevolmente tra listini prezzi e caratteristiche organolettiche, si dilungano in dissertazioni storiche sull'origine dei prodotti e discettano di condizioni di vendita.

Limitandoci al vino, è molto lontano il periodo delle bottiglie anonime, biologiche perché ma dai gusti forti, aspri frutto di una tecnica produttiva casalinga. Oggi la produzione è sofisticata e si avvale dei più moderni sistemi, attenta all'acidità e al colore. Si è scoperto il fascino dei nomi. Ecco il Timpamara, il Vescovado, l'Antico Diverzano e tanti altri fascinosi che evocano atmosfere antiche, richiamano suggestioni oniriche. Sono il risultato di tecniche moderne, di un sapiente dosaggio delle uve, di una scelta accurata dei vitigni. Siamo molto lontani dall'uva puttanella di Rocco Scotellaro, caratterizzata dagli acini “maturi ma piccoli“, come “non pari agli altri con i quali sono costretti a lottare per la sopravvivenza nel più vasto mondo”, come scriveva Nicola Tranfaglia. Una scelta obbligata dalla miseria, che costringeva a utilizzare quello che era disponibile, senza alcuna possibilità di fare investimenti. Oggi si sono recuperati numerosi vitigni, dal tradizionale gaglioppo al magliocco, a cui si aggiunti cultivar pregiati come il montonico, la malvasia, il merlot, il riesling. Si sperimenta e si reinventa la tradizione per la creazione di una cantina calabrese di gran pregio, fino all'ottenimento di gran cru, legati alle caratteristiche microclimatiche estremamente varie della regione.

Si sono costituiti importanti consorzi tanto per il vino, come il Consorzio Dei Vini Della Calabria Citra, e per l'olio come il Cotec. Entrambi nascono per effetto delle nuove forme di finanziamento che privilegiano le filiere produttive piuttosto che il singolo produttore.

L'agricoltura calabrese sta recuperando con grande velocità il tempo perduto e in breve tempo potrebbe acquistare il ruolo che gli spetta nell'industria agroalimentare, e soprattutto il settori come l'olio e il vino dove può vantare non solo tradizione e cultura millenaria, ma soprattutto il vantaggio di un clima molto favorevole all'ottenimento di prodotti di alta qualità. Molto positivo il bilancio complessivo della manifestazione per i numerosi contatti che hanno consetito.

L'Unione delle Camere di Commercio Nord-Sud della Calabria hanno chiuso la manifestazione con una cena di lavoro nel castello di Bevilacqua, una fortezza appartenuta a Can Grande della Scala. Nello storico scenario si è avuta la possibilità di gustare una cucina calabrese sofisticata, reinvetata dal giovane chef Francesco Mazzei, un calabrese di successo a Londra. Con un pizzico di rammarico. Poteva essere un successo calabrese.

Su questa divisione e sul significato della presenza calabrese a Verona abbiamo raccolto le opinioni di Pino Gaglioti, presidente della Camera di Commercio di Cosenza.


Ora bisogna superare le incomprensioni. Intervista a Pino Gaglioti, presidente della Camera di Commercio di Cosenza

Una organizzazione perfetta, Verona è stata davvero un grande successo. Come giudica la presenza calabrese?
Ho fatto un riflessione, perché sono un curioso. E' vero che gli altri stand da un punto di vista scenografico sembrano migliori. Ma sostengo e sono convinto che i calabresi li sanno organizzare anche meglio. Le altre regioni hanno un risultato migliore perché hanno un mentalità e una cultura imprenditoriale e la applicano con disciplina militaresca. La regione fa da capofila come ente programmatore, dà gli indirizzi e controlla la spesa, le Camere di Commercio eseguono la parte operativa uniformandosi alle disposizioni regionali. La nostra regione ha pensato solo ad una parte del territorio.
Questa divisione non ha giovato. Si tratta di una grande vetrina e la Calabria non si sapeva dov'era, sparsa qua e là.
Questo è estremamente negativo perché la gente è disorientata. Non capisce dove si vuole andare a parare. Faccio un piccolo passo indietro. Personalmente credo di aver capito subito qual'era il grande problema della Calabria e questo è stato l'elemento di rottura con l'Unioncamere.
La rottura ha prodotto un risultato positivo sotto il profilo dell'organizzazione e della qualificazione della presenza, ma è stata molto negativa sotto il profilo dell'immagine.
Ogni processo deve avere una sua chiave di lettura, altrimenti non si riesce a dare un senso all'intera vicenda. Per chi non conosce il dipanarsi degli eventi, appare evidente solo questa disorganicità della presenza calabrese nelle tre manifestazioni. Se però non avessimo prodotto quella rottura, saremmo comunque andati divisi come negli anni precedenti poiché non vi era alcun coordinamento. L'unione ha prodotto solo guasti e sentivamo l'esigenza di organizzare diversamente la nostra presenza alla fiera. Riteniamo che si tratta di un momento importante che non si può lasciare all'improvvisazione.
Non vi è dubbio che si è trattato di uno shock positivo che ha migliorato la qualità delle imprese partecipanti e offerto una accresciuta opportunità commerciale. Tuttavia, deve considerarsi come una ferita che va comunque sanata.
Ritengo che abbiamo marcato la nostra presenza nella più importante vetrina per il mercato agro-alimentare e ne sono tornato soddisfatto per le aziende che vi hanno partecipato, per l'organizzazione, per i numerosi contatti e la conclusione di interessanti trattative con qualificati buyer internazionali. Di questo vado orgoglioso. Resta la grande amarezza, la delusione per questa immagine di divisione che abbiamo lasciato trasparire. Tutti dobbiamo fare un passo indietro, ma non si può ritornare alla vecchia logica di voler imporre il peso politico alla ripartizione delle risorse ed alle decisioni più importanti. La Regione deve avere una funzione di programmazione e di controllo, come avviene nel resto d'Italia. Le risorse vanno equamente suddivise sul territorio tenendo conto della sua articolazione e della rappresentatività in termini di superfice e popolazione. Noi chiediamo che siano definiti dei criteri per la creazione della governance dell'ente e la distribuzione equa delle risorse. La Regione Calabria non può dare lo stesso peso alla provincia più grande e a quella più piccola, né si può dare lo stesso livello di rappresentanza negli organi di gestione.
Il presidente dell'Unionecare Fortunato Roberto Salerno deve ricordarsi che le Camere di Commercio sono degli enti pubblici, mentre le associazione tra di esse assumono un carattere meramente privato e non vi è alcun obbligo legislativo di aderire a un organismo piuttosto che ad un altro. Non è questa la via per poter superare la divisione poiché nessuno ci può imporre nulla. Più che alla forza della legge noi ci appelliamo alla forza della ragione e invitiamo a superare gli ostacoli e le incomprensioni che ci hanno indotto a separarci.
Dobbiamo arrivare a una nuova sintesi. Sono convinto che da questa rottura si può arrivare alla costruzione di un organismo serio comunque lo si voglia chiamare che dia un nuovo slancio all'attività e rappresenti un deciso miglioramento rispetto al passato.
Il risultato concreto della Fiera è stato comunque positivo poiché vi sono stati molte trattative, si sono conclusi numerosi contratti, si è offerto ai visitatori una immagine positiva della produzione agro-alimentare calabrese.
Rispetto agli anni passati non abbiamo lasciato niente all'improvvisazione, ma abbiamo fatto un grande sforzo organizzativo sia intermini di logistica che di assistenza alle nostre imprese: incontri con la presenza di sommelier per la degustazione, la definizione delle caratteristiche di ciascun prodotto, l'assistenza linguistica. Abbiamo predisposto delle schede informative su ciascuna azienda partecipante che abbiamo consegnato a tutti i buyer venuti in fiera, che in tal modo hanno potuto conoscere in anteprima le aziende. Avevamo già programmato 88 contatti per le sole aziende vinicole. A questi se ne sono aggiunti molti altri spontanei per cui si può sostenere che abbiamo dato un significato alla nostra presenza. Le imprese partecipanti non sono state solo in vetrina, ma hanno potuto intrattenere rapporti di affari. Il successo di ognuno è legato a molti fattori, come la qualità e la diversificazione dei prodotti, il modo più o meno accattivante della presentazione, le capacità relazionali e così via. Noi gli abbiamo offerta una opportunità.
Praticamente siamo partiti da zero ed abbiamo annotato i nostri errori per non ripeterli il prossimo anno. Abbiamo sfruttato appieno le potenzialità dell'agorà e la sala riunioni dell'Ente Fiera mentre all'interno degli stand si è notato qualche disfunzione, perché la comunicazione era deficitaria e la nostra visibilità scarsa. Questo anche a causa della dispersione della presenza calabrese. Nel complesso possiamo affermare che Vinitaly per noi è stato un grande successo, anche Agrifood si è difeso molto bene, qualche carenza lo abbiamo notato per il SOL. Avremmo avuto bisogno di maggiori spazi, di poter organizzare un intero padiglione con tutti i prodotti della regione, come hanno fatto la Puglia, la Toscana, la Campania ... Quest'anno abbiamo dovuto sacrificare un po' l'aspetto relazionale e dedicare molta attenzione alla comunicazione e alla animazione.
Quale è stato il criterio di scelta dei partecipanti?
Come Camera di Commercio cerchiamo di rappresentare al meglio la produzioe locale e esaltare la specificità di ciascuna azienda. Si procede con un bando pubblico. Inoltre sollecitiamo quelle maggiormente fidelizzate o che riteniamo essere le più significative nel settore, che cerchiamo di raggiungere direttamente inviadondogli l'informativa poiché abbiamo a cuore l'immagine del nostro territorio. Sulla base delle informazioni raccolte abbiamo stilato una graduatoria sintetizzando le caratteristiche qualitative e quantitative di ciascuna: certificazioni di qualità, produzione annua, adeguatezza produttiva.
Questo ci ha consetito di superare il carattere di presenza passiva come avveniva negli anni scorsi, come si è ripetuta anche quest'anno negli altri stand. Quest'anno abbiamo preparato un paniere di servizi per gli incontri che hanno segnato la diversità e ci hanno consentito di giocare un ruolo attivo.
Vi è poi uno stand della Regione Calabria che sembra voler affermare una sua alterità, con una impronta folkloristico-ricreativa forse adatta ad una iniziativa turistico-culturale ... Quasi a voler sottolineare una diversità tra la politica e il mondo imprenditoriale.
Questo è forse l'elemento di maggior disturbo. La Regione Calabria ha organizzato due stand, uno nel SOL (Salone dell'extravergine) ed un altro in Agrifood con aziende che hanno dovuto pagare 1.200 euro per partecipare, poiché non hanno trovato accoglienza negli enti camerali. Si è trattato di una forzatura. La politica la deve smettere di tenere sotto la scure le imprese. E' stato fatto un bando per coinvolgere solo le imprese delle tre province centrali, mentre Cosenza e Reggio sono state tenute fuori, pur trattandosi delle province maggiori. Le aziende subiscono questa condizione, poiché anch'esse vorrebbero partecipare a pieno titolo usufruendo della possibilità di incontri con gli operatori. Sono rassegnate a giocare un ruolo di pura vetrina per le istituzioni. Quest'anno abbiamo maturato una esperienza preziosa.
Qual'è il significato di questa esperienza?
Abbiamo percepito che la rottura sta portando positività. Da parte nostra abbiamo avuto un grande successo e vogliamo sottolinearlo con forza. Questo è servito per far emergere la necessità di una nuova gestione degli eventi, non potevano continuare a fingere che tutto andava per il meglio. C'è chi vorrebbe persino mettere in dubbio che vi siano state 60 aziende che hanno partecipato. Voglio ribadire che non solo hanno partecipato con grande soddisfazione nostra e loro, ma hanno dato una immagine positiva della nostra regione per qualità del prodotto e professionalità degli incontri.
Il secondo messaggio chiaro nei confronti della politica è che deve limitarsi alla programmazione e al controllo della spesa mentre gli eventi devono essere organizzati e gestiti dagli enti camerali da soli o associati secondo la loro autonoma scelta. La Regione non può partecipare come soggetto attivo controllato e controllore di sé stessa. Gli enti camerali devono fare un passo indietro per ritrovare l'unità nelle regole, la politica deve fare due passi indietro per non ingerirsi nella gestione dei fondi. Sarebbe utile verificare il significato di questa presenza, valutandolo in termini di contatti, poiché il risultato commerciale può essere valutato alla distanza. Questo servirebbe anche a misurare l'efficacia di un metodo.
Ritiene che siano maturi i tempi per l'organizzazione in un evento fieristico di respiro internazionale in Calabria?
Questo dipende dalla politica. Oggi noi abbiamo la Fiera di Cosenza, del Savuto, di Corigliano ...
Sono fiere medievali ...
È la Regione che deve decidere se è giunto il momento di creare un punto espositivo in grado di ospitare un evento di questo tipo. Non si può continuare a disperdere le risorse. Nelle feste paesane si può fare di tutto, ma un evento di questo tipo deve essere il frutto di una scelta per realizzare un unico punto nella regione. Non abbiamo bisogno di cento piccole fiere l'anno. Verona, Parma, Bari si sono specializzate fino a diventare degli appuntamenti irrinunciabili per gli operatori, ma organizzano un unico grande evento l'anno. Spesso in Calabria si nota una certa gelosia della politica. Vogliono togliere alle Camere di Commercio che hanno il know-how organizzativo, la competenza in questo settore. Vi è una forte spinta verso una una volontà di accentrare i poteri e diluire le risorse sul territorio alla ricerca del consenso.
Vi è un acceso campanilistico che impedisce una razionale programmazione.
Io spero che il nuovo governo regionale possa voltare pagina, altrimenti sarebbe una tragedia. Dobbiamo superare queste le nostre divisioni che risultano incomprensibili a noi stessi e non riusciamo proprio a spiegarle alla opinione pubblica che non conosce i nostri problemi. Se venerdì mentre ci accingevamo a sederci a tavola nella cena di lavoro conclusiva della fiera, mi avessere chiesto di ritornare sui miei passi per improvvisare una manifestazione comune sarei stato felicissimo e avrei aderito immediatamente. Le aziende devono avere dei punti di riferimento nelle istituzioni e non ritrovarsi in una lotta intestina sulla loro pelle. Si è notata subito la differenza tra gli stand delle altre regioni e l'organizzazione della Regione Calabria, che ha animato lo stand con miss Italia e qualche polpetta in chiave popolar-folclorica utile forse come promozione turistica. Il Piemonte aveva l'ice, l'esperto enogastronomico che associava il vino con i cibi, il sommelier che dava informazioni sulle qualità del vino, lo chef che preparava i manicaretti per la degustazione dei sapori. Tutti servizi mirati ad agevolare gli incontri B2B degli operatori con i buyer, al fine di consentire loro di presentare al meglio il proprio prodotto. Quello che abbiamo fatto anche noi con un certo successo e l'anno prossimo siamo pronti a migliorare sensibilmente servendoci dell'esperienza maturata. Questa è l'impostazione corretta.
Cosa chiedete al nuovo governo regionale?
Il compito della regione è quello di riunire le cinque camere di commercio, esporre gli indirizzi di programmazione che intende perseguire e le risorse destinate da suddivire secondo un criterio equo e lasciare piena libertà agli enti camerali di organizzarsi. Deve trasformarsi in un ente super partes che controllo il corretto utilizzo delle risorse senza interferire nelle scelte. Mi aspetto risposte razionali e non un "volemose bene" che non risolve i problemi di fondo. Sono ottimista sulla possibilità che questa nuova fase politica possa rappresentare una svolta nella politica industriale della regione.


C O P Y R I G H T

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