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Siamo qui per studiare e la facoltà di farmacia è molto apprezzata all'estero

(Mezzoeuro Anno IX num. 16 del 24/04/2010)

Rende, 22 aprile 2010

Gli studenti cinesi ad Arcavacata formano una comunità molto numerosa, chiusa e riservata

Siamo qui per studiare e la facoltà di farmacia è molto apprezzata all'estero

Preferiamo concentrarci per finire in breve tempo e dedicarci al nostro lavoro

Ci sediamo ad un bar di fronte alla pensilina dove partono le navette per il Ponte. Pi Ching è il rappresentante degli ospiti cinesi che studiano nella nostra università. E' insieme a Wei Xun e Liu Nannan, una studentessa dagli occhi a mandorla secondo la classica raffigurazione che noi occidentali abbiamo degli orientali. Sono iscritti tutti e tre alla Facoltà di Farmacia. Un rapporto antico che ormai dura da quasi trent'anni. Interrottamente. Il primo nucleo arrivò, infatti, nel lontano anno accademico 1979/80. Uno sparuto gruppo di 16 persone che rappresentavano però una grande novità nel panorama statico di una regione che aveva un flusso migratorio in una unica direzione. La stessa Cina è un mondo diverso rispetto a quello dinamico che conosciamo oggi, una realtà chiusa, appena uscita da una devastante rivoluzione culturale che aveva decimato la sua intellighenzia, un paese dove era difficile spostarsi liberamente persino al suo stesso interno. La loro presenza nel campus in embrione rappresentò una ondata di freschezza, di aria nuova per la Calabria e per la stessa Cina. Anche se all'epoca qualcuno notò appena quel piccolo sasso buttato in uno stagno.

A quel grande segno di apertura seguì un lungo silenzio. Le onde diventarono sempre più impercettibili fino a sparire del tutto. Molti anni dopo, i cinesi furono riscoperti per volere del preside della facoltà di farmacia che incaricò Domenico Sturino di occuparsi della questione. Don Domenico è all'opera da allora instancabilmente. Una figura di ecclesiastico letterato, parroco del centro storico di Rende, docente universitario, poliglotta e multiculturale, con una formazione americana e una profonda conoscenza della realtà locale, frutto del suo apostolato e della curiosità che lo contraddistingue. Insieme a Salvatore Andò, preside della Facoltà di Farmacia, decidono di riannodare quel filo interrotto ormai da tanti anni. Una decisione che contribuì al prestigio internazionale della facoltà, che viene classificata come una delle migliori d'Italia. Il tentativo ha un successo immediato; gli studenti corrono a frotte arginati solo dalla barriera del numero limitato che non consente l'accesso a tutti coloro che ne fanno richiesta, soprattutto per le facoltà scientifiche. Vi sono, quindi, margini per significativi aumenti pur in assenza di una specifica politica di accoglienza degli stranieri. La sinologia è quasi sconosciuta, la lingua cinese non trova grande attenzione nell'ateneo, la ricerca sulle condizioni economico-sociali del gigante asiatico affidate alla buona volontà di qualche volontario. Una difficoltà è rappresentata dalla lingua, dalla diversità culturale, dalla scarsità di esperti. E si è fatto molto poco per superare questo gap.

Oggi la comunità degli studenti cinesi conta più di 200 persone, tutte alloggiati nelle maisonette. Sono molto diversi da quelli di trent'anni fa, che erano animati da una voglia di conoscere il mondo, di leggere una realtà così lontana dalla loro, timidi ma decisi ad ottimizzare la loro esperienza, a cercare un contatto con gli altri studenti per uno scambio culturale e di esperienze. Oggi sembra che i cinesi vengono qui con l'obiettivo preciso di conseguire la laurea e tornare nel proprio paese per occupare il ruolo che gli compete in una società in forte espansione, dove le competenze e le capacità trovano ancora un immediato riconoscimento. Sono sicuri di sé, forti nel numero e nella volontà, che li rende una comunità chiusa, quasi impenetrabile al resto della popolazione studentesca. Vivono, parlano, dormono tra di loro con una scarsa interrelazione con il mondo che li circonda. Persino nel Festival dei Popoli che si svolge da molti anni all'Unical, la presenza cinesi è inesistente, non si organizzano manifestazioni musicali, cinematografiche, teatrali cinesi.

Al di fuori del campus vi è una numerosa comunità cinese di molte migliaia di persone, che lavorano, esercitano attività commerciale e di ristorazione. Ma vi è uno scarso entusiasmo e poco voglia di conoscerli e avere rapporti con loro. Si tratta di due mondi che non dialogano, poiché si considerano lontani per cultura e interessi. Due mondi che si allontanano perché la comunità esterna si radica sul territorio, crea una cultura propria conservativa. Nella comunicazione familiare difendono strenuamente il proprio dialetto ma hanno una scarsa familiarità con il mandarino, la lingua letteraria. I bambini frequentano le scuole e hanno difficoltà ad apprenderla per mancanza di qualsiasi aiuto dalle istituzioni scolastiche. La "Little China" si alimenta dei figli del popolo, la comunità studentesca è una rappresentazione della nuova borghesia, della nomenklatura, che dopo aver conquistato il benessere e spesso la ricchezza, ora investe nella cultura. Una diffidenza reciproca e finora nessuno ha tentato di creare qualche occasione di incontro.

Come avete conosciuto l'Italia, quali sono stati i motivi della vostra scelta?
Pi Ching - Noi facciamo parte del gruppo di studenti cinesi che vengono selezionati per studiare all'estero, non importa dove. Dal 2004 in Calabria vi era solo la facoltà di farmacia aperta agli studenti stranieri, ed ha una ottima reputazione. Tra le facoltà scientifiche disponibili vi era anche la facoltà di veterinaria a Milano, ed ho preferito venire qui. Ho scelto la facoltà, ma non il luogo.
Cosa è l'Italia vista dalla Cina?
Pi Ching - Pizza, buona cucina, moda. E la Sicilia, la mafia. A scuola si studia Roma e la storia romana, l'arte. Ma non vi è una conoscenza molto approfondita del vostro paese.
Liu Nannan - La dolce vita. L'Italia appare come un paese allegro, spensierato dove la gente si diverte.
Avete incontrato la mafia, qui? Qual'è stata la vostra esperienza?
Pi Ching - No. Non ho mai incontrato la mafia, l'ho letta nei libri e l'ho vista nei film, come il Padrino. Un bel film. Credo che sia la prima immagine dell'Italia che mi ha colpito. C'è una grande differenza tra quello che immaginavamo prima di venire e la realtà che ci troviamo a vivere.
Wei Xun - Abbiamo trovato una situazione molto tranquilla, tanto nell'università che nella città. Non abbiamo mai visto quella violenza che viene raccontata sull'Italia.
Quali differenze avete riscontrato?
Pi Ching - In Cina si lavora di più, vi è un maggiore entusiasmo, perché viviamo un momento di grande crescita, uno sviluppo accelerato. Qui sembra che nessuno abbia mai fretta, tutto si prende con calma. Si lavora tra un caffè e l'altro e nel pomeriggio tutti a casa, mentre in Cina si continua a lavorare fino a tardi.
Wei Xun - La stessa cosa avviene per lo studio. In Cina ci si applica di più, si passano ore e ore sui libri. Per l'esperienza che abbiamo, possiamo dire però qui il livello degli studi è molto elevato.
Quindi voi pensate che qui si lavora poco? Forse perché viviamo un momento diverso, una fase di recessione. Durante il miracolo economico, negli anni sessanta del secolo scorso, si è avuto lo stesso dinamismo, si è prodotto uno sforzo considerevole per sostenere un tasso di sviluppo elevato. Potremmo dire che siamo in un momento di stanca.
Pi Ching - Questo può essere vero. Ma si nota una diversa cultura del lavoro. Per noi sarebbe inconcepibile un clima così rilassato, ma forse con il tempo le cose potrebbero cambiare anche in Cina.
Dove vivete, come trascorrete il vostro tempo libero?
Pi Ching - Stiamo nel Centro Residenzionale, viviamo in appartamenti con sei persone, due per stanza. Abbiamo molte difficoltà a studiare la sera, perché ci disturbiamo a vicenda. Avremmo bisogno di uno spazio dove poter studiare.
Chiedete che sia aperta la sala studio della biblioteca, ad esempio.
Pi Ching - Questa potrebbe essere una buona soluzione, ma forse costerebbe molto, perché la biblioteca va custodita costantemente. Quando cerchiamo di rifugiarci in un aula ci cacciano via la sera e non sappiamo dove andare.
Credo che sia per una ragione di sicurezza.
Pi Ching - Noi siamo d'accordo che tenere aperta un'aula ha un costo per l'energia e la custodia. Però molti amici che studiano a Milano e in tutte le università del Nord non hanno questo problema, perché hanno sempre un luogo dove potersi riunire. Ci sempre delle aule aperte e disponibili. Per noi questo costituisce un problema importante perché siamo lontani da casa e vogliamo finire gli studi velocemente. Ogni sera potremmo guadagnare almeno due ore di studio ed accelerare la nostra preparazione. Per non parlare del week-end, sabato e domenica diventa un vero problema trovare un luogo tranquillo dove concentrarsi per studiare.
Trovate facile la vita nel campus, vi sono servizi adeguati, o avete qualche difficoltà?
Pi Ching - Qui ci troviamo bene, è un posto tranquillo non abbiamo particolari difficoltà. Vi sono due mense, una vicino alla Facoltà di Ingegneria e un'altra nei pressi del Centro Residenziale, che lascia un po' a desiderare per qualità e servizio e questo ci crea qualche problema. Le maisonette sono un po' chiassose perché vi sono sempre persone che parlano o disturbano fino a notte fonda e questo rende ancora più problematica la concentrazione.
Wei Xun - Questo per noi costituisce una difficoltà reale perché non riusciamo a studiare come vorremmo. Non non siamo interessati alle feste.
Quanti studenti cinesi ci sono nell'Unical oggi? Siete tutti iscritti alla Facoltà di Farmacia?
Pi Ching. Siamo circa duecento, e la grande maggioranza sono studenti a farmacia perché per qualche anno è stata l'unica facoltà disposta ad accoglierli. Oggi ci possiamo iscriverci a tutte le facoltà, ma la maggioranza preferisce farmacia, perché viene considerata di ottimo livello ed è molto apprezzata in Cina.
Wei Xun - Quando sono venuto qui era l'unica che potevo scegliere e tanti si sono trovati nella stessa nostra condizione. Vorrei aggiungere che noi non abbiamo borse di studio Erasmus o Marco Polo, come gli altri studenti italiani e stranieri che vengono qui e hanno la retta gratuita. Noi paghiamo 4500 € per un anno al centro residenziale e questo non mi sembra giusto perché per le nostre famiglie è un costo molto elevato. Noi studiamo e cerchiamo di superare tutti gli esami con voti buoni e però non abbiamo alcun aiuto.
Molti vi accusano di essere una comunità molto chiusa, state sempre tra di voi e non cercate un rapporto con gli altri. Da cosa dipende questo isolamento, dalla lingua, da difficoltà culturali, o vi sentite esclusi?
Pi Ching - In prevalenza preferiamo stare tra di noi, perché siamo in tanti e ci troviamo bene. Non abbiamo difficoltà con gli altri, tutti abbiamo tanti amici però tentiamo ad isolarci. Certo la lingua costituisce un ostacolo serio, perché soprattutto all'inizio quando tentiamo di parlare in italiano nessuno ci capisce e questo crea una condizione di disagio che poi ci fa chiudere. E' una esperienza frustrante che soffriamo molto.
Può anche essere stimolante. La lingua si impara soprattutto praticandola, la chiusura non fa che esasperare le difficoltà. La lingua non serve solo a comunicare, ma anche a penetrare nella cultura di un popolo.
Pi Ching - Questo dipende dalle sensibilità individuali, la maggioranza di noi vengono qui per completare i propri studi. Ci sono degli studenti cinesi che amano isolarsi e non gli piace avere contatti con persone diverse. Vi sono tuttavia molti di noi che hanno ottimi rapporti con gli altri studenti. A me piace comunicare, ma non tutti sono così.
Trovate difficoltà a seguire i corsi e sostenere gli esami. Ritenete sufficienti i corsi di italiano?
Pi Ching - La lingua è sicuramente l'ostacolo principale. Per fortuna nelle facoltà scientifiche si usa un linguaggio tecnico e formalizzato che rende più semplice l'esposizione poiché simboli e formule sono uguali dappertutto. Io ho studiato italiano a Perugia e trovo che vi è una grande differenza con quanto si organizza qui. La docente di italiano è molto simpatica ma rimane sempre su un livello teorico.
Wei Xuan - Ci sono corsi di italiano, ma ci aiutano poco perché si insegna la lingua letteraria, la grammatica e la sintassi mentre la lingua parlata e quella tecnica sono molto diverse. C'è bisogno di una maggiore concentrazione poiché i concetti sono difficile di per sé e la lingua aumenta le difficoltà.
Liu Nannan - Io qui mi trovo bene perché le lezioni sono sicuramente ad un livello elevato, ma qualche volta non riusciamo a capire appieno la spiegazione e ci dobbiamo aiutare con i libri. Questo è il motivo per cui avremmo bisogno di uno spazio fisico, un'aula o una sala lettura come hanno detto i miei amici.
Vi sono occasioni d'incontro che favoriscono il rapporto, come incontri culturali, spettacoli teatrali, circoli ricreativi, impianti sportivi?
Pi Ching. Non vi sono molte occasioni d'incontro. Nel centro residenziale io abito insieme a cinque ragazzi cinesi. Sarebbe opportuno mischiare le nazionalità: due cinesi, due italiani e magari due russi. Ma questo non avviene. Io volevo stare insieme a degli italiani, ma questo non mi è stato consentito.
Wei Xun. Abbiamo chiesto molte volte di poter stare insieme agli italiani, ma ci hanno sempre risposto di no.
Avete mai pensato di creare degli eventi per far conoscere la vostra cultura, dal teatro alla musica. Gli altri lo fanno.
Pi Ching. Ci sono i cubani ad esempio che organizzano tanti spettacoli. La nostra cultura è molto diversa dalla vostra e pensiamo sia difficile portala qui. Non ho mai pensato che i miei amici italiani possano essere interessati ai film cinesi, perché non li capirebbero, e hanno sottotitoli in inglese. Anche le altre forme artistiche come la musica o il teatro sono molto difficili da rappresentare qui.
Wei Xuan - A noi non piacciono molto le feste, preferiamo passare le nostre serate tra amici o a studiare. Non abbiamo pensato di organizzare delle manifestazioni culturali perché è molto difficile farli capire a tutti.
Qual è il rapporto con la comunità dei cinesi che vivono qui?
Pi Ching. Abbiamo pochi rapporti con loro, perché viviamo una esperienza molto diversa e vi è una differenza culturale notevole. Noi siamo più interessati alla cultura, loro ai beni materiali: pensano ai soldi, alle macchine, al lusso. Vogliono solo diventare ricchi. Noi vogliamo prendere una laurea e tornare in Cina.
Liu Nannan. Abbiamo interessi diversi. A me piace studiare. Non troviamo molti motivi per stare insieme a loro.
Trovate che vi siano molte differenze nel rapporto tra ragazze e ragazzi? Come vedete la Calabria sotto questo profilo?
Pi Ching. Vi è stata una grande evoluzione negli ultimi anni in Cina. Soprattutto nelle grandi città i rapporti sono molto più liberi, ma nelle campagne ancora persistono vecchie abitudini. Anche in Italia vi sono molte differenze. Io sono stato a Milano per un molti mesi e ho potuto toccare con mano la diversa ricchezza. Ma mi trovo molto meglio qui. La gente è più aperta e amichevole. Io ho un amico che abita a Pavia. Quando è venuto a trovarmi ha detto che qui ha passato i suoi giorni più belli da quando è in Italia, perché qui è più tranquillo e più semplice.
Wei Xun. Io trovo che qui i rapporti sono molto più liberi. E' tutto molto più semplice e non trovo alcuna difficoltà. Noi cinesi siamo molto più tranquilli, non amiamo molto il caos, la confusione, le feste.
Liu Nannan. I ragazzi italiani sono molto più disinvolti. Pensano subito al sesso, mentre noi siamo un po' più riservate. Questo crea molti imbarazzi. A molte ragazze cinesi piace frequentare gli italiani perché sono allegri, piacevoli ma dovrebbero anche avere maggiore tatto, rispettare la nostra sensibilità. Prima di venire in Italia, pensavo che fosse un paese molto evoluto e sviluppato. Poi ho dovuto prendere atto che vi sono molte differenze tra il Nord e il Sud.

Don Domenico Sturino "ministro degli esteri" della facoltà di farmacia racconta

Abbiamo portato qui i figli della nuova borghesia cinese

Tutto è iniziato per una felice intuizione del preside Sebastiano Andò nel lontano 1980

Come è iniziato il cammino della seconda ondata di studenti cinesi ad Arcavacata?
Il preside della facoltà di farmacia ha intuito prontamente le grandi potenzialità rappresentate da un paese emergente come la Cina, con una economia crescente, interessi scientifici. Già dal 1990 subito dopo l'arrivo dei primi ospiti cinesi, mi ha dato l'incarico di verificare la possibilità di creare un afflusso regolare di studenti. L'internazionalizzazione è nella natura stessa dell'università che costituisce un veicolo importante per il dialogo multiculturale, un arricchimento reciproco attraverso lo scambio di esperienze. Si è pensato di offrire agli studenti cinesi selezionati dal governo dieci borse di studio per tutto il corso di laurea, a carico del bilancio dell'Università della Calabria dietro richiesta della facoltà di farmacia. Ad essi venivano offerti vitto e alloggio per tutto il percorso formativo, loro dovevano accollarsi soltanto le tasse. In questi cinque anni l'università si è aperta, ha avuto l'opportunità di farsi conoscere, di intrecciare rapporti scientifici con altri prestigiosi istituti. Da allora quel flusso non si è mai interrotto. Molti di quegli studenti hanno incarichi di responsabilità in importanti istituti internazionali e contribuiscono a diffondere il nome della nostra università.
Come si è passati da dieci borse di studio a 200 studenti, gran parte dei quali continuano a preferire la facoltà di farmacia?
Dopo quella fase ci siamo rivolte alle agenzie paragornative, come la Dong Feng International Center for Student Exchange, che provvedono a reclutare gli studenti gli studenti cinesi che vogliano iscriversi in università straniere. Sono agenzie un po' particolari, di carattere privato, ma i cui dirigenti sono nominati dal governo, che li informa sulle università disponibili ad accogliere gli studenti cinesi che siano allo stesso tempo ritenute qualitativamente idonee, poiché il titolo rilasciato è tenuto in alta considerazione in Cina. Si tratta di una categoria molto diversa da quella precedente, la cui estrazione sociale è legata alla nuova borghesia nata a seguito del processo di progressiva trasformazione dell'economia cinese. I rappresentanti della Dong Feng si sono presentati da noi ed abbiamo iniziato un dialogo da cui è scaturito un protocollo di intesa.
Una delle lamentele è quella di dover pagare una retta annua di 4.500 euro annua per la loro permanenza del campus e non hanno più alcuna borsa di studio.
Oggi non vi sono più borse di studio, proprio perché si tratta di una categoria di studenti molto diversa. In una prima fase avevamo offerto condizioni molto favorevoli e questo ha portato ad un progressivo ampliamento del loro numero nel tempo. Con l'attuale crisi finanziaria che sta vivendo l'università, il rettore ha inteso adeguare anche il costo a quanto praticato agli altri studenti. Si tratta comunque di un privilegio, poiché viene riservato loro un certo numero di posti nel campus e comunque la somma è inferiore al costo effettivo del servizio.
Non vi sono più borse di studio, quindi.
No. Sono poche dappertutto e non così sostanziose come quelle che abbiamo allora offerto ai dieci studenti. Abbiamo cercato di ottenerne qualcuna attraverso l'associazione italo-cinese ed il ministero degli esteri, ma per il momento non vi è alcuna borsa disponibile. Voglio ribadire che mentre i primi studenti venivano selezionati dal governo per merito, questi vengono mandati dalle agenzie che smistano tutti coloro che hanno intenzione di studiare all'estero senza effettuare alcuno screening scientifico. Detto chiaramente qui arrivano oggi i figli dei nuovi ricchi, che possono permettersi di pagare un soggiorno all'estero per la loro formazione.
Vi sono però altri che godono delle borse di studio Erasmus o Marco Polo, che sono dei programmi per l'interscambio culturale finanziati dalla Unione Europea. Anche l'Unical potrebbe organizzarli ...
L'Università potrebbe attivarsi certamente, ma è una fase in cui lo stesso ministero invita alla prudenza poiché non vi è una grande disponibilità finanziaria. Ho chiesto ripetutamente al delegato del rettore a destinare una piccola somma per premiare gli studenti che più si distinguono. L'anno scorso è stata accantonata una piccola somma e si sta definendo come utilizzarla per premiare il merito.
Un altro inconveniente rilevato è il sovraffollamento delle maisonette, dove sono sistemati due studenti per stanza. Manca lo spazio fisico per poter studiare la sera e nei week-end.
La facoltà sta facendo ogni sforzo per poter dare risposte alle esigenze espresse degli studenti. Al precedente rappresentante ora negli Stati Uniti avevamo dato un piccolo stipendio per i lavori che svolgeva nei confronti della propria comunità, abbiamo organizzato due borse di ricerca post-dott per gli studenti più meritevoli finanziati interamente con fondi propri. La carenza di aule esiste anche per i ricercatori e i docenti, per cui è difficile trovare una soluzione adeguata. Ho già proposto di destinare una piccola aula alla comunità cinese per le loro esigenze di studio, di incontro, di scambio culturale. Mi sono attivato per promuovere un incontro multietnico e multiculturale dove discutere tutte le problematiche che essi incontrano che si terrà giorno 4 e cinque maggio. Devo però anche dire che spesso gli studenti sono disattenti e non partecipano attivamente alle attività e poco propensi ad assumersi responsabilità. Noi avevamo pensato di dare un'aula alla loro associazione ed una borsa di studio che gli stessi avrebbero dovuto decidere a chi attribuire. E' un loro diritto avere una sede per riunirsi, incontrarsi e per tutte le attività che desiderano effettuare.
Una difficoltà è rappresentata dalla lingua e dalla scarsità dei mezzi messi a disposizione. Il corso di lingua è insufficiente a garantire un apprendimento dell'italiano perché ritenuto teorico.
Le università italiane richiedono una permanenza di almeno sei mesi nel paese per l'apprendimento linguistico prima dell'inizio dei corsi. Sia il progetto Marco Polo che la Dong Feng sono esortati ad organizzare dei corsi di italiano in Cina della durata di almeno sei mesi prima dell'arrivo nel nostro Paese. Ciò significa almeno un anno intenso di apprendimento linguistico.
Chi ha avuto l'opportunità di frequentare il corso di italiano a Perugia si trova in condizioni migliori rispetto a coloro che lo seguono qui.
Quando avevamo i fondi noi organizzavamo corsi di italiano direttamente in facoltà con docenti a contratto e i ragazzi ne hanno tratto grande beneficio. Oggi si organizzano corsi tutto l'anno nel Centro Linguistico di Ateneo con ottimi insegnanti che si aggiornano continuamente. Forse gli studenti trovano qualche difficoltà a inserirsi con gli altri provenienti da ogni parte del mondo.
La comunità cinese tende ad isolarsi in questo anche favorito dal fatto che nelle maisonette i gruppi vengono suddivisi per nazionalità.
Inizialmente si era disposto di creare una comunione di intenti e di valori mischiando le varie nazionalità. Questo buon proposito si è infranto sulle difficoltà pratiche riscontrate, sugli attriti che si producevano e si è deciso di rimandare la concreta applicazione di questo principio in altro momento. Più volte sono dovuto intervenire per risolvere dei conflitti anche aspri. Io non ho mai condiviso questa impostazione. Mi sono occupato del problema, ho fatto degli studi, poiché va contro l'idea di multiculturalità ed interculturalità. Mi auguro che sia una fase transitoria e che presto potremo riprendere il cammino interrotto.
Come mai la comunità cinese non partecipa al Festival dei Popoli, non organizza manifestazioni culturali, come spettacoli musicali o teatrali, mostre d'arte?
Da me vengono tutti e sono pronto a dialogare e cercare soluzioni per i problemi che mi vengono posti. Devo dire che non vi è mai stata alcuna proposta in tal senso e credo che sarebbe auspicabile che vi fosse una forte presenza della cultura cinese nella nostra università. Devo dire che per il secondo anno consecutivo organizziamo un master di medicina cinese in collaborazione con l'Università di Nanchino. Sono venuti dei ragazzi straordinari che sono stati inseriti nei nostri laboratori ed hanno portato con loro la testimonianza di una cultura millenaria. Una delle mie proposte è di istituire dei corsi paralleli di farmacopea occidentale ed orientale per confrontare le diverse farmacopee.
Questo è molto interessante nello specifico, ma è rivolto ad un pubblico particolare. Si dovrebbe anche far conoscere la musica, l'arte, il teatro ...
Magari ricevessi proposte in tal senso. Vi è una certa ritrosia, forse dovrebbero essere incoraggiati.


C O P Y R I G H T

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