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Cooperazione vuol dire lavoro. Intervista a Katia Stancato

Mezzoeuro Anno IX num. 20 del 22/05/2010)

Rende, 20 maggio 2010

Intervista a Katia Stancato, leader di Cofcooperative. "Il sistema del credito non dù il necessario sostegno alle imprese nella fase di avvio".

Il sistema cooperativo rappresenta tuttora una quota molto bassa del reddito regionale. Quali sono le difficoltà che incontra la cooperazione in Calabria?
In base a quali dati afferma una tale tesi? Faccio presente che nella regione operano svariate migliaia di imprese cooperative, dalle 4.000 alle 4.500, che sono attive poiché presentano i loro bilanci annualmente presso le Camere di Commercio. Vi sono tante cooperative che non rendono visibile la loro forma giuridica, come il Salumificio Madeo di Spezzano Albanese, una delle imprese più capitalizzate del Mezzogiorno. Certamente la grande maggioranza è costituita da piccole e piccolissime realtà, ma questo riflette la situazione dell’intera regione dove l’impresa media, per non parlare della grande, è quasi assente. Nel caso della cooperazione questa potrebbe essere una caratteristica premiante.
Si ha l’impressione che siano le cooperative edilizie a costituire il nerbo del sistema, mentre importanza marginale rivestono le cooperative di consumo, i gruppi di acquisto, le cooperative sociali e quelle artigiane …
La cooperativa edilizia ha avuto il suo boom negli anni ’80, mentre nell’ultimo quindicennio, la grande diffusione della cooperazione in tutto il Mezzogiorno ma soprattutto in Calabria, si è avuta nei servizi, e specificamente nei servizi sociali. Oggi vi sono migliaia di cooperative che suppliscono alle carenze della pubblica amministrazione occupando nicchie di mercato che questa non riesce a soddisfare. Prendiamo il caso della sanità, spesso le cooperative colmano le lacune del servizio pubblico, penso all’assistenza domiciliare agli anziani, ai centri di assistenza per tossico-dipendenti, o ai portatori di handicap. Nel caso degli immigrati, ad esempio, la cooperazione sociale di tipo B può svolgere un ruolo fondamentale come fattore d’integrazione.
Molto spesso la cooperazione diventa una forma succedanea di precariato “home made”, un sistema per assicurarsi una forza di lavoro senza passare per le forche caudine dei contratti di lavoro.
La cooperazione è la capacità di riuscire a coniugare imprenditorialità e solidarietà. Spesso amministrazioni pubbliche, la politica, un certo sindacato hanno strumentalizzato la cooperazione trasformandola in un forma di assistenzialismo. Noi rappresentiamo e ci teniamo a sottolinearlo, solo cooperazione autentica, operando una selezione.
Prendiamo il sistema Valle Crati di raccolta dei rifiuti, quando ha inglobato le cooperative sociali è imploso. Per incanto, il sistema dei rifiuti ha recuperato l’efficienza con la gestione privata.
Non conosco il caso nel dettaglio. Evidentemente quelle cooperative non erano imprese, ma sono state utilizzate come mezzo di assistenza, probabilmente perché la 381 consente di affidare direttamente i servizi alle cooperative di tipo B eludendo la gara d’appalto. Non è lo strumento in sé che è buono o cattivo, ma è l’uso che se ne fa. Questo non è un caso tipicamente calabrese, ma si è ripetuto in molti luoghi, come a Catania. Qualche mese Report ne ha evidenziato un altro analogo ad Alessandria.
Un fenomeno della nostra regione è la precarizzazione del rapporto di lavoro
… questo non è un fenomeno solo calabrese, ma investe tutto il Paese.
Ma qui assume forme patologiche. Più del 60% dei giovani è costretto ad arrangiarsi, vivendo alla giornata.
La cooperazione è uno strumento formidabile per dare una risposta a questo grave problema, a condizione che tutti i partecipanti siano responsabilizzati fino in fondo. Ciascuno deve averne percepito il vantaggio, il valore e la grande opportunità che gli viene offerta di essere imprenditore di sé stesso, come socio lavoratore, poiché può costruirsi la propria attività lavorativa. Se poi questa viene strumentalizzata per fini elettoralistici, sicuramente non è risolutiva nel medio-lungo periodo. Fornisce un sollievo momentaneo alla disoccupazione, ma lo cronicizza poiché si ripresenta dopo qualche tempo in maniera ancora più drammatica.
Quali sono le forme cooperative che danno il maggior contributo alla formazione del reddito regionale e creano un significativo contributo occupazionale?
Recentemente si è aperto un interessante dibattito a livello nazionale sulla definizione del reddito da parte di autorevoli economisti e sociologi. Ci si è chiesti se dobbiamo continuare a misurare tutto in termini quantitativi o non dobbiamo preoccuparci del benessere collettivo, misurando il cosiddetto PIQ (Prodotto Interno di Qualità), cercando di dare un peso ad una pluralità di fattori come la qualità ambientale, il capitale umano, l’innovazione tecnologica e sociale. La cooperazione è proprio la coniugazione della produzione di reddito e di qualità della vita, di benessere individuale e valore aggiunto sociale. Questo è possibile se vi è una motivazione ad intraprendere condividendo da parte di tutti i soggetti interessati. L’idea che ha portato alla creazione della cooperativa deve essere una buona idea e trovare il gradimento del mercato.
Quali sono le forme di cooperazioni maggiormente presenti nella nostra realtà regionale?
Non solo per la politica, ma anche per l’economia, la parola chiave del prossimo futuro è territorio. Tutto ciò che soddisfa i bisogni o può valorizzare la produttività locale legata alla vocazione territoriale. Questo è il settore trainante per il successo e vale per il tessuto imprenditoriale in genere, ma vale in modo particolare per la cooperativa. Quando la cooperazione è autentica, una delle sue caratteristiche è il radicamento territoriale perché nasce per occupare le persone di quella comunità e soddisfare i bisogni e valorizzare le produzioni di quel territorio.
Come vive la congiuntura il sistema cooperativo? Cosa si percepisce dal mondo cooperativo?
La crisi si avverte ancora tutta. Nel rapporto dell’economia si parla di un accenno di ripresa nell’ultimo scorcio dell’anno passato, andamento confermato in questo primo trimestre del 2010. Vi sono molti segnali di una lenta ripresa dell’economia. In Calabria siamo ancora nella fase bassa della U.
Quali ruolo svolge la cooperazione, costituisce un ammortizzatore o ha una funzione prociclica?
Una buona cooperativa, per la sua stessa natura, ha una maggiore flessibilità e capacità difensive più elevate, poiché possiede degli anticorpi che le consentono di adattarsi immediatamente alle mutate condizioni di mercato. Non vi è dubbio, però, che la contrazione dei consumi finisce inevitabilmente per riflettersi anche sul sistema cooperativo. In Calabria, il fattore più penalizzante è il rapporto con il sistema del credito poiché le nostre imprese sono di piccolissima dimensione e soprattutto sottocapitalizzate. Vi sono poi alcuni settori, come quello dei servizi sociali e quelle di produzione e lavoro che hanno un rapporto continuato e commesse con la pubblica amministrazione. Il rapporto con la Regione ma anche degli altri enti locali, penalizza in maniera pesante il sistema imprenditoriale.
Lei segnala, dunque, due difficoltà: la frenata del credito, che ha impedito alle imprese di innovare e rinnovare e il ritardo nei pagamenti dell’amministrazione pubblica che scarica sulle imprese le proprie difficoltà.
Le cooperative subiscono un pesante aggravio di bilancio per i due motivi che abbiamo accennato. Il sistema cooperativo è una forma accessibile a tutti, viene preferito proprio per la possibilità di poter creare un impresa con capitali minimi. Questo si trasforma in un vero handicap nel rapporto con il sistema del credito.
Il capitale sociale contribuisce in misura irrisoria al finanziamento degli investimenti, per cui si deve fare ricorso al credito …
Nel momento dello start-up si deve sostenere lo sforzo maggiore per poter iniziare l’attività e la forma cooperativa consente di creare lo strumento giuridico con un sacrificio finanziario minimo.
Tutto questo non potrebbe risolversi in un tromp-l’oeil, una pura illusione, poiché dopo la costituzione ci si accorge che senza un capitale non si crea una impresa. La maggioranza dei fallimenti delle imprese in Calabria è conseguenza di una scarsa capitalizzazione.
L’elemento fondamentale del sistema cooperativistico è la valorizzazione del fattore umano, delle competenze e delle professionalità che le persone possono mettere in campo in una impresa. Questo rende l’impresa cooperativa molto diversa rispetto alle altre forme societarie, dove vi è sicuramente bisogno di maggiori capitali. Vi sono delle esperienze, come succede nei servizi, dove quello che conta è il saper fare del socio e la ricerca di un’attività che gli assicuri una giusta remunerazione.
Katia Stancato
Questi sono casi particolari, ma nella maggioranza dei casi vi è bisogno di investimenti anche consistenti,
Sono proprio i settori con una bassa intensità di capitale che noi privilegiamo e vogliamo incentivare. Si è spesso sottolineato che nella regione abbiamo una elevata natalità di imprese, accompagnata da una altrettanto elevata mortalità. Questo significa che le imprese non sono aiutate proprio nella fase iniziale, che è quella più delicata, più complessa soprattutto nei primi tre anni fino a quando non si va a regime e bisogna dire che c’è un contesto che non è favorevole proprio nel momento del maggior bisogno.
Il motivo per cui la Camera di Commercio, nella nuova gestione Gaglioti, sta assumendo un ruolo straordinariamente importante, perché si è posta con prepotenza il sostegno della impresa nella sua fase larvale. Molte delle attività programmate sono orientate a sostenere questa fase, attraverso le associazioni di categoria. E' fondamentale seguirle sin dalla nascita soprattutto quando si voglia utilizzare fondi pubblici. E' assolutamente necessario anche il rapporto con il credito, poiché c'è una quota di cofinanziamento che gli imprenditori e le cooperative devono comunque richiedere al sistema bancario.
Quali sono i motivi di doglianza nei confronti del sistema bancario?
Innanzi tutto la denuncia fatta dal vice presidente regionale di Confcooperative nella sua qualità di componente del comitato regionale per il credito: mentre a partire da settembre i tassi di interessi sono diminuiti, la Calabria è in controtendenza. Il tasso medio sui prestiti passa dal 6,40% al 7,62%. Questo è già un motivo di penalizzazione. Le banche si dimostrano onerose e particolarmente inflessibili. Ci sono persone che legittimamente vorrebbero realizzare un progetto confidando nella qualità del progetto che presentano. Non tutti gli imprenditori o i potenziali imprenditori hanno dei patrimoni da offrire in garanzia.
Non le sembra che 4.000 imprese che muoiono ogni anno rappresentano un rischio reale di chi vuole sovvenzionarle?
Questo è il cane che si morde la coda. Tutti dobbiamo fare un riflessione, dagli imprenditori al sistema bancario, ed anche la regione.
Quando si va a vedere la qualità dell'imprenditoria, sorge più di qualche dubbio che giustifica la prudenza delle banche. E' possibile immaginare di poter fare impresa senza capitali, senza rischio? Il caso della legge 44 sull'imprenditoria giovanile che dava poco meno del 100% del capitale, è emblematico: la maggioranza delle iniziative sono fallite lo stesso.
Mi permetto di dire che non tutte hanno fatto quella fine. Vi sono anche degli esempi positivi. Voi giornalisti siete sempre alla ricerca di esempi negativi da offrire in pasto all'opinione pubblica. Ci sono tantissime imprese che pur tra mille difficoltà riescono ad andare avanti: costituiscono esempi molto positivi, ma non fanno notizia. Non guadagnano gli onori della cronaca, poiché fanno il loro dovere, si comportano correttamente, si confrontano quotidianamente con il mercato, hanno un buon rapporto con la pubblica amministrazione. Forse se si pensasse più a loro si darebbe un messaggio positivo. Un po' di ottimismo non guasta di tanto in tanto.
Il dato da cui partire è la constatazione che cinquant'anni di politica di agevolazioni non hanno sortito alcun effetto, la Calabria è rimasta al palo buon'ultima tra tutte le regione d'Italia. E' evidente che le negatività hanno finito per prevalere.
Non sono molto d'accordo. Io sono convinta che siamo un po' tutti responsabili del mancato sviluppo della Calabria, dagli imprenditori al sistema bancartio, alla politica che ha governato sino ad oggi.
... soprattutto la politica ...
Non bisogna enfatizzare le colpe della politica. Anche la più lungimirante della classe politica si trova a dover combattere dalla stagnazione prodotta da una certa burocrazia. Questo è un nodo veramente inestricabile, la vera palla al piede dello sviluppo.
La burocrazia la fa la politica scegliendo secondo criteri clientelari, familistici senza tener conto delle competenze e delle professionalità.
Ci sono 40 anni di storia di cui purtroppo paghiamo ancora le conseguenze per le scelte sbagliate. Sbagliare un progetto provoca un effetto molto più limitato di un funzionario incapace che proietta la sua azione nel lungo periodo. Sono tanti gli elementi che concorrono al mancato sviluppo, non è giusto cercare sempre la causa nell'economia e nell'impresa.
Ecco il punto. Viviamo in una realtà problematica. Se si vuole rappresentare la condizione delle regione si deve partire dall'analisi degli errori per evitare di ripeterli, non per scoop giornalistici ma per disegnare un cammino virtuoso. Perché tante imprese falliscono in Calabria? Se individuiamo le cause, forse potremmo trovare i possibili rimedi.
Penso ci sia un dato che oggettivamente possiamo analizzare. Spesso le imprese vengono soffocate nella culla. Come abbiamo detto, non sono sufficientemente accompagnate nella fase iniziale. Su questo dovremmo riflettere.
Mimmo Bilotta, in riferimento alle imprese commerciali, ha fornito delle indicazioni interessanti con la proposta di una moratoria triennale delle tasse locali (pubblicità, di insegna, Tarsu, occupazione di suolo pubblico ecc.) e degli oneri fiscali e contributivi. Aiutando l'impresa a crescere si aiuta l'economia e si crea una potenziale fonte di entrata per gli stessi enti locali.
Dovremmo realizzare una zona franca in ogni comune della Calabria?
Una zona franca delle nuove attività.
Potrebbe essere una idea. La defiscalizzazione è un incentivo importante e automatico. Bisogna solo verificare se questa politica è compatibile con i bilanci dei comuni, che sono già molto penalizzati per la decurtazione delle entrate decise con le varie finanziarie.
Vi sono tanti comuni interni dove non vi sono quasi più attività produttive o commerciali. Se ne sorgono di nuove non può che essere un beneficio per il loro valore sociale e anche economico. Un comune non perde niente per un'attività che non c'è, se si crea può sperare in un'introito futuro.
Sicuramente bisogna ripensare l'intero sistema e il federalismo sotto questo aspetto ci da un po' di autonomia e la possibilità di poter trovare delle soluzioni ad hoc per le nostre realtà.
Quale può essere il ruolo della cooperazione per superare questa fase di crisi, di stallo, di disperazione economica? Cosa chiede alla politica, all'ente camerale, agli enti locali?
La cooperazione per affermarsi deve superare questo problema culturale sul quale tutti dobbiamo investire. Un sostegno forte può venire dall'Assessorato alla Cultura ed all'Istruzione. Io non dimentico mai di accennare all'esempio positivo del Trentino, dove è stato creato all'interno di Confcooperative un dipartimento che si chiama Scuola e Cooperazione. Da più di trent'anni nelle scuole trentine di ogni ordine e grado si promuove la cultura cooperativa, che non è soltanto cultura d'impresa, ma condivisione delle risorse, delle aspettative e dei destini comuni delle persone. La cooperazione come modello da applicare in tutte manifestazione della società.
Dobbiamo creare degli strumenti di facilitazione dei rapporti tra le cooperative e il sistema del credito. In questo la costituenda Banca di Garanzia è sicuramente molto utile per creare un dialogo nuovo. Le nostre associate hanno capito le potenzialità di questa nuova creatura e stanno aderendo massicciamente. Anche noi siamo coinvolti nella promozione di attività a livello nazionale e internazionale che vuole promuovere la Camera di Commercio, come Vinitaly e Cibus, due vetrine importanti. La cooperazione agro-alimentare sta partecipando attivamente con un ruolo di primo piano.
Alla regione chiediamo di investire sulla legislazione per la promozione della cooperazione, della concertazione, della comunione; una incentivazione dei sistemi dello stare insieme perché si produce e si affrontano meglio i mercati. Le leggi ci sono, ma rimangono lettera morta perché non vengono finanziate. Spesso manca la volontà politica di destinare un capitolo di bilancio per queste attività. Abbiamo, ad esempio, una importantissima legge sulla pesca. Chiediamo che venga finanziata. L'ottanta per cento dei pescatori sono rigorosamente organizzati in cooperativa da quasi cinquant'anni.
Chiediamo che venga incentivata la cooperazione agricola, dove vi è una fortissima polverizzazione. In luogo di incentivare i singoli produttori, sarebbe opportuno premiare le forme di associazionismo.
Chiediamo l'attuazione della legge sulla cooperazione sociale: finalmente nella scorsa legislatura si è arrivati alle norme di attuazione della legge 381 del 1991, dopo ben 18 anni. Non si è avuto il tempo di attuarla, di ottenere i necessari finanziamenti. Nell'ultima finanziaria regionale era stata destinata la somma di un milione per questo settore, ma è stato stornato in extremis. Il nuovo assessore al lavoro deve cominciare da qui, dal dimostrare di voler creare lavoro anche attraverso la cooperazione. Ci aspettiamo che la Regione e Fincalabra puntino sulla cooperazione per la creazione di nuove attività, ma soprattutto per potenziare le imprese esistenti.

C O P Y R I G H T

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