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La condizione carceraria in Calabria

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno X num. 1 dell'8/1/2011


Rende, 28/12/2010

Nella conferenza di fine anno il Sappe, il sindacato della polizia penitenziaria, denuncia il sovraffollamento delle carceri calabresi e il grave stato di disagio dei custodi costretti a supplire le carenze di organico, senza dimenticare il carcere di Via Popilia accerchiato dal cemento ...

La conferenza di fine anno del SAPPE (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) non poteva certo dirsi affollata. Vi era la presenza di due televisioni private e poco altro a dimostrazione dello stato di estraniamento in cui vive tutto il mondo carcerario. Siamo un po' tutti convinti che è una realtà che non interessa il cittadino comune, ma è il luogo dei delinquenti incalliti, della punizione dei colpevoli di reati gravi che meritano pertanto la reclusione alla quale sono condannati. Questa è una opinione completamente falsa che bisognerebbe confutare molto energicamente, poiché a parte particolari situazioni, la grande maggioranza dei detenuti sono chiamati a rispondere delle conseguenze di un gesto magari inconsulto o di un evento particolare che potrebbe averlo colpito in maniera alquanto fortuita come succede, ad esempio, negli incidenti stradali. E potrebbe capitare a ciascuno di noi.

Al 30 novembre 2010 vi erano in Italia 69mila detenuti, di cui 25mila stranieri, pari a oltre un terzo del totale. Se questo corrispondesse al tasso di criminalità delle due popolazioni, si dovrebbe arguire che gli stranieri sono circa sette volte più pericolosi degli italiani, un dato che non corrisponde alla realtà. Piuttosto è la normativa sull'immigrazione che introduce fattispecie di reati (come l'immigrazione clandestina) che gonfiano il dato e riempiono le prigioni. Il secondo dato sorprendente è che il numero di posti disponibili nel complesso delle case di detenzione italiane è inferiore a 45mila posti, con un esubero di circa 24mila detenuti e un tasso di sovraffollamento dell'1,54%. Questo significa che per due posti disponibili vi sono rinchiusi tre persone con tutti i disagi personali, le deficienze igienico-sanitarie e la promiscuità tra le varie categorie di detenuti che rendono molto difficile la permanenza nei luoghi di pena e la gestione di questa varia e sofferente umanità. L'impossibilità di mantenerli separati per tipologia di reato e grado di pericolosità trasforma spesso la permanenza in carcere come una vera e propria università del crimine piuttosto che una occasione di riscatto e di rieducazione delle devianze.

Ancora più sorprendente è scoprire che il numero dei condannati in via definitiva è di 38mila persone, pari a poco più del 50% del totale. Il restante 50% ha ancora un procedimento penale in corso: di questi 15mila sono in attesa del primo giudizio. Una giustizia più rapida potrebbe riportare il numero dei detenuti alla normalità entro i limiti dei posti disponibili.

La situazione tende invece a peggiorare poiché mediamente ogni anno centomila persone entrano nelle carceri italiane e ne escono novantamila, con un incremento di circa diecimila detenuti. Vi è l'impossibilità materiale di affrontare il problema con la costruzione di sempre nuove carceri e pertanto si preferisce intervenire in via legislativa con misure tampone, che costituiscono solo un palliativo momentaneo. La conclamata volontà di costruire circa 20mila nuovi posti negli istituti penitenziari viene sempre procrastinata per la mancanza di copertura finanziaria. Nel 2006 il minicondono varato dal governo Prodi ha dato un po' di respiro al sistema carcerario, ma sono bastati pochi anni per far riesplodere il fenomeno. Solo qualche giorno fa è stata approvata una nuova legge voluta dal guardasigilli Alfano, detta svuota-carceri, che consente ai detenuti con pene detentive inferiori a un anno poterle scontare ai domiciliari. Una misura deflattiva tipo placebo ma non risolutiva. Secondo i calcoli dello stesso ministero ne potranno fruire circa 7 mila detenuti entro il 31 dicembre 2013, che nel frattempo saranno stati rimpiazzati dai nuovi arrivi. Ancora una volta siamo di fronte a un provvedimento parziale e di limitata efficacia, destinato a alleviare la situazione carcerari in maniera temporanea.

Un motivo strutturale è costituito dalla funzione del carcere come panacea di tutti i mali, il luogo della perdizione per gli ergastolani e della redenzione per tutti gli altri. Secondo Michel Foucault, nella società moderna la prigione ha assunto la forma di sanzione per ogni sorta di crimine, una marginalizzazione del diverso, dell'essere asociale che con i cuoi comportamenti devianti mette a rischio la pacifica convivenza all'interno dalla società organizzata secondo un preciso ordinamento giuridico.

Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del SAPPE a livello nazionale, mette in risalto la situazione di grave pericolosità sociale dell'affollamento delle carceri italiane e la necessità di ricorre a misure alternative alla detenzione, come Calabria numero istituti di detenzione come la detenzione domiciliare, l'affidamento ai servizi sociali, la semilibertà e le sanzioni accessorie che speso costituiscono un deterrente molto più efficace della stessa detenzione, come la radiazione dagli albi professionali, l'interdizione dai pubblici uffici, il licenziamento dai pubblici uffici e così via. Più che la durezza della pena è la certezza a risultare maggiormente efficace. La soluzione risiede in una rivoluzione culturale che consideri la pena in funzione della pericolosità sociale del reato, della capacità di redenzione del colpevole, nella articolazione di un'ampia gamma di strumenti e istituti giuridici di punizione.

Sulla situazione calabrese è intervenuto il segretario regionale del SAPPE Damiano Bellucci che ha illustrato una condizione in progressivo peggioramento. La Calabria godeva nel passato di una situazione piuttosto tranquilla, che oggi è solo un lontano ricordo ma costituisce un impedimento per un ritorno alla normalità. Nei 12 istituti penitenziari della regione vi sono 1.870 posti disponibili dove sono detenute 3.266 persone con un tasso di sovraffollamento dell'1,75 persone superiore alla media nazionale, di cui 857 stranieri. Dividendoli per condizione giuridica 1428 sono ancora imputati (757 dei quali in attesa del primo giudizio) e 1.838 condannati in via definitiva.

Vi sono almeno due motivi che contribuiscono a far aumentare il numero dei detenuti negli istituti di pena della Calabria: il trasferimento da altre regioni e l'aumento progressivo del numero di stranieri, un fenomeno iniziato qui con qualche ritardo ma che presenta ritmi di incremento molto sostenuti.

Esattamente un anno fa scoppiava la rivolta di Rosarno, che ha messo in luce una situazione di estremo degrado in cui sono costretti a vivere gli immigrati che genera un clima di disagio e di violenza. L'illegalità non è una condizione degli immigrati, ma molta responsabilità ricade sui negrieri che li sfruttano creando una emergenza umanitaria e dramma sociale che spesso sfocia in atteggiamenti illegali, una fonte di produzione di atteggi criminali.

Se la situazione dei detenuti non è delle più confortevoli, neanche quella degli agenti della polizia penitenziaria si può definire eccellente. Mentre il numero dei detenuti ha continuato a crescere, quello degli agenti è diminuito, poiché gli organici assegnati sono calcolati sulla base dei posti disponibili e non si è proceduto al turnover fisiologico degli agenti che terminano il loro servizio per varie cause, dal raggiungimento del limite di età ai licenziamenti volontari. Il sovraffollamento viene considerato un fenomeno temporaneo che non richiede interventi nella pianta organizza, mentre crea un aumento delle funzioni e delle mansioni dei custodi.

“Al centesimo catenaccio alla sera mi sento uno straccio", si lamentava l'agente di Poggioreale nella canzone di Fabrizio De Andrè. L'agente di polizia giudiziaria sente il peso e la responsabilità del suo ruolo a cui risponde con uno spirito di sacrificio e abnegazione.

In Calabria sarebbe più che opportuno un aumento delle piante organiche degli istituti di pena per rispondere alla esigenze reali di una popolazione carceraria in rapida crescita e anche la costruzione di nuovi istituti per rispondere alla accresciuta “domanda” del servizio di detenzione.

Il nuovo piano carceri ha completamente escluso qualsiasi eventualità del genere, per cui è necessario una accorta gestione degli istituti esistenti e un qualche intervento legislativo per riequilibrare il sistema della pena.

Giovanni Battista Durante ha voluto sottolineare la miopia amministrativa che consente un accerchiamento del carcere di Cosenza assediato dal cemento, una condizione che rende insicuro l'istituto di pena e non offre certo uno spettacolo accettabile per gli eventuali acquirenti degli immobili che verranno realizzati. La condizione di tutti i lavoratori interessati a qualsiasi titolo a prestare la propria attività all'interno di un istituto di pena è molto singolare e difficilmente accetterebbero di risiedere nei pressi della propria sede lavorativa. Risulta, pertanto, molto improbabile che il Ministero degli Interni o all'Amministrazione degli Istituti penitenziari sia interessato ad offrire soluzioni abitativi nei pressi degli istituti che non incontrerebbero il favore degli interessati.

La situazione nel lato Sud appare compromessa e sembra ormai molto improbabile di riuscire a bloccare l'iniziativa. Ma vi sono insistenti voci di un ulteriore intervento a nord, dove dovrebbe addirittura sorgere un centro commerciale, mettendo a repentaglio la sicurezza dei clienti, dei detenuti e di tutto il personale carcerario. E' necessario sforzarsi con ogni mezzo per scongiurare questa eventualità e in questo una grande responsabilità è quella della stampa che si è mostrata sempre molto tiepida nell'affrontare un argomento scomodo come quello del carcere.


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