Il futuro di Gioia Tauro

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno X num. 12 del 26/3/2011


Rende, 24/3/2011

«Quello che appare strano è che tutto sembra tranquillo. Persino il mercato dei noli è fermo. Nonostante le crisi che hanno colpito i paesi del nord Africa i prezzi sono rimasti inalterati», dice Giovanni Novi della società genovese Burk &Novi srl, con una lunga esperienza nel settore del commercio marittimo. «In altri momenti ci sarebbe stato un balzo nelle quotazioni, e anche in questa crisi tutti si attendevano una forte scossa», prosegue.

Il traffico marittimo nel Mediterraneo non ha risentito della crisi in termini di volumi di traffico e di prezzi. In particolare il mercato del transhipment ha ripreso il suo trend, dopo qualche riposizionamento su Gioia Tauro nel pieno della crisi egiziana. Port Said, un diretto concorrente del porto calabrese ha ripreso in pieno la sua attività e la sua capacità attrattiva.

Si possono trovare due spiegazioni all'apparente anomalo andamento del mercato. Intanto in questi ultimi mesi c'è stato uno spettacolare aumento del naviglio e come conseguenza un consistente aumento dell'offerta. La costruzione di una nave è un investimento consistente e di lungo periodo che inizialmente richiede uno sforzo finanziario molto consistente. Non si può certo restare in balia dei capricci del mercato, dopo il varo occorre subito fare cassa, magari rinunciando a una quota di guadagno. È sempre meglio accontentarsi che lasciare la nave in rada.

A questo bisogna aggiungere l'accorciamento dei tempi di costruzione delle navi. Fino a qualche anno fa, per il varo di una nave di grandi dimensioni occorrevano quattro o cinque anni, per cui l'evoluzione dell'offerto era molto lenta e prevedibile con largo anticipo, anche perché i cantieri navali in grado di effettuare lavorazioni complesse erano ben noti. Oggi i tempi si sono ridotti a meno della metà e vi sono cantieri asiatici semisconosciuti che inondano il mare di nuovo naviglio in continuazione. Vi è un problema di fidelizzazione della clientela, che si può ottenere solo con una politica di moderazione dei prezzi, oltre che una adeguata assistenza agli armatori. Questo è vero in generale, anche se nel settore del transhipment il fenomeno è molto più contenuto per la megadimensione delle navi, che solo pochi cantieri sono in grado di costruire.

Nel complesso, in un futuro non lontano si può ipotizzare che vi possa essere una rottura della condizione oligopolistica del mercato, con l'ingresso di nuovi operatori che possano rompere il predominio delle grandi multinazionali anche nel settore transhipment.

Gli operatori marittimi scommettono sulla temporaneità della crisi, anche per l'esito quasi immediato registrato in Tunisia ed Egitto. Il caso della Libia non ha un impatto diretto sul traffico, poiché è priva di scali importanti e il traffico marittimo ha un carattere prettamente locale. Tuttavia se lo stato di guerra dovesse protrarsi, si creerebbe qualche incertezza soprattutto sotto il profilo della sicurezza.

«I recenti eventi in Nord Africa e in Medio Oriente accentuano ancora di più la gravità del fenomeno della pirateria, soprattutto per un Paese come l'Italia, forte importatore di materie prime e, in particolare, di Petrolio'', afferma Paolo D'Amico, presidente di Confitarma, la Confederazione Italiana Armatori. Una guerra civile che protraesse a lungo sulla riva sud del Mediterraneo potrebbe avere conseguenze sull'evoluzione del traffico marittimo. La rapidità di costruzione delle navi consente di operare correzioni di rotta con una celerità finora sconosciuta nel settore.

«Nel medio termine non sono prevedibili rivoluzioni. Gli operatori scommettono su un pronto ristabilimento dell'equilibrio, poiché l'instabilità non conviene a nessuno. L'Europa teme una decurtazione della quantità di petrolio, ma i paesi produttori temono la perdite di rilevanti entrate», sostiene Giovanni Novi. L'instabilità del mercato petrolifero potrebbe produrre una accelerazione della ricerca di energie alternative e l'affrancamento dal petrolio, un effetto molto temuto dai produttori. I paesi del Golfo Persico sono pronti a rimpiazzare la produzione libica senza provocare grandi scosse nei prezzi.

Dopo un primo momento di ripensamento, la MSC (Mediterranean Shipping Company) dl gruppo Aponte avrebbe deciso di abbandonare il porto di Gioia Tauro in favore di Port Said, scalo gestito dalla Maersk, dove ha un consistente investimento. Questa scelta potrebbe provocare una crisi irreversibile a Gioia Tauro.

Molto più importante della decisione della MSC è la politica del governo che potrebbe provocare la crisi del porto calabrese. In più di un quindicennio di attività non si è fatto che qualche sforzo marginale per infrastrutturare il porto. Recentemente ha escluso il Porto di Gioia Tauro dai finanziamenti per il Piano della logistica, una decisione molto grave. La crisi libica ha messo in chiara evidenza i guasti prodotti da una politica che non ha saputo cogliere l'opportunità di creare una reale alternativa energetica con la costruzione del rigassificatore. Quello calabrese aveva la maggiore possibilità di successo tra quelli programmati perché il so porto poteva accogliere le grandi navi di trasporto del gas allo stato solido. E in questo caso non c'era neanche bisogno di ulteriori investimenti, poiché il gas ricondotto al suo stato naturale poteva essere immesso direttamente nel gasdotto esistente rimpiazzando immediatamente quello libico.

«Gioia Tauro mantiene il suo vantaggio competitivo per le dotazioni naturali», sostiene Giovanni Novi, «mentre si fa sentire sempre di più il ritardo nella dotazione infrastrutturale. In particolare è apparso evidente l'errore strategico di aver impedito la pronta realizzazione del rigassificatore. «Credo che per Gioia Tauro la partita sia tutta ancora da giocare, poiché il mercato non ha ancora trovato un equilibrio. Certo, bisognerebbe uscire dagli equivoci e risolversi finalmente a dotare il porto delle infrastrutture necessarie e dell'apparato normativo idoneo a renderlo competitivo con gli altri scali concorrenti”, conclude Novi.



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