L'aveva previsto persino Nostradamus ...

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno X num. 21 del 27/05/2011


Rende, 25/5/2011

Da Milano a Napoli si annuncia un vento di cambiamento

Candidati inadatti, errori di strategia, nervosismo elettorale, lungo la penisola un vento di dubbio e incertezza domina il centrodestra che si scopre vulnerabile. Tira aria di cambiamento. “Les bons amis & fêmes contre tels groumelâs” si legge nelle centurie

Camminando tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli a Napoli, il degrado ti prende per mano, ti accompagna lungo tutto il percorso. La spazzatura ti lambisce e minaccia di sommergerti, i palazzi incombono aspettando l'ultima scossa.

"Pericolo di Kroll", si legge ancora tra i muri pericolanti dopo il terremoto del 1980. Una scritta sbiadita che si riferisce a uno degli idoli del glorioso Napoli di Ferlaino, che ha regalato due scudetti e una coppa UEFA, alla città più araba d'Europa. Qui sarebbe impensabile sbandierare la minaccia islamica o l'invasione degli zingari. I lazzari sono una caratteristica del panorama urbano da sempre e la religione coniuga senza reticenza alcuna il fanatismo per il sangue di San Gennaro e lo sberleffo allo stesso Santo che si rifiuta di rivelare in sogno la cinquina vincente.

Maradona è ancora un mito poiché è l'unico che ha regalato un sogno a una città che continua a rincorrere il perduto prestigio di capitale. La celebrazione dell'Unità apre una ferita ancora non rimarginata e il rimpianto della swinging Napoli dell'Ottocento che raccoglieva il meglio della cultura e dell'arte dell'Europa.

Oggi gli idoli sono altri, Hamsik, Cavani, Lavezzi che forse sogna di cercare gloria, e ghinee sonanti, altrove nelle nebbie della perfida e tentatrice Albione. Sarà difficile per lui rivivere l’atmosfera di un San Paolo strapieno che intona ‘O surdato ‘nnamurato.

Le passioni sono le stesse di allora e alimentano speranze di riscatto per una città che ha perso ogni illusione, dove si convive quotidianamente con la spazzatura e con la criminalità nella rassegnata disperazione di un popolo che le ha tentate tutte senza riuscire a trovare il bandolo di una matassa sempre più ingarbugliata. Dopo l'esperimento laurino e la politica delle scarpe spaiate distribuite prima e dopo il risultato elettorale, la città ha affidato le sue sorti alla sinistra con risultati tutt'altro che esaltanti.

La primavera bassoliniana aveva ridato prestigio e dignità a una città offesa, ma è una stagione che è durata poco. Quell'esperimento è affogato nella spazzatura che invade ogni angolo di strada. Il salotto di Via Toledo, sembra immune, ma nelle traverse adiacenti come in via Basilio Puoti o Via Imbriani raggiunge il secondo piano degli edifici. Come sia stato possibile trasformare una stagione politica iniziata tra l'entusiasmo generale, e che aveva prodotto risultati eccezionali, in un fallimento totale resta ancora un mistero da indagare. Non sarà certo addossando la responsabilità alla sindaca dalla voce stridula che si riuscirà a trovare una risposta.

Tanto più che vi è un intreccio di responsabilità, considerato che tutto il settore è stato commissariato per anni e il governo nazionale ha certamente contribuito con le sue scelte (e spesso con le sue complicità con un sistema corrotto e criminale) a determinare questa situazione. Il miracolo berlusconiano del "ghe penso mi" ha creato solo una illusione. Si è trascinato sotto il tappeto la spazzatura, ma senza avviare alcuna azione seria e concreta. Soprattutto non ha intaccato il rapporto pernicioso con la criminalità organizzata, che rimane il vero facitore della politica dei rifiuti.

Dopo un breve successo si è rapidamente ritornati a una condizione incivile che pone Napoli come termine di paragone negativo in tutto il mondo. Con l’aggravante che l’assenza di controlli ha provocato l’insorgere di vere e proprie bombe ecologiche destinate prima o poi a esplodere provocando molti più danni di quanti ne abbia potuto evitare la militarizzazione delle discariche.

Risulta incomprensibile l’incapacità di trovare una soluzione a un problema che non ha niente di eccezionale, poiché la produzione di rifiuti costituisce una componente naturale di qualsiasi comunità urbanizzata.

La politica dell'eccezione, della straordinarietà, del commissariamento è stata fallimentare qui altrove e sarebbe necessario prenderne atto una volta per tutte.

La città ha assoluto bisogno di uscire dalla cultura dell’emergenza e ritornare alla normalità, poiché il sistema basato su leggi eccezionali, sullo stravolgimento dei ruoli ha mostrato tutti i suoi limiti. A trarne beneficio sono soltanto le cricche che sorgono e si consolidano all'ombra di queste procedure eccezionali che in pratica significano soltanto un allentamento del sistema dei controlli in nome di una presunta efficienza mai dimostrata concretamente. La politica dei fatti e del fare si è tradotta nella politica dei misfatti e del malaffare.

Ne sappiamo qualcosa anche qui in Calabria, dove vi sono delle condizioni oggettivamente più favorevoli poiché non vi sono metropoli ingovernabili, vi è una grande disponibilità di territorio, ma la gestione emergenziale è riuscita egregiamente a creare la vera emergenza. Proprio Luigi De Magistris aveva scoperchiato la pentola della gestione commissariale di rifiuti, uno scandalo soffocato sul nascere poiché vi erano implicati proprio tutti i politici nostrani. Ottocento milioni sono stati inghiottiti nel nulla e i resoconti erano redatti a matita su fogli volanti. Questa era una delle tante indagini che aveva aperto il magistrato d'assalto, tacciato di incompetenza. Nessuno però ha mai spiegato quali sono le ragioni del mare inquinato per mancanza di depuratori, della difficoltà di procedere alla raccolta e allo smaltimento di rifiuti. Non vi è solo Napoli nella merda, la nostra condizione sotto certi aspetti appare ancora peggiore, perché non fa notizia e nessuno se ne occupa.

Napoli ha anche bisogno di discontinuità politica e amministrativa, come sarebbe stata indispensabile anche qui in Calabria.

Noi abbiamo perso l'occasione, perché De Magistris lo abbiamo rispedito al mittente, dopo avergli dato una bella moglie, e lo abbiamo riempito di improperi rinfacciandogli di non essere stato in grado di portare a compimento le sue indagini, di aver costruito solo teoremi senza riuscire a sciogliere il legame tra la politica e la criminalità, che qui forse è ancora più forte e intricata.

Nessuno dopo di lui ha però avuto il coraggio di continuare la sua opera e molte delle sue inchieste si sono arenate, o continuano stancamente per arrivare alla loro naturale conclusione che non è l'accertamento della verità, ma l'insabbiamento per prescrizione.

Si è persa l'occasione di poter finalmente recidere questo nodo gordiano. In Calabria per la Regione si è preferito il trasversalismo che assicura una linea di continuità (e di sospetta continuità con l'antistato) nel potere: gli equilibri restano inalterati. Spesso quello che cambia è solo la casacca.

Un presidente come Luigi De Magistris sarebbe stato realmente dirompente, ma forse anche i suoi obiettivi e le sue ambizioni erano proiettati verso un ritorno alle origini. Tuttavia, niente è stato fatto per tentare una reale opera di rinnovamento della politica e le recenti elezioni amministrativa hanno pienamente dimostrato che i giocatori sono sostanzialmente gli stessi, mentre cambia il loro schieramento in campo.

E’ possibile pensare di voltare pagina con personaggi facenti parte del sistema, che vantano una contiguità con il crimine organizzato, che si muovono nel solco tracciato da tanti anni di fallimenti? Questa è quanto propone la candidatura di Gianni Lettieri, non tanto per la sua figura, quanto piuttosto per i figuri che gli ruotano attorno e dei quali non riuscirà a liberarsi facilmente, ma ne condizionerebbero la gestione per garantire il proseguimento di un sistema altamente redditizio per casalesi e dintorni.

Lo stesso è avvenuto in Calabria, dove a vestire i panni dell'innovatore è uno dei massimi esponenti della giunta Chiaravalloti, sepolta sotto il peso di un risultato elettorale stravolgente, Il suo entourage è rimasto sostanzialmente immutato e il rinnovamento nasconde sotto sembianti giovanili gli stessi attori di sempre, difende gli interessi consolidati di una casta inamovibile.

A Napoli non si può che auspicare un taglio netto, come assicurato dall’ex magistrato Luigi De Magistris al di là e al di sopra dei suoi meriti e delle sue qualità personali. La qualità più importante è, infatti, il grado di indipendenza, l'autonomia rispetto ai poteri dominanti che consentono un netto taglio con il passato che la sua figura garantisce. A Napoli c’è necessità di applicare il “metodo Formentini”, sindaco di Milano dal 1993-7 che a giudizio di molti non ha lasciato tracce visibili nella città. Per alcuni è stato addirittura uno dei meno prestigiosi sindaci, che la città abbia mai avuto, a dimostrazione del fatto che non basta una cravatta verde a trasformare un ranocchio in un principe.

Tuttavia la sua esperienza è stata fondamentale poiché è servita a interrompere l’esperienza della craxiana “Milano da bere” di Pilliteri, che aveva pur dato alla città una guida autorevole come Carlo Tognoli, ma era ormai giunta al capolinea della fantasia e della programmazione. La giunta Formentini è scivolata via senza lasciare traccia, e Milano è ripartita con Albertini e poi la stessa Moratti che hanno iniziato un nuovo ciclo.

Oggi quel vento ha esaurito la sua carica innovativa, la città si trova avvinta dalla morsa dell’intolleranza di una campagna elettorale incivile, grezza che alimenta paure e fobie. La vera posta in gioco sono i grandi affari che si prospettano all'ombra della Madunina, l'Expo Universale, la metropolitana, i nuovi quartieri tutti da costruire: è quella la vera posta in gioco per un regime che si tiene insieme per gli interessi economici che li legano indissolubilmente.

Proprio Milano può certificare l’esaurimento dell’avventura berlusconiana che non riesce più a essere in sintonia con lo spirito dei tempi. Dietro la ripetizione delle viete formula dell'anticomunismo, e la miopia di un becero leghismo, nasconde la sua incapacità di governare il processo di cambiamento del paese e di una metropoli europea, che costituisce la capitale finanziaria e morale del paese.

Tant grâds bruits couriront. l'vrne trop odieuse” (Tanti grandi rumori correranno. L'urna molto odiosa, nella traduzione di Rinucio Boscolo), si legge nella centoventesima centuria di Nostradamus, scritta nel "Feburier" del 1566. Chissà se il grande astrologo si riferiva a Cosenza, o piuttosto non pensasse a Milano o a Napoli, dove "l'urna molto odiosa" può giocare qualche brutto tiro al nostro incrollabile governo.

Nella centuria centoventitre, infatti, si prevede che: entre peuple discorde, inimitie brutale, guerre, mort de grands Princes. plusieurs pars d'Italie (Entro popolo discordia, inimicizia brutale guerra morte di grandi principi parecchi tra l'Italia).

Il linguaggio è ermetico e cruento, ma il significato inequivocabile. In democrazia i principi non sono condotti al patibolo, ma disarcionati dalle urne. Senza voler attribuire virtù profetiche al grande astrologo, fa una certa impressione ritrovare in quartine scritte centinaia di anni fa, la descrizione del clima di scontro frontale che caratterizza i ballottaggi che si svolgeranno domenica e lunedì prossimi. Non si è più di fronte a una contrapposizione politica, ma una vera e propria guerra che provoca “inimitie brutale”, colpi bassi e ricorso a metodi che non dovrebbero trovare posto in una società democratica.

Chi ha la responsabilità di governo a qualsiasi livello è il principale responsabile del clima sociale, poiché è chiamato ad agire nell'interesse dell'intera collettività. Il primo compito è proprio quello di garantire di evitare lo scontro, di creare occasioni di contrapposizione che possono degenerare in conflitti non governabili.

Vi è un grande nervosismo nella coalizione berlusconiana che si vede accerchiata dai poteri forti che essa dovrebbe rappresentare. Non si tratta certo di forze occulte, ma di un numero crescente di individui di ogni età che si accorgono all'improvviso che il re è nudo, che senza lo schermo del proprio consenso non ha nulla da offrire. Il nuovo che voleva rappresentare è diventato vecchio, ha perso il suo fascino perché la società è cambiata sotto il peso di una crisi economica senza fine.

Milano e Napoli rappresentano due stazioni terminali, l'una la capitale del Nord stanca del suo re e l'altra la capitale del Sud, alla ricerca di un nuovo equilibrio che le garantisca l'uscita dal lungo tunnel in cui è piombata in questi lunghi anni.

In nessuno di due casi il centrodestra è riuscita a dare delle risposte credibili. Colpa dei candidati inadeguati, come ha affermato con sicurezza il premier a “Porta a Porta”, la cospetto del notaio Vespa. Dimenticando che chi li ha scelti è altrettanto inadeguato.

Anche a Cosenza la campagna elettorale è degenerata per l'irrompere del personale nella contesa politica, una sfera che nessuno riesce a delimitare e definire i confini entro i quali collocare la polemica politica. Chi si candida a governare una comunità deve avere le mani libere, la mente sgombra da preoccupazioni personali. Nell'antica Roma chi correva per una carica doveva indossare la toga candida, una stoffa di lana che si indossava sopra la tunica. Il bianco rappresentava la purezza, il candore e ne divenne il simbolo. Candidato è,infatti, colui che possiede quelle doti e lo dimostra indossandola. E non c'è solo Cosenza. Anche Crotone e la Provincia di Reggio Calabria possono dare qualche indicazione sulla tenuta dell'equilibrio regionale.

E' sicuramente la perdita di Milano a dare il segnale della fine di un ciclo; il vento del Sud, invece, denuncia l'incapacità di offrire una alternativa persino nelle condizioni di sostanziale fallimento della giunta uscente, che a torto a ragione non può sfuggire alla realtà di una città allo sbando sommersa dai rifiuti.

Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy, si chiedeva l'Economist qualche anno fa, il prestigioso settimanale “comunista”, dando una serie di motivazioni. Oggi quelle motivazioni non servono, poiché la risposta è molto più semplice. Ha fatto il suo tempo e non ha più nulla da offrire al Paese. Se in tutto questo tempo non è riuscito a sistemare i propri affari, ha uno stuolo di avvocati pronti a difenderlo in tutte le sedi.

Ieri si era voluto dare un significato di plebiscito alla consultazione amministrativa, i risultati hanno consigliato prudenza, poiché l'esito potrebbe non essere quello desiderato. E oggi si aggrappa alla poltrona.

Les bons amis & fêmes contre tels groumelâs”, profetizza Nostradamus, “I buoni amici e donne contro tali politici”.


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