Quando l'abito è da sogno. Intervista a Vera Stella

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno X num. 36 del 10/09/2011


Rende, 7/9/2011


Una storia tutta in salita quella di Vera Stella, fatta di ostacoli. Un percorso superato con forza e determinazione


Come nasce Vera Stella? Il suo è un nome d’arte?

Vera Stella – Porto il nome di mia nonna, Elena Vera, e il cognome di mio padre. Tutti pensano che sia un nome d’arte. È anche beneaugurante e ne sono fiera.

La domanda era rivolta a conoscere come nasce la stilista.

I miei primi ricordi sono legati alla voglia di voler fare questo lavoro. Nel mio futuro mi vedevo in un atelier. Vengo da una famiglia dove mia madre è medico, mio padre un imprenditore e professore. Nessuno incoraggiava questa mia aspirazione, per me sembrava disegnato un futuro diverso molto lontano da questo mondo. Non si è trattato di un sogno infantile, ma di un obiettivo che ho perseguito caparbiamente. Chiedevo spesso a mia madre se i sogni si realizzano a volte. La sua risposta era sempre la stessa: “l’importante è crederci”. Io ho fatta mia questa filosofia e ci ho creduto.

Quando è iniziata questa avventura?

Dopo la licenza liceale, ho deciso di rischiare. Mi sono iscritta a Lettere e Filosofia a Fienze, con indirizzo di costume e moda. Era una facoltà sperimentale che nasceva in quel momento. Contemporaneamente ho frequentato il Polimoda, una scuola americana che ha una sede anche in Italia, specifica per stilisti di moda. Era una scuola molto selettiva con una sola classe di venti alunni scelti tra duemila candidati provenienti da tutto il mondo, la grande maggioranza dei quali proveniva da licei artistici o accademie varie. L’unica mia arma era la cultura. Gli studi classici mi hanno aiutato molto, sono arrivata diciottesima. A quel punto il mio sogno si era realizzato e ho cominciato il mio percorso imprenditoriale.

Come mai ha deciso di investire in Calabria? Ha incontrato qualche difficoltà?

Non ho avuto particolari difficoltà. Già da studente avevo già colloborato con varie aziende di moda, come la Guess per la quale ho realizzato alcune confenzioni, una permanenza nell’azienda di Gattinoni, sono stata da Emilio Pucci. Ho avuto le mie esperienze, tanto che alla fine della scuola ho avuto proposte di lavoro con una importante maison francese, offerta che ho declinato. Io ho voluto perseguire il mio sogno di avere una mia linea, un mio atelier, e nello stesso tempo assecondare anche le scelte di vita, vicende personali che certamente condizionano.

La Calabria è una regione periferica lontano dai centri mondiali della moda. I grandi stilisti, come Versace, hanno sempre deciso di investire altrove. Ha anche lei vissuto questo disagio?

Certo qualche difficoltà era inevitabile, soprattutto perché i tempi era molto diversi. Oggi in poche ore si può essere dappertutto. La realtà di oggi è quella del telelavoro, dell’organizzazione flessibile. Certo a Roma o Milano tutto è più semplice per le maggiori facilitazioni logistiche, ma in Calabria abbiamo un patrimonio di carattere artigianale, culturale, tradizionale che a Milano non c’è. Quello che riesco a fare in Calabria ripristinando e rivalutando tutti gli antichi mestieri, frutto della nostra tradizione e cultura magnogreca, che non si sono ancora persi.

Vera Stella con Michelle HunzikerCosa significa questo in termini concreti, in che modo questo retaggio culturale l’ha aiutata?

In Calabria riesco a produrre degli scialli realizzati esclusivamente in Calabria perché sono il frutto dell’opera della nonnina di turno che tesse a mano tessuti di una bellezza straordinaria, prodotti unici. Il personale è tutto del lametino e per alcune lavorazioni anche fuori.

Quale peso ha la tradizione nelle collezioni di moda?

Nel mia attività svolge un ruolo centrale perché entra in qualche misura in tutte le mie creazioni. Io mi occupo prevalentemente di alta moda, non di pret-à-porter. Realizziamo abiti da cerimonia, ma anche abiti da giorno come cappotti, tailleur o gonne per occasioni particolari. Ogni capo è un pezzo unico, originale. Viene realizzato a mano, nasce da qualcosa, racconta qualcosa, esprime il carattere della persona che lo indosserà. È un abito che materializza un sogno, depositario della nostra cultura è un filmato dei desideri. Quante donne vengono qui per uscirne da principesse per un giorno, per vivere il proprio momento unico in una circostanza eccezionale della propria vita. Un momento che diventerà parte della loro storia, e verrà rivissuto con la memoria infinite volte.

A quale pubblico si rivolge il suo atelier, tanto in termini territoriali che di segmento sociale. La Calabria è una terra povera e si stenta a pensare che possa assorbire prodotti di fascia alta con prezzi elevati.

Il nostro è un mercato che più di ogni altro presenta un carattere di stabilità. Certo anche noi siamo stati costretti ad adottare delle politiche di contenimento dei prezzi di fronte a una crisi mondiale. C’è stato un ridimensionamento più nei valori che nelle quantità. Il lavoro scorre ugualmente.

Questa crisi ha colpito in maniera molto pesante soprattutto le classi medie, che sono il vostro target.

Sicuramente i super-ricchi si accorgono appena di una perdita di potere di acquisto, vivono in un altro mondo. La classe media ha subito certamente le conseguenze più rilevanti che li ha costretti a rivedere il loro stile di vita. È quella che manda avanti l’economia, il motore del consumo, ma ai sogni non si rinuncia, anche a costo di qualche sacrificio. Il mercato si è diversificato. Ieri si richiedevano abiti da sogno esclusivi per una occasione. Oggi si preferisce un pezzo che possa essere reindossato, “riciclandolo” per qualche altro momento importante.

Vi è lo spazio in Calabria per sostenere un atelier di alta moda?

Bisogna saper entrare e interpretare in delle sinapsi che si sviluppano nella nostra regione. Il calabrese è sobrio, non è sfarzoso e spendaccione. Però di fronte a una figlia che si deve sposare, il prezzo non costituisce più un ostacolo perché l’evento acquista un significato di prestigio personale e familiare, un momento topico, l’abito diventa parte della storia, assume quasi un significato simbolico, spirituale. Si fanno sacrifici per tutta la vita per vivere quel momento di celebrità nella comunità. Non vi è un mercato di abiti per prime teatrali perché non vi è un teatro di grande prestigio, ma gli abiti da cerimonia hanno un mercato molto sostenuto. In Calabria siamo di gran lunga avanti rispetto ad altre regioni. Posso affermarlo perché una parte della mia attività la svolgo a Roma, Milano e noto la differenza.

La moda è una piccola nicchia in Calabria. È possibile immaginare una filiera della moda, uno sviluppo del settore che rappresenti un opportunità occupazionale o è destinato ad avere un ruolo marginale?

La Calabria è una regione povera, ma vi sono grandi professionalità e creatività che costituisce il patrimonio fondamentale in questo campo. È possibile immaginare una crescita significativa, ma ci vorrebbe una volontà politica e una capacità organizzativa che fino al momento sono mancate. Le istituzioni sono completamente assenti, non si sono mai interessate a questo settore e non è stato fatto alcun investimento significativo. La filiera non può nascere dall’iniziativa del singolo imprenditore, perché bisogna creare sinergie, creare di consorzi per dei servizi comuni, ma soprattutto operare in un ambiente stimolante dotate delle infrastrutture più avanzate. Vi è la necessità di una fiera, di una esposizione permanente, di una fashion week, la presenza dei media, collegamenti internazionali rapidi. Sono tante le cose che fanno la differenza.

Lo scarso rapporto con le istituzioni nasce dalla mancata risposta alle vostre sollecitazioni o dalla vostra distanza dalla politica, dalla vostra indifferenza?Vera Stella con Paolo Bonolis

Faccio tantissime cose all’estero, ne faccio tante in Italia, ma non ho fatto quasi niente a Lametia Terme.

Nemo propheta in patria. Ma nessuno ha mai mostrato un interesse per organizzare qualche evento qui nel suo comune?

Il detto è sempre valido. Io esisto da dodici anni. Vi è stato qualche incontro ricco di parole e promesse a cui non sono mai seguiti dei fatti. Noi abbiamo bisogno di concretezza. Non ho competenza e esperienza politica e non voglio esprimere giudizi. Noto soltanto che il settore della moda che avrebbe dovuto essere salvaguardato e aiutato perché è uno dei pochi settori economici che esprime una dinamica produttiva, è stato completamente ignorato.

Non vi è stato alcun tentativo, ad esempio, a coniugare il turismo con l’alta moda. Le sfilate sono sempre un grande richiamo. Si tratta di due nicchie che potrebbero sposarsi con reciproco vantaggio.

Perché c’è turismo in Calabria? Ogni volta che è stato proposto qualcosa d’interessante ho sempre partecipato. Questa estate siamo stati presenti alla manifestazione “Badolato Borgo”, che ha avuto un grande successo, con una straordinaria partecipazione di pubblico, circa 30.000 persone nell’arco di quattro giorni. Anche in Calabria si possono organizzare grandi eventi, il problema è coinvolgere le persone giuste, servirsi delle professionalità adeguate senza lasciarsi condizionare da legami clientelari. Purtroppo non è sempre così, come testimoniano i numerosi fallimenti. La Regione ha creato la Camera regionale della Moda. Ho partecipato a un solo evento organizzato da loro e mi sono ripromessa di non ripetere più esperienze di quel tipo, caratterizzate da impreparazione, improvvisazione e scarsa competenza specifica. Non so quali siano le cause, ma il risultato è disastroso. Non sono neanche se quell’Istituto esiste ancora e quali siano le sue competenze, cosa ha realizzato in questi anni, ecc. Certo credo che non si può affidare la “Camera Regionale della Moda” a un parrucchiere, con tutto il rispetto per la sua professionalità e competenza specifica. Nel suo campo.

Uno degli handicap della nostra regione è l’impossibilità di realizzare qualsiasi attività senza l’influsso della criminalità organizzata. Avete mai avuto problemi del genere?

Credo che ci sia un po’ di esagerazione del fenomeno nel raccontare la Calabria. C’è una dosa di autolesionismo nel voler a tutti costi rappresntare l’intera regione avvinghiati nella morsa della criminalità, contribuendo a dare una pubblicità negativa alla nostra terra. Non voglio negare che vi siano dei problemi, ma il fenomeno non è così invasivo come lo si vuole dipingere. Noi fino al momento non abbiamo proprio avvertito la sua presenza. Questa cosa bisogna pure esorcizzarla e sconfiggere con l’impegno. Se la ‘ndrangheta diventa la scusa per non investire, significa che abbiamo buttato la spugna: la regione si prepara a diventare il cuore criminale d’Europa. L’imperativo è quello di dare un futuro ai giovani per non gettarli nelle braccia della ‘ndrangheta. Trovo molto pericoloso organizzare tante manifestazioni per parlare di mafia e poi non si fa nulla per sconfiggerla.

Allora tanti auguri per la sua attività.

Colgo l’occasione per lanciare un messaggio. È vero che noi ci occupiamo di alta moda, ma voglio ricordare che confezionaiamo anche abiti che servono alla quotidianeità tagliati su misura. Abbiamo anche una linea maschile e questo ci dà un contributo di serenità. Per fortuna che Dio ha creato gli uomini, poiché sono tranquilli, non rompono l’anima, si lasciano consigliare: sono degli ottimi clienti e sono sempre più numerosi. La nostra produzione spazia in una ampia gamma di prodotti, tutti artigianali, dai neonati alle signore di ottant’anni, con lo spirito giovanile. Voglio sfatare un mito. Per il quotidiano siamo assolutamente concorrenziali con gli abiti di boutique soprattutto per le taglie forti, che richiedono una personalizzazione migliore. I nostri sono pezzi unici.

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