BBC di Cosenza: no news, good news?

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno X num. 40 dell'8/10/2011


Rende, 8/10/2011


Ancora incerto il futuro della banca cosentina

Non vi sono sostanziali novità nella vicenda della BCC di Cosenza. Il tempo scorre inesorabile e non si intravedono soluzioni diverse da quelle prospettate in sede ICCREA. La politica fa qualche passo, adelante con jucio ma non vi è niente di concreto all'orizzonte.


Continua il pressing del sindaco di Cosenza sull'assessore regionale all'Attività Produttive Mario Occhiuto nel tentativo di trovare una soluzione diversa dall'acquisizione da parte della Banca Sviluppo. In una nota diramata qualche giorno fa, il sindaco chiede all’assessore regionale Antonio Caridi di accelerare l’iter per l'apertura di un tavolo istituzionale per la costituzione di un apposito comitato promotore che salvaguardi la banca che da anni accompagna la crescita imprenditoriale e i bisogni del territorio.

Non si tratta di un piano di salvataggio poiché la banca non corre alcun pericolo di essere liquidata con la chiusura degli sportelli. In sede ICCREA, infatti, è stato deciso che la BCC di Cosenza venga acquisita dalla Banca Sviluppo, come già avvenuto con la BCC di San Vincenzo La Costa. In tal modo la direzione dell'Istituto verrebbe spostato a Roma e il territorio perderebbe un altro centro finanziario.

La settimana scorsa un nutrito gruppo di soci aveva manifestato l'intenzione di organizzare una cordata in grado di assumere il controllo della BCC e restituirla al territorio. I promotori dell'iniziativa sono stati ascoltati nella Federazione regionale delle BCC alla presenza del presidente, del rappresentante del Fondo di Garanzia e dei Commissari. Le argomentazioni addotte apparivano fascinose e degne di considerazione, ma a questo impegno verbale non è seguito alcun fatto concreto, per cui la situazione è ancora in stallo, mentre il tempo scorre velocemente e si avvicina di gran carriera il termine ultimo del commissariamento, agli inizi del prossimo mese di novembre. Per quella data bisogna trovare una soluzione e il decorso del tempo è un oggettivo vantaggio per la Banca Sviluppo, perché l'assenza di alternative concrete giustifica un suo intervento a costo zero, mentre qualsiasi soluzione seria che risulti meno onerosa per il Fondo non potrebbe non essere adeguatamente ponderata da parte della Vigilanza.

Le due difficoltà da superare sono la credibilità del Comitato Promotore che sia in grado di garantire una governance ineccepibile sotto il profilo dell'onorabilità e della competenza e professionalità e dall'altra un capitale significativo da raccogliere tra un numero sufficiente di soci tale che sia possibile dimostrare il carattere sociale dell'iniziativa, altrimenti non avrebbe alcuna probabilità di essere presa in considerazione.

Il movimentismo politico lascerebbe intendere che potrebbe essere possibile costituire il Comitato sotto la sua egida per ritornare ai vecchi splendori di un tempo, quando dominava la gestione degli istituti di credito locale. Abbiamo posto qualche domanda a Emilio Contrasto, responsabile nazionale della Falcri UBI-Banca, una di quelle che ha ereditato la Carical, divisa a spezzatino.

“L'esperienza della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania dovrebbe insegnare qualcosa.” - dice Contrasto - “La costituzione della Fondazione ha portato la politica nella sua gestione, decretandone la fine, poiché è prevalso la strumentalizzazione clientelare del credito utilizzato per il consenso politico. Qualche giorno fa abbiamo celebrato il 150esimo anniversario della sua creazione. In realtà si stava commemorando un defunto, poiché quella realtà non esiste più, è stata cancellata proprio dalla politica”.

Non ritiene che oggi le condizioni siano molto diverse. In via transitoria potrebbe essere utile per evitare la perdita di un istituto locale.

“I politici devono restare lontani dalla gestione delle banche e limitarsi alla regolamentazione, alla definizione di una politica del credito poiché tutti i precedenti sono stati disastrosi. Non è scomparsa solo la Carical, ma anche la Cassa di Risparmio di Salerno, quella di Puglia e così via. Più che occuparsi delle banche dovrebbero prestare attenzione alle debolezze del sistema sociale e delle imprese, poiché le difficoltà delle imprese e l'impoverimento delle famiglie si riverberano sul sistema bancaria, soprattutto quello locale”.

Cosa dovrebbe fare, in concreto?

“In primo luogo approntare degli ammortizzatori sociali in grado di aiutare le famiglie in difficoltà, le banche non potranno mai diventare degli istituti assistenziali e provvedere alle carenze dei servizi pubblici. Per le imprese bisogna rafforzare le loro garanzie attraverso un adeguata dotazione di fondi ai cofidi. Recentemente è stata approvata una buona legge, ma senza adeguate risorse è soltanto una pia intenzione, ma non una soluzione adeguata”.

Vi prospetta la possibilità di un intervento attraverso Fincalabra.

“Credo che sia una via non percorribile, né sarebbe auspicabile. Le banche devono essere autonome e indipendenti dalla politica, non devono per nessuna ragione trasformarsi in organismi di sottogoverno. Un aiuto concreto potrebbe venire dalla intermediazione dei fondi strutturali, un intervento delle banche locali nelle procedure di concessione delle sovvenzioni che sono direttamente controllati dalla politica. Ma non si vede alcuna volontà di cedere in po' di potere in favore di una gestione più limpida e trasparente di quei fondi. Mi sembra che questo sia il modo più lineare per poter dare un sostegno alle banche senza interferire con la loro gestione”.

Lei parla di banche locali, ma qualsiasi politica tendente a favorirle potrebbe essere considerata come lesiva della libera concorrenza ed essere esposta all'intervento della Corte di Giustizia della Unione Europea.

“L'Unione Europea vieta la concessione di aiuti alle imprese, ma non la definizione di una politica di sostegno all'economia locale. Persino negli Stati Uniti d'America esiste una specifica legislazione come il Community Reinvestment Act, una legge in vigore dal 1977 che costruisce un apparato legale per promuovere e garantire i servizi bancari a tutti i membri della collettività, e cerca di trovare i metodi e i mezzi per soddisfare i bisogni creditizi di tutti i membri della collettività, incluso quelli con redditi medio-bassi. Se persino in America si è tentato di introdurre un principio di socializzazione nell'attività bancaria, si può fare anche qui con i dovuti approfondimenti giuridici”.

Cosa potrebbe significare questo in concreto?

“La crisi finanziaria sta prosciugando il risparmio delle famiglie e delle imprese, e questo si riflette sulla gestione bancaria che incontra una crescente difficoltà a mantenere accettabili ritmi di crescita. Il sistema pubblico diventa sempre più importante per sostenere le banche e garantire una operatività del sistema. Credo che una politica tendente a sostenere il territorio incontrerebbe anche il favore della Unione Europea. Non bisogna dimentica che questo è l'ultimo settennio di aiuti comunitari alla Regione. Dopo il 2013 non saremo più una regione a obiettivo1. Temo, però che questo non servirà a colmare il divario con le regioni più ricche. Dovremo farcela da soli, ma senza un adeguato sistema finanziario non sarà dura. Sarà impossibile.”

L'interventismo politico assomiglia al “facite ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa … passann' tutti p'o stesso pertuso” della mancanza di risorse finanziarie e di un adeguato piano di intervento.


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