Grandi eventi dimenticati: parte la Banca del Mezzogiorno

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 04 del 27/01/2012


Rende, 25/01/2012


Aperti 250 nuovi punti operativi?

La Banca del Sud ha iniziato la sua attività il 1 gennaio. A capodanno gli sportelli sono rimasti chiusi. Gli altri giorni pure, e se erano aperti non se n’è accorto nessuno.


Anno nuovo, vita nuova. Il 2012 è l'inizio di una nuova era bancaria per il Mezzogiorno. Dal primo gennaio hanno cominciato a funzionare 250 sportelli della neonata Banca del Sud. Le fanfare erano pronte da mesi. Gli strilloni politici si affannavano ad annunciare il grande evento ai quattro angoli del mondo, con l'ausilio di banditori ben addestrati a diffondere il verbo. Le difficoltà finanziarie delle nostre imprese a breve saranno risolte. Chi ricorderà più il credit crunch, la forbice dei tassi, i rigidi criteri di Basilea2? Apparterranno a un passato remoto.

È iniziato il disgelo dopo il diluvio dei terribili anni '80/'90 del secolo scorso, che ha cancellato il sistema bancario meridionale. «La banca del Sud è un'idea che circola da anni ma che non è mai stata realizzata e che, se va bene, costituisce un passaggio importante per lo sviluppo del Sud», sosteneva, con blesa sicurezza, Giulio Tremonti, allora ministro dell'Economia, nel novembre 2010.

Peccato che di questa rivoluzione copernicana se n'è accorto nessuno, però. Il grande evento è rimasto intrappolato in una terribile congiura del silenzio. Ricordando l'abusato ossimoro, un silenzio assordante da parte di giornali e TV. Il fantasma di una banca si aggira per il Mezzogiorno. Non ve n'è traccia neppure nella grande rete, che pur costituisce una formidabile cassa di risonanza in grado di trasformare in un evento mondiale la teoria di formiche africane occupate a trasportare nel formicaio un pezzo di pane azzimo. Surfing and surfing non si trova un bel niente.

Le notizie sono ferme agli ultimi mesi del trascorso anno.

A rileggere oggi i roboanti annunci del sen. Gentile, sottosegretario all'Economia alle dirette dipendenze dell’ex ministro, appaiono profetici. “La Banca del Mezzogiorno è l’asse portante, insieme all'avvio di grandi infrastrutture e al sostegno al turismo”, "sarà una Banca di secondo livello e andrà incontro alle imprese, ma anche al piccolo credito e aiuterà molto l'economia, accorciando le distanze tra le due velocità del Paese e tra i tassi di interesse praticati al Sud rispetto a quelli del Nord". Questo quanto appare in un comunicato Adnkronos/Labitalia del 27 ottobre, nell’antidiluviana swinging era berlusconiana. Quantum mutatus ab illo!

Persino il governatore Scopelliti a marzo del 2010 aveva dichiarato pomposamente che “Il programma regionale prevede, in linea con le possibilità offerte dalla legge istitutiva, l’adesione immediata al progetto di creazione della Banca per il Mezzogiorno, con una presenza forte, in linea con il ruolo che la Regione Calabria intende assumere nel nuovo soggetto. La Banca per il Mezzogiorno nasce con l’obiettivo principale di finanziare la crescita economica delle regioni meridionali e creare occupazione favorendo gli investimenti privati delle imprese meritevoli di credito e quelli pubblici in infrastrutture necessarie per lo sviluppo”.

Molte sono le domande che restano in sospeso. È realmente sorta questa famosa Banca del Mezzogiorno? Con quali soldi? Come è stata nominata la governance?

Intanto, vi è una questione terminologica, niente affatto secondaria. Negli stessi documenti ufficiali del Ministero dell'Economia si parla a volte di Banca del Sud e in altre occasioni di Banca del Mezzogiorno. La Banca del Sud, costituita ed operativa da alcuni anni, è una BCC con sede a Napoli e non ha niente a che vedere con l'istituto tremontiano. Presidente dell'istituto napoletano è Giulio Lanciotti, mentre il Prof. Adriano Giannola è stato nominato presidente onorario. Nelle intenzioni dei promotori vi era forse l'intenzione di costituire il nucleo originario attorno al quale far nascere la nuova creatura, ma è rimasto un sogno nel cassetto poiché altri erano i disegni e le clientele da soddisfare.

A marzo del 2010 è stato pomposamente costituito un Comitato Promotore con la presidenza dell'onnipotente Augusto dell’Erba, avvocato civilista y presidente del Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo italiano (all'atto della nomina era vice presidente), y vice presidente della Federazione Italiana delle Bcc (Federcasse), y presidente della Cassa Rurale di Castellana Grotte y presidente della Federazione Puglia e Basilicata delle Banche di Credito Cooperativo y componente del consiglio dell'Abi y “past president” di Iccrea Banca.

Coordinatore del Comitato un nome ben noto, Marco Milanese, consigliere economico del Ministro, con il quale condivideva il misero alloggio romano per il quale pagavano un canone di 8.500 euro mensili. In contanti per non sfuggire al fisco, come ben si addice a un ministro che combatte l'evasione. Tra i membri del Comitato figura Pierfilippo Verzaro, ex direttore della Federazione Calabrese delle BCC. Viene altresì nominato un Tavolo di Consultazione con la partecipazione di Confcooperative, Confindustria, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti, Coldiretti, Lega delle Cooperative, Confagricoltura, Cia, Casartigiani, CNA, Confapi. Si era anche pensato di coinvolgere la Conferenza Episcopale Italiana, l'Unesco, la Lega Araba e la NATO per disporre della force de frappe per combattere il sottosviluppo del Sud.

L'11 di questo corrente mese, in un triste e freddo mattino, i componenti del Comitato hanno deciso di autosciogliersi avendo constatato l'assoluta inutilità del loro ruolo. Se la nuova banca ha iniziato a operare, il tutto è avvenuto a loro insaputa, al di sopra delle norme ed intenzioni che hanno portato alla loro nomina.

Bisogna pur dire che non è stato fatto alcuno sforzo per cercare partner che volessero sottoscrivere il capitale. Gli unici fondi disponibili sono e rimangono i cinque milioni di euro stanziati nella finanziaria 2009 e che nessuno ad oggi sa con precisione che fine abbiano fatto. Il credito cooperativo, che doveva essere uno dei punti cardine del nuovo ordine bancario è stato completamente estromesso dall'operazione, tanto da aver preso tutt'altra direzione. Invece di investire nella nuova Banca del Mezzogiorno ha deciso di puntare sulla sua creatura, la Banca Sviluppo che è molto attiva nell'intervenire in tutti i casi di crisi BCC su tutto il territorio nazionale. Avendo, dunque, preso atto della completa inutilità del Comitato, se ne sono andati con la coda tra le gambe, ma senza rilasciare alcuna dichiarazione o rendiconto. Quanto è costato questo jocariello al contribuente italiano? Non è elegante parlare di soldi, certo, ma qualche legittima curiosità potrebbe anche essere soddisfatta, considerato che in questo caso si è remunerato il vuoto cosmico. Solo per inciso, il famoso Tavolo non è stato mai convocato, una occasione persa per perdere tempo e denaro.

Di occasioni perse ce ne sono tante in questa storia. Il 17/11/2009 il Governo, per il tramite del proprio superministro Giulio Tremonti, presenta alla Camera un disegno di legge “Misure per il credito nel Mezzogiorno”, composto da 5 articoli, iscritto negli atti sotto la sigla 17/11/2009C.2951. Sono passati oltre due anni e risulta ancora da assegnare, vale a dire non se n'è neanche cominciato a discutere tanto era importante e urgente.

In realtà per far nascere la nuova banca si è fatto ricorso al gioco delle tre carte. Pardon, alla finanza creativa. Si è preso un ramo di azienda del Mediocredito Centrale, lo si è svuotato di qualsiasi cosa, dalla competenza e professionalità del personale, al patrimonio immobiliare e finanziario e la si è venduta a Poste Italiane spa che ha sborsato la piccola cifra di 138 milioni di euro per comprare il nulla. Il sistema ha ottenuto il brillante risultato di mantenere nelle mani strettamente politiche la nomina dei vertici al di fuori di qualsiasi controllo parlamentare trattandosi di soggetti privati né di mercato, poiché tutto è stato fatto all'ammucciuna.

Uno degli strumenti ipotizzati per la nascita della nuova banca era quella dell'emissione di speciali bond Ma gran parte del capitale dovrebbe essere costituito mediante un’emissione di obbligazioni garantita dallo Stato, assoggettate a una fiscalità di vantaggio poiché avrebbero potuto godere di una ritenuta alla fonte agevolata sugli interessi (il 5% in luogo del 12,5% come previsto per le emissioni ordinarie). Ma di questo no non vi è traccia finora. Tutto è avvenuto “privatamente” con soldi pubblici. Si sono così pienamente realizzate le intenzioni del ministro che imponeva alla nuova banca, forte del capitale privato che ne frattempo avrebbe raccolto, una operazione di buy back dopo cinque anni, riservandosi solo una golden share per poter controllare la gestione dell'istituto.

Parturient montes, nascetur ridiculus mus, avrebbe commentato Orazio. Se vuoto era il ramo di azienda ceduto dal Mediocredito, altrettanto nulla è l'organizzazione della nuova banca, ridotta a un angolino in qualche agenzia delle Poste. Sono questi i famosi “contact point”, il paradiso degli imprenditori meridionali. C'è qualche impiegato spaurito a cui è stato consegnato un badge con la esoterica scritta “Banca del Mezzogiorno”, che tenta di nascondersi con ogni mezzo per non dover rispondere a qualche domanda imbarazzante degli eventuali impertinenti clienti.

Il bank's corner è ben nascosto. Ma non c'era già Bancoposta? Se già questa stenta a diventare una banca, figuriamoci se il vecchio carrozzone è in grado di assumere le funzioni di “investment bank” e offrire prodotti innovativi e consulenze alle disastrate aziende meridionali!

“Per quanto riguarda il credito - ha dichiarato Massimo Sarmi, amministratore delegato di Poste Italiane - Poste italiane farà un primo esame delle richieste del cliente mentre la Banca del Sud assumerà il merito del titolo di credito». Il ruolo degli uffici postali sarà insomma quello di fare l'ufficio postale! Raccogliere i documenti e consegnarli alla Banca del Mezzogiorno che valuterà il merito creditizio dell'operazione con una struttura che non c'è. C'era proprio bisogno di tutto questo ambaradan per dire che le poste devono occuparsi della spedizione dei documenti?

La nuova banca è proprio una creatura bastarda. Vuole essere una banca di secondo livello, secondo quanto dichiarato in più occasione dai più svariati responsabili, compreso Massimo Sarmi. Se così fosse non si capisce a cosa debbano servire i 4.400 sportelli, considerato che nessun istituto mobiliare ha una rete sportellare, ma si serve di una unica sede, alla quale a volte aggiunge qualche sede periferica. Solo se la mole del lavoro dovesse giustificarlo. Gli esempi sono tanti, i vari mediocredito, l'Isveimer, l'Irfis e persino la Cassa del Mezzogiorno, di cui si parla sempre con toni spregiativi, ma almeno ha avuto una veste e una funzione politico-sociale sul territorio. Qui siamo di fronte a una finzione, alla creazione di una pseudo banca che sperpera denaro pubblico non nello sforzo di realizzare dei progetti di investimento, ma nello sforzo di creare sé stessa e darsi una struttura.

Le tra carte che partecipano al gioco, sono la Banca del Mezzogiorno (il cui capitale è 100% posseduto da Poste Italiane spa), la Cassa Depositi e Prestiti (70% Ministero del Tesoro, 30% Fondazioni bancarie) e le Poste Italiane spa, il cui capitale è detenuto per il 65 per cento dallo Stato e per il 35 per cento dalla Cassa depositi e prestiti. Tutte e tre hanno una veste privata, poiché sono state costituite sotto forma di società per azioni, ma il loro capitale è saldamente nelle mani del Tesoro. Costituiscono il nocciolo duro della nuova finanza politica (aggettivarla come pubblica è francamente eccessivo, poiché la loro finalità è spudoratamente clientelare).

Tutta questa costruzione barocca costituisce l'ennesima spoliazione del risparmiatore italiano, che si è fidato nel corso degli anni delle poste considerandola sicuro l'affidamento ad esso dei propri risparmi, poiché non soggetti all'alea dell'investimento in attività a rischio. Il risparmio postale era infatti utilizzato esclusivamente dalla Cassa DDPP per finanziare opere pubbliche, per cui aveva una implicita garanzia pubblica. Già da tempo la Cassa ha iniziato a finanziare anche investimenti privati.

La nuova banca è un ente inutile prima che nasca e sarebbe opportuno non dargli la possibilità di trasformarsi in un mostruoso drago che divora fondi pubblici. Sarebbe necessario soffocarlo garbatamente nella culla.

Il vero problema bancario del Mezzogiorno dovrebbe essere quello del rafforzamento delle piccole banche locali. Tra gli obiettivi annunciati che dovrebbe avere dovuto avere la neo costituita banca e quello di sostenere lo start-up di nuove banche di credito cooperativo con apporti di capitale ben più consistenti di quanto oggi previsto dalla legge. Sarebbe sufficiente sostenere quelle già esistenti. Ma queste muoiono nella completa indifferenza, poiché non rappresentano un boccone troppo prelibato.

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