Il Marchese Stefano Patrizj

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 08 del 25/02/2012


Rende, 28/02/2012


Un illustre giureconsulto cariatese

Discendente da una nobile famiglia senese stabilitasi in Calabria, fu principe nel foro di Napoli e un erudito molto apprezzato, socio onorario della Reale Accademia delle Scienze istituita in Napoli, dove riposa nella Chiesa dei SS. Santi Apostoli.


Stefano Patrizj è il più illustre figlio di Cariati. Nella “Della Magna Grecia e delle Tre Calabrie” di Nicola Leoni, pubblicato a Napoli nel 1845, una ponderosa raccolta di ricerche etnografiche, etimologiche, topografiche, politiche, morali, biografiche, letterarie, gnomologiche, numismatiche, statistiche, itinerarie sui luoghi del Regno di Napoli - come si legge in copertina dei volumi che compongono l’opera - la voce Cariati è quasi interamente dedicata al nostro personaggio la cui fama era ancora molto viva. A lui è stato dedicato il liceo scientifico della ridente cittadina ionica.

“Gli fu conferita la cattedra delle scienze feudali nella regia università degli studi; fu poscia nominato socio ordinario della reale accademia delle scienze istituita in Napoli; si ebbe quindi il titolo di marchese col dritto di poter trasmetterlo a tutti i suoi successori in ordine di primogenitura; finalmente nel 1789 fu creato Vice-presidente del supremo tribunale di guerra, e casa reale”, scrive il Leoni. A lui è stato dedicato il Liceo Scientifico della cittadina ionica.

La biografia che qui si presenta, scritta da Giuseppe Boccanera da Macerata, è inserita volume ( “Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli ornata de' loro rispettivi ritratti compilata da diversi letterati nazionali”, Vol. 2 Napoli MDCCCXIV (1814), Presso Nicola Gervasi calcografo, Strada Gigante, n. 23.

------------------------------------------------------

Vita e opere di Stefano Patrizj

(Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli ornata de' loro rispettivi ritratti compilata da diversi letterati nazionali”, Vol. 2 Napoli MDCCCXIV)

Se alla chiarezza de' natali si aggiunga la gloria delle lettere in talune famiglie, che contano fra' loro avi nel variare dell'età, uomini ornati in ogni maniera di letteraria disciplina, il Biografo debbe fermarsi con compiacenza a mirare una così bella unione. Ecco ciò che a me accadde quando mi avvenni nelle memorie dell'illustre famiglia Patrizj, originaria di Siena, che produsse nel Secolo XV Francesco Patrizj, Vescovo di Gaeta, che in mezzo alla barbarie de' tempi suoi seppe dettare libri di Politica, ed essere uno de' più rinomati restauratori delle Lettere Greche e Latine; e che transpiantata poscia nel Regno di Napoli pel furore de' partiti, che laceravano allora le Città della misera Italia, nel Secolo XVIII vide in Stefano Patrizj il suo secondo ornamento, e rinovarsi la sua antica gloria.

Questi nacque nella città di Cariati in Calabria Ultra a' 30 Settembre del 1715. Venuto in Napoli assai giovine si pose a seguir la carriera del foro, ov'ebbe per istitutore il rinomato Marchese Niccola Fraggianni. Né trascurò di percorrere l'intiero stadio delle letterarie discipline, pendendo dalle labbra di Genovesi. Non si tardò guari a riconoscere il merito sublime, che lo adornava; poiché creato Giudice della Vicaria civile nel 1761, l'anno seguente fu Consigliere nel Sacro Regio Consiglio, e pochi anni dopo Capo Ruota della Reale Camera di Santa Chiara. In tutte queste cariche egli dimostrò quella profondità d'ingegno, e quella rettitudine di giudizio, che formarono sempre il suo principale carattere. Fedele difensore de' dritti del trono, egli dispiegò tutto lo zelo degno del cittadino e del Magistrato; e guadagnossi l'ammirazione e l'amore de' suoi concittadini, e la confidenza del Sovrano, che in lui riconobbe il più saldo sostegno de' suoi dritti, e delle sue prerogative.

Egli dette pruove di meritarla, quando insignito della Cattedra di Feudale nella Regia Università, col linguaggio della ragione fe’ la guerra all'autorità de' Baroni che sovvertiva i dritti Reali e quelli dell'umanità; e quando si oppose alle usurpazioni della giurisdizione Pontificia sulla regia autorità.

Pose a stampa in Napoli nel 1770 il Tomo Primo delle sue Consultazioni (*) con le Annotazioni ed una dottissima Prefazione del celebre Teologo Gio. Andrea Serao. Lami, Genovesi, e l'universalità de' Dotti ne decantarono il merito. Essi riconobbero nelle Consultazioni relative alle doti monastiche, la impronta di uno spirito patriottico, e caldo della più sana filosofia. Il Marchese Patrizj imprese a provare, difendendo i dritti del trono, ed affrontando la superstizione, che le stipulazioni e l'esazioni delle doti che le Monache ed i Monaci si fan pagare da coloro che vogliono entrare ne' loro Monisteri, sono non solo simoniache, ma eziandio contrarie alla privata e pubblica giustizia. Egli fu de' primi a gridar la crociata contro gli abusi delle immense ricchezze che i Monaci possedeano, a chiamare in soccorso della giustizia calpestata l'autorità Sovrana, e ad opporre la Religione e la Politica agli eccessi, a cui questi si abbandonavano.

Premise a quest'Opera l'elogio del suo illustre maestro il Marchese Fraggianni. Noi recaremo in mezzo il giudizio, che di questo e dell'intiera Opera ne dà il gran Metastasio in alcune sue lettere dirette a Saverio Mattei (Raccolta di varie dissertazioni del Mattei To. VIII) “Ho letto l'elegante elogio”, egli scrive, “del Consiglier Fraggianni scritto con una seduttrice facondia, che non mi ha permesso d'interromperne la lettura sino al termine. L'invidiabile familiarità con la quale il Patrizj tratta l'aureo linguaggio del Secolo d'Augusto; l'ordine limpidissimo de' suoi raziocinj; l'acume e la dottrina donde nascono i suoi pensieri, e le amabili qualità del suo cuore, che in questi chiaramente traspariscono mi hanno intieramente occupato … Ho letto con egual piacere le sue dotte e savie Consultazioni”.

Fu poco dopo il nostro Magistrato acclamato socio onorario della Reale Accademia delle Scienze istituita in Napoli, ad esempio di quelle di Londra e di Parigi. A questo proposito conviene avvertire che il Patrizj, comechè assorto nelle gravi cure del Foro, venne salutato anche Erudito e Filologo da sommi uomini, che allora faceano splendere le scienze e le Lettere di una luce sì viva nel nostro felicissimo Regno. E bene egli dette chiara pruova di ciò ch'egli valesse in siffatti studj nelle lettere che egli scrisse al Mattei suo proposito della Traduzione de' Salmi, che questi avea posta a stampa. Esse furono inserite nella collezione delle Opere di quest'ultimo, e vi si scorge erudizione vastissima, accoppiata ad un retto criterio, ed alla più illuminata filosofia.

Fu nominato il Patrizj nel 1781 Marchese col dritto di potere trasmettere questo titolo a tutti i suoi successsori in ordine di primogenitura. Le cariche e gli onori continuarono ad accumularsi sopra di lui, e nel 1780 venne fatto Vice-Presidente del Supremo Tribunale di guerra e Casa Reale.

Ma infiacchito dall'età, e logoro da tante fatiche, egli morì in Napoli ai 27 Ottobre 1797, e le sue ossa riposano nella Cappella gentilizia della famiglia nella Chiesa de' SS Apostoli. Egli non ebbe che due figli. (**)

La modestia che adornavalo, e che rendea più belle tutte le altre doti dell'animo suo lo trattenne dal pubblicare molte Opere legali ed erudite che lasciò manoscritte.

Egli protesse tutti i gentili ingegni del suo tempo e ne fu verace amico. La sua memoria sarà sempre in onore presso i suoi concittadini, e noi gli rendemmo in questo brevissimo Elogio il tributo sincero di quelle laudi, che l'amore di patria ci da additate (***)

Giuseppe Boccanera da Macerata

Ecco cosa scrive a proposito della sua morte il marchese Gennaro Marulli, in Ragguagli storici del Regno di Napoli, tomo I, pag. 117

E' d'uopo che io ora parlil del Marchese Stefano Patrizj morto nel 27 Ottobre del corrente anno 1797. Era egli annoverato senza fallo fra i più dotti avvocati ed insigni Magistrati del napolitano Foro; fu egli sempre integgerrimo Giudice, esercitando il suo impiego con somma giustizia e vigilanza senza dal luogo ad impegni e protezioni. Nella decisione delle cause faceva conoscere quanto valesse in giurisprudenza non che nelle altre materie di recondita erudizione: riuscivan vai per lui gli astuti cavilli dei litiganti, poiché ben comprendeva subitamente ove giaceva il nodo della controversia e con urbani e dotti modi cercava di scioglierlo. Di aspetto grave ed imponente riscuoteva da tutti ammirazione e rispetto. I suoi anche familiari discorsi misti sempre di recondita dottrina, formavano l'ammirazione di chi l'ascoltava; in una parola ben poteva dirsi di esso, quanto alium inveniemus parem. Ma il datore di ogni bene che di tanti doni l'aveva ricolmato, volle in costui far conoscere la fralezza umana, poiché colpito da fiera malinconia, qualunque ne fosse stata la cagione, perdè a poco a poco l'uso della ragione; deposte tutte le cariche trasse il restante dei suoi giorni nella solitudine e nel più perfetto silenzio, ed in tale miserando stato compì la sua gloriosa vita.


NOTE

* Molti volumi manoscritti si conservano di una tal Opera dal di lui ornatissimo figlio superstite, che me li ha mostrati. Essi sono pieni degli stessi pregj che si ammirarono da' Dotti nel Volume edito.

** Uno di questi, Scipione, fu Giudice della Gran Corte Criminale di Napoli; e morì molto giovane. Non gli erano nemiche le Muse Latine, come il comprovano alcuni carmi dettati in bello ed ornato stile, che furono pubblicati colle stampe.

*** Stimo questo il luogo di dovere avvertire a que' che non conoscono il metodo da me seguito nello scrivere questi Elogj, che io ho presi a modello que' di Fontenelle, e di Alambert; che in conseguenza io non narro che gli avvenimenti i più importanti della vita de' sommi uomini, ma che specialmente ho in mira la disamina delle loro Opere più celebri. Nella brevità che si siamo proposti sarebbero fuor di luogo l'erudizione pedantesca, e le ricerche minuziose di biografia, che appena si esaurirebbero in più volumi. Noi ce ne siamo astenuti, perchè avremmo data altrimenti a' nostri Elogj la stessa forma degli articoli di dizionario. Rimettiamo adunque i nostri leggitori per tutte le aridità biografiche a' Dizionarj, alle vite particolari de' sommi Italiani, ed alle Storie Letterarie, Opere tutte di cui fu feconda produttrice l'Italia.

Un fallace grido suona in rapporto all'Economà. La sua vita fu quella del saggio, simile ad un bel giorno di Primavera, terminato da una sera tranquilla e ridente. (Giuseppe Boccanera da Macerata in “Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli ornata de' loro rispettivi ritratti compilata da diversi letterati nazionali”, Vol. 2 Napoli MDCCCXIV (1814), Presso Nicola Gervasi calcografo, Strada Gigante, n. 23)

CARIATI

(Nicola Leoni, Della Magna Grecia e delle tre Calabrie, Napoli, 1845, vol. II Calabria Settentrionale)

Di questa città vescovile ignota è l’origine, non che il suo fondatore, se non sia vero, che l’abbiano edificata i Salentini, o si alcuni oriundi della terra d’Otranto. Fabbricata sopra un promontorio bagnato dal mar Ionio, sotto un cielo ampio ridente, di pittoresca veduta, di aere non insalubre, a ragione può ripetersi la sua etimologia, da χάρις grazia, cioè dalla graziosa prospettiva che offre all’occhio contemplatore. Poiché vicina al mare non potea non esperimentar quegli effetti, di che erano cagione que’ che scioglievano da lontani lidi a rapinare l’italica penisola, e molto più le nostre calabre terre. Prima che i Normanni distendessero le conquiste nelle Calabrie, lo che avvenne nel 1061 da Roberto Guiscardo della medesima dinastia, fu circondata di forte assedio, e si rese a condizioni.

Chiesa SS Apostoli Napoli IscrizioneSpogliato di Tunisi, cui distendea un usurpato impero, e posto invece Muley-Assan, non che fugato da Carlo V della dinastia spagnola, infestava pure co’ suoi latronecci, e con le sue barbarie il Mar Mediterraneo, nonché i nostri lidi il famoso Ariadeno Barbarossa con numerosa flotta, che avea avuto da Solimano II, imperatore de’ Turchi. Allora fu che Cariati, come le altre nostre città marittime, fu lasciata a ruba da quel pirata, e tutta profanata, molte genti furono menate a dura servitù in Turchia, onde restò scarsa di abitatori.

Ughelli vuole che il vescovado di Cariati, la cattedrale di cui è sotto il titolo di S. Teodoro martire, sia stata eretta fin dall’anno 660 del cristianesimo. I canonici della cattedrale a vicenda hanno la cura delle anime.

E mi giovo delle voci di un gran riformatore del gusto italiano, onde formare il vero carattere di Stefano Patrizi. “Ho letto, così il Metastasio(1), l’elegante elogio del consiglier Fragianni scritto con una seduttrice facondia, che non mi ha permesso d’interrompere la lettura sino al temine. L’invidiabile familiarità colla quale il Patrizi tratta l’aureo linguaggio del secolo di Augusto, e l’ordine limpidissimo dei suoi raziocinj; e l’acume, e la dottrina donde nascono i suoi pensieri, e le amabili qualità del suo cuore, che in questi chiaramente traspariscono mi hanno interamente occupato. Ho letto con egual piacere le sue dotte, e savie consultazioni. “Un elogio, più breve e più espressivo da altro indarno si sarebbe sperato. Un eleganza senza pari, una facondia che incanta, e rapisce, il trattar senza difficoltà, e senza imbastardire un linguaggio, ch’era l’espressione dei dotti del secolo di Augusto, un pensar profondo, e finalmente le celesti doti di un cuore amabile, tutto dal Metastasio vengono ammirate nel Patrizi.

E’ nato in Cariati nel settembre del 1715 d’illustre famiglia originaria di Siena, trapiantata poscia nel Regno di Napoli per furore de’ partiti, che laceravano l’Italia, co’ suoi studi, che gli fruttarono le più sublimi magistrature accrebbe la gloria della sua patria, non che rinverdì quella dell’antica sua famiglia. Ancor giovinetto movea per Napoli, ove emulando le virtù dei suoi maggiori, e più di Francesco Patrizi, che nel secolo XV fu vescovo di Gaeta, e istruito nelle greche lettere, e latine, in mezzo alla barbarie di que’ tempi seppe dettar precetti di sana politica, alienandosi ad ogni piacere tutto si diede agli studi. Pendendo dal labbro del Genovesi nella istituzione di filosofia, non trascurava in egual tempo gli studi filologici. Poscia volse il pensiere alla giurisprudenza, come al templo di sua gloria. E veramente nel 1761, fu nominato giudice della Vicaria Civile; nel seguente anno fa consigliere nel Consiglio Regio, e dopo non molto fu Capo Ruota della Real Camera di S. Chiara. Fidi suoi compagni l’onore, l’ingenuità, spiegò tutta la forza del suo animo a difendere i dritti del trono, onde procaccossi l’amore, non che la confidenza del sovrano. Da ciò gli fu conferita la cattedra delle scienze feudali nella regia università degli studi; fu poscia nominato socio ordinario della reale accademia delle scienze istituita in Napoli; si ebbe quindi il titolo di marchese col dritto di poter trasmetterlo a tutti i suoi successori in ordine di primogenitura; finalmente nel 1789 fu creato Vice-presidente del supremo tribunale di guerra, e casa reale.

Caro all’amore de’ buoni, noto alla fama delle lettere, e logoro da tante onorate fatiche, chiuse i suoi giorni in Napoli nell’ottobre del 1797. Si ebbe sepoltura nella cappella gentilizia di sua famiglia nella Chiesa de’ SS Apostoli in Napoli, ove si legge una lunga iscrizione, che qui sotto mi è talento trascrivere.

Lasciò di pubblica ragione un elogio in morte del marchese Nicola Fraggianni, maestro di lui nella giurisprudenza, ed il primo volume delle sue consultazioni, restando gli altri inediti.Cariati

Articolo in pdf


Inizio pagina


C O P Y R I G H T

You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the ©opyright rules included at my home page, citing the author's name and that the text is taken from the site www.oresteparise.it.

Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può riprodurli secondo le @ondizioni elencate nella home page, citando il nome dell'autore e mettendo in evidenza che che il testo riprodotto è tratto da http://www.oresteparise.it/.