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Mezzoeuro

Così è se mi pare

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 26 del 30/06/2012


Rende, 26/06/2012


La Corte Costituzionale censura i comportamenti illegittimi

Nonostante la dichiarazione di incostituzionalità, la Regione Calabria continua a mantenere ai loro posti i dirigenti comandati da altre amministrazione e inventarsi marchingegni per dilazionare la decisione, sperando magari che il tempo possa trovare una soluzione nella dimenticanza collettiva. Ma il Direr si mette di traverso e rompe le scatole.

Di seguito si riporta un estratto dell’esposto-denuncia che il Direr ha inviato alle più alte autorità amministrative a partire dal Capo dello Stato, il Presidente del Consiglio dei Ministri, L’avvocatura Generale dello Stato nonché il principale responsabili regionale del personale Domenico Tallini e il Presidente della Regione Giuseppe Scopelliti. Sembra che sia stato inviato anche a Gerardo Dominijanni, procuratore della Repubblica di Catanzaro per sollecitare l’apertura di un fascicolo e la verifica del profilo penale dei responsabili. Nell’elenco vi è anche la Corte dei Conti, ovviamente, che deve preoccuparsi del danno economico-patrimoniale che il disinvolto comportamento potrebbe avere provocato nel bilancio regionale.

La Direr è un sindacato dei dirigenti e quadri del settore pubblico e privato ed aderisce al Confedir – MIT, la più importante confederazione della categoria.

La Sezione calabrese si è spesso occupato della dirigenza pubblica, che costituisce la componente più influente e prestigiosa per la fragilità del sistema economico regionale. Spesso, e forse non a torto, Ë accusata di essere fortemente dipendente dalla politica locale, la quale sceglie non sulla base dei meriti e delle professionalità, ma sul grado di fedeltà e capacità clientelare del prescelto, il quale in cambio del bacio della fortuna è chiamato a vendere la propria anima e la propria dignità.

Non sempre è così, ovviamente. Lo è sicuramente in esecuzione dello spoil system, che costituisce l’autostrada d’ingresso degli incompetenti nei gangli vitali dell’apparato regionale e lo è spesso anche nella quota di coloro che entrano per concorso “a destinazione di origine controllata” sulla base di un manuale Cencelli della burocrazia che garantisce una equa ripartizione delle nefandezze, che godono della copertura di una legislazione regionale di comodo, spesso incappata nelle maglie della consulta, che le ha falcidiate decretando l’illegittimità costituzionale di molti degli espedienti inventati ad hoc per assicurare carriere folgoranti ai “piccoli” burocrati che si ritrovano a giocare ruoli al di sopra delle proprie capacità e competenze.

Un giudizio impietoso certo, che fa torto a qualche mosca bianca che si aggira smarrito tra i corridoi deserti dei mille uffici cercando di supplire alle carenze organizzative e funzionali. Un giudizio che però trova solido fondamento nella condizione in cui la “Regione” ha ridotto la regione: ultima in Italia e senza alcun futuro per i propri giovani.

Chi ama il legal-burocratese può dilettarsi a passeggiare tra articoli, commi, sentenza della Corte Costituzionali e fini argomentazioni giuridiche. Per i profani cerchiamo di semplificare il ragionamento con l’esposizione schematica dei fatti.

La Regione Calabria con una propria legge nel 2010 ha assorbito nel proprio organico tutti quelli che erano stati trasferiti da tutti gli enti pubblici (comuni, amministrazioni provinciali, consorzi di bonifica, comunità montane, per fare qualche esempio non esaustivo) con il benefit ci un inquadramento che assicura molteplici benefit, in termini economici e di potere. Si tratta di tutti i “famuli” delle varie giunte che si sono succedute, senza escludere nessuno. More solito quella perla legislativa è stata approvata all’unanimità. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima quella legge sotto diversi profili. Gli interessati però non se ne sono accorti, poiché stanno ancora tutti là stretti stretti ai propri patron politici. Don Peppe se ne fa un baffo. Tutti gli altri illustri personaggi che ci governano in maggioranza o all’opposizione si stringono compatti attorno a lui, a difesa dei propri privilegiati: unicuique suum. Per chi ha voglia, le tecniche di resistenza costituzionale sono descritte nell’esposto e non vale la pena di ripeterle.

Vi è poi il gran pasticciaccio della stabilizzazione degli LSU/LPU avvenuta con altra apposita normativa regionale censurata anche quella dalla Corte Costituzionale: un caso da manuale di rara incompetenza che premia il servizio legale della regione, chiamato a giocare i tempi supplementari per trovare una pezza a un groviglio inestricabile. Forse la soluzione più semplice è quella di far fuori tutti i componenti della Consulta e rimpiazziarli con elementi politicamente plasmabili ... Una soluzione truculenta e politically incorrect!

Il “caso Marasco” ha un sapore emblematico, ma non è certo l’anomalia più grave in una regione dove tutto si gioca sul filo della liceità, dove la precarietà economico-sociale si traduce in un confine incerto etico-morale. Di fronte alla evidente fallimento politico-amministrativo non si sa se difendere la buona fede per l’incompetenza dei protagonisti, o difendere la loro competenza e professionalità dichiarandoli vittime e responsabili di un sistema perverso e corrotto.

La Marasco costruisce la sua carriera tutta in casa: il curriculum se lo costruisce da sola con le protezioni di cui gode sotto qualsiasi cielo politico. La dirigente de noantri che impara presto l’arte di salire i gradini della gerarchia. Sale con Agazio e si consolida con Peppe, perché mamma regione non lascia indietro nessuno: i privilegi si aggiungono, si affastellano, si cumulano. Ma non si tolgono a nessuno. Per non creare malumori e assicursi una continuità anche con l’eventuale cambio della guardia.

La Calabria è la regione italiana dove ad ogni elezione cambia il presidente, ma gli usi, i costumi, la classe politica, il sistema clientelare, la spartizione sono immarcescibili.

Il fattore più rivoluzionario è addirittura la Corte Costituzionale, l’istituzione più conservatore, più legittimista. I calabresi hanno più volte dimostrato di voler cambiare, di desiderare una classe politica e dirigente diversa e migliore. I fatti si sono messi d’impegno a dimostrare che questo non è possibile in Calabria. Restano i forconi ... Ma quelli sono fermi in Sicilia.


Illegittima stabilizzazione di dirigenti comandati ed estensione a “full-time” di contratti “part-time” di ex LSU/LPU (Dall’esposto- denuncia del DIRER, Segreteria Regionale della Calabria del 25 giugno 2012)

Con riguardo ad una delle succitate pronunce, va sottolineato che con la sentenza della Corte cost. n. 108/2011, veniva dichiarata l'illegittimità costituzionale, tra l'altro, dell'art. 16, comma 2, della Legge Regionale della Calabria n. 8/2010, in forza della quale “I dipendenti in servizio al 1 gennaio 2010 in posizione di comando presso gli uffici della Giunta regionale proveniente da enti pubblici, che abbiano maturato in tale posizione almeno quattro anni di ininterrotto servizio, sono trasferiti, a domanda, nei ruoli organici della Regione, nei limiti della dotazione organica prevista nella programmazione triennale del personale e delle risorse disponibili. Dal trasferimento è escluso il personale in atto comandato ai sensi delle leggi regionali 13 maggio 1996, n. 7 e 26 maggio 1997, n. 8 e s.m.i. Alla relativa copertura finanziaria si provvede con le risorse allocate all'UPB 1.2.01.01 dello stato di previsione delle spese di bilancio 2010, evidenziando che tale norma autorizzava la stabilizzazione di tutto il personale comandato da più di quattro anni, senza limitazioni percentuali e senza predeterminazione dei requisiti attitudinali, con ciò violando il principio dell'accesso agli uffici pubblici mediante pubblico concorso, di cui all'art. 97 Cost. (anche con riferimento al necessario carattere aperto dello stesso), sia per l'assoluta irragionevolezza della disparità di trattamento che si veniva a creare tra soggetti sostanzialmente nella medesima posizione giuridica e differenziati solo per la mera circostanza fattuale di prestare servizio presso un ufficio piuttosto che presso un altro (la Giunta, piuttosto che il Consiglio regionale), in violazione dl principio di cui all'art. 3 della Cost.

Sempre con la medesima sentenza della Corte Cost. n. 108/2011, veniva dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, commi 1, 3, e 5 della L.R. n. 8/2010 che, in sintesi, disponevano illegittimamente la trasformazione ex lege del rapporto di lavoro del personale stabilizzato (ex LSU/LPU) assunto a tempo indeterminato alle dipendenze della regione ai sensi e per gli effetti del Decreto del Dirigente n. 20267del 4 dicembre 2008, da un contratto part-time verticale a 24 ore settimanali in rapporto di lavoro full-time a 36 ore settimanali; prevedeva un concorso riservato ai dipendenti interni della regione per la progressione di carriera, in contrasto, tra l'altro con il d.lgs. n. 165/2001, come modificato dal d.lgs. 150/2009; estendeva fuori termine la stabilizzazione degli ex LSU/LPU e il passaggio da 24 ore a 36 ore settimanali dei relativi contratti di lavoro.

La Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale riferita all'art. 15, comma 1, della L. R. calabrese n. 8/2010, in quanto la norma incideva illegittimamente sulal materia di potestà esclusiva del legislatore statale dell'ordinamento civile e, nel contempo, si poneva in contrasto con alcuni principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, ex art. 117, comma 3 Cost, nonché con l'at. 76, comma 6, del D.L. n. 112/2008, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 comma 1, legge 6 agosto 2008, n. 133, che, al comma 6, prevede l'adozione di un D.P.C.M. Per la riduzione delle spese del personale, e, al comma 7, vieta esplicitamente agli enti locali nei quali l'incidenza delle spese del personale è pari al 40% di procedere ad assunzioni con qualsivoglia tipologia contrattuale.

La stessa Consulta ha altresì cancellato i commi 3 e 5 del medesimo art. 15:

il primo perchè violava i principi di uguaglianza e buon andamento della Pubblica Amministrazione (art. 3 e 97 Cost) che, materia, sarebbero stati garantiti solo dal rispetto dell'art. 24 del d.lgs. n. 150 del 2009 e dell'art. 5 della legge n. 15 del 2009 i quali stabiliscono, anche per le progressioni di carriera, l'obbligo di pubblico concorso, riservando al personale interno fino alla misura massima del 50% dei posti disponibili.

Il secondo perchè avrebbe consentito di stabilizzare senza concorso tutti i lavoratori socialmente utili già impegnati dalla regione, senza porre limiti percentuali al ricorso a tale tipo di assunzione, ponendosi in contrasto con le nuove previsioni recate dall'art. 17, commi 10-13, del D.L. n. 78/2009, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 comma 1, legge 3 agosto 2009, n. 102 che, con riferimento alla generalità delle Amministrazioni pubbliche, stabilisce nuove modalità di valorizzazione dell'esperienza professionale acquisita dal personale non dirigente, attraverso l'espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva dei posti, configura una modalità di accesso riservato agli uffici pubblici, ritenuta costituzionalmente illegittima dalla costante giurisprudenza della Corte. Quest'ultima, infatti, nella prospettiva di valorizzare le professionalità maturate all'interno dell'amministrazione, ha ammesso la stabilizzazione di contratti di lavoro precario, i deroga al principio del concorso pubblico di cui all'art. 97 della Cost. solo entro limiti percentuali tali da non pregiudicare il prevalente carattere aperto delle procedure di assunzione nei pubblici uffici.

Ebbene, nonostante l'eliminazione dal mondo giuridico delle succitate norme, a distanza di oltre un anno la citata sentenza della Consulta non solo non è stata eseguita (nonostante sia notoria l'immediata esecutività delle sentenze della Corte Costituzionale), ma la Giunta regionale della Calabria e il Dirigente Generale del Dipartimento Presidenza, dott. Franco Zoccali (la cui posizione e nomina è altrettanto illegittima come già più volte denunciato da questo sindacato, perché privo dei requisiti di legge), hanno strumentalmente ed illegittimamente “preso tempo”, adottando una serie di atti volutamente dilatori con i quali si limitavano:

a prendere atto della sentenza, senza provvedere direttamente in merito, ma demandando al Dirigente Generale del Dipartimento Presidenza della regione Calabria di provvedervi entro il termine di 120 giorni (delibera n. 127 del 12 aprile 2011)m circostanza del tutto singolare, visto che la competenza in materia di personale spetta al Dipartimento “Organizzazione e personale”;

a costituire un Tavolo Tecnico per gli adempimenti conseguenziali (Decreti del dirigente generale del Dipartimento Presidenza n. 3842 del 26 aprile 2011 e n. 8477 del 12 luglio 2011);

a prorogare di ulteriori 60 giorni il termine per provvedere ai suddetti adempimenti (delibera n. 114 del 4 maggio 2012) nonostante detto termine fosse scaduto circa 9 mesi prima, senza che ad oggi sia stato adottato alcun provvedimento per eseguire la sentenza; il tutto con la più logica conseguenza che persistono sia l'inquadramento illegittimo nei ruoli regionali di Dirigenti comandati da più di quattro anni, sia l'illegittima estensione da 24 a 36 ore settimanali dei contratti di lavoro degli ex LSU/LPU stabilizzati, i quali ancora (altrettanto illegittimamente) mantengono la loro posizione ed esercitano le funzioni loro assegnate all'interno della regione Calabria.

A riprova dell'assoluta inerzia e persistenza nell'illegittimità, sta il fatto che nell'albo della dirigenza regionale, pubblicato sul sito internet istituzionale della regione Calabria (area Trasparenza) e aggiornato, all'inizio del corrente mese di giugno 2012, tuttora figurano i seguenti nominativi e dati informativi:

Marasco Rosalia, Dirigente del Settore Organizzazione del personale, interno;

Giovinazzo Giacomo, Dirigente del Settore Agricoltura, Foreste e Forestazione, Interno;

Zinno Luigi, Dirigente del Settore Programmazione, interno;

ciò nonostante costoro (unici effettivi beneficiari della norme di legge regionale sopra citata, dichiarata incostituzionale) siano ormai privi sia della copertura legislativa della norma di legge regionale che disponeva il loro trasferimento, sia del provvedimento di comando (ormai scaduto e non rinnovato) che ne giustificherebbe in via transitoria la loro permanenza, subordinatamente al rispetto del limite di cui al richiamato art. 19, comma 5-bis, d.lgs. 165/2001, ma non sussistendo dette condizioni, gli stessi, già da tempo, avrebbero dovuto riprendere servizio nelle Amministrazioni di provenienza (le quali, peraltro, nell'inerzia degli stessi, sembrerebbe che abbiano proceduto a cancellarli dai rispettivi ruoli).


Il caso Marasco

Con Deliberazione della Giunta Regionale del 6 giugno 2005 n. 548 si procede alla nomina di Settore ed assegnazione al V Dipartimento “Organizzazione, Personale, Logistica e Servizi Operativi della dottoressa Rosalia Marasco. La nomina è avvenuta su conforme proposta dell'Assessore all'Organizzazione, Personale, Servizi Operativi e Logistica Ing. Giuseppe Morrone.

In premessa si chiarisce che la sua nomina rientra nel 10% discrezionale della dotazione organica relativa a ciascuna funzione, per il conferimento di incarichi dirigenziali a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati, ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio.

A tal fine si dichiara in premessa “accertato che la dottoressa Marasco Rosalia, nata a Cosenza il 22/10/1952, dirigente del Comune di Cosenza, è in possesso dei requisiti di professionalità ed esperienza acquisiti nel corso della carriera e necessari per il posto da ricoprire come si evince dal curriculum allegato, dal quale si evincono le seguenti cose.

L'interessata è laureata in scienze dell'informazione all'Università di Pisa, senza che venga precisata la data in cui è stata conseguita. Questo piccolo particolare consentirebbe di verificare se all'atto della sua assunzione al comune di Cosenza, senza concorso e inquadrata immediatamente al 7 livello presso il Centro Elaborazione Dati, possedeva almeno quel titolo. Siamo infatti nel 1980, e tutte le attività ed esperienze formative bellamente denunciate nel curriculum sono successive alla sua assunzione. Dal che si deduce che è stata assunta senza aver alcuna esperienza lavorativa e senza titoli particolari (salvo la laurea?). La prima esperienza formativa è il Corso di aggiornamento sulla dichiarazione dei redditi organizzato dal comune di Cosenza in collaborazione con l’ordine dei Dottori Commercialisti nell’aprile del 1982. La sua esperienza lavorativa e formativa si svolge tutta all'interno del comune di Cosenza dove scala la gerarchia con velocità sorprendente distinguendosi per la partecipazione a qualche seminario e convegno.

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