OP

Mezzoeuro

Il tunnel di UBI Banca

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 29 del 21/07/2012


Rende, 18/07/2012


Per Emilio Contrasto leader della FALCRI, non è l'Istituto di credito ad essere in crisi, ma l'intero sistema bancario ...

Cosa succede all'UBI-Banca, è crisi nera?
Non è l'UBI ad essere in crisi, ma direi che siamo di fronte a un cambiamento epocale dell'attività bancaria, perché si sono inceppati i meccanismi che hanno governato fin qui il sistema del credito.
Quello che colpisce è che non si fa altro che parlare di tagli, di risparmi sui costi che poi si traduce in una decurtazione dei servizi. L'unica idea del piano UBI è proprio tagliare, tagliare, tagliare: costi, sportelli, personale …
Questo è il vero dramma che stiamo vivendo, nessuno crede veramente in un rilancio dell'economia, ma ci si è ridotti a considerare l'economia nella sua accezione di parsimonia, utilizzo oculato delle risorse, risparmio. È un meccanismo che si è inceppato, perché si è ritornati al concetto di gestione in economia, dimenticando che un paese moderno ha bisogna della gestione dell'economia. In questo modo si riduce il mercato, s’inaridiscono le opportunità, s’impedisce la crescita: si è avviata una spirale negativa che ci trascina sempre più in basso. Il risparmio frutto di un processo virtuoso delle famiglie che hanno sempre saputo tesaurizzare le risorse si è quasi inaridito e si è avviato un mostruoso processo di autogenerazione di ricchezza finanziaria che trova il suo alimento nella finanza speculativa.
Bisognerebbe cominciare a distinguere le cause, vi sono certamente errori gestionali che hanno drogato l'economia con un'immissione di liquidità eccessiva, e si è anche sbagliato il target puntando tutto sulla ricchezza immobiliare, sull'edilizia …
Vi sono vincoli normativi che hanno generato un processo che a un certo punto è sfuggito di mano, i è avvitato su sé stesso. Bisogna poi sommare la sottovalutazione dei rischi di un mercato sempre più grande e incontrollabile. Si voleva un mercato finanziario globale e competitivo e si sono creati delle entità mostruose che nessuno riesce più a controllare. Gli stessi attori politici sono ostaggio di meccanismi che non riescono più a controllare.
Questo non assolve però le banche dai comportamenti “disinvolti” che hanno esaltato i rischi e messo in pericolo la loro stessa sopravvivenza. Un comportamento più rigoroso avrebbe forse potuto evitare una crisi così profonda.
Le banche hanno seguito l’andamento del mercato, si sono adeguate. Non hanno certo tentato di correggere la rotta e si sono ritrovate immerse nel sistema. Questo è il dramma spagnolo, ad esempio. Per anni la Spagna ha fatto affidamento su una crescita senza freni e senza controlli dell'attività edilizia, una spirale che non poteva continuare all'infinito. Le banche hanno svolto il loro ruolo, hanno alimentato il mercato con la concessione di mutui che hanno dato ossigeno e consentito di sostenere il frenetico ritmo di crescita. Non si può dire che abbiano agito in maniera troppo disinvolta, perché i valori immobiliari giustificavano quelle operazioni. Il crollo del mercato ha provocato una crisi spaventosa perchè sono venuti meno tutti i presupposti sulla quale era stata costruita la crescita. Bisogna però dire che, a parte l'esempio spagnolo, il mercato creditizio europeo è ben più solido e saldo di quello americano. Il sistema del sub-prime è una specialità d'oltre oceano: è lì che si è generata la bolla finanziaria che l'Europa vive di riflesso e subisce perché non ha gli strumenti politici e di rappresentanza per poter approntare una difesa efficace.
Quello che rende fragile l’economia europea e con esse il sistema bancario è la massiccia presenza nei loro bilanci di consistenti tranche di debiti sovrani di paesi come la Grecia e la Spagna con pericolo di default; … e lasciamo stare l’Italia.
Questo è vero per la schizofrenia del mercato. Il debito federale americano non è certamente meno mostruoso di quello europeo aggregato, e nessuno conosce la condizione finanziaria degli Stati americani. Ad esempio, la California è un rischio default superiore a quello della Grecia ed è molto più grande di questa. Nessuno se ne preoccupa perché è sotto l’ombrello di protezione della Federal Reserve. Il dramma sta tutto nella domanda che si dice abbia fatto Obama: “se voglio parlare con l’Europa, che devo chiamare?”. Vi sono tante comparse, più o meno importanti, ma nessun regista e neanche un primattore. Vi sono poi i diktat delle agenzie di rating che distorcono profondamente il mercato, spesso sotto la pressione dei grandi fondi di investimento con effetti paradossali. Le regole di Basilea vorrebbero che gli investimenti in titoli di Stato fossero privi di rischio, mentre basta un abbassamento del rating per farle diventare spazzature e distruggere il patrimonio delle banche. In questa drammatica circostanza l’Europa ha mostrato tutti i suoi limiti, il deficit politico che impedisce il coordinamento delle azioni dei vari governi.
Questa è una sorta di assoluzione per le banche europee, ma non si può negare che vi siano stati anche qui errori di gestione, o valutazioni allegre della capacità di crescita senza limiti e senza controlli.
Nessuno può negare che vi siano stati eccessi ed errori, ma dobbiamo cominciare con il riconoscere che la gestione delle banche ha rigorosamente rispettato i vincoli normativi ed in particolare regole di Basilea. Ma queste si sono dimostrate insufficienti al primo giro di boa. La loro rigidità, il loro automatismo ha agito in maniera fortemente pro-ciclica. Nella fase di crescita ha spinto la crescita adeguandosi ed alimentando il clima di euforia e ottimismo, ed ha saputo registrare immediatamente i segnali di crisi spingendo tutto il sistema verso il basso.
Questa può considerarsi una lezione severa, una dimostrazione cruenta dei guasti che può provocare un eccesso di automatismo, di tecnicalità non corretta dal fattore umano. In diebus illis, il direttore di banca era un personaggio carismatico chiamato a scelte importanti e svolgeva un ruolo di cerniera con l’economia reale. Oggi è un giovane tecnocrate chiamato a garantire il perfetto funzionamento dell’automatismo.
La società è in fibrillazione e si evolve seguendo la legge di Moore, in base alla quale la capacità di elaborazione dei computer raddoppia ogni 18 mesi e i prezzi si dimezzano. Questa è una realtà che non si può certo ignorare, né possiamo pensare ad un ritorno al luddismo, e la pretesa di voler distruggere la tecnologia. Non possiamo essere contro gli sportelli automatici o l’utilizzo dei moderni sistemi di pagamento, poiché questo ha consentito un aumento esponenziali delle operazioni economiche e delle transazioni finanziarie. Il problema è che non si è voluto investire su un diverso utilizzo delle risorse umane che si rendono disponibili in questo processo. Si potevano e si possono utilizzare le risorse umane per migliorare la qualità dei servizi, stabilire un contatto diretto con la realtà sottostante, leggere i bisogni del territorio, anticipare il ciclo cercando di correggerne in tempo le distorsioni.
Cosa dovrebbero fare in concreto le banche?
Limitiamoci al caso dell’UBI-Banca. Riconosciamo tutti che deve trovare un solido equilibrio economico-finanziario, poiché altrimenti non può reggere a lungo sul mercato. La risposta è però nella riscoperta dell’economia reale, nel sostegno ai territori di insediamento, nel contatto diretto e professionale con gli operatori. Il personale non deve essere considerato una zavorra di cui liberarsi al più presto per rialzare la linea di galleggiamento, perché fin a quando si continua a navigare nella bufera della speculazione finanziaria non vi sono risorse sufficienti per evitare attacchi alla solidità dell’istituto. Siamo tutti consapevoli che bisogna trovare un nuovo equilibrio con una diversa strutturazione aziendale e una organizzazione più efficiente. Come sindacato ci chiediamo se è necessaria una opera di macelleria sociale mandando al macero competenze, professionalità, esperienze maturate in lunghi anni di lavoro per ottenere questo risultato o piuttosto non utilizzare questo gran patrimonio umano per riappropriarsi del ruolo che essa aveva sul territorio.

A TUTTI I COLLEGHI

UBI BANCA, ANCORA TAGLI SUL PERSONALE E RIDIMENSIONAMENTO DELLA RETE

UBI Banca in data odierna ha presentato alle OO. SS. le linee guida relative alla prossima manovra di revisione della struttura organizzativa di Gruppo finalizzata, in sostanza, all’ottenimento di una riduzione di costi annui a partire dal 2014 per oltre 115 milioni di Euro, di cui almeno 70 milioni già nel 2013. La suddetta riduzione dei costi sarà perseguita attraverso, principalmente, i seguenti interventi:

La manovra preannunciata prevede anche, in un ottica di rafforzamento commerciale, interventi di adeguamento del modello di servizio alla clientela Private/Corporate attraverso la creazione di punti operativi di presidio unico (46 Centri di nuova costituzione) per entrambi i segmenti di clientela, nonché la riduzione del 20% dei costi complessivi della Governance, attraverso la compressione sia del numero che degli emolumenti dei membri degli Organi Societari delle diverse realtà del Gruppo.

UNITA’ SINDACALE, dopo una primissima analisi della manovra annunciata, esprime preoccupazione rispetto agli interventi decisi che, una volta attuati, inevitabilmente determineranno il ridimensionamento della presenza e, quindi, delle attività del Gruppo nei territori serviti, con pesanti e negative conseguenze, soprattutto, in termini occupazionali, senza dare risposte - di fatto - rispetto alla necessità di predisporre un piano di effettivo rilancio del Gruppo. Si ricorda a tal proposito che nell'anno in corso UBI aveva già disposto la chiusura, in tutto il Gruppo, di 84 Strutture tra Filiali e Minisportelli e la trasformazione di 38 Filiali in Minisportelli.

In sostanza, la sempre più grave crisi economica e finanziaria, i provvedimenti del Governo centrale che impropriamente impongono alle Banche limiti in materia di servizi e prezzi da praticare alla clientela, i vincoli fissati da EBA che non consentono una efficace ed efficiente allocazione delle risorse, determinando - addirittura - una contrazione strutturale degli impieghi in un contesto in cui è impensabile procedere a nuove richieste di ricapitalizzazione e - ad avviso di UNISIN - le scelte errate operate, anche nel recente passato, da una parte del Management, costituiscono fattori di criticità che i vertici di UBI intendono affrontare con la nuova manovra "strategico-organizzativa" che si basa essenzialmente sul contenimento dei costi del Personale. Con una tale scelta, però, questi fattori di crisi vengono - di fatto - interamente ed ingiustamente scaricati sulle spalle delle Lavoratrici e dei Lavoratori che pure negli ultimi anni hanno già contribuito, in modo determinante e con enormi sacrifici, alla ristrutturazione e riorganizzazione del Gruppo.

UNISIN nel riservarsi ulteriori analisi ed interventi una volta resi noti i dettagli della manovra (si ricorda che la procedura sindacale dovrebbe iniziare subito dopo la pausa estiva), ritiene comunque pregiudiziale che dal relativo confronto con la Capogruppo debbano necessariamente scaturire soluzioni condivise atte a minimizzare al massimo le ricadute sul Personale che dovranno comunque gestirsi anche su base volontaria, evitando - inoltre - discriminazioni di qualunque specie e perseguendo una logica di armonizzazione dei trattamenti di tutto il Personale all'interno del Gruppo.

La Segreteria UNITA’ SINDACALE FALCRI - SILCEA Gruppo UBI Banca

Il 19 luglio 2012


Articolo in pdf


Inizio pagina


C O P Y R I G H T

You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the ©opyright rules included at my home page, citing the author's name and that the text is taken from the site www.oresteparise.it.

Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può riprodurli secondo le @ondizioni elencate nella home page, citando il nome dell'autore e mettendo in evidenza che che il testo riprodotto è tratto da http://www.oresteparise.it/.