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Mezzoeuro

Il centro direzionale Carime verso la chiusura

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 36 del 08/09/2012


Rende, 7/08/2012


Cosenza perde un altro pezzo della sua storia

L'ennesimo piano di ristrutturazione della Carime falcidia sportelli e personale, in una logica di puro contenimento dei costi. La spending review è una politica di corto respiro che può dare qualche contributo reddituale, ma impedisce di programmare il futuro e puntare su una politica di sviluppo del territorio.

“La realtà è molto diversa dalle teorizzazioni di stampo filosofico che, spesso, si sentono in Banca Carime, rappresentata dalle filiali che scoppiano per i carichi e i ritmi di lavoro insostenibili a causa dell'assenza cronica di personale. Qualcuno potrebbe eccepire che tutto quello che sta avvenendo in Carime - Gruppo BPU è in linea con i programmi, così come anche le decine di persone che hanno concluso il proprio rapporto di lavoro con la Società Carime S.p.A. per motivi di carattere diverso: pensionamento, prepensionamento, dimissioni, ecc”.

Questo è quanto si legge in un comunicato della Falcri e suona molto attuale. Solo qualche particolare denuncia che è un documento datato, risalente a circa un decennio prima (siamo nel 2004). Nel frattempo la Falcri si è coniugata con il Silcea, formando L'Unità Sindacale ed il Gruppo è nel frattempo diventato UBI. Il tema di fondo però è rimasto lo stesso: tagli, ritagli, frattagli, esuberi di personale pomposamente rubricato sotto il titolo di “Piano industriale”.

L'ennesimo draconiano Gosplan è stato presentato qualche giorno fa in pieno solleone quando la maggioranza di coloro che potevano permettersi una breve vacanza erano al mare a “mostrare le chiappe chiare”, come recitava una vecchia canzone dei bei tempi quando ancora in ogni angolo della Calabria si avvertiva la presenza di un'agenzia della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania. Non ci vuole molto a indovinarne il contenuto del nuovo piano: tagli, ritagli e frattagli nella stessa logica che ha caratterizzato l'opera di “risanamento” che ha avuto inizio dalla liquidazione della della vecchia e gloriosa Cassa. Un “déjà-vécu” che sa di stantio ma che si gioca ancora una volta sulle spalle dei lavoratori, che hanno sopportato in tutti questi anni i disagi di una transizione infinita senza ancora vedere la luce in fondo al tunnel.

Forse è utile ricordare qualche data. Nel 1992 per effetto del nuovo testo unico bancario, la Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania si trasforma in Carical spa, che ha continuato una storia iniziata nel lontano 18 Aprile del 1853 quando Ferdinando II di Borbone aveva istituita con decreto due casse con la finalità di concedere “prestazioni agrarie”. Dopo la nascita del nuovo stato unitario, esse furono riunite in un'unica Cassa di Risparmio che doveva operare in tutte le provincie calabresi. Gradualmente estesa la sua attività fino a diffondersi in maniera molto capillare anche nella vicina Lucania, assumendo il suo nome definitivo nel 1959.

Nel 1987 la Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania fu investita da una profonda crisi gestionale provocata tanto dalla congiuntura economica sfavorevole, che da una gestione eccessivamente politica e clientelare. La Banca d'Italia pilotò il passaggio a un gruppo di Casse di Risparmio (con la maggioranza del capitale nelle mani della Cariplo, Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, e della Cassa di Risparmio di Torino), per la ricostituzione di un accettabile equilibrio patrimoniale e a criteri di gestione più rigorosi. Nel 1992, a seguito dell'approvazione del nuovo testo unico bancario, si trasformò in spa con la denominazione Carical spa. Da allora è iniziata una odissea con passaggi a vari gruppi bancari che ha prodotto uno smembramento della sua rete operativa divisa e lo smantellamento della direzione generale che assunse una funzione puramente simbolica.

Il troncone principale è stato conferito nella Banca Carime (Cassa di Risparmio Meridionale) che fa parte del Gruppo Bancario UBI Banca ed è presente in Puglia, Campania, Basilicata e Calabria, costituita dalla fusione di tre banche locali: Carical, CariPuglia e la Cassa di Risparmio Salernitana.

Questo ha consentito all'UBI Banca di appropriarsi della storia della Cassa di Risparmio, rivendicando la continuità operativa tanto che lo scorso anno ha promosso insieme alla fondazione Carical, la commemorazione del 150esimo anniversario della nascita.

Il suo presidente pro-tempore Andrea Pisani Massamormile ha nell'occasione diffuso un comunicato in cui si leggeva che “Banca Carime ha raccolto l'eredità ed ha continuato la storia” della gloriosa Cassa di Risparmio, poiché è "figlia" di Carical e di altre Casse di Risparmio meridionali e desidera celebrare con il territorio cui appartiene, la significativa ricorrenza appena ricordata, che cade nell'anno in cui si festeggia il 150 anniversario dell'Unità d'Italia. Una storia, perciò, comune”.

Dietro la retorica si nasconde la profonda ferita inferta alla Calabria e a tutto il Meridione con l'azzeramento della sua struttura bancaria. La Carime ha conservato una autonomia formale, con una direzione che è una entità di pura rappresentanza e non ha alcuna influenza nella definizione della politica gestionale del gruppo. Nella realtà si stava commemorando un defunto esibendone le spoglie mortali, poiché di quella storia non è rimasto più nulla se non un pallido ricordo.

La rivoluzione bancaria che doveva portare nel Sud una maggiore efficienza gestionale, rigore nella valutazione del merito creditizio rifuggendo la logica clientelare, una maggiore bancarizzazione del territorio con una copertura capillare dell'intero territorio, servizi migliori e prezzi più competitivi. Un piccola rivoluzione che avrebbe aiutato la regione a crescere e diminuire il suo divario con il resto del paese. Niente di tutto questo si è realizzato. Dopo una primavera tramontata in fretta il mercato è diventato oligopolistico, i prezzi dei servizi mantengono una forbice elevata nei confronti delle aree più sviluppate, il credit crunch colpisce ancora in maniera indiscriminati buoni e cattivi con una decurtazione del credito che è una delle cause principali della difficoltà di superare questa ennesima congiuntura sfavorevole. Persino in paesi turistici come Briatico sulla “Costa degli Dei” sono lasciati senza uno sportello bancario per la chiusura avvenuta all'inizio dell'estate dell'unico esistente proprio da parte della Carime. Mentre in tutti i modi si sollecita l'utilizzo delle carte di credito e del bancomat riducendo al minimo l'utilizzo del contante, un'intera comunità e i turisti che si affollano d'estate sono stati lasciati senza neanche un ATM per prelevare il contante.

Le cattive notizie per la regione non sono ancora finite, e i Gosplan della Carime ne sono una dimostrazione evidente, ne riassumono la logica, dando una visione d'insieme delle difficoltà del nostro sistema industriale.

Cosa sia questo famoso piano è riassunto in maniera accurata nell'interrogazione presentata al Presidente della Giunta Regionale, dai consiglieri regionali Carlo Guccione, Domenico Talarico e Ferdinando Aiello.

"Preso atto che: in data 4 gennaio 2012 il Gruppo UBI-Carime ha resi noti, attraverso la presentazione del proprio Piano Industriale, gli interventi che intende attuare sulla propria rete commerciale a partire dalla fine del mese di febbraio; tali interventi prevedono la chiusura di 23 minisportelli di cui 11 ubicati in Calabria ed in particolare nella provincia di Cosenza; tra gli sportelli interessati alla chiusura sono previsti quelli dei Comuni di Grimaldi, Rocca Imperiale marina, Cutro, Francavilla Marittima, Carolei, Squillace, Gioiosa Jonica, Delianova, Briatico, Bovalino, Molocchio dove la Carime opera da tempo; nel Comune di Grimaldi, in particolare, la filiale Ubi-Carime opera da circa 72 anni e l段mmobile in cui è ubicato è di proprietà della stessa banca; tale filiale svolge anche servizio di tesoreria per lo stesso Comune di Grimaldi e per i Comuni viciniori di Belsito, Malito e Altilia; la massa dei depositi e degli investimenti è sempre stata attiva; questa decisione costringerà l’utenza zonale a rivolgersi allo sportello di Rogliano, creando pesanti ed evidenti disagi alla clientela nonché ulteriori costi aggiuntivi per imprese e famiglie in tempi non facili, a causa della perdurante crisi economica in atto; lo stato di progressivo depauperamento dei servizi in un’area già fortemente penalizzata come quella del Savuto incide pesantemente anche sulla qualità della vita dei residenti di tale area.

Considerato, inoltre, che lo sproporzionato numero di chiusure di sportelli in provincia di Cosenza e in Calabria e la successiva trasformazione di alcuni di essi in mini sportelli non appare in alcun modo giustificabile poiché la stessa UBI-Banca non ha fornito, finora, a giustificazione ed a sostegno di tale decisione, nessun dato riguardante l’operatività delle filiali e la loro redditività ciò avviene in un quadro in cui in Calabria il costo del denaro è il più alto d’Italia e che, nel corso del 2011, la nostraè stata la regione in cui si è registrato il calo più sensibile della concessione di crediti alle imprese; tale manovra si appaleserebbe, quindi, come un chiaro segnale di marginalizzazione e ridimensionamento della presenza di UBI nel Mezzogiorno e come un vero e proprio atto di disimpegno nei confronti del territorio calabrese, dimenticando di aver ereditato la grande storia della Cassa di Risparmio che per decenni ha operato con grandi successi nella nostra regione.

Si interroga la S.V. per sapere quali iniziative urgenti ed improcrastinabili si intendono assumere nei confronti del Gruppo UBI-Carime per scongiurare l’attivazione in Calabria di un Piano Industriale discriminatorio, iniquo e dannoso, che andrebbe solo ad impoverire e marginalizzare ulteriormente un tessuto economico regionale già fortemente indebolito e penalizzato dalle “rapine” e dagli “scippi” continui dell’ex Governo Berlusconi-Tremonti."

Come in tante altre occasioni, la domanda è destinata a rimanere senza una risposta concreta, poiché tutte le giunte che si sono succedute alla guida della regione non hanno mai avuto uno straccio di politica bancaria e l'evoluzione delle cose è stata lasciata al caso o alle decisioni dei grandi gruppi bancari del Nord.

Una dura presa di posizione è stata presa dalla Fisac/Cgil di Cosenza che in un comunicato, riportato integralmente, ha condannato il comportamento della direzione bergamasca, che penalizza fortemente il Meridione e tutta la Calabria, senza che vi sia alcuna presa di posizione da parte della dirigenza di Carime. A dimostrazione della sua funzione puramente simbolica, senza alcun potere effettivo.

Il 7 settembre inizierà a Bergamo il confronto tra i vertici del gruppo UBI e le Organizzazioni Sindacali del credito relativamente all’ennesima trattativa che ha quale oggetto la riduzione del personale del Gruppo UBI e quindi anche di Banca Carime, giustificata in questo caso dalla crisi economica e dal contesto di recessione strisciante che ha colpito anche il sistema bancario che, pertanto, ha necessità di rafforzarsi sia sotto il profilo patrimoniale che della liquidità, puntando pressoché unicamente sulla riduzione dei costi.

Nelle precedenti occasioni – ormai così tante e così frequenti che se ne è perso il conto – le giustificazioni di analoghe manovre sono state altre, ma il risultato finale è sempre stato lo stesso: una riduzione di personale con una perdita secca di posti di lavoro mai completamente recuperati con nuove assunzioni; la perdita di professionalità e di strutture organizzative; l’arretramento delle quote di mercato detenute; il distacco progressivo dal territorio ed il disinteresse rispetto al sostegno ed allo sviluppo dell’economia sana, con il corollario in una Regione come la Calabria di lasciare campo libero alle organizzazioni criminali nella conquista, nel controllo e nel finanziamento di quello che rimane del sistema produttivo.

Questa volta, però, c’è una punta di amarezza in più nell’affrontare la discussione, perché tra le misure che verranno adottate dal punto di vista organizzativo c’è la previsione di accentrare su Bari a partire già da gennaio 2013 le due uniche strutture direzionali della Banca rimaste a Cosenza. Dalla costituzione di Carime avvenuta il 1° gennaio 1998, tali strutture peraltro sono andate sempre più ridimensionandosi, quando non ricollocate altrove, e sempre più spesso Nord, in particolare per quanto riguarda le strutture più importanti e dotate dei poteri decisionali, in ossequio al modello cosiddetto “federale” che solo formalmente ha lasciato autonomia alle Direzioni Generali delle singole aziende. Si tratta di una esperienza che oggi si dovrebbe avere il coraggio di dichiarare conclusa, come ha fatto la quasi totalità degli altri gruppi bancari italiani, scegliendo la “banca unica”: così davvero si conseguirebbero risparmi e sinergie, eliminando inutili duplicazioni delle strutture gestionali e direzionali, nelle quali siedono anche i rappresentanti dei territori e delle imprenditorie locali.

Proprio a tale ultimo riguardo ci chiediamo ora – e pensiamo di poterlo fare legittimamente – se in Carime qualcuno di tali esponenti abbia almeno chiesto di approfondire le motivazioni addotte per lo spostamento degli Uffici prima di accettarlo, temiamo, senza alcuna recriminazione. Ma ci domandiamo anche perché in un intero quindicennio mai nessun esponente istituzionale e politico, qualunque fosse lo schieramento di appartenenza, abbia inteso alzare la voce a difesa di una istituzione più che di una azienda quale era la Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania. Dal sogno forse megalomane del grande Centro Direzionale di Cosenza dove operavano all’inizio degli anni ’90 oltre ottocento fra lavoratrici e lavoratori, si sta per pervenire probabilmente all’abbandono definitivo di Cosenza da parte della Banca, lasciando qualche decina di lavoratrici e lavoratori – quelli che non hanno i requisisti necessari all’esodo – in un palazzo semideserto, che probabilmente verrà dismesso come accaduto per l’immobile gemello. Un tristissimo epilogo per una storia più che centenaria, le cui ricadute graveranno ancora una volta sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori e delle loro rappresentanze sindacali, se anche stavolta le istituzioni, la politica e la società cosentina e calabrese – alle quali pubblicamente ci appelliamo - non alzeranno la voce per tentare di fermare tale scelta, nella consapevolezza che lo spostamento degli Uffici da Cosenza, insieme alla chiusura ed al ridimensionamento che riguarderà circa 30 filiali in tutto il Sud ed alla fuoriuscita entro la fine dell’anno di oltre duecento dipendenti, impoveriranno ulteriormente i territori meridionali, in assenza di un contestuale ma soprattutto concreto progetto di rilancio della Banca e delle sue strategie commerciali.

La presenza anche simbolica della Banca ha significato per loro la possibilità di uscire dal secolare isolamento del Mezzogiorno, di non accettare senza lottare un declino che ci è stato descritto come inarrestabile ma per realizzare le aspirazioni di crescita delle forze sane, intelligenti e creative che con grande fatica e spesso con grandi sacrifici continuano a restare in queste terre, scommettendo sul loro futuro e quello delle nuove generazioni”.


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