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Mezzoeuro

Reggio Calabria, il comune nella morsa della ‘ndrangheta

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XI num. 42 del 20/10/2012


Rende, 18/10/2012


Le conclusioni della Relazione di Accesso

Secondo i relatori viene “confermato e, in alcuni casi, ampliato il confine circa l'ambito dei rapporti di contiguità tra questi stessi amministratori e dipendenti e la criminalità organizzata che, come si è visto, continua ad essere fortemente radicata sul territorio”.

La lettura della relazione della Commissione di Accesso presente uno spaccato dell’attività di governo del comune di Reggio Calabria lascia sconcertati non solo e non tanto per quanto emerso, ma per quanto lascia immaginare, poiché è molto parziale tanto da sembrare addirittura reticente. Intanto perché focalizza l’attenzione sull’operato della Giunta Arena, ma i fatti denunciati hanno radici profonde, come emerge chiaramente nella stessa relazione.

Un lungo capitolo è dedicato alla biografia politica dei personaggi che occupavano la scena da più tempo, presenti per molti lustri. La giunta e il consiglio che sono stati sciolti non erano costituiti da verginelli di primo pelo, ma da figure storiche ben conosciute e prottette dal sistema dei partiti locali, che si sono ben guardati dal tentare una qualsiasi operazione di controllo e selezione della propria classe dirigente. Senza un intervento esterno non sarebbero stati mai toccati poiché a nessuno era venuto il dubbio (solo il dubbio?) di una contaminazione criminale nella gestione del comune.

In secondo luogo sono state lasciate ai margini questioni fondamentali, come il ruolo della burocrazia comunale. Nessuno potrebbe ragionevolmente sostenere che tutto il marcio fosse concentrato nella povera Fallara, la quale non ha forse pagato tanto per le sue colpe, quanto per il cedimento psicologico che avrebbe potuto squarciare un velo pericoloso e mettere a nudo la ragnatela di connivenze che hanno consentito alla criminalità reggina di diventare una delle più forti e temute organizzazioni in tutta Italia. Il potere dei dirigenti e manager comunali è un ancora sicura e duratura, molto più solida e salda di qualsiasi consiglieri comunale o componente della giunta.

La seconda questione è quella della ragnatela di società municipalizzate, miste e delle cooperativa sociali che nel loro complesso muovono un flusso di risorse finanziarie superiore a quello del bilancio comunale. Nonostante le numerose pagine ad esse dedicate, si graffia solo la punta di un enorme iceberg poiché è proprio lì che si annida il buco più profonda, la voragine finanziaria al cui confronto il deficit rilevato nel bilancio comunale è una bazzecola.

Strettamente collegata con questa è la questione finanziaria, che da sola dovrebbe essere sufficiente a far saltare tutto il sistema di potere della città dello Stretto. A quanto ammonta l’entità della deficit consolidato? Quali sono i veri responsabili? Quali sono i debitori inadempienti verso il comune che hanno provocato una montagna di residui attivi e i creditori che vantano debiti fuori bilancio? La risposta non serve solo a individuare le cause di tale disastro, ma anche a delineare una ipotesi di soluzione, che potrebbe assumere un carattere cruento, se la ‘ndrangheta costituisse il convitato di pietra.

L’interrogativo più angoscioso è come sia stato possibile consentire che si arrivasse fino a questo punto senza che sia intervenuto alcun meccanismo di autotutela dell’interesse collettivo. Non ha funzionato nessuno strumento di controllo, poiché quello statale è stato di fatto abolito con la sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione, e la Magistratura contabile e ordinaria imbrigliata da mille lacci e lacciuoli che la tengono saldamente avvinta al potere politico. In quale altro paese al mondo vi sono tanti magistrati in Parlamento, al Ministero di Grazia e Giustizia, nelle Commissioni amministrative più varie, e perfino nelle giunte regionali.

Vincenzo Giglio, il giudice incarcerato per la sua contiguità con la mafia, è una patologia “normale” poiché in qualsiasi gregge ci sono delle pecore nere. La vera anomalia è un magistrato contabile che entra nella giunta regionale in qualità di assessore ritornando poi a giudicare l’operato di quello stesso organo. E’ vero che nel frattempo è mutata la su composizione, ma vi è una continuità negli atti e responsabilità che emergono solo nel tempo per cui si crea un patto di non aggressione.

Non commette alcun reato poiché egli agisce nel rispetto di una legislazione permissiva e collusiva che tutela in primo luogo il conflitto di interessi, ma con il suo comportamento mina la fiducia dei cittadini sull’imparzialità della magistratura. Stranamente il tentativo di porre un argine almeno alle consulenze esterne è miseramente abortito in attesa di un intervento più organico.

Il caso Reggio, che si aggiunge in un drammatico crescendo rossiniano a quello del Lazio e della Lombardia, mostra con chiarezza che non si tratta di un incidente di percorso, ma di un malaffare sistemico, di una connivenza diffusa e stratificata in vari livelli. C’è da rimanere sbalorditi che in tutti e tre vi è una presenza determinante della ’ndrangheta e del clan dei calabresi che giocano un ruolo decisivo. C’è voluto più di anno ad un governo tecnico per avere il coraggio di affrontare parzialmente il bubbone Reggio Calabria ma per una reale inversione di tendenza bisogna sgretolare questo sistema di potere, abolendo l’anarchia legislativa delle regioni, sottoponendo a rigido controllo di legittimità la gestione degli enti locali (chi ricorda più il vecchio Co.Re.Co. o addirittura la Giunta Provinciale Amministrativa?) e intervenire con tempestività nei casi d’inquinamento criminale.

Nelle conclusioni alla relazione si mette ben in evidenza che quanto accaduto a Reggio è in gran parte da addebitarsi all’assenza di regole, all’ampia autonomia di cui godono gli enti, alla inefficacia dell’azione di controllo ex-post della magistratura contabile, e alla lentezza della giustizia penale e all’inefficacia.

“L'Amministrazione comunale in carica, dal canto suo e come già detto, ha tentato di porre al centro della propria azione innanzi tutto il risanamento finanziario dei conti dell’ente”, si legge nella relazione che subito dopo aggiunge “fortemente compromesso dalle precedenti gestioni”. Questo è il vero nodo che non si è voluto proprio affrontare. Chi c’era alla guida del comune in quelle precedenti gestioni, che hanno provocato il deficit? Qual è la sua responsabilità e perché non Ë chiamato in causa?


Relazione della Commissione di Accesso al Comune di Reggio Calabria di Valerio Valenti, Antonio Giaccari e Michele Donega

Conclusioni

Gli accertamenti svolti dalla Commissione di accesso presso l'Amministrazione comunale di Reggio Calabria hanno evidenziato, in primo luogo, una marcata compromissione del principio di buon andamento e di imparzialità, sia per quanto concerne l'attività amministrativa svolta dagli uffici comunali sia per quanto riguarda l'attività posta in essere dalle società miste cui, ormai in larga parte, il Comune ha delegato una ampia e rilevante quota di pubbliche funzioni.

Dal settore economico-finanziario a quello tributario, dall'urbanistica alle attività produttive, dai lavori pubblici al sociale, dall'avvocatura civica all'ambiente, dalla gestione del patrimonio all'attività di controllo delle società partecipate (ripartita tra più settori), l'operatività ed il rispetto dei suddetti principi fondamentali di corretto funzionamento degli uffici sono risultati ampiamente condizionati da inefficienze e in alcuni casi gravi irregolarità, tali da condizionare negativamente la quantità e la qualità dei servizi resi alla collettività.

Tale situazione generale, frutto del protrarsi nel tempo della mancanza di regole e rigorose procedure atte a riportare l’azione amministrativa nel solco della piena efficienza e regolarità e rispetto alla quale l'attuale Amministrazione ha mostrato, soprattutto per quanto concerne il versante economico-finanziario, di voler avviare un risanamento, ha rappresentato un fertile terreno per la criminalità organizzata, nel tentativo di piegare al proprio tornaconto - anche per mera riaffermazione del principio del predominio territoriale - segmenti della amministrazione pubblica locale.

Ciò è ampiamente comprovato dalle numerose indagini di polizia giudiziaria condotte dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria negli ultimi anni - ben dieci avviate tra il 2010 ed il 2012 - i cui sviluppi hanno coinvolto anche amministratori e dipendenti del Comune e delle società miste operanti nel capoluogo e che hanno acceso un riflettore sulle inquietanti cointeressenze tra questi e la 'ndrangheta reggina.

D'altro canto, l'attività di indagine svolta dalla Commissione di accesso ha confermato e, in alcuni casi, ampliato i confini circa l'ambito dei rapporti di contiguità tra questi stessi amministratori e dipendenti e la criminalità organizzata che, come si è visto, continua ad essere fortemente radicata sul territorio.

L'Amministrazione comunale in carica, dal canto suo e come già detto, ha tentato di porre al centro della propria azione innanzi tutto il risanamento finanziario dei conti dell’ente, fortemente compromesso dalle precedenti gestioni mentre, per ciò che concerne i fenomeni di criminalità organizzata, ha unicamente provveduto a deliberare, lo scioglimento della società mista "Multi servizi RC s.p.a." quale presa d'atto della "informativa antimafia di carattere interdittivo emessa dalla Prefettura di Reggio Calabria nei confronti del socio privato della stessa.

Rimangono, tuttavia, ampie e preoccupanti le zone d'ombra accertate dalla Commissione nei diversi settori di attività della Amministrazione comunale.

Solo a titolo riassuntivo si riepilogano, di seguito, le circostanze più rilevanti, peraltro più ampiamente dettagliate nel corpo della relazione:

- nel settore lavori pubblici, l'assenza di adeguati protocolli di legalità tesi a vagliare più rigorosamente ed analiticamente l'attivìtà-contrattuale dell'Amministrazione pubblica, anche al di sotto delle soglie comunitarie, in un territorio caratterizzato da un consistente numero di ditte in rapporti con la 'ndrangheta, ha fatto sì che numerosi e cospicui affidamenti siano stati assegnati ripetutamente ad imprese caratterizzate da controindicazioni di tipo mafioso;

- nel settore delle attività produttive, l'assai emblematica vicenda dello spontaneo, non autorizzato e non contrastato trasferimento degli operatori economici - di cui alcuni legati ai clan locali - dall'area mercatale di via Aspromonte a quella di Mortara di Pellaro, i cui lavori per la messa a norma e completamento non erano (e non sono tuttora) ancora stati completati;

- nel settore patrimonio, l'omissione di controlli nell'assegnazione di alloggi, di cui ben 75 a prevenuti mafiosi e, circostanza questa assai più - grave, la vicenda dell'immobile confiscato alla famiglia Latella - ingiustificatamente ed immotivatamente lasciato dall’Amministrazione comunale in uso alla sorella del capo famiglia;

- nel settore dell'avvocatura civica, l'affidamento di incarichi legali, rimesso alla competenza dell'Ufficio di Gabinetto del Sindaco, riguardanti cause di rilevante valore all'Avv. Giampiera Nocera, compagna dell'assessore comunale Luigi Tuccio, dimessosi il 22.03.2012 a seguito dell'inchiesta giudiziaria che ha portato all'arresto della madre della compagna, rea di aver favorito la latitanza del boss Domenico Condello ed essa stessa imparentata con la famiglia mafiosa;

- nel settore sociale l'assenza di qualsivoglia controllo atto ad impedire che, come è stato invece appurato, consistenti contributi (pari a quasi 2,5 milioni di euro) finissero per essere erogati a soggetti giuridici operanti nel terzo settore, in rapporti di contiguità con le 'ndrine locali.

Alle suesposte aree nelle quali è stata riscontrata la presenza della criminalità organizzata si aggiungono le evidenze giudiziarie che, come detto, hanno posto in primo piano i rapporti tra alcuni amministratori comunali eletti nella tornata del 201l, anche precedentemente in carica, ed esponenti della 'ndrangheta a questi legati.

E poi, ancora, le comprovate cointeressenze tra la medesima criminalità organizzata, la Multiservizi RC Spa e la Leonia Spa, ove tra i fornitori è risultato figurare la ditta "Semac s.r.l.", destinataria di informativa antimafia di natura interdittiva ed affidataria, come già detto, di consistenti forniture.

Questo il quadro emerso all'esito della complessa attività di accesso svolta presso l'Amministrazione comunale di Reggio Calabria cui hanno prestato collaborazione gli stessi dirigenti del Comune e che si è avvalsa del fondamentale apporto dei rappresentanti delle Forze dell'Ordine che hanno composto il Gruppo di Supporto e dei loro collaboratori.


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