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Mezzoeuro

La nascita della storigrafia calabrese: gli emuli di Gabriele Barrio

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 7 del 15/2/2013


Rende, 12/2/2013


La pubblicazione di De antiquitate et situ Calabriae di Gabriele Barrio nel 1571 segna la nascita della Calabria come una regione unitaria definita dalla comune storia socio-culturale

Il libro non era privo di errori e lo stesso autore stava preparando una edizione corretta non portata a termine per la sua improvvisa morte. Girolamo Marafioti prima e Giovanni Fiore subito dopo si proposero di completare e ampliare il lavoro di Barrio prima della pubblicazione di una nuova versione del libro curata da Tommaso Aceti nel 1737

Per valutare appieno la rivoluzione culturale operata da Gabriele Barrio con la pubblicazione del suo libro De antiquitate et situ Calabriae nel 1571 è sufficiente considerare che ancora oggi il termine Calabria viene spesso declinato al plurale per mettere in risalto le notevoli diversità che ancora dividono le varie parti della regione. Le Calabrie, ad esempio, è stato un settimanale edito a Vibo Valentia qualche anno fa, che voleva rappresentare le varie e muliformi realtà della regione, divisa tanto economicamente che socialmente.

Al tempo in cui fu pubblicata la sua opera erano ancora ben evidenti le stratificazioni storiche presenti nella regione, il forte influsso bizantino nella zona grecanica reggina, con un influsso arabo-saraceno che caratterizzavano la Calabria Ultra, e l'elemento latino prevalente nella Calabria Citra, il cui territorio si estendeva oltre gli attuali confini della provincia di Cosenza per comprendervi il Marchesato e gran parte del lametino. Una presenza molto forte e significativa era quella degli Occitani presenti nella regione fin dal XIII secolo e che avevano subito una dura repressione una decina di anni prima e quella degli albanesi, insediatesi alla fine del secolo precedente in ondate successive fino alla definitiva caduta in mano ai turchi di Corone nel 1532.

Una realtà complessa e variegata che Gabriele Barrio cercò di ricomprendere sotto un unico schema culturale raccordandolo con il passato magno-greco e la complessa vicenda dei popoli italici che avevano popolato la penisola calabra nell'antichità. La sua opera era un poutpourri di dotte citazioni, la raccolta di tutto quanto era stato scritto dagli autori classici sulla regione, ivi compresi miti, leggende, racconti fantastici, episodi storici. Nella sua appassionata difesa della propria terra il Barrio aveva utilizzato qualsiasi piccolo indizio per ricondurre alla Calabria personaggi famosi che le avrebbero portato lustro, senza preoccuparsi molto di controllare la veridicità delle notizie raccolte.

La maggiore difficoltà era certamente quella di ritrovare una storia unitaria che avesse come protagonista la regione. Fatta eccezione per lo splendore delle grandi repubbliche magnogreche (Sibari, Crotone, Locri, Reggio), troppo lontane nel tempo, i secoli successivi non avevano mai visto la Calabria come una entità politicamente autonoma, ma sempre soggetta a potenze esterne (Roma, Bisanzio, arabi, normanni, svevi, angioini, aragonesi). Dagli inizi del secolo era iniziato il periodo vicereale spagnolo (che sarebbe durato più di due secoli fino al 1717) e la Calabria non godeva di alcuna autonomia, né una storia propria. Il Barrio non cercò di scrivere la storia, ma di descrivere i luoghi, di rappresentarne le peculiarità e gli uomini che meritavano di essere ricordati per la loro opera in campo letterario artistico, militare ecc.

Trent'anni dopo la pubblicazione del Barrio, nel 1601 Girolamo Marafioti pubblica "Croniche et antichità di Calabria", un volume molto ricco costruito interamente sulla falsariga indicata dal Barrio, e bisognerà aspettare ancora 90 anni per vedere l'opera di Giovanni Fiore, "Calabria Illustrata" in due volumi, pubblicata nel 1691, anch'essa ricalcata sulle precedenti. Tutt'e tre le opere, scritte in latino per un pubblico colto, soffrono degli stessi difetti. A queste bisogna aggiungere la riedizione di Tommaso Aceti, anch'egli ecclesiasitico, che benché affermi di voler curare una riedizione del Barrio, arriva a stravolgerla fino al punto di poterla sostanzialmente considerare una opera diversa, nel calco del Barrio. Tutte queste opere sono state scritte da ecclesiasitici che si servono ampiamente delle fonti curiali, delle corriposdenze e delle relazioni di parroci e nunzi apostoloci per le notizie riportate. A queste aggiungono le citazioni dotte arricchendo quelle già prodotte dal Barrio. Il Marafioti viene addirittura accusato di inventarsi gli autori portati a suffragare le sue affermazioni. Manca qualsiasi approfondimento e le osservazioni che solo una conoscenza diretta avrebbe potuto fornire, una operazione quasi impossibile considerato lo stato disastroso delle strade e la loro insicurezza. Bisognerà aspettare il Settecento inoltrato, con Giuseppe Maria Galanti, per leggere qualche analisi sociologica, o qualche tentativo di raccontare la storia della regione. Nonostante questi limiti, i suddetti libri costituiscono il punto inziale per chi voglia iniziare uno studio storico della regione. La loro lettura fornisce l'illustrazione delle tessere di un mosaico, a cui bisogna restituire unitarietà e soprattutto liberarle dal tono apologetico ed elogiativo che paragonava la regione a un paradiso terrestre.


Giovani Fiore da Cropani

(Luigi Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, Cosenza 1869)

Nacque (lasciò scritto il Capialbi nella Biografica Napoletana) in Cropani ai 5 giugno 1622, ed abbandonò nell'età di sedici anni le domestiche mura per indossare le ruvide lane cappuccine. Compito il noviziato e divenuto professo s'incammicò agli studii sotto la scorta di valenti maestri, e con ispecialità del famigerato nella sua Riforma F. Bernardo da Reggio. Buona intelligenza ed applicazione non interrotta lo fecero molto progredire nelle scienze, e nelle belle lettere, onde fatto sacerdote, e dietro rigoroso esame approvato lettore, fu spedito al convento di Stilo col duplice impiego della lettura e della guardinia. Non aveva ancora terminato il corso solito delle Lezioni, che venne scelto Diffinitore, e poscia confermato per più triennii Gurdiano; replicate fiate Custode anche pe' Capitoli generali fu nominato, e Ministro Provinciale della Provincia di Reggio, che governò per un quadriennio dal 1685 al 1669. Varie gelose delegazioni egli ebbe altresì dalla S. Congregazione; e Commessario generale della Provincia di Palermo fu eletto nel 1671 da F. Stefano da Cesena, allora Generale de' Cappuccini. Qual fosse stata la condotta del nostro F. Giovanni tenuta nell'amministrazione di siffatte cariche, ben può ravvisarsi dalle lodi a piena bocca dategli dai suoi confratelli. Nel 1582 era stato nominato Commessaro generale della Provincia di Otranto; ma non accettò l'incumbenza per vivere quietamente nella sua cella e frai i libri. Infatti era egli laboriosissimo ed assiduo al tavolino, come ce lo dimostrano le on poche opere uscite dala di lui penna, e rimaste dopo la sua morte mss: nei conventi di Cropani e di Monteleone (1) e li due volumi messi alla luce postumi, nei quali delle Calabrie distesamente si tratta. Essi sono 1 -La Calabria Illustrata, opera varia istorica in cui non solo regolatamente si descrive con perfetta corografia la situazione, promontorii, porti, seni di mare, città, castella, fortezze, nomi delle medesime e loro origine, ma con esatta cronologia si registrano i Dominanti, le antiche Repubbliche, e i fatti d'armi in esse accaduti, in Napoli 1691. 2 - La Calabria illustrata, in cui si descrivono: l culto divino della Calabria, prima e dopo il Vangelo, le Vite dei Martiri, Pontefici, Abati, Confessori ecc., che fiorirono in essa fino al corrente anno 1743; come ancora la serie de' Santi non nati ma morti in Calabria, delle reliquie, delle sacre immagini, de' Vescovi e loro Chiese, de' Religiosi, loro monisteri e superiori provinciali, delle feste, costumanze, ed infine il Martirologia di Calabria, Napoli 1743.

Il titolo dice quanto basta per dare un'idea dell'opera, che dovea comprendere tre volumi. l terzo de' quali rimase ms: nel convento di Monteleone; e siamo assicurati da chi l'ha visto, altro esso non contenere che un affastellato complesso di notizie qua e la da varii libri e cronache, senza ordine e buona critica raccolte ed estratte. Nel primo de' volumi stampati evvi una breve vita del Fiore, ed alcune aggiunte scritte dall'editore P. Giovani da Castelvetere; e nel secondo altri supplementi si leggono di F. Domenico da Badolato, che ne curò la pubblicazione (2). In tali volumi varie cose si ravvisano scritte con discernimento ed accuratezza; ma non dobbiamo dissimulare, che in moltissime altre si avrebbe desiderato una critica maggiore, e conoscenze più estese nell'autore; onde sensatamente opinò di essi nella Biblioteca Calabra il Zavarroni: opus hoc ingens farrago est, non inutilem futuris scrptoribus de rebus Calabris materiam praebens. Alcune doglianze contro dell'opera ancor ne fecero il Mongitore, l'Antonini, il Soria ed altri (3).

Per vero dire taluni opinioni del Fiore tanto riguardo alla corografia, che alla storia ed alla biografia meritavano ponderazione maggiore, e non avrebbesi dovuto far trascinare dall'autorità del Marafioti, il quale spesso cita scrittori ideali in conferma delle sue opinioni. Esaminando noi diligentemente le medaglie riferite nel primo volume, ne abbiamo trovate alcune, come la Mamertine Brezie, la Sesta Ipponese, e la Squillaciota, che sebbene copiata dal Majer, dal Magan e da altri nummologi di grido, son tuttavia rimaste non pi vedute e pascono la curiosità de' nummofili. Altre poi, come le prime quattro della tavola prima appartenendo a Pesto ossia Poseidonia in Lucania fuori della nostra regione, non avrebber dovuto esservi comprese, e molto meno attribuirsino a Reggio. Le interpretazioni date alle non poche iscrizioni ivi raccolte rarissime fiate danno nel segno, e dimostrano chiaramente che il nostro autore non valeva molto in genere di critica di antiquaria.

Il P. Fiore passò agli eterni riposti nel convento della sua patria ai 5 dicembre 168, e fu tumulato in quella chiesa con tutti gli onori corrispondenti al suo merito. Egli apparteneva all'illustre famiglia Fiore la quale tuttavia gode la Signoria di Cropani col titolo di Baronia.

(1) I mss lasciati sono: Plausus doctrinae Seraphici S. Bonaventurae illustrium Scriptorum subscriptionibus conclamatus, tomi 4, in fo.; Marryrologium Romanum Monasticum, un tomo in fol.; La Basilica Lateranense sostenuta dalle spalle francescane, un tomo in fol.; Sopra le tre giornate di oro di Mons. Agazio di Somma, un tomo in 4°; Quaresimale, un vol. in fol.; Santuario, un vol. in fol. Stanno nel convento di Cropani.

(2) Fra Domenico da Badolato protrasse l'opera del Fiore dal 1683 al 1743; ma chi procuronne la stampa, la corresse, la sorvegliò, vi aggiunse anche qualche cosa di suo, fu il P. Ilarione da Feroleto, visitatore generale de' Cappuccini nella provincia di Napoli. Ciò appare dalla dedica e prefazione del libro.

(3) L'imparziale Soria, nondimeno, dopo aver fatto, parlando del I volume di quest'opera, che vi precede una carta topografica delle Calabrie, la quale sebbene non sia dell'ultima esattezza è poi la migliore di quanto ne abbiamo, soggiunge: "L'autore se calca per lo più l'orme di que' che l'han preceduto, Barrio Marafioti etc., pure apre bene spesso gli occhi sui falli di costoro, e dice una quantità di buone cose, le quali farebbero miglior effetto se fossero più ristrette e bene allogate: nèè del tutto vero il giudizio dell'autore della Biblioteca Calabra il quale scrive, che il P. Fiore ha di buono ciò che raccoglie dagl altri. Lo stesso dice il Signorelli nella sua Cultura ecc. ripetendo col Zavarroni, che il lavoro del Fiore può servire di materiale a chi con più ordine, precisione e nitidezza sapesse imprendere la stroia delle calabre regioni. Perchè dunque il Leoni nella sua Storia della Magna Grecia e della Brezia nega ogni qualsiasi piccolo vanto all'opera sudetta, chiamandola miscuglio indigesto di cose sognate, fantasie ed immaginazione, che rendono ben perduto colui che voglia crederle? Il perchè ci pare che stesse nella seguente excusatio non petita: "In dettare questi nostri Studii storici, in nulla ci abbiamo potuto giovare di quest'opera (del Fiore) e perciò non abbiamo neppure voluto perdere il tempo di leggerla, poichè le nostre vie son del tutto diverse delle sue".

Ah, signore Leoni, voi non avreste dovuto giudicare senza leggere! Credeste forse, he nell'arringo di storico non vi fosse bastata la gloria di aver saputo con miglior ordine, e più saggiamente de' vostri precursori, dettare i vostri dotti Studii? Incolpatene i secoli, che non vi fecero nascere prima e forse più inventore de' predecessori vostri. Chi sa se il progresso della critica non dirà di voi quel tanto, che vi piace apporre al Fiore?


Girolamo Marafioti

(da Francescantono Soria, Memorie storico-critiche degli storici napoletani, Napoli 1781)

Della terra di Polistena in Calabria Ultra fiorì tra il XVI e XVII secolo. Fu religioso francescano degli Osservanti, ed insegnò Teologia in varj conventi del suo Ordine. Mise a stampa: Croniche, antichità di Calabria, ove regolarmente son poste le città, castelli, ville, monti, fiumi, fonti, ed altri luoghi degi da sapersi in quella provincia, Napoli 1696 (altri malamente 1691) e con molte edizioni, Padova 1601. Conoscesi a sufficienza dal titolo quanto si racchiude in questo libro, che descrive in ultimo luogo gli uomini illustri, e i prodotti naturali, ed artificiali delle Calabrie. L'autore non dissimula di voler seguire le tracce di Barrio, ma frustra Barrio ispo, a quo cuncta hausit, eruditior apparere contndis et cumulatior, dice il Zavarroni in Bibliotheca Calabra p. 110. Per far comparire in fatti la sua bottega più ricca di straniere mercanzie, non dubitò di affastellarvi autori e libri apocrifi, immaginarj, ed ignoti a tutto il genere umano, siccome gli venne rinfacciato individualmente da Leone Allacci in Opusc. advers. Inghir. con queste parole: Hieronymus Marafiotus in Chronicis et antiquitatibus suis. instar Ciccarelli ut sententias atque veterum scriptorum auctoritatibus confiermaret, alios atque alios auctores, qui nusquam sunt, ex cerebro suo confictos in testimonium advocat, Alcmaini Chronicas Aegyptias, Themistoclis Geographiam orientalem, eusdem librum De populationum, Julii Pollucis de Prodigiis, Archiae poetae Orationem ad Reginos etc. etc.

Il che trovasi replicato dal Toppi Bibl. Nap. p. 19, da Mons. Aceti Not. ad Barrium p. 167, dal Can. Morisani Marmor. Regin. p. 11 not. 4, e dal P. Amato Museum Litter. p. 350 sebben costui piuttosto lo difende, e tratta da invidiosi e da imperiti coloro, che l'aveano attaccato di somigliante impostura. Lucio Sacco Sessa Pometia p. 92 il Mongitore Bibl. Sicul. in Praef. & 2 num. 12 seq et t. 2 p. 7 art. Leo II, l'Antonini Lucania p. 15, 45, 103 ed il Rossi Dissert. Stor. Nap. p. 474 seq. lo notano di aver ascritto alla Calabria personaggi e città, che a quella non si appartegono; come fa ancora il P. Fiore in diversi luoghi della Calabr. illustr. per varj altri motivi. Oltre a' mentovati autori fanno di lui ricordo il Waddingo Script. Ord. Minor. p. 171 seg. ove con abbaglio chiamalo Marafiniotus, il Chioccarelli Script. Neap. t. 1 p. 213 e l'anzidetto P. Amato in Pantopolog. Calab. p. 232.


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