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Mezzoeuro

Uno sceriffo per la scuola

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 26 del 29/6/2013


Rende, 28/6/2013


L'AND propone l'elezione diretta del preside

Nominare un responsabile per ogni scuola e non organizzare le scuole per uno pseudo-dirigente.

Favorevole o contrario? La proposta di elezione diretta del preside nella scuola è un sasso nello stagno che rompe un equilibrio di omertà sui reali problemi dell'istruzione.

Già la reintroduzione del termine preside, che nella Roma imperiale indicava il governatore di una provincia, costituisce una provocazione mettendo in soffitta il “Dirigente Scolastico”, il DS rimasto estraneo come mentalità e funzioni alla figura del manager, poiché non vi era quasi nulla da dirigere. L'equivoco nasce da una autonomia scolastica conclamata a gran voce, ma che nei fatti non lascia alcun margine di discrezionalità ai “dirigenti”. Il personale è gestito a livello ministeriale attraverso i suoi uffici periferici, gli edifici affidati agli enti locali, comune o provincia a seconda dei casi, i programmi definiti a livello centrale. Il margine di autonomia è ridotto a qualche migliaio di euro l'anno che non bastano neanche per la carta igienica, tanto che in molte scuole si è costretti a ricorrere al contributo delle famiglie per offrire i servizi più essenziali. Per non parlare della sicurezza che costituisce una delle responsabilità personali, ma i DS non hanno alcuna possibilità reale di intervento. In molte scuole, palesemente inadeguate, si agisce in pieno regime di illegalità con l'augurio che la clemenza celeste supplisca alle deficienze terrene. Resta solo il grande affaire dei progetti, nei quali si dissipa il prezioso tempo degli insegnanti distratti dai loro compiti essenziali, si utilizzano risorse che potrebbero essere altrimenti disponibili per priorità didattiche o esigenze logistiche. I confronti internazionali impietosamente ci mostrano che non sono neanche valsi a colmare il gap che ci separa con il resto d'Europa in termini qualitativi.

Per non parlare del grande imbroglio del dimensionamento che ogni anno provoca fibrillazione in tutto il sistema, poiché si mette in discussione la natura stessa di ciascuna istituzione scolastica, sconvolgendone l'organizzazione amministrativa, la governance, l'assetto istituzionale senza che gli istituti vengano chiamati in causa per decidere del loro futuro, per scegliere un partner o trovare una soluzione organizzativa alle loro carenze, valutate sulla base di parametri che cambiano dalla sera alla mattina. Ogni scuola è autonoma nella misura e nei modi che gli viene concesso per gli spazi residuali che sfuggono al controllo di questo o quell'organo.

Vi è poi l'anacronismo di un sistema di interazione con la società civile che si è tentato di introdurre con i famosi decreti delegati approvati nella lontana stagione del compromesso storico tra il 1973 e il 1974, che ha introdotto il sistema degli organi collegiali, che avrebbero dovuto consentire alle famiglie di poter diventare soggetti attivi nel processo di formazione dei loro figli. Dei distretti scolastici nessuno ha mai saputo esattamente quale sia stata e quale sia la sua funzione e per quale ragioni le sue funzioni non possano essere trasferite ad altri organi, come la Provincia ad esempio, destinata forse a sparire ma che potrebbe raccogliere le funzioni di tutti gli inutili enti del sottobosco amministrativo, come ASI, Consorzi di Bonifica e via discorrendo.

Un sistema inadeguato, come risulta immediatamente evidente a chi ha una conoscenza diretta, che sopravvive per inerzia e che non si ha il coraggio di mettere in discussione.

La difficoltà della scuola pubblica si traduce in una domanda crescente di privatizzazione dell'istruzione superando il sistema costituzionale che aveva introdotto il principio della assoluta priorità della scuola pubblica, inibendo qualsiasi assegnazione di risorse all'insegnamento privato.

La prima inderogabile esigenza è quella di ridare autorevolezza alla scuola pubblica recuperando ruolo e funzione dei suoi protagonisti principali che dono gli operatori scolastici che a qualsiasi titolo e a qualsiasi livello si dedicano a questa nobile e importante attività.

La scuola deve diventare un soggetto protagonista del territorio, rappresentata da una personalità che abbia l'autorevolezza di interloquire direttamente con le autorità locali, che sia riconosciuta come un potere a cui è demandata una funzione specifica e strategica nella gestione del territorio.

L'elezione diretta del preside sottrae la nomina del massimo rappresentante dell'istituzione ai giochi di corridoio, alle contrattazioni politiche, ai concorsi pilotati con procedure opinabili di selezioni. La qualità di un rappresentante non può essere valutata sulla base delle sue conoscenze tecniche, sempre opinabili, ma sulla base della rappresentatività, della sua capacità di gestire le relazioni sociali, di collegare la scuola con il territorio e raccordarsi con le famiglie e i rappresentanti elettivi con i quali concertare la programmazione scolastica.

Nulla vieta di rapportare l'indennità di reggenza di un istituto scolastico alle sue dimensioni, consentendo di adeguare le risorse alle esigenze di ciascun istituto e salvando così la sopravvivenza prima e l'autonomia di molti istituti condannati oggi dalla loro perifericità.

Vi sono centinaia di comuni interessati a un declino che appare inevitabile che viene accentuato e progressiva chiusura di tutti gli uffici pubblici e dei servizi privati. La scuola assume una importanza strategica per la sopravvivenza di queste comunità che non possono essere abbandonate soltanto per perseguire una ottusa politica di spending review, poiché il costo sociale e le conseguenze dell'abbandono del territorio può provocare conseguenze molto più disastrose e costose del costo del mantenimento delle istituzioni.

L'elezione diretta del preside è una proposta innovativa e coraggiosa in grado di mettere in moto un meccanismo di democratizzazione della scuola, che diventa protagonista della politica del territorio.


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