OP

Mezzoeuro

Operazione fallimentare

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 44 del 2/11/2013


Rende, 31/10/2013


I pentastellati Molinari e Barbanti denunciano la Convenzione col Bambin Gesù di Roma L'intenzione era quella di creare un "Centro pediatrico per le chirurgie" presso l'ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro, dove avrebbero operato gli specialisti del Bambin-Gesù eliminando i viaggi della speranza e l'aggravio di costo per la Regione Calabria. I dati sembrano contraddire queste ipotesi Come denunciato anche dalla trasmissione "Report", si è trattato dell'ennesimo inganno in danno dei calabresi

Nel 2006 viene firmato un accordo tra l’ospedale “Pugliese Ciaccio” e l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Nasce a Catanzaro un centro pediatrico per le chirurgie», si legge ancor oggi nel sito dell’ospedale romano.

«L’obiettivo è quello di far diminuire i “viaggi della speranza” da parte dei pazienti e dei loro familiari per curarsi nel Lazio e in altre regioni del Centro-Nord». «La convenzione è il primo passo di un accordo tra la Regione e il Bambino Gesù che prevede lo sviluppo di una collaborazione basata sullo scambio di professionalità mediche e infermieristiche tutto incentrato sulla pediatria. Il centro sarà costituito dalla attuale Chirurgia Pediatrica, diretto da un medico del “Pugliese Ciaccio” e dalle singole Chirurgie specialistiche, che - sulla base delle esigenze terapeutiche - vedranno invece la chiamata di chirurghi dell’ospedale Bambino Gesù da Roma».

Sulla base della convenzione, quindi, i piccoli pazienti potranno effettuare gli interventi direttamente presso “Centro pediatrico per le chirurgie” istituito nel nosocomio calabrese, dove verrà ad operare l’equipe degli specialisti romani per le prestazioni di bassa complessità, secondo percorsi e procedure di eccellenza sulla base degli standard internazionali. Si evitano così i trasferimenti con un notevole risparmio tanto per le famiglie che per la Regione Calabria. Solo per gli interventi più complessi e delicati è previsto il “follow up” nella capitale, dove vi è una migliore dotazione di attrezzature.

La seconda fase prevede la creazione entro la fine del 2012 di un “Centro di patologia neonatale” e di un “Centro di Oncoematologia pediatrica”, come parte integrante della “Rete pediatrica della Regione Calabria”. La previsione è di una consistente riduzione dei costi di mobilità passiva per i pazienti dai 0 ai 18 anni con un risparmio che già nel primo anno avrebbe dovuto raggiungere i 3,5 milioni di euro.

«Qualche giorno fa sono stati resi pubblici i numeri della Convenzione tra l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma e il Pugliese Ciaccio di Catanzaro; questi numeri, spacciati per un successo, in realtà svelano l’ennesimo fallimento delle strategie regionali calabresi in ambito sanitario, con un continuo sperpero di denaro» scrivono in un comunicato i parlamentari pentastellati Molinari e Brabanti.

Gli interventi effettuati direttamente presso la struttura calabrese sono aumentati di qualche unità, ma ma è diminuito il valore medio dei ricoveri, poiché si tende a trasferire direttamente al Bambin Gesù quelli che presentano un qualche grado di difficoltà.

«L’effetto della convenzione è stato quello di mantenere in loco la bassissima complessità per trasferire a Roma l’alta complessità» scrive ad esempio Sergio Costanzo, consigliere comunale a Catanzaro.

I due parlamentari muovono una critica radicale denunciando l’inutilità di un accordo che non arreca alcun beneficio ai piccoli calabresi della regione né sollievo alle casse della Regione.

«Per quanto riguarda l’importanza degli interventi che si compiono, il Bambin Gesù, a Catanzaro, esegue una chirurgia di basso livello, già gestita dal reparto di Chirurgia Pediatrica del Pugliese. Bisogna, inoltre, considerare il peso dei Drg (Diagnosis-related groups), dato che le operazioni effettuate sono poco difficoltose mentre per gli interventi più rilevanti i cittadini calabresi devono invece andare a Roma, con costi maggiorati per la Calabria che paga i Drg più importanti e più costosi alla regione Lazio. Ma anche in termini quantitativi i dati snocciolati dal presidente del Bambin Gesù, Giuseppe Profiti, sono preoccupanti: si dichiarano infatti 42 interventi al mese, rimarcando che, in precedenza, erano solo 20 al mese.

Ebbene, nel reparto di Chirurgia pediatrica dell’ospedale dell’Annunziata, a Cosenza, gli interventi effettuati sono circa 50 a settimana: si tratta di una differenza assai rilevante. Ci si deve chiedere, pertanto, quant’erano - e sono - produttivi i sei medici dell’Unità Operativa complessa (Uoc) di Chirurgia pediatrica di Catanzaro, visto che l’attività chirurgica del Bambin Gesù non ha sostituito ma si è aggiunta all’attività svolta dai chirurghi locali. Un’altra cosa importante è sapere se corrisponde al vero che il reparto di chirurgia pediatrica catanzarese chiude sabato e domenica, a motivo del rientro degli operatori a Roma. Lo riterremo, anche questo, un fatto su cui fare gravi considerazioni e - forse - anche con qualche profilo di illegittimità, trattandosi di un ospedale catalogato come hub. Solleviamo pure qualche dubbio sull’opportunità di cercare - pagando caro - fuori regione professionalità equivalenti a quelle che potremmo trovare in Calabria ; ci risulta, infatti, che i medici più quotati preferiscano operare a Roma piuttosto che scendere a Catanzaro, vista la differenza di tassazione tra la Calabria e il Vaticano, dove ha sede il Bambin Gesù. Insomma, per i medici migliori venire in Calabria - è triste dirlo - non sarebbe “economicamente conveniente”.

E ci sarebbe da indagare, infine, anche sulla sostituzione della figura apicale del Bambin Gesù a Catanzaro, avvenuta a maggio di quest’anno - a quanto sembra - per scarsa produttività e incompatibilità ambientale. In conclusione, risultato di tale costosa convenzione è che non abbiamo le migliori professionalità del Bambin Gesù, non sono terminati i viaggi della speranza dei calabresi fuori regione per quelle operazioni più importanti, non c’è una crescita professionale dei nostri medici ma (al contrario) un ostacolo allo sviluppo delle professionalità locali e - per finire - i costi della sanità regionale aumentano.

Sarebbe il caso di riflettere su questa ulteriore discutibile operazione del commissario della sanità nonché governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, il cui nome garantisce, ai cittadini calabresi, un doppio fallimento per ogni suo atto amministrativo sia direttamente, per la scarsa qualità dei servizi fruiti, sia indirettamente, per il carico tributario che si troveranno costretti a sopportare per coprire l’aggravio delle spese regionali».

L’effetto prodotto dalla convenzione in questi anni è quello di non aver ridotto significativamente i trasferimenti dei pazienti a Roma, il “follow up” ha provocato una diminuzione degli interventi di media difficoltà, si è provocato un significativo incremento di costo per il pagamento delle trasferte agli specialisti dell’equipe medica che viene ad operare al Ciaccio. Una valutazione negativa che troverebbe sostegno nel tavolo Massicci dove si è fatto un consuntivo dell’opera di risanamento del deficit sanitario calabrese.

L’unico risultato positivo sembra quello di aver creato una corsia preferenziale per i pazienti calabresi con una riduzione dei tempi di attesa.

Molto perplesso anche l’ex primario di Ortopedia pediatrica del Pugliese, Enzo Morelli, secondo il quale, il centro si è rivelato un mero procacciatore di trasferimenti, che ha la necessità di garantire al “Bambin Gesù” attività di ricoveri e interventi chirurgici. In vigenza dell’accordo si è registrato un aumento della mobilità in uscita e quindi incremento dei costi a carico della Regione Calabria, mentre la lungaggine dell’analisi e della verifica del programma e quindi della fattibilità per attuare la realizzazione dei centri specialistici all’interno delle strutture del P.O. Pugliese ha impedito che venissero realizzati nei tempi previsti.

La gestione sanitaria è ossessionata dalla perenne rincorsa di un risparmio forzosa, con un continuo taglio alle spese che non trovano alcuna giustificazione sul piano dell’efficienza dei servizi.

La convenzione ha finito per depauperare la struttura calabrese delle professionalità di alto livello, ha impedito la formazione e la specializzazione dei chirurghi operanti in quella struttura, che si sono dovuti limitare agli interventi più elementari.

La Calabria dovrebbe favorire il rientro nella regione delle grandi professionalità dei correggionali operanti in altri regioni dove hanno maturato esperienze e professionalità importanti. Molti di loro sarebbero disponibili a rientrare a condizione che gli venissero offerte condizioni ottimali di lavoro e l’opportunità di mettere a frutto le loro professionalità.

I calabresi pagano tre volte le disfunzioni della sanità regionale, che assorbe circa i tre quarti del bilancio regionale: con le addizionali Irpef più elevate d’Italia, con gli esosi ticket che spesso superano il costo delle prestazioni presso strutture private e i “viaggi della speranza” alla ricerca dell’eccellenza delle prestazioni sanitarie.

Il bilancio potrebbe diventare più disastroso con la prossima entrata in vigore del cosiddetto “Schengen della salute” introdotto con il recepimento della direttiva comunitaria 24/2011 sulle cure transfrontaliere, la cui entrata in vigore è prevista per il primo gennaio prossimo. Tutti i cittadini europei avranno il diritto di scegliere il migliore specialista per un’operazione chirurgica a Berlino o a Stoccolma o cercare una terapia all’avanguardia a Barcellona o ad Amsterdam. Sarò il Servizio sanitario del proprio Paese a pagare a pie’ di lista il costo dell’intervento.

Per il cittadino calabrese il sistema potrebbe rivelarsi una beffa. Alcune regioni potrebbero frapporre ostacoli o rimborsare solo parzialmente gli interventi, senza alcun considerazione per le spese di viaggio e di soggiorno, o limitarsi al rimborso del solo costo previsto per cure analoghe in Italia.

L’ennesimo confronto del tavolo Massicci con il governo potrebbe provocare la creazione di un sistema penalizzante per la Calabria che ha come obiettivo primario non la salute dei cittadini, ma la salute del bilancio regionale, sconquassato dalla disastrosa gestione sanitaria di tutti i governi regionali che si sono succeduti.


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