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Mezzoeuro

Un appuntamento cruciale

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 48 del 30/11/2013


Rende, 30/12/2013


Nella prossima primavera si terranno le consultazioni per il rinnovo del Parlamento europeo Finora è stato l’appuntamento dei trombati della politica nazionale Oggi può essere un turning point tanto della più lunga e devastante crisi che per le contorsioni che sta vivendo la politica nazionale. Ma uno dei “nostri” conterranei riuscirà a farsi eleggere? O la Calabria resterà fuori da Bruxelles?

Il nuovo anno che sta per nascere contiene una mix di speranze e l’angoscia per un futuro che si presenta ancora incerto. Forse per la prima volta vi è una profonda inquietudine sui destini della più importante e significativa costruzione politica del secondo dopoguerra. Siamo arrivati a costruire una Unione Europea, a un passo dalla costruzione di una realtà politica sintesi delle più significative civiltà che hanno costruito il mondo moderno e poi ci siamo bloccati. Come se fossimo arrivati al ciglio di un baratro e dietro di noi la strada fosse franata alle nostre spalle.

Ci troviamo così paralizzati dalla paura di procedere con un salto nel vuotoguardando al futuro e l’angoscia e l’impossibilità di un ritorno indietro. Tanto gli innamorati europeisti, quanto i nemici dichiarati dall’Unione si trova in un cul-de-sac, e non sanno prendere alcuna decisione.

A complicare la partita vi è una strana tendenza che porta l’idea dell’Europa verso l’Est, dove prima della caduta del muro erano barriccati i nostri “nemici”.

In Ucraina si combatte una dura battaglia in nome dell’Europa, la Slovenia prima e oggi la Lituania si vestono a festa per celebrare il loro ingresso nell’Unione Monetaria mentre in Occidente lo spirito europeista frana fino a livelli pericolosamente bassi persino nei paesi fondatori, come l’Italia, che è sempre stato un baluardo a difesa della cittadella europea e non solo per aver dato i natali ad Altiero Spinelli, il primo utopista che ha chiaramente prefigurato la nascita degli Stati Uniti d’Europa, ma perché la partecipazione all’avventura europea ci ha consentito di percorrere una lunga strada di sviluppo, ci ha fatto abbandonare lo stato di miseria in cui eravamo assuefatti a vivere fin a quel momento. Nonostante a crisi, l’Italia resta pur sempre una delle principali potenze industriali del mondo. Un esito non certo scontato guardando alla situazione in cui versava alla fine del conflitto.

Anche in Francia, in Germania, il sentimento si affievolisce e rispuntano i vecchi egoismi nazionalisti, dimenticando i grandi progressi che hanno consentito alla Francia di riacquistare il ruolo di prestigio nella politica internazionale e alla Germania di digerire il rospo dell’Est, che rappresentava una pesante zavorra che impediva la crescita del Paese.

Il sentimento anti europeo è stato alimentato dalla crisi, poiché la maggiora parte degli analisti ne attribuiscono la causa nell’ordina monetario che si è stato creato con l’euro.

Che fare?Continuare lungo il cammino dell’integrazione o riprendere una salita solitaria con il ritorno a una moneta debole e malaticcia soggetta a qualsiasi mutamento dello scenario politico-economico. La risposta dovrebbe essere semplice.

L’euro è sopravvalutato, la Cina sta progressivamente e con grande velocità creando una nuova zona monetaria asiatica che rapidamente potrebbe arrivare a superare il sistema monetario europeo e anche gli altri paesi Brics si stanno ponendo il problema di rafforzare le proprie monete dopo aver rafforzato le proprie economie.

In un domani non lontano lo stesso euro potrebbe essere travoltoda imponenti schiacciasassi e non risultare sufficiente a mantenere un suo equilibrio nel sistema monetario internazionale.

Il ritorno alle monete nazionali è una follia, non tanto per l’impossibilità tecnica di frantumare l’euro nei suoi elementi costitutivi, ma soprattutto perché le monete Pigs sarebbe travolte sotto il peso monetario dei nuovi paesi in via di sviluppo.

L’unica risposta seria alle difficoltà dell’Italia è il ritorno allo spirito europeista, riacquisire prestigio e autorevolezza nel cammino di integrazione che deve essere necessariamente ripreso per dare all’Europa la capacità di competere a livello mondiale, tanto a livello monetario che riacquisendo la sua capacità innovativa, il ruolo di preminenza nel campo scientifico e culturale.

Non bisogna dimenticare che gran parte del progresso è frutto dell’ingegno e dell’intraprendenza del genio europeo. Lo sviluppo di paesi come il Giappone ieri, e la Cina oggi, è il risultato di uno sfruttamento di tecniche e scoperte che hanno una chiara origine europeo e in questo campo le capacità di competere dell’Europa permangono molto elevate.

L’opinione di chi ha frequenti contatti con il resto dell’Europa è che la crisi è ormai alle spalle in paesi come la Francia o la Germania. Le difficoltà maggiori le stanno attraversando proprio l’Italia e in una certa misura la Spagna, soprattutto per l’incapacità di apportare quelle correzioni necessarie ad eliminare i vincoli alla crescita.

Alle nostre latitudini non è ancora del tutto evidente che questa volta è proprio il Nord, la parte più ricca e produttiva del Paese, a soffrire per i morsi della crisi e questo per motivi evidenti. Intanto, il nostro sistema industriale era già quasi inesistente per cui abbiamo perso il nulla, in secondo luogo anche l’occupazione ha avuto da sempre un carattere precario e approssimativo, senza regole e senza controllo per cui in fondo, la nostra precarietà è la nostra ordinarietà mentre nel Nord molte famiglie comincia a dover fare i conti con la difficoltà materiale di poter affrontare le spese più ordinarie di sopravvivenza, dopo aver dovuto rinunciare a molte di quelle superflue.

Nel bene e nel male la politica europea è diventata il regolatore della nostra quotidianità e dobbiamo per la prima volta assumere la consapevolezza che la partita fondamentale si gioca in campi lontani. Se il nostro futuro dipende da quanto succede nei palazzi dell’Unione, l’appuntamento primaverile per il rinnovo del Parlamento diventa un passaggio cruciale e un test di credibilità del Paese.

Abbiamo quindi bisogno di una rappresentanza di grande qualità e competenza che sappiamo contrattare le nostre ragioni con i partner europei. Non possiamo permetterci il lusso di mandare a Bruxelles gli “avanzi” della politica esigibile come il buon Trematerra o il Pirillo che in due non conoscono più di tre parole di una qualsiasi lingua europea che non sia il calabrese. Aspettando magari Giacomo Mancini (si candiderà? Verrà eletto? Li ha almeno 100mila voti perché tanti ne servono?). Lui forse un po’ di inglese lo conosce anche se non basta di questi tempi a prendere un volo dignitoso verso l’Europa.

La partita europea non può giocarsi con i trombati, gli scontenti o servire da palliativo per i delusi e coloro che si sono venduti l’anima, la tradizione, la storia e cultura per la propria sopravvivenza. Si deve porre grande attenzione a proporre candidature di grande prestigio poiché in questo turno la Calabria rischia davvero di rimanere priva di qualsiasi rappresentanza. Forse non saprebbe neanche un dramma visto lo scarso risultato, l’infimo prestigio, lo scarso contributo tanto politico che economiche dei nostri rappresentanti finora. Tuttavia il riscatto delle regione passa anche se non soprattutto dalla sua capacità di dotarsi di una classe dirigente capace e competente,da una rappresentanza autorevole e credibile, una governance dotata di carisma e autorevolezza.

Il gioco si fa molto duro poiché in un collegio così vasto come quello meridionale che comprende l’intero territorio continentale dell’ex Regno delle Due Sicilie vi è l’esigenza di prendere un numero di voti personali che supera le centomila unità. Vi sono rappresentanti campani o pugliesi che per la loro ascendenza, prestigio e potere sono in grado di essere presenti in tutte le regioni facenti parti del collegio. Personaggi come Aldo Patriciello ha raccolto nella scorsa tornate elettorale europea circa centocinquantamila preferenze (20mila solo in Calabria) ed è stato molto presente ed attivo nella politica europea.

La maggior parte dei nostri gladiatori sembrano dei parvenuprivi della necessaria cultura politica ed esperienza internazionale da farli subito apparire come degli inguaribili provincialotti nell’arena europea. Si potrà sostenere che questa è una condizione sempre esistita e non ha impedito che la Calabria sia sempre riuscita a imporre un proprio candidato. Questo potrebbe anche ripetersi la prossima volta, ma bisogna considerare il ruolo di centralità assunto dal dibattito europeo, l’interesse che riveste anche per decifrare le tendenze del quadro politico nazionale.

L’appuntamento europeo acquista un significato e una importanza fondamentale perché resta l’unico momento di reale confronto delle capacità individuali, di misurare il gradimento delle proposte politiche e la tenuta del sistema tripolare che si è venuto a creare nell’ultima consultazione politica.

Le ultime elezioni amministrative, dal Friuli alla Basilicata, hanno messo in chiara evidenza la disaffezione degli elettori nei confronti delle proposte politiche messe in campo dai partiti, frutti di accordi al vertice, di una sapiente collocazione delle pedine nella scacchiera del sudoku.

L’astensionismo ha superato il cinquanta per cento, e nonostante ciò, le schede bianche e nulle sono state molto numerose. La possibilità di poter esprimere due preferenze sarà un incentivo molto forte per la partecipazione al voto, poiché vi è una ampia e diffusa insofferenza nei confronti di una classe dirigente che si è trasformato in una satrapia orientale, dove vige la regole della lotta all’ultimo sangue tra i capi tribù per stabilire le posizioni di comando.

L’esito delle elezioni avrà un impatto decisivo sugli equilibri tra i vari partiti e all’interno di essi, poiché l’appuntamento di primavera costituisce una sorte di consultazione primaria sull’equilibrio triangolare e la definizione all’interno di ciascun cateto delle personalità dominanti.

A giudicare dalle prime impressioni, in Calabria più che delle esplosioni laviche liberatorie, sembra che siano deiezioni di ruderi antichi sopravvissuti a tutte le sconfitte, tanto a destra che a sinistra. Il rinnovamento del PD e della destra nelle sue molteplici espressioni è da incubi, poiché gli zombie sono fuoriusciti nuovamente dai loro sepolcri.

La tentazione di riproporre i piccoli uomini della politica nostrana riciclati nel nome e negli schieramenti ma saldamente ancorati alle consumate pratiche clientelari è molto forte. È arrivato il momento che anche i pentastellati fuoriescano dal recinto empireo dei meetup e si confrontino con il paese reale. Finora hanno potuto agire a volto scoperto nascondendosi dietro il muro delle liste bloccati. Le elezioni europee, con le diaboliche preferenze tanto aborrite da tutti in nome di un rinnovamento della politica e un contenimento dei costi, richiede un confronto vero e personale che lascia trasparire anche tratti di personalità e elementi di competenza che potrebbero riservare sgradite sorprese. Non sarebbe strano scoprire, che gli zombie hanno risorse dialettiche, esperienze e competenze da competere adeguatamente con le nuove proposte.

Il disastro della nostra Regione è sotto l’occhio di tutti, e in ogni relazione sulla congiuntura da chiunque effettuata (Camera di Commercio, Bcc Mediocrati, Banca d’Italia, Svimez e via dicendo) non si fa che ripetere all’infinito, la nenia funebre delle prefiche al funerale del Mezzogiorno.

L’ultima indagine sulla qualità della vita diffusa solo qualche giorno fa, colloca all’ultimo posto Crotone, una città nel cui sottosuolo non si ritrovano più i resti della splendida città magnogreca, ma i resti tossici della Pertusola.

Questa stessa classe politica che ha consentito nel passato a una azienda statale di inquinare uno dei territori più belli e fertili d’Italia, si prepara a gestire il nuovo che avanza impetuoso.

La formazione del nuovo Parlamento europeo può costituire una occasione per discutere finalmente dell’Europa, del destino dell’euro, ma anche dell’utilizzo di quelle risorse che costituiscono un perpetuo scandalo per l’incapacità di utilizzarle adeguatamente per il rilancio della regione.

Ogni volta si attribuisce la responsabilità alle procedure, alla burocrazia comunitaria, alla bizantinità della burocrazia dimenticando che altrove, leggi Spagna, Irlanda, hanno dimostrato che un confronto con la burocrazia può consentire di apportare gli aggiustamenti necessari per un loro utilizzo proficuo.

La maggiore responsabilità ricade non solo sulla rappresentanza politica, ma sulla governance regionale, poiché nella maggioranza dei posti di responsabilità siedono persone prive della competenza e della professionalità necessaria per poter gestire funzioni delicate e complesse. La loro selezione non è frutto di una valutazione dei loro meriti e capacità, ma affidata al metodo Dudù, che ha conquistato il cuore del suo padrone con l’assoluta dedizione e fedeltà alla causa.


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4. C O P Y R I G H T

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